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ponteIeri presso l'ente provincia di è svolto in incontro finalizzato a trovare la soluzione per un immediato inizio dei lavori di ricostruzione del ponte , ormai caduto da oltre 10 anni. La TV con Emanuela gemelli sarà presente sul posto per intervistare gli interessati. Non sarebbe male che i sindaci dei comuni limitrofi e che rischiano l'isolamento in caso di forti mareggiate

Pubblicato in Primo Piano

pontesavutoraiÈ passato  un anno da quando Enzo Bruno, già presidente della provincia di Catanzaro, ci ha comunicato che erano stati appaltati i lavori per la ricostruzione del ponte sul fiume Savuto a Nocera Terinese.

Infatti il 29 novembre 2018 la commissione di gara presieduta dall’architetto Pantaleone Narciso ha aggiudicato l’opera all’impresa “Valori” con un ribasso del 15%.
Da allora non abbiamo ricevuto altre comunicazioni, e ancora una volta sull’opera – ritenuta importante per la sopravvivenza di tante imprese agricole e più in generale per lo sviluppo del territorio – è caduto il silenzio.
Ricordiamo che il ponte è stato spazzato via dalla furia del fiume durante l’alluvione del 2006, e dopo il dimezzamento dello stanziamento iniziale operato dalla Giunta Scopelliti si è reso necessario l’intervento della stessa Provincia di Catanzaro che ha cofinanziato l’opera e ha reso possibile la gara d’appalto, che si è perfezionata nel 2018.
Per questi motivi, chiediamo all’attuale presidente Sergio Abramo di spiegarci come mai, dopo oltre un anno dall’affidamento, ancora non si vede l’inizio dei lavori, e ancora una volta facciamo presente che tale arteria, chiusa al transito da ben 13 anni, continua a provocare grandi perdite agli agricoltori e danni enormi alle attività e ai cittadini del comprensorio.
 
Vogliamo tempi certi per l’inizio dei lavori.
 
Giuseppe Ruperto

Promotore del Comitato per il ponte sul fiume Savuto e dirigente Coldiretti

Pubblicato in Primo Piano

E’ un Giuseppe Ruperto felice quello che ci telefona stasera nella sua qualità di Presidente per la ricostruzione del ponte sul Savuto per informarci della notizia appena avuta a Enzo Bruno, già presidente della provincia di Catanzaro, e relativa all’appalto dei lavori di costruzione del Ponte su Savuto.

 

 

Ecco quanto gli ha scritto Enzo bruno:

Con grande soddisfazione comunico che sono stati appaltati i lavori per la ricostruzione del ponte sul fiume Savuto a Nocera Terinese.

Il ponte e’ stato spazzato via dalla furia del fiume durante un alluvione nel 2006 e ci sono voluti 12 anni per avere la certezza del finanziamento.

Lo stanziamento iniziale di cinque milioni di euro, la regione ( Giunta Scopelliti)lo ha dimezzato a tre milioni, compresi cinquecento mila euro stanziati dalla protezione civile, somme non sufficienti per la ricostruzione dell’infrastruttura.

La Provincia di Catanzaro guidata dal sottoscritto pur nelle difficolta’ economiche causate dalle legge 56, ha coofinanziato l’opera con una somma pari a quattrocentocinquantamila euro.

Il 29 novembre 2018 la commissione di gara presieduta dall’architetto Pantaleone Narciso ha aggiudicato l’opera all’impresa “Valori” con un ribasso del 15%.

Voglio ringraziare il Presidente Oliverio, la Giunta regionale, tutti i miei collaboratori , i consiglieri provinciali che mi hanno affiancato, la Coldiretti i Sindaci che mi sono stati vicini in questa vicenda.”

Pubblicato in Basso Tirreno

Incontro in Provincia con il presidente Enzo Bruno

Catanzaro. 8 febbraio 2018.

Entro il mese di aprile sarà pubblicato il bando di gara per la ricostruzione del ponte sul fiume Savuto.

 

Il progetto esecutivo dell’opera attesa da dodici anni sarà consegnato venerdì 9 gennaio al responsabile unico del procedimento, l’ingegnere Floriano Siniscalco: dopo le verifiche tecniche e le procedure previste a norma di legge, il bando di gara sarà pubblicato.

E’ quanto assicurato dal presidente della Provincia di Catanzaro, Enzo Bruno, nel corso di una riunione tecnica convocata questa mattina proprio per fare il punto sullo stato dell’arte dopo l’incontro con i sindaci e le associazioni del comprensorio, alla presenza del vice presidente Marziale Battaglia, dell’ingegnere Eugenio Costanzo che si occupa di coordinare i lavori nel comparto di riferimento, e del dirigente di Coldiretti, Giuseppe Ruberto che, in continuo contatto con il presidente Bruno e il vice presidente Marziale, continua a dare voce ai disagi dei cittadini e degli operatori della zona, penalizzati dal quasi decennale crollo dell’importante arteria.

L’importante infrastruttura è stata prima danneggiata dall’alluvione del 2006 e quindi trascinata a valle dall’impeto della piena nel 2008.

C’è da ricordare che la Regione Calabria – ente competente alla messa in sicurezza del fiume - per la ricostruzione del ponte aveva messo a disposizione ingenti risorse, assottigliate nel corso degli anni dai 6 milioni a disposizione nel 2011 fino agli attuali 2 milioni e mezzo attuali.

La Provincia di Catanzaro ha stanziato in bilancio ulteriori cinquecento mila euro, che si aggiungono ai 500 mila euro individuati nei fondi gestiti dalla Protezione civile.

Si arriva, quindi, alla pubblicazione del bando dopo i necessari adempimenti tecnico-amministrativi relativi ad adeguamenti tecnici e strutturali.

“Ho voluto rassicurare il territorio rappresentato dal dirigente di Coldiretti sull’impegno della Provincia nel rispettare il crono programma dettato nei mesi scorsi – ha affermato il presidente Bruno -.

Non ci sono problemi: abbiamo definito gli adempimenti di legge necessari, e proseguiamo senza perdere di vista l’obiettivo di dare risposte concrete ai cittadini che aspettano la ricostruzione del ponte sul Savuto da troppo tempo”.

Un ringraziamento per l’interessamento costante arriva dal dirigente di Coldiretti, Giuseppe Ruberto: “Non ci possiamo più permettere ulteriori ritardi, stiamo subendo enormi disagi e perdite economiche, l’agricoltura e le aziende sono in ginocchio.

Confidiamo nella celerità della Provincia”.

Pubblicato in Basso Tirreno

Comincia il 2018 ed è tempo di auguri.

A chi farli?.

A tutti, evidentemente.

Ma soprattutto a chi ne ha più bisogno.

Per questo cominciamo dai Camporesi e dai Noceresi.

A loro auguriamo che questo nuovo anno porti l’atteso ponte sul Savuto.

Quel ponte che manca da ormai troppi anni.

Una mancanza che è una vergogna per la politica calabrese.

Quella politica che, fatta la doverosa eccezione per pochissimi( tra questi la Ferro e Bruno rispettivamente precedente ed attuale presidente della provincia di Catanzaro), è stata distratta , troppo distratta.

E poi che dire se non ricordare che il ponte romano, dopo 2000 anni, è ancora intatto ed il ponte degli inizi del ventesimo secolo è miseramente crollato.

Che i romani avessero migliori ingegneri?

Mah!

La domanda resterà senza risposta .

Speriamo, invece, che i diritti dei Camporesi e dei Noceresi non restino senza risposta, soprattutto ora che sembra che l’impegno del presidente della provincia di Catanzaro Enzo Bruno ( al quale porgiamo gli auguri) possa giungere a compimento nei primissimi mesi del nuovo anno.

Quello del Savuto non è un ponte normale!

Lo sappiamo bene, visto che permette di coltivare senza troppi problemi i terreni a sud ed a nord del fiume , quei terreni per raggiungere i quali bisogna fare un lungo giro sulla variante della SS18 spesso bloccata dal traffico e di marosi.

Pubblicato in Catanzaro

Ci scuseranno Michele e Bobby Solo se mutuiamo le parole della loro canzone “ Ti senti sola stasera” del 1965( oltre 50 anni fa) per richiamare quanto Giuseppe Ruperto, presidente della cooperativa Le macchie di Nocera Terinese postando la presente foto ha scritto.

”Sono oltre 20 giorni che del Savuto non arriva più un goccio d' acqua a mare , se continua così non possiamo irrigare nemmeno i nostri campi “

Anche il Catocastro e l’Oliva sono quasi all’asciutto, come mai negli ultimi sessanta anni!

Come fare allora per irrigare le colture agricole se l’acqua per i campi viene dal Savuto?

E come fare per dare acqua ai Camporesi se l’acqua della frazione viene anche essa dal Savuto?

Comunque una cosa sembra positiva ed è quella che con i fiumi secco i colibatteri non arrivano più a mare.

E poi la cosa più assurda è che a mare rischia di arrivare solo l’acqua del depuratore di Nocera Terinese.

Pubblicato in Campora San Giovanni

Non manca l’amico Francesco Gagliardi di esprimere il suo pensiero sulla vicenda del fiume Oliva, peraltro, ponendo la domanda “Quid est veritas?”, che tradotta significa “Cosa è la verità?”, ma temendo che la domanda sia destinata a restare senza risposta.

Anche noi sospettiamo che la verità sia lontana e per questo aspettiamo la sentenza, nella speranza che qualcuno parli di Grassullo e del percolato dei rifiuti dell’oliva e del perché per irrigare i terreni di Campora e far bere i camporesi si sia andati a prendere le acque del Savuto e non quelle dell’Oliva.

Eh, sì. La verità va cercata. Se la si vuole conoscere . E dissimulata se non la si vuole conoscere.

E continuiamo a dire grazie a Francesco Gagliardi che la cerca. Non ad altri!

Ecco la nota del nostro amico scrittore :

“La Corte di Assise di Cosenza ieri 6 marzo 2017 ha scritto la parola fine all’annoso problema dell’inquinamento del fiume Oliva.

L’imprenditore Cesare Coccimiglio accusato di disastro ambientale doloso e di avvelenamento delle acque è stato assolto.

E sono stati assolti anche i quattro coimputati proprietari terrieri: Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo.

Per la Corte d’Assise non hanno commesso il fatto. Ora, dunque, se tutti sono stati assolti per non aver commesso il fatto non si può più parlare di veleni nel fiume Oliva e si chiude così, ingloriosamente, una storia lunga diversi anni che ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale i cui risvolti sono ancora misteriosi.

Le vicende dei veleni, della nave spiaggiata, delle navi affondate, dei materiali pericolosi interrati, dei rifiuti tossici e nocivi rinvenuti lungo il corso del fiume Oliva, delle discariche abusive, dei fanghi contaminati, delle acque avvelenate hanno contribuito a distorcere, forse, la realtà.

Bisogna ora aspettare 90 giorni per leggere le motivazioni della sentenza e per capire eventualmente qualche cosa.

Fino ad allora bisogna attenersi ai fatti di cronaca che sono questi:

La nave Jolly Rosso conosciuta con l’appellativo di nave dei veleni, perché trasportava rifiuti tossici, si arenò il 14 dicembre 1990 sulla spiaggia in località Formiciche nel comune di Amantea. Al momento dello spiaggiamento la nave trasportava ufficialmente e sottolineo ufficialmente generi di consumo e tabacco.

Nel frattempo, però, i veleni sotterrati nei territori di Amantea, San Pietro in Amantea, Aiello Calabro e Serra d’Aiello continuano a causare effetti devastanti sulla salute dei cittadini.

Sì, la Corte si è pronunciata, però non ha fatto chiarezza.

Il Sig. Coccimiglio e gli altri quattro coimputati non sono colpevoli.

Ma chi sono allora i colpevoli?

Le scorie radioattive non sono state sotterrate nel territorio dei Comuni sopra menzionati?

Dove sono andati allora a finire? Questo chiede la gente.

Chi ha ucciso e perché il Comandante della Capitaneria di Porto Natale De Grazia?

Nessuno lo saprà mai.

Molte persone hanno perso la vita e non chiedono più nulla se non la verità.

Verità che purtroppo non arriverà mai perché i fatti narrati sono avvolti da tanti misteri.

Quid est veritas?

Ma dove è la verità?

Questa celebre domanda di Pilato, anche per me, è destinata a restare senza risposta.

Di Francesco Gagliardi

Pubblicato in Basso Tirreno

Incontro Iacucci a Rogliano«Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso di Mario Occhiuto. Domenica si voterà e lunedì avremo il nuovo presidente legittimato ed il nuovo Consiglio Provinciale».

E’ stato lo stesso Franco Iacucci, unico candidato alla presidenza della Provincia di Cosenza ad annunciare la decisione dell’organo di giustizia amministrativa nel corso di un incontro con gli amministratori locali del Savuto ospitato nella sala consiliare di Rogliano, al quale è intervenuto anche il deputato Ferdinando Aiello. L’iniziativa rientra nel ciclo di appuntamenti organizzati da Iacucci lungo l’intera area provinciale, con l’obiettivo di confrontarsi con i sindaci ed i consiglieri comunali del territorio «in continuità con l’impegno profuso da Iacucci durante la sua attività in seno alle istituzioni – ha commentato Ferdinando Aiello nel suo intervento. «Abbiamo un candidato alla presidenza – ha aggiunto il parlamentare – dalla identità politica certa, in un momento invece assai incerto nel panorama nazionale. Merita un plauso perché sta conducendo una campagna elettorale intensa, come se avesse un competitor che invece non c’è. Questo suo impegno ha inaugurato una politica del dialogo e dell’ascolto che gli consentirà di svolgere in maniera più incisiva il suo mandato. Ma la scelta di Iacucci va anche nella direzione dell’unità e della coesione. Quando si affrontano insieme – ha concluso Ferdinando Aiello – le battaglie elettorali si vincono». Iacucci, sindaco di Aiello Calabro, vanta una profonda conoscenza del territorio del Savuto, per aver ricoperto anche la carica di presidente della locale Comunità Montana. «Qui mi sento a casa – ha detto – La presenza di così tanti amministratori è un segnale di grande effetto. Ho l’ambizione – ha aggiunto – di costruire una istituzione al servizio degli enti locali e di raccordo con la Regione. La Provincia di Cosenza sarà utile per portare a compimento il progetto di rilancio della Calabria intrapreso da Mario Oliverio».

Pubblicato in Cosenza

CopertinaRecuperare antiche foto è una vera e propria passione per l'editore Fiore Sansalone, autore di "Savuto, immagini del '900 - Volume 2. Ricordi e memoria del passato". Una passione che, come tale, richiede tempo e dedizione.

Grazie a questa ricerca certosina, svolta nei comuni del Savuto, oggi abbiamo la possibilità di conoscere altri luoghi e persone appartenenti ad un passato a molti estraneo.

La fotografia ha un potere straordinario, quello di fermare il tempo e lo spazio in uno scatto. Osservando una vecchia foto, a distanza di molti anni, si può magicamente fare un viaggio nella memoria e rivivere antichi luoghi, momenti di vita familiare o sociale, riscoprire antichi odori, sapori, sentimenti mai sopiti. Per i più giovani, invece, ammirare una foto del passato significa imparare a conoscere meglio la storia dei nostri nonni e dei nostri luoghi.

La raccolta fotografica, in distribuzione in questi giorni presso le edicole del comprensorio, può essere, a ragione, considerata un piccolo scrigno d'un passato che non è solo ricordo, ma anche memoria documentata, un vero e proprio patrimonio culturale.

Alla base del libro c'è, dunque, la volontà dell'autore di recuperare e trasmettere, attraverso la fotografia, un mondo che ci appartiene e che è fondamentale conoscere e salvaguardare.

"Le immagini del passato, impresse sulle foto, - scrive il professore Eugenio Maria Gallo nella prefazione - danno il senso d'una vita che continua, un senso tutto illusorio, è vero, un senso che, però, ci permette di ritenere che non tutto sia soggetto a perdersi nell'oblio e nella fugacità della corsa del tempo, se si riesce a lasciare, attraverso le immagini, una traccia di quello che è stato, una traccia di quel che si è stati e di quel che si è fatto, una traccia dei nostri volti e delle nostre fattezze, una traccia d'un passato che, per alcuni, è stato presente e, per noi, torna ad essere presente. È qualcosa di singolare che traduce e si porta dietro un fascino ammaliante".

Sfogliando il libro, che si compone di quarantotto pagine, si possono ammirare scatti che ritraggono momenti di vita familiare, lavorativa, feste e cerimonie religiose, ma anche momenti di svago e attività agonistiche.

Le foto, che appartengono a diversi archivi fotografici privati, sono state raccolte in molti comuni del territorio e ci parlano della gente che ha vissuto in questi luoghi contribuendo a farne la storia.

In conclusione, in questi flash del '900 - come sottolinea Gallo - "c'è tutto il respiro della nostra terra, un respiro che torna a farsi vento di vita, folata di immagini sbiadite, ma mai scomparse dalla carta in cui la foto le ha depositate, immagini che ritornano alla luce in un turbinìo di ricordi, che diventano memoria comune e condivisa".

Pubblicato in Basso Tirreno

C’è una Calabria sconosciuta anche ai calabresi.

Soprattutto a quelli come diceva il Giusti nel Sant’Ambrogio che hanno il “ cervel, Dio lo riposi, in tutt'altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato”

Ma ogni tanto su questo meraviglioso web qualcuno stimola la nostra attenzione e così abbiamo occasione di ricordare e di farci qualche domanda.

Ricordare il mistero dei due ponti sul Savuto.

Quello Romano ( II secolo a.C.) in Scigliano detto anche “approfittevolmente “ di S. Angelo o di Annibale , che ancora resiste dopo più di due millenni.

Quello moderno di Nocera Terinese realizzato meno di un secolo fa e che è crollato rovinosamente senza essere mai ricostruito quando ebbe a compiere solo 80 anni!.

La domanda è d’obbligo.

Perché mai uno resiste 22 secoli e uno crolla prima ancora di diventare centenario?

Il secondo realizzato negli anni 20 al tempo della costruzione della SS18 è riverso sul letto del fiume e di esso restano solo macerie.

Il primo ancora sufficientemente conservato, monumento storico nazionale che è il più antico d’Italia.

Ma eccovi le necessarie notizie sul Ponte Romano tratto da http://www.scigliano.altervista.org

“Uno dei più antichi d'Italia

Lungo il tragitto verso il mare del fiume Savuto, troviamo, nel territorio di Scigliano, un ponte romano ( II secolo a: C.) detto di S. Angelo o di Annibale, monumento storico nazionale che insieme al ponte Fabbrico dell’ isola tiberina (69 a. C.) sono i più antichi d’Italia.

Il prof. Emilio Barillaro scriveva:”…Il ponte fu gittato dai romani a servizio della via Popilia nel 203 A.C.; distrutto dagli stessi costruttori all’epoca della sconfitta di Annibale per arrestare la fuga di costui ed impedirgli di raggiungere il mare e poi ricostruito con lo stesso materiale edilizio e con lo stesso modulo architettonico dei genieri del generale cartaginese per il transito della sua armata.”

Il Padula in “Calabria prima e dopo l’unità” scriveva:” Quel ponte può dirsi l’unico monumento architettonico della provincia. E’un solo arco colossale della luce di cento palmi che comincia dal suolo e non s’appoggia ai pilastri. Vi si ascende per una scaglionata che lascia tra sé e l’arco del ponte un vuoto dove si ricoverano i pastori. Mentre tu sali spesso ti viene all’orecchio uno scoppio di riso; e sono foresi e forosette che ridono sotto i tuoi piedi. Il ponte è di piperno ( roccia eruttiva effusiva, n.d.r.) e se ne ignora l’autore. Il volgo lo crede opera del diavolo e crede di vedere sopra alcune pietre l’impronta di sua mano e va a cercarvi tesori.”.

L’archeologo Edoardo Galli disse: “….guardando, poi, le fiancate appare evidente l’intenzione dei costruttori di restringere artificialmente, ridurre quanto più possibile la valle, per soverchiarla con un solo, arditissimo, arco. Questo è all’incirca, alto 13 metri e largo il doppio,ma nell’antichità doveva librarsi ad una altezza vertiginosa, poiché è risaputo che tra i fiumi della Calabria il Savuto è uno dei più noti e temuti per piene e devastazioni. Quindi non v’è dubbio che in più di duemila anni il fiume abbia colmato una buona metà dell’ altezza primitiva. Infatti non si vedono i pilastri su cui poggia la volta perché sono sotterrati nella ghiaia e come si può notare oggi, il fiume scorre a livello della corda dell’arco”.

Il ponte faceva parte dell’antica via romana, la Popilia, che venne costruita a partire da Reggio Calabria per poi congiungersi con le altre arterie che portavano a Roma. Il tracciato antico della strada da Reggio Calabria costeggiava il Tirreno, toccava Vibo Valentia, la Piana di S Eufemia, risaliva la Valle del Savuto, attraversava il ponte sul fiume e saliva ai Campi di Malito. Proseguiva poi per lo stretto corridoio del torrente Iassa, sboccava nel Busento all’ altezza del vecchio quartiere di Portapiana. In seguito, seguendo la sponda del Crati sino a Tarsia, quindi Morano, il Vallo di Diano e tagliando Salerno, Nocera e Capua, si congiungeva alla via Appia che portava a Roma.

Il Ponte romano, la cui data di costruzione risale a II secolo a.C., fu costruito con archi in tufo calcareo rosso prelevati da una cava sulla parete di una collina vicinissima al ponte. Ancora oggi si vedono i profondi tagli sulla parete, operati dagli schiavi al servizio dell’ esercito romano. Questi blocchi venivano precipitati a valle e cadevano proprio dove oggi sorge il ponte. Questi massi venivano, poi, lavorati e messi in opera o adoperati per fare la calce nella fornace adiacente, anch’essa ritrovata in passato. Le fondazioni del ponte si trovano ad profondità di circa 1,50 m dal piano attuale del greto del fiume. Sono costituite da una platea di due ordini di blocchi squadrati e sovrapposti per una larghezza di 5 m e una lunghezza pari a quella del ponte compresa la rampa di salita dell’estremo più basso. L’altezza di questa platea e circa di 1,50 m. La volta è costituita da due archi concentrici a tutto sesto di blocchi squadrati di tufo secco sfalsati. Il secondo arco è in tufo per le parti prospettiche e in pietrame e pozzolana all’interno, a copertura del primo arco portante. Da rilevare che a Roma il primo esempio di costruzione a doppio arco concentrico si ebbe nello sbocco della Cloaca Massima costruita nel 580 a.C.

L’arco portante è impostato direttamente sulla platea di fondazione, senza pile di appoggio, e il secondo arco ha solo funzione di rinforzo e di contrappeso al primo. La lunghezza dell’ arco è di 21,50 m mentre la larghezza è di 3,55 m. L’altezza massima è di 11 m rispetto all’attuale piano del fiume.

I romani in virtù dell’ importanza del ponte, lo costruirono in modo da sfidare il tempo e le intemperie, comprese le piene del Savuto (“Il Savuto è gonfio di verno e porta alberi all’impiedi “ scriveva il Padula ) .

Lo costruirono a secco, sapevano già allora che diversi materiali non davano la certezza di durare, proprio per la diversa dilatazione dei singoli materiali. I blocchi di tufo al contrario dopo oltre duemila anni si sono suturati con il calcare scioltosi dalle stesse pietre, tanto da formare un unico blocco.

Il piano di calpestio, la cui lunghezza totale è di 48 m, è stata costruito in muratura con pietrame di fiume e pietra pozzolana. Da un lato troviamo una tipica rampa romana che poggia sulla roccia della collina. Sull’ altro lato poggia invece su un arco trasversale chiuso da muri dallo spessore di 50 cm. Accanto al ponte, nei suoi estremi, esistono i resti di due garitte, utilizzate per riparare le truppe a protezione del ponte, resti ormai irrimediabilmente compromessi. Vicino al ponte, invece, sulle fondamenta di caseggiati romani è stata costruita una vecchia casa colonica , rudere anch’ esso e in parte sede della chiesetta di S. Angelo.

L’antica tradizione popolare diede a questo ponte il nome di Annibale il Cartaginese, ma gli studi, condotti dallo storico meridionale Eduardo Galli nel 1806, pare neghino queste convinzioni. Lo studioso, infatti, afferma che: “I ritrovamenti, nelle vicinanze, di embrici, di vasi, di monete imperiali, hanno generato nelle anime semplici dei paesani la falsa credenza che Annibale, prima di partire dall’Italia, ci abbia dimorato lungamente costruendo perfino il ponte e che perciò porta il suo nome”.

A smentire questa tesi è, anche, lo stile prettamente romano, l’analisi di cippi miliari sulla via Popilia, e la data di costruzione della detta via Popilia, tra il 131 ed il 121 a.C., cioè ottanta anni dopo il passaggio del generale.

Secondo un’altra leggenda, codesto ponte è conosciuto anche con il nome di ponte S. Angelo, proprio per la presenza di una chiesa dedicata a questo Santo: si racconta che questi abbia sconfitto il diavolo proprio sul ponte e quest’ultimo per rabbia tirando un calcio alla spalla destra del ponte provocò una lesione. Tale lesione non è oggi visibile, poiché fu ricucita durante il restauro avvenuto nel 1961.

Attualmente il ponte è uno tra monumenti recensiti e sotto protezione dell’ Unesco ma, inspiegabilmente, pur essendo tra i ponti più antichi d’Italia, è fuori da ogni circuito turistico sia regionale che nazionale.

Vicino al ponte, un tempo luogo di una caratteristica fiera di animali andata perduta per via della attuale legislazione in materia di vendita di animali, esiste un punto attrezzato per scampagnate, dotato di tavoli, panche e fornelli per la cottura alla brace; la legna intorno non manca. Segnaliamo anche la presenza di una fonte di acqua, all'interno del punto attrezzato, di eccellente qualità .

Il 29 di settembre è una tradizione Sciglianese il cotto di capra proprio in questa area attrezzata, che, tempo permettendo, raccoglie molti buongustai locali”

Pubblicato in Lamezia Terme
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