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“Devi capire che qui comando io!”

Vent’anni di violenze, botte e angherie cominciate in Romania, dove si erano conosciuti e sposati, e proseguite in Italia.

 

In Italia, in provincia di Pordenone, i maltrattamenti e gli atti persecutori sono stati commessi il 2002 e il 2011.

 

E così il giudice di Pordenone Monica Biasutti ha condannato un cinquantenne romeno a 3 anni e mezzo di reclusione.

Nessun dubbio per il giudice: maltrattamenti, stalking, lesioni e violenza privata sono stati provati al processo.

Il PM Patrizia Cau ne aveva chiesti quattro.

 

Inoltre il cinquantenne romeno interdetto per cinque anni dai pubblici uffici.

Il PM ha inoltre trasmesso gli atti alla Procura per due testimoni della difesa stante il sospetto che abbiano reso dichiarazioni false a favore dell’imputato.

Ora il processo continua in sede civile per la quantificazione del danno. La provvisionale è comunque stata fissata in15 mila euro per la moglie e la figlia ,

“La donna ha raccontato di violenze inaudite, come quando, appena sposata, quando ancora vivevano in Romania, lui l’avrebbe spogliata, le avrebbe tagliato i capelli e legata per una notte intera a un albero per farle capire chi comandava in casa.

 

Ogni giorno veniva minacciata di morte, subiva maltrattamenti e insulti.

Il cinquantenne romeno- padre padrone- ingiuriava anche la figlia. Le vessazioni sono continuate per anni e poi sono diventate anche minacce di morte

“Nel capo di imputazione si contestava anche un inseguimento in auto nell’aprile del 2011, ai danni della figlia, occasione in cui la giovane si procurò una distorsione del rachide cervicale e una contusione toracica. Il padre, infatti, nell’affiancarsi all’auto con il proprio mezzo, costrinse la giovane a una manovra azzardata e le urtò la fiancata destra della vettura”.

Pubblicato in Mondo

S. G., 40 anni, con precedenti di Polizia,  si era reso protagonista di  atteggiamenti violenti, aggres sivi e vessatori verso l’ex moglie l’autorità giudizia ria, aveva emesso un provvedimento cautelare di divieto di avvicinamento alla vittima.

 

Ma non è bastato

Giorno 5 settembre, dopo averla notata in giro per le vie del paese, l’ha aggredita ancora una volta a calci e pugni

Aggredito anche che un uomo che si trovava presente nelle vicinanze, conoscente della donna, che sarebbe intervenuto per difenderla.

A seguito di quell’aggressione, le vittime furono costrette a ricorrere alle cure mediche

Su segnalazione al 112 i militari del Nucleo Radiomobile, sono intervenuti portando in caserma il loro aggressore.

A seguito di segnalazione il GIP di Paola ha disposto l’aggravamento della misura già in atto sull’uomo sostituendo il divieto di avvicinamento alla vittima con la misura più restrittiva della custodia in carcere .

 

Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri di Scalea la scorsa notte nel corso di un servizio straordinario di controllo del territorio nei centri storici dei comuni del comprensorio in cui è diffusa la criminalità con posti di controllo, con ispezioni ad alcuni esercizi pubblici, perquisizioni personali, domiciliari e locali. 

Identificate oltre 100 persone e controllati 3 esercizi pubblici, individuati tra quelli potenzialmente frequentati da  pregiudicati.

Altre 2 persone nel corso dei controlli notturni sono state denunciate per reati minori.

Pubblicato in Alto Tirreno

Nel giro di poco tempo, nell’ambito della relativa inchiesta penale, l’uomo è stato tratto in arresto. Il protagonista del caso giudiziario è B.N., 60 anni, di Belvedere Marittimo, condannato ieri mattina in primo grado a 4 anni e mezzo di reclusione per stalking ed estorsione.

B.N. maltrattava e minacciava una badante dell’Est, con la quale intendeva condividere una relazione a tutti i costi e a cui avrebbe sottratto anche del denaro.

Comportamenti persecutori, iniziati nel 2011, che si sarebbe protratti per più di un anno, fino a quando la donna non ha deciso di presentare denuncia presso la locale stazione dei carabinieri.

La sentenza è stata emessa dal Gup del Tribunale di Paola, Carmine De Rose, con il rito abbreviato, procedura che comporta la riduzione di un terzo della pena.

La condanna ha rispettato in toto quella richiesta dal pubblico ministero, Sonia Nuzzo.

Secondo il teorema accusatorio l’imputato ha perseguitato la straniera, che lavora come badante nella cittadina tirrenica, chiedendogli quotidianamente di instaurare una relazione con lei, minacciandola di uccidere la famiglia presso la quale era impiegata se si fosse rifiutata.

L’uomo avrebbe molestato la donna anche telefonicamente, chiamandola più volte al giorno, e si sarebbe appostato con assidua continuità nei pressi dell’abitazione dove lavorava. In altra occasione si sarebbe vicinato a lei nel tentativo di baciarla e abbracciarla. Più volte, infine, l’avrebbe ingiuriata e offesa, rivolgendogli anche la seguente frase minatoria, come si evince dal capo d’imputazione: “Non avvisare i carabinieri perché io ho una pistola carica ed ammazzo tutti”.

Per quanto concerne l’accusa di estorsione il sessantenne, “con violenza e minaccia”, si è fatto corrispondere dalla badante la somma di 700 euro. Ciò sarebbe accaduto a marzo 2012. Dopo tre mesi estorceva alla stessa altro denaro, stavolta 800 euro.

Pubblicato in Alto Tirreno
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