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Tensione ieri nelle acque al largo delle coste calabresi per la presenza di una motonave.

 

 

La protesta dei pescatori calabresi per l'attività di ricerca scientifica in mare svolta da “Minerva uno", motonave i cui movimenti in mare sono autorizzati dalla Guardia Costiera della Capitaneria di Porto.

I pescherecci avrebbero provato ad avvicinarla, anche con toni minacciosi, ma, come si vede dalle immagini diffuse su Facebook nel gruppo "Pescatori A Tavola", l'equipaggio del natante ha evitato il confronto ed è scappato.

 

Si tratterebbe della “Minerva uno”, imbarcazione utilizzata nell’ambito della campagna oceanografica “Pasc” (finalizzata al monitoraggio ambientale ed alla acquisizione di dati geologici e geofisici del Mar . Mediterraneo) nella zona del Mar Tirreno e del Mar Jonio, come si legge nell’ordinanza firmata dalla Capitaneria di Porto e dalla Guardia Costiera locale.

La protesta dei pescatori

 

In questa situazione, il personale dei pescherecci contesta l'impatto sulla fauna marittima: l’attività di Minerva Uno, a loro dire, comporterebbe l'allontanamento dei pesci, oltre che danni all'ecosistema e alla pesca stessa.

Tanto che dopo l’avvistamento della barca, un gruppo di pescatori si è riunito per protestare davanti agli uffici della Capitaneria di porto di Crotone. "Non possiamo lavorare – ha detto uno dei presenti a YouReporter – , ci sarà una moria di pesci, il danno non si quantifica solo oggi, ma è quantificato da tre o quattro mesi.

Vi è un affievolimento di pesca, non solo da oggi.

 

Questa ricerca ha contribuito al danno ecologico.

C'è gente che vive con il mare e combatte con il mare.

Per i pescatori è uno schiaffo alla povertà. Nessuna tutela per i pescatori".

La tecnica dell'Airgun.

 

In particolare, sotto accusa ci sarebbe l’utilizzo da parte della nave della tecnica dell’Airgun, che consiste nell'utilizzo di un cannone sottomarino che emana onde sismiche artificiali (qualcuno le chiama ‘bombe d'aria') per scandagliare il sottosuolo.

Secondo Legambiente, l’Airgun provocherebbe danni alla fauna marina anche a chilometri di distanza.

Una tecnica disapprovata dalla comunità scientifica, da molte comunità locali e da cittadini che si sono espressamente dichiarati contrari alle attività esplorative condotte dalle compagnie petrolifere nei mari italiani, sottoscrivendo in più di 75mila la petizione #StopOilAirgun, come evidenzia Greenme.it.

La nave è autorizzata dal Ministero

Allo stesso tempo va detto che l’attività di Minerva Uno è autorizzata, come detto, dal Corpo delle capitanerie di porto e della Guardia costiera. Entrambi fanno capo al Ministero. L’attività quindi è del tutto legalizzata. E’ probabile piuttosto che la decisione dell’equipaggio di allontanarsi sia stata dettata proprio dal comportamento ostile dei pescatori “perché non c’è il pesce”. Il dubbio comunque rimane.

 

Cosa fa Minerva Uno

Sul sito sopromar.it si può leggere che “la nuova nave da ricerca Minerva Uno (ex Universitatis), progettata e costruita in A.T.I. dalla SO.PRO.MAR. S.p.A., è stata acquisita nel maggio 2010 dalla So.Pro,Mar. Spa a seguito di aggiudicazione d’asta indetta dal primo proprietario CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare) e si colloca per dimensioni tra le principali imbarcazioni da ricerca europee operanti nel Mar Mediterraneo.

La versatilità, assicurata dalla dotazione nautiche e dalle apparecchiature scientifiche, atte a condurre indagini dei vari ambiti tematici delle scienze del mare, è basata sull’adozione di un sistema modulare di diversi laboratori mobili che integrano quelli fissi. La nave è inoltre progettata per campagne di pesca scientifica, caratteristica innovativa nel panorama delle imbarcazioni da ricerca oceanografiche italiane. La presenza a bordo di un’imbarcazione ausiliaria, permette di operare dalla battigia fino al mare aperto”

 

Secondo il personale dei pescherecci, però, farebbe uso della famigerata tecnica dell'Airgun.

Pubblicato in Cetraro

Spari-in-strada-682x445Continua la solita triste cronaca tutta Calabrese, quella che parla di criminalità organizzata, di controllo del territorio, di fazioni, di faide e di contrabbando di stupefacenti.

Di pochi giorni fa la notizia di un arresto da parte delle forze dell’ordine impegnate nella città di Diamante, che avevano sorpreso in una delle strade del centro storico un trentaseienne impegnato a spacciare cocaina a due donne segnalate alla prefettura di Cosenza quali assuntrici di stupefacente.

Adesso tocca alla città di Cetraro, ribaltare alle cronache per il ritrovamento di una ingente quantità di sostanza narcotica rinvenuta tra le mani di due uomini durante un controllo mirato delle forze dell’ordine avvenuto in località Malvitani, sopra la località “San Francesco” a Cetrato appunto.

Si apprende, infatti, che l’operazione, è riuscita grazie all’intelligence dell’Arma, insospettita dai continui spostamenti nella zona del lametino, un buon esempio di combattimento serio al crimine ed al riciclaggio di denaro attraverso lo spaccio per l’appunto.

Il cerchio della cronaca malavitosa si chiudo con la misteriosa, quanto inusuale sparatoria avvenuta in una zona molto trafficata di Paola (Via Nazionale), il tutto in orario pomeridiano di un giorno feriale.

Il tutto infiocchettato per assurdo da uno stile in pieno action movie, con tamponamenti a bordo di fuoristrada e spari in pieno centro, tra il panico generale dei malcapitati cittadini nei pressi della zona.

Una volta raccolte le versioni da parte dei testimoni, le forze dell’ordine sembrano indirizzate all’ipotesi del racket del “pizzo” ed all’ipotesi di una ripresa delle ostilità tra i clan di Paola e Fuscaldo.

Pubblicato in Paola

Ecco cosa è successo oggi 22 settembre ad Amantea.

Un anziano di Cetraro ha bisogno di una radiografia urgente ed il CUP lo invia al poliambulatorio di Amantea che ha ripreso le prestazioni già rese in passato sia per la popolazione dell’ex distretto, sia per gli ammalati della provincia e della regione e che erano state ridotte ad un quarto per carenza di medici.

 

L’anziano ammalato arriva ad Amantea con un’auto ma ad Amantea trova una brutta sorpresa.

Il laboratorio di radiologia è funzionante, ha recuperato i ritmi intensi ma non può nemmeno volendo effettuare la radiografia urgente richieste e prenotata.

 

Il fatto è che manca il radiologo che è stato prestato a Paola.

L’anziano ammalato resta perplesso , non comprende.

Ma come mi prenotano per Amantea, il laboratorio è aperto, le apparecchiature funzionano, il personale è disponibile , ma la prestazione pur prenotata non può essere eseguita perché manca il radiologo.

 

Ma in che razza di mondo vivo sembra chiedersi il medico, che razza di sanità è questa.

Perché non assumono altri radiologi?

Deluso riparte per Cetraro per tentare di effettuare presso il locale ospedale la radiografia.

Invece l’anziano ritorna a casa ma non si reca in ospedale.

 

Tornato a casa però si accorge di non avere più il portafoglio.

E così il figlio telefona e per fortuna il portafoglio era stato dimenticato nel bar dove poi lo ha trovato .

Insomma un poliambulatorio con gente onesta, ma con una gestione effimera.

Da ora in poi è vietato ammalarsi agli anziani calabresi.

Pubblicato in Primo Piano

Letto il titolo ho subito pensato: ecco la dimostrazione di quanto vale la Forestale.

Sbagliavo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non è stata la Forestale a scoprire le quasi 3300 piante di marijuana coltivate su 3 ettari circa di terreno in una zona impervia della montagna di Cetraro.

Ma i finanzieri della locale Compagnia e della Brigata di Cetraro guidati “dall’alto” dagli elicotteri del Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Lametia che hanno avviato una serie di ricognizioni nelle zone più interne della costa tirrenica.

Si tratta di zone quasi inaccessibili, difficili da controllare da terra perché situate su costoni scoscesi o circondate dalla foltissima vegetazione, ma caratterizzate da condizioni climatiche favorevoli che rendono estremamente floride questo tipo di “colture”.

Zone comunque raggiunte dai coltivatori diretti.

Coltivatori esperti che hanno dimostrato di saper curare anche varietà estremamente rare di marijuana, dotate di un elevatissimo grado di Thc.

Sono state trovate , infatti, le “Chocolope Kush”, un incrocio tra varie qualità di Cannabis, un ibrido tra i più potenti e dannosi per la salute, o la cosiddetta “Cataract Kush” che sui blog viene addirittura “sconsigliata” ai fumatori alle prime armi proprio per l'alto tasso di principio attivo.

Su alcune piante, poi, campeggiava un’etichetta riportante la dicitura “El fuego” e, ancora, “Cannalope Kush”, “OG Kush”, “Cole Train”, “Golden Berry” ed “Exodus Kush”, nomi che, probabilmente, ai più non dicono nulla ma che per gli “addetti ai lavori”, esperti del settore, o semplicemente consumatori, rappresentano la palese diversificazione di un mercato, quello della marijuana, in continua espansione, in grado di assicurare enormi rendite alla criminalità organizzata.

Marijuana di elevata qualità, quindi, che su strada, al dettaglio, può raggiungere e superare i 20 euro al grammo.

Si ha modo di ritenere che appena la politica si avvierà alla liberalizzazione del consumo e della produzione della marijuana la Calabria sarà la Colombia dell’Europa, dando lavoro e reddito a decine di migliaia di calabresi disoccupati.

Ovviamente tra i maggiori investitori annovereremo la ‘ndrangheta che non vede l’ora di guidare il mercato della marijuana una volta diventato legale.

Come dice Gratteri inutile illudersi che lo Stato sia in grado di governare il sistema produttivo e distributivo della ex droga, così che non sembra vi siano dubbi sul fatto che la marijuana non statale costerà di meno tanto più se venduta al mercato nero.

Pubblicato in Alto Tirreno

Cinquantotto persone sono state arrestate dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, nelle province di Cosenza e Salerno accusate, tra l’altro, di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina.

 

Al centro delle indagini del Ros che hanno portato all’operazione di oggi, denominata ‘Frontiera’, una delle più pericolose e violente cosche della ‘ndrangheta, con a capo Francesco Muto, di Cetraro, detto il “Re del pesce”.

 

Secondo gli investigatori, Muto ha monopolizzato per oltre 30 anni le risorse economiche del territorio curando fino al dettaglio la commercializzazione dei prodotti ittici.

Tra le persone arrestate ci sono anche il boss Franco Muto e i figli Luigi e Mary (detta Mara).

Alcune ordinanze sono state notificate in carcere a diversi pregiudicati, ritenuti vicini alla cosca. Coinvolto anche Maurizio Rango, già detenuto, esponente di spicco delle cosche operanti a Cosenza.

Le indagini del comando provinciale di Cosenza hanno documentato un importate traffico di stupefacenti che, sotto il controllo del clan Muto, inondava di cocaina, hashish e marijuana le principali località balneari della costa tirrenica calabrese, tra cui le note Diamante, Scalea e Praia A Mare.

Contestualmente sono stati sottoposti a sequestro beni per circa 7 milioni di euro.

I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa tenutasi, alle ore 11.00, presso la sede del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza alla presenza del procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri e dei vertici della DDA.

Ed ecco l’elenco degli arrestati

Antonio Abruzzese (Tonino Banana – detenuto)

Carlo Antonuccio (detenuto)

Gianluca Arlia

Salvatore Baldino

Pierpaolo Bilotta

Nicola Giuseppe Bosco

Gennaro Brescia

Agostino Bufanio

Giulio Caccamo

Giuseppe Calabria

Pietro Calabria

Vincenzo Campagna

Giuseppe Candente

Gianluca Caprino

Gino Caroprese (detto ‘Lo Sghincio’)

Luca Carrozzini

Enzo Casale

Angelo Casella (detto “O’ Passariello”)

Simone Chiappetta

Fedele Cipolla

Franco Cipolla (detto “Tabacco”)

Giuseppe Crusco (detto “il Nano”)

Alessandro De Pasquale

Antonio Di Pietromica (Tonino)

Gianfranco Di Santo (detto “Pulcino”),

Giuseppe Natale Esposito

Gaetano Favaro

Giuseppe Fiore

Pier Matteo Forestiero

Amedeo Fullin

Antonietta Galliano

Cono Gallo

Vito Gallo

Agostino Iacovo

Emilio Iacovo (detto “Milio lo Stalliere”)

Maria Iacovo

Simone Iannotti

Emanuel La Scaleia (detto “Bacheca”)

Guido Maccari (detto “Mazzaruni”)

Alessandra Magnelli

Antonio Mandaliti

Filippo Matellicani

Francesco Muto (Franco detto “Il Re del Pesce”)

Luigi Muto

Mary Muto (detta Mara)

Carmine Occhiuzzi (detto “Minuccio”)

Luca Occhiuzzi

Andrea Orsino

Alfredo Palermo

Valentino Palermo

Sara Pascariello

Antonio Pignataro (detto “Cicchitella”, detenuto)

Sabrina Silvana Raimondi

Maurizio Rango (detenuto)

Vittorio Reale

Andrea Ricci

Michele Rizzo

Simona Maria Assunta Russo

Luigi Sarmiento (detto “Gino Fish”)

Giuseppe Scornaienchi (detto “Pino o’ Cunfiett”)

Salvatore Sinicropi

Mariangela Tommaselli

Rocco Eupremio Trazza

Alexander Tufo(detto Alex)

Carmelo Valente (Testa Bianca o Ravanelli)

Luigino Valente

Pietro Valente (detenuto)

Fabrizio Vitale

Pubblicato in Cetraro

Sta per arrivare l’estate ed ancora vediamo l’amministra zione comunale che gioca con il mare e cioè con il turismo.

Ho visto il mare a Coreca, proprio oggi, 27 aprile. Ecco le foto!

Non mi pare che la situazione sia felice e tranquilla. Affatto.

Ma nessuno sembra ne sia preoccupato.

Nei giorni scorsi su Il Corriere della Calabria del 12 aprile ho trovato il seguente articolo di Roberto De Santo : “«Scie di liquami tra Cetraro e Amantea»

Il giornalista sostiene che “nel corso dell'udienza del processo contro la maladepurazione sul Tirreno cosentino, Ernesto Infusino – docente d'ingegnere idraulico e nominato ausiliario di polizia giudiziario – ha ricostruito doviziosamente una delle ispezioni compiute nell'impianto di Cetraro”.

Sempre De Santo continua sostenendo che “Il docente – testimone dell'accusa sentito oggi nell'ambito del procedimento contro i vertici delle aziende che negli anni hanno gestito buona parte dei depuratori delle cittadine della costa tirrenica – ha sottolineato come anche quelle anomalie al depuratore di Cetraro potrebbero essere la causa delle famigerate strisce di color marrone-scuro ben visibili in mare”.

Infine l’articolo prosegue evidenziando che :”Attraverso alcune prove effettuate con galleggianti ha spiegato il tecnico si è potuto comprendere che il materiale immesso nelle condotte sottomarine terminali dell'impianto cetrarese sarebbero potute arrivare fino ad Amantea”.

Ho atteso pazientemente che i politici amanteani riprendessero la notizia e facessero qualcosa. Sono passati 15 giorni e niente! Proprio niente.

Per esempio convocando il tecnico ed acquisendo le informazioni tecniche alla base della sua affermazione o di quella del giornalista.

E’ evidente che se il materiale dello scarico fognario di Cetraro inquina il mare di Amantea , la nostra città ha il dovere di pretendere la sospensione di tale scarico e di pretendere dal comune di Cetraro i danni per l’ inquinamento del nostro mare.

E se Infusino smentisse, la stessa cosa andrebbe fatta nei confronti del giornale

Se al contrario la cosa non è vera sembra necessario intanto chiedere la logica che sottende la sua diffusine giornalistica che orienta il turismo verso Cetraro ed i comuni a nord e non certamente verso quelli a sud, i comuni di Paola ed Amantea compresi.

E soprattutto vorremmo sapere perché nemmeno la minoranza ha preso una decisa posizione sulla cosa .

Ed ancora vorremmo sapere perché il comune di Amantea continua a nascondere la panna galleggiante che pur possiede da 15 anni nella sua originale plastica e non si preoccupa di disporre la messa in uso finalizzata a bloccare il trasporto da nord verso sud di quanto galleggia sul mare, oli fognari compresi.

Ma davvero si pensa che ampliando il numero dei lidi si viaggia verso un turismo ottimale per Amantea e la sua economia?

Ci sembra che ad Amantea si giochi con i problemi del mare. In primis l’amministrazione comunale, ma, insieme ad essa, anche chi approva progetti per sensibilizzare la comunità alla sicurezza, prevenzione e valorizzazione del mare, senza adottare provvedimenti concreti per mantenerlo davvero pulito.

Basta giocare. Il mare è indispensabile per il turismo amanteano. E’ necessario ricordarlo!!

DirezioneNazionaleAntimafiaLa Dna nel febbraio 2016 ha pubblicato la relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo1° luglio 2014 –30 giugno 2015.

 

2.1.3. - Circondari di Cosenza e Paola.

Una prima valutazione generale attiene, ancora una volta, alla situazione, assai particolare, relativa agli apparati di polizia giudiziaria, evidentemente sottodimensionati rispetto al territorio in esame, alla sua conformazione, alle gravi infiltrazioni criminali ed ai preoccupanti collegamenti con ambienti politici locali e regionali emersi nel corso delle indagini.

 

§ 2.1.4. - Zona Tirrenica (Paola, Amantea, San Lucido, Fuscaldo, Cetraro e Scalea).

COSCA MUTO E GRUPPI CRIMINALI ATTIVI IN SCALEA

 

In Cetraro (CS) esercita la propria influenza la cosca “MUTO”, che è stata costituita e retta da Francesco MUTO e da suo figlio Luigi MUTO, considerato dagli investigatori l’unica persona in grado di reggere la struttura di ‘ndrangheta al posto del padre. Luigi MUTO è stato scarcerato il 4 aprile 2013.

L’associazione esercita una propria notevole influenza, altresì, nei comuni della fascia costiera dell’alto tirreno cosentino, primo fra tutti Scalea, avvalendosi, in questa circostanza, delle cosche degli “STUMMO” e dei “VALENTE”, ad essa subordinate.

La struttura criminale ha raggiunto un elevato livello di penetrazione anche nelle istituzioni locali,come è stato accertato nell’ambito del procedimento penale n.4991/09 R.G.N.R. (convenzionalmente denominato “PLINIUS”) che, nel luglio 2013, ha condotto all’esecuzione di un provvedimento cautelare nei confronti di 38 persone per associazione mafiosa, tra le quali il Sindaco di Scalea ed altri amministratori e funzionari dell’ente comunale che, così come evidenziato nel relativo capo d’imputazione associativo, avevano subordinato la politica locale ai voleri degli esponenti di vertice delle cosche, spesso determinando l’aggiudicazione degli appalti alle imprese indicate dagli esponenti della ‘ndrangheta.

Il procedimento penale ha ricevuto già un primo riscontro giudiziario con la sentenza emessa il 3 settembre 2015 dal Tribunale di Paola, che ha condannato –fra gli altri –l’ex Sindaco di Scalea, BASILE Pasquale, alla pena complessiva di 15 anni di reclusione.

Allo scopo di definire ulteriormente le condotte realizzate dai gruppi criminali operanti in Scalea, sono state richieste ed ottenute due distinte ordinanze cautelari emesse, lo scorso 15 maggio 2015, nell’ambito dell’indagine convenzionalmente denominata “PLINIUS 2”.

Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite nei confronti, complessivamente, di 21 indagati, per delitti di associazione di tipo mafioso, finalizzata alle estorsioni, alla turbata libertà degli incanti, per calunnia, violazioni di domicilio ed usura. L’attività investigativa, rappresenta, evidentemente, una naturale prosecuzione di quanto già evidenziato nella precedente attività,“PLINIUS”.

E’ stata individuata una pluralità di estorsioni in danno di diversi commercianti ed imprenditori del luogo, costretti ad elargire, senza alcun titolo, sotto la pressione di atti intimidatori, somme di denaro che variavano in relazione al tipo di attività commerciale o imprenditoriale vessata.

 

Di rilievo, altresì, la turbativa delle aste giudiziarie -in numero considerevole, visto il particolare periodo di crisi economica -finalizzata ad accaparrarsi immobili di rilevante valore, inibendo la partecipazione di altri concorrenti sgraditi all’associazione criminale.

L’indagine ha confermato il livello di infiltrazione raggiunto dai sodalizi ndranghetisti locali, caratterizzati ormai da tempo da un’organizzazione interna strutturata ed efficiente, in grado di

gestire con modalità tipicamente mafiose diversificate attività illecite, in particolare nei remunerativi settori dell’estorsione, dell’usura nonché del reimpiego di capitali illeciti. Ha dimostrato, altresì, l’immediata e purtroppo efficiente riorganizzazione della ‘ndrina scaleota, sotto le direttive di esponenti di spicco del locale ‘ndranghetistico dei “MUTO ”.

Sempre nello stesso ambito, sono in corso indagini circa le responsabilità di numerosi soggetti facenti parte di un sodalizio dedito allo spaccio di stupefacenti che si avvale della collaborazione nelle vesti di canali di approvvigionamento di soggetti contigui alla cosca di ‘ndrangheta “MUTO” di Cetraro.

 

Sono altresì in corso indagini relative alle cointeressenze della criminalità organizzata in ordine al tessuto politico-amministrativo del comune di Santa Domenica Talao.

Le indagini sono state avviate a seguito di atti intimidatori, denunciati in concomitanza con le ultime consultazioni elettorali per il rinnovo del consiglio comunale dell’ente locale, ipotizzando

l’esistenza di un contesto criminale, contiguo alla cosca di ‘ndrangheta “MUTO”, il quale, anche mediante tali atti intimidatori, avrebbe realizzato condotte volte ad ottenere il controllo dell’amministrazione comunale anche con propri “referenti”.Sono in corso, ancora, indagini relative a delitti in materia di armi realizzati nell’area territoriale dell’alto Tirreno cosentinoe ulteriori accertamenti relativi all’infiltrazione della cosca MUTO in altri settori della pubblica amministrazione

 

COSCA SERPA E GRUPPI CRIMINALI ATTIVI IN PAOLA E NEL SUO HINTERLAND.

In Paola (CS) e Fuscaldo (CS), è presente la cosca “ SCOFANO –MARTELLO –DITTO –LA ROSA ”, contrapposta, in Paola, alla storica cosca dei “ SERPA ” ed, in Fuscaldo, al gruppo “

TUNDIS ”.

La cosca “ SCOFANO –MARTELLO –DITTO –LA ROSA” era retta, originariamente, da SCOFANO Mario, referente sulla costa per i clan cosentini.

Attualmente è invece diretta dai fratelli Alessio MARTELLO e Francesco MARTELLO, entrambi figli del defunto Luciano MARTELLO.

Nella sola Paola (CS) opera, inoltre, la cosca dei “SERPA”, contrapposta a quella appena indicata. La cosca “SERPA” era collegata, dal punto di vista criminale, a quella dei “BRUNI” di Cosenza.

Tale ultima associazione criminale è stata tuttavia depotenziata per effetto del provvedimento cautelare emesso, nell’ambito del procedimento penale n.3278/00 R.G.N.R. (convenzionalmente denominato “TELA DEL RAGNO”), il 16 marzo 2012, dal G.I.P. Distrettuale di Catanzaro nei confronti di ben 62 soggetti appartenenti, oltre che al citato sodalizio, anche a gruppi criminali ad esso collegati, primo fra tutti la cosca “BRUNI” di Cosenza ma anche le cosche “LANZINO/RUA’” e “GENTILE” e “BESALDO”, attive in Amantea.

Tale procedimento penale ha ricevuto un riscontro giudiziario di primo grado, con la sentenza resa a seguito di rito abbreviato, il 29 luglio 2013, (attualmente in appello) e con quella, emessa a chiusura del rito “ordinario”, l’11 marzo 2015; è pendente, innanzi alla Corte d’Assise di Cosenza il “ troncone” per i reati di competenza.

Contestualmente è stata altresì proposta una misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di SERPA Nella, individuata quale personaggio di vertice dell’omonima cosca, poi condannata l’11 marzo 2015, a 18 anni di reclusione.

La misura è stata disposta, il 15 settembre 2014, dal Tribunale di Cosenza, con provvedimento n.66/14 R.M.P.

In conseguenza di tale provvedimento, la cosca “RANGO/ZINGARI”, come già sopra accennato e come emerso nell’ambito del proc. penale n.484/13 R.G.N.R., ha tuttavia esteso la sua influenza in Paola, demandando il compito di insediarsi sul territorio a FOGGETTI Adolfo, poi divenuto collaboratore di giustizia.

 

COSCHE ATTIVE IN AMANTEA

Il territorio di Amantea (CS) è interessato dalla presenza di due gruppi criminali distinti, “ GENTILE -GUIDO-AFRICANO” e “ BESALDO”, attualmente non in conflitto per effetto di un tacito Accordo e, anzi, in cointeressenza in numerosi settori illeciti.

Le due associazioni criminali sono state indebolite per effetto di alcune misure cautelari e delle conseguenti condanne pronunciate nell’ambito del procedimento penale n.527/06 R.G.N.R. (convenzionalmente denominato “NEPETIA/ENIGMA ”), tanto che gran parte degli esponenti di vertice del sodalizio risulta tuttora detenuta, primi fra tutti GENTILE Tommaso e BESALDO Pasqualino.

 

Ulteriore momento di contrasto si è avuto, altresì, nell’ambito del proc. penale n.3278/00 R.G.N.R. già sopra menzionato, che ha visto coinvolti personaggi appartenenti al sodalizio.

Sono in corso attività che si prefiggono l’obiettivo di individuare le nuove “leadership” sul territorio e, nel medesimo contesto, si stanno verificando le dinamiche conseguenti ad una serie di atti intimidatori subiti dagli amministratori comunali del centro.

Pubblicato in Primo Piano

Un incendio avvenuto di notte. Un incendio da studiare, da valutare, da capire.

Lo aveva detto il procuratore Bruno Giordano a margine dell’omicidio della dottoressa Annalisa Giordanelli, avvenuto lo scorso 27 gennaio :“dobbiamo ancora indagare per bene nei retroscena della vicenda”..

Si suppone infatti che gli inquirenti ipotizzino che l’incendio della vettura possa essere in connessione con le indagini in corso sull’omicidio.

Forse un avvertimento.

Le indagini sul caso del delitto Giordanelli non sono concluse proseguono , anzi, stando a fonti ben informate , ci potrebbero essere anche altre persone coinvolte nell'attività di indagine.

 

Si apre così un altro filone di indagine, forse più complesso del precedente apparentemente definito con l’arresto del cognato ed infermiere Paolo Di Profio.

L’auto era nel giardino della abitazione di Serena Giordanelli sita alla marina di Cetraro e che si trova nei pressi del Porto di Cetraro.

Sul posto i Vigili del fuoco ed a condurre le indagini i carabinieri della Compagnia di Paola coordinati dal capitano Antonio Villano.

 

Pubblicato in Cetraro

“Non si esclude a breve un soluzione del caso”. Cosi scrivevamo stamattina nel nostro primo articolo.

E poi aggiungevamo che “Il possibile movente dell’omicidio potrebbe essere individuato nei suoi rancori con la dottoressa per aver accolto in casa sua la sorella (ed ex moglie di Di Profio) dopo la separazione, avvenuta un paio di mesi fa”.

Se avessimo scommesso avremmo vinto!

 

Ed infatti Paolo Di Profio ha ammesso le sue responsabilità davanti agli investigatori e al pm.

Lo ha fatto dopo ore di serrato interrogatorio ed davanti a un fuoco di fila di domande. 

Invero sin da subito i familiari hanno raccontato ai carabinieri di quell’uomo e della sua violenza.

Di Profio era convinto che fosse stata la dottoressa a convincere l’ex moglie a lasciarlo.

Nei confronti di Di Profio è stato emesso un decreto di fermo.

Aveva provato a nascondersi e stamattina non si è recato sul posto di lavoro

Fonti della Procura di Paola fanno sapere che si sarebbe trattato di un delitto d'impeto, non premeditato.

Ma le indagini non sono ancora concluse

E gli investigatori non escludono altre iscrizioni nel registro degli indagati

Pubblicato in Italia

L’omicidio è quello della dottoressa Anna Giordanelli, il medico di base di Cetraro, uccisa ieri con un violento colpo sferrato alla testa.

 

La Giordanelli è stata trovata ieri pomeriggio riversa sul ciglio della strada da un passante che pensando ad un malore, ha avvertito i soccorsi.

Quando investigatori e medici del 118 sono arrivati per lei non c’era più nulla da fare.

La donna aveva il cranio fracassato.

Inizialmente la donna era stata considerata vittima di un pirata della strada.

A svelare che la Giordanelli era stata vittima di una brutale aggressione è stato il medico legale che ha esaminato il corpo.

La conferma dal ritrovamento dell’arma del delitto, un piede di porco trovato, completamente insanguinato e con tracce di capelli della vittima, abbandonato nelle vicinanze del luogo dell’omicidio.

 

Il procuratore capo Bruno Giordano che assieme a Sonia Nuzzo e Maria Camodeca detengono il fascicolo d'indagine sull'omicidio ha dichiarato:«Stiamo ascoltando alcune persone e c'è qualche sospetto da valutare . Stiamo anche in attesa dell'esito dell'autopsia, ma non c'è alcun dubbio sulla causa della morte: la donna è stata trovata con il cranio fracassato».

E’ stata esclusa da subito la pista di un’aggressione di natura sessuale o predatoria visto he alla dottoressa non è stato sottratto nulla.

E così già alla serata di ieri le indagini dei carabinieri della stazione di Cetraro e del comando di Paola si sono concentrate sull’ambiente familiare della donna..

Sotto torchio dei Carabinieri e dei magistrati il cognato di Anna Giordanelli.

Parliamo di Paolo Di Profio, infermiere all’ospedale di Cetraro.

Il possibile movente dell’omicidio potrebbe essere individuato nei suoi rancori con la dottoressa per aver accolto in casa sua la sorella (ed ex moglie di Di Profio) dopo la separazione, avvenuta un paio di mesi fa.

Intanto continuano le indagini.

Non si esclude a breve un soluzione del caso.

Pubblicato in Cetraro
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