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Accedendo sul sito de Il Corriere della Calabria compra la seguente scritta preceduta dalla immagine sottostante l’articolo:

1. Noi siamo AnonPlus e questo è il nostro manifesto.

2. Ogni persona che vuole difendere la propria libertà di informazione, la libertà del popolo e l'emancipazione di quest'ultimo dalla schiavitù dei media e di chi ci governa, di chi ci usa come strumento per attuare i suoi sporchi fini, fa già parte di AnonPlus.

Ogni persona che ha volontà di agire è benvenuta.

AnonPlus combatte i sopprusi, le inequità, le corruzioni, le manipolazioni, le religioni e quant'altro messo in atto da governi, politici, religioni e gruppi di potere finanziaro a discapito del popolo.

3. AnonPlus ha uno spazio di condivisione di idee aperto a tutti: webchat.anonplus.org

4. AnonPlus diffonde idee senza censura, crea spazi per divulgare in maniera diretta, mediante defacciamento di massa, notizie che nei media gestiti ad uso e consumo di chi ci controlla non trovano spazio, al fine di ridare dignità alla funzione stessa dei media.

AnonPlus mette offline siti che contribuiscono attivamente al controllo delle masse, i quali, manipolando informazioni e opinioni, creano false realtà.

AnonPlus non agisce per interessi personali o politici, non ha capi, si muove per l'interesse del popolo e per restituire al popolo la sovranità;

AnonPlus e' aperta a ogni proposta del popolo, per il popolo.

5. Il giorno che tali obbiettivi saranno raggiunti AnonPlus cesserà di esistere.

No war - No religions - No politicals - No financial power - for a Better World

WE ARE LEGION

WE DON'T FORGET

WE DON'T FORGIVE

EXPECT US!

ANONPLUS ITALIA

P.S. Nessun dato è stato rubato o cancellato. solo la home page è stata cambiata. Non siamo criminali, noi siamo AnonPlus

https://twitter.com/AnonPlus_Info

Pubblicato in Calabria

S’ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo, verrebbe da dire. Ma non è così! Perché Oliverio spara con il fucile ed il Corriere della Calabria risponde a cannonate. Cannonate che aprono grossi varchi nel muro di bugie. Ma vedete un po’ voi!

Scrive Gerardo Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria:

«Leggo in un articolo a firma del direttore Pollichieni, edito sul Corriere della Calabria del 14 aprile 2017, che, in relazione all'indagine della Procura di Lamezia Terme sulla Sacal, vi sarebbe una intercettazione, che vede tra gli interlocutori l'ex Presidente Colosimo, nella quale si parla di 10 posti di lavoro da me sollecitati. Niente di più falso e lontano dal vero».

«Non so, perché non ho contezza degli atti di indagine, se vi sia tale intercettazione e sia di questo tenore.

Se fosse vera, immediatamente proporrò querela per diffamazione nei confronti di chi abbia proferito quelle parole.

Se tale intercettazione non vi sia, sarò costretto a sporgere querela nei confronti di chi divulga notizie pur esse diffamatorie.

Il mio operato, non solo da quando occupo la carica di Presidente della Giunta Regionale, ma da quando ne sono stato molti anni or sono Assessore, passando per le Legislature al Parlamento nazionale, sino alla Presidenza della Provincia di Cosenza, è stato sempre improntato a rettitudine ed a lontananza siderale dai metodi della c.d. raccomandazione, giustamente vituperati».

«Il merito del lavoro, la priorità ai disoccupati, la lontananza dalle clientele, hanno sempre improntato il mio agire politico.

Non consentirò a nessuno di tentare di infangare con notizie giornalistiche prive di fondamento veruno il lavoro che ho sempre portato avanti».

Risponde Pollichieni:

“Stia sereno, ma solo nel senso renziano del termine, il Governatore delle Calabrie: qui, a differenza che dalle parti della Cittadella, nessuno si inventa niente e nessuno falsifica alcunché, men che meno un atto d'indagine della magistratura inquirente.

Si prepari a querelare gli intercettati della Sacal e molti suoi sodali politici, magari ci rifletta prima e si consigli con qualche avvocato.

Comunque, affar suo.

Quello che non gli è consentito, invece, è di insinuare che chi dirige questo giornale possa aver inventato, per poi divulgarle, "notizie false e diffamatorie".

Oliverio è in perfetta, assoluta e ridicola malafede (perché non documentarsi prima di scrivere e vedere se le intercettazioni che lo riguardano esistono o no, invece di, vilmente, lasciar intendere che potrebbero essere frutto di invenzione del giornalista?) quando accenna anche solo l'ipotesi che chi dirige il Corriere della Calabria abbia potuto ricorrere a tale criminoso espediente per diffamarlo.

Oltretutto, sarebbe anche atto di grande stupidità posto che, quotidianamente, Oliverio, i suoi sodali, la ciurma di clandestini e di inquisiti che stanno a presidio del decimo piano della Cittadella, ne combinano tali e tante da rendere superfluo inventarsi alcunché, laddove la realtà quotidiana supera anche la più criminale delle fantasie.

E ci risparmi il solito sermoncino sul suo impegno per i giovani, i disoccupati e la legalità.

Tenga piuttosto presente quanto scrivono i magistrati sul metodo clientelare e criminoso di gestire "Garanzia Giovani": a infangare questa stagione politica non sono i giornalisti che li raccontano ma i fatti che la malapolitica produce giornalmente”.

Pubblicato in Calabria

Volevo scrivere “Grazie per far ricordare la stampa seria!” ( vista la mia età, non più giovanissima) , ma, poi, visto che da “minculpop” in avanti i dubbi si impongono, mi sono deciso ad usare il “verbo far conoscere”!

Grazie per l’articolo “ Scopelliti e i giornalisti. Adesso basta!” postato sul tuo “ Corriere della Calabria” che compro ogni settimana e che seguo( ed invito a seguire) quotidianamente , soprattutto quando, come in questi giorni , sono lontano dalla mia terra.

“ Adesso basta! Ne abbiamo tutti piene le tasche di Scopelliti che imbroglia e di tanti rappresentanti delle istituzioni che gli consentono di fare l'imbroglione.

Sappiano i vertici della Procura distrettuale di Catanzaro e di quella di Reggio Calabria e sappiano i vertici della Questura e della Squadra mobile di Reggio Calabria, che non è più consentito a nessuno di lasciare che il massimo rappresentante politico della Regione Calabria si prenda gioco di tutti dicendo e smentendo poi quel che lui stesso dice.

Analogamente sappia il presidente dell'Ordine dei Giornalisti che, anche a scanso di ogni equivoco sui rapporti professionali che lo legano alla Regione Calabria, da lui pretendiamo uno scatto di orgoglio e di dignità. Da lui pretendiamo che vada immediatamente a trovare il procuratore Antonio Lombardo, il procuratore Federico Cafiero de Raho ed il questore Guido Longo e si faccia confermare ufficialmente o altrettanto ufficialmente smentire, la notizia diffusa da Scopelliti tramite un lungo virgolettato concesso all'Agenzia Ansa.

In quella notizia non si usava il condizionale e non si parlava di letture di anonimi blog diretti da anonimi giornalisti, lì il signor Scopelliti così tuonava: «C'è una informativa della Squadra mobile di Reggio Calabria, che è stata depositata, sulla gestione dell'informazione da parte di alcuni giornalisti, credo cinque o sei, che fanno informazione in maniera poco corretta». E traeva la seguente conclusione: «Vuol dire che c'è una parte dell'informazione che riguarda un gruppo di persone impegnate a manipolarla. Io lo ritengo un fatto grave. Si spiegherebbero tante cose».

Adesso l'Ansa, senza neanche tentare un chiarimento sulla genesi della notizia, pubblica la retromarcia indecorosa di Scopelliti con queste parole: «Ho detto soltanto di avere letto sul blog di un noto giornalista della presenza di un'attività d'indagine che, peraltro, ho risaputo, senza seguito».

Non ci stiamo. Non siamo disposti a portare il cervello e la dignità professionale all'ammasso.

Divulgare notizie false, asserire che esistono informative della squadra mobile «sulla gestione dell'informazione da parte di alcuni giornalisti»; indicare persino quale autorità giudiziaria si sta occupando dell'inchiesta («la cosa strana che abbiamo appreso, è che l'indagine è a Catanzaro»), fare tutte queste cose implica la commissione di una serie di gravi reati che tali restano sia se a commetterli è un piccolo giornalista sia se a commetterli è il potente governatore della Calabria, amico di non meno potenti magistrati e di potentissimi ministri di polizia.

Il Presidente dell'Ordine dei Giornalisti, Giuseppe Soluri, deve pretendere e ottenere un'inchiesta giudiziaria che faccia piena luce. De Raho e Lombardo devono promuoverla. In mancanza di ciò ci faremo carico di iniziative legali che finalmente rompano questo odioso circuito di “relazioni pericolose”.

Qui altro che “ossigeno”, all'informazione rischia di mancare ogni residuo spazio di agibilità democratica. Qui ci si straccia le vesti per ogni pernacchia anonima rivolta al più insulso cronista mentre poi si chiudono gli occhi su delegittimazioni, calunnie e manipolazioni del segreto istruttorio capaci di mettere, quelle veramente, a serio rischio l'incolumità professionale e fisica di quei pochi cronisti che non intendono abdicare rispetto al dovere di informare i calabresi su quello che avviene nei Palazzi.

Non vorremmo che di questo passo torni ad essere attuale il monito pronunciato da Michele Musolino, antico galantuomo e compianto sindaco di Reggio che, guardando ai dirimpettai palazzi del Governo e della Giustizia, si trovò a dover chiosare: non è il mio il palazzo più sporco della città.”

G. Marchese

Pubblicato in Calabria

Tutta l'inchiesta sul clan Mancuso è inscritta nel cerchio della “zona grigia”, abitato da insospettabili colletti bianchi. Al centro di un reticolo di interessi che mescola rituali mafiosi e massonici c'è “Zio Luni”, al secolo Pantaleone Mancuso, potente boss 66enne del clan di Limbadi. La rete su cui può contare il capoclan sarebbe vastissima. Nel corso delle intercettazioni effettuate dal Ros di Catanzaro sono emerse alcune conversazioni che coinvolgevano anche magistrati in servizio nel distretto calabrese: da qui l'invio degli atti a Salerno. Ad agosto gli inquirenti campani hanno chiesto l'interdizione per il giudice Giancarlo Bianchi e i pm Paolo Petrolo e Giampaolo Boninsegna con le ipotesi di rivelazione di segreti d'ufficio e abuso d'ufficio. Accuse che il gup di Salerno ha ritenuto insussistenti, rigettando la richiesta della Procura. Il provvedimento vergato dai pm salernitani ha però portato a una parziale discovery dell'indagine in corso a Catanzaro nei confronti della 'ndrina di Limbadi. Si è così scoperto che il fascicolo aperto nel capoluogo calabrese ha già tra gli indagati alcuni nomi eccellenti che avrebbero fatto parte di quello che viene definito l'“ingranaggio”. Negli atti di “Purgatorio” è finito anche il nome dell'ex vicesindaco di Vibo Valentia, l'esponente dell'Udc Antonino Daffinà che, secondo il Ros, sarebbe il commercialista dell'azienda agricola di Pantaleone Mancuso. E poi ci sono gli uomini delle forze dell'ordine: due dirigenti di polizia, un finanziere, un funzionario della Prefettura.

Il clan dei Mancuso, d'altra parte, brigava anche per liberarsi di chi si opponeva alla sua ascesa senza freni. È il caso di Angela Napoli, ex parlamentare del Pdl e di Fli, da sempre impegnata sul fronte dell'antimafia. È sempre Mancuso a dire ciò che pensa del deputato in una conversazione con Francesco Barbieri, imprenditore calabrese trapiantato a Milano. Il “casus belli” è un'interrogazione parlamentare presentata sul provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia che dispose il trasferimento in ospedale di Pantaleone Mancuso detenuto all'epoca nel carcere di Tolmezzo. Sei giorni dopo l'intervento della deputata l'autorità giudiziaria revocò l'ordinanza di ricovero provvisorio. Mancuso lo ricorda bene: «La puttana della Napoli voleva mandargli l'ispezione... perché a me mi aveva mandato all'ospedale senza... a ruota libera! Potevo fare quello che volevo. Dopo la Napoli l'ha saputo, ha fatto un'interpellanza parlamentare e gli stavano mandando l'ispezione». E l'amico lo rassicura: «Si... si sta lavorando anche per togliere di mezzo questa scema qua...».

I servizi integrali, a firma di Gaetano Mazzuca, sono sul numero 82 del Corriere della Calabria, in edicola fino a giovedì 17 gennaio

Pubblicato in Vibo Valentia
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