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Leggiamo un sorprendente se non incredibile comunicato del Csa-Cisal dell’ente regione

Il sindacato preliminarmente segnala che «Sono passate due settimane da quando è diventata di pubblico dominio la notizia dell’inchiesta “Flumen luto”

sui fatti legati all’alluvione del 2015 che colpì i territori di Corigliano e Rossano che conta un totale di 195 indagati.

Fra questi ci sono 54 dipendenti di un settore strategico della Regione Calabria come l’Autorità di bacino regionale (Abr) ».

Poi continua rilevando che «….., a fronte della rilevante portata dell’inchiesta, l’amministrazione regionale, a partire dai suoi vertici, si è dimostrata inerte, se non del tutto indifferente».

Ed evidenzia la «colpevole indolenza mostrata dall’amministrazione nei confronti non di una manciata di suoi dipendenti bensì di un intero settore».

Infine il sindacato Csa-Cisal chiede l’applicazione del Piano anticorruzione e suggerisce che «Si sposti il personale in altri settori. La rotazione tutelerebbe innanzitutto i dipendenti»

Quello che non comprendiamo è la affermazione di conoscere “ la serietà, il senso di responsabilità, le professionalità e le capacità tecniche comprovate dall’esperienza acquisita sul campo e supportato da un forbito bagaglio culturale di questi lavoratori che hanno garantito attraverso il loro impegno in tutti questi anni nell’Autorità di bacino regionale.

Confidiamo nella possibilità che tutti possano difendersi al meglio nelle sedi opportune.

Così come siamo altrettanto fiduciosi sull’operato della magistratura, certi che la giustizia farà presto chiarezza su questa vicenda e ridarà la possibilità a tutti i lavoratori di tornare a svolgere con serenità il lavoro per cui sono stati chiamati.

Una qualsiasi forma di sostegno invece è completamente mancata da parte della Regione.

Un vuoto assoluto. Come se d’incanto su un settore così nevralgico – uno dei fiori all’occhiello dell’amministrazione dichiara il sindacato – fosse calata la nebbia dell’indifferenza.

Uno dei trattamenti più umilianti che un datore di lavoro può riservare al suo personale. Nessuna presa di posizione chiara, se non un silenzio assordante e ormai consueto».

«Un’amministrazione che si gira dall’altra parte al cospetto di tali vicende non solo abbandona cinicamente al proprio destino i suoi lavoratori, ma si autoinfligge un grave danno di immagine e di credibilità perché non riesce nemmeno a giustificare il suo operato. I dipendenti dell’Abr per anni hanno svolto la delicata e fondamentale funzione di tutelare, attraverso le attività di programmazione e controllo, il territorio calabrese in nome e per conto dell’amministrazione. Tutto questo è stato cancellato? A ben vedere – incalza il sindacato – la sonnecchiante amministrazione potrebbe ben operare una scelta ragionevole per dare un segnale concreto ai dipendenti del settore e, al contempo, per rispettare regole che la stessa si è data. Uno strumento valido per affrontare situazioni di questo genere è l’applicazione del Piano triennale per la Prevenzione della Corruzione e la Trasparenza. In caso di procedimenti penali in corso, esso prevede l’utilizzo dell’istituto della rotazione, quindi lo spostamento del personale in un altro settore.

La rotazione è una scelta di buon senso. In primo luogo, per la salvaguardia dei diritti e degli interessi degli stessi lavoratori. Un presidio a loro tutela affinché possano contare su una maggiore tranquillità nell’ambiente lavorativo. Tutelare un lavoratore dai rischi presenti sul posto di lavoro significa anzitutto informarlo sulle conseguenze di quei pericoli. Un atto dovuto dell’amministrazione. E invece? Si lasciano da soli i dipendenti».

«Un’accortezza – precisa il sindacato – che mette davanti il bene dei lavoratori e che non vuole guastare il clima o infondere paure e preoccupazioni. Cosa sta aspettando la Regione ad attuare questa normativa? L’amministrazione non solo si dimostra insensibile alle sorti del suo personale ma addirittura non applica basilari regole tese a garantire serenità organizzativa interna e la credibilità dell’istituzione. L’inerzia, in questo caso, va di pari passo con l’inadempienza. Come sindacato CSA-Cisal siamo ormai piuttosto disillusi sulla volontà di reazione dei vertici amministrativi e politici della Regione, per questo preferiamo rivolgerci direttamente ai dipendenti. Di fronte ad un’amministrazione sorda i colleghi dell’Autorità di Bacino pensano davvero di ricoprire ancora il loro ruolo con la necessaria serenità?”

Infine leggiamo la parte nella quale la Cisal chiede” a queste persone, professionisti seri e competenti, di prendere in considerazione l’eventualità di spostarsi autonomamente in un altro settore” e ci chiediamo se mai sia possibile ai funzionari regionali di decidere autonomamente che lavoro fare, in quale ufficio!!!!!!!

«Non resta altro che il buon esempio venga dal basso, dai suoi stessi valenti dipendenti. È necessario – chiosa il sindacato – decidere in tempo e con senso di responsabilità.

Ribadiamo, che l’istituto della rotazione del personale è uno strumento che soprattutto in questi casi rappresenta un baluardo necessario per la tutela e la salvaguardia dei lavoratori. Dinnanzi a tutto questo, un’amministrazione rimasta impassibile, incapace di difendere il suo stesso operato piccona ancor di più la sua già dissestata credibilità».

Pubblicato in Calabria

Come è possibile che in Calabria possano succedere queste cose?

Siamo forse in presenza di un esercito di Franceschiello?

E chi è Francesco II di Borbone?

Solo Mario Oliverio o quanti altri si nascondono dietro le sue folte chiome?

Ecco cosa denuncia la CISL.

Il sindacato denuncia gli utilizzi temporanei disposti da un decreto del 30 novembre 2016. Dipendenti degli ospedali sono chiamati a svolgere incarichi amministrativi alla Cittadella. «È in atto un'emorragia in un settore già fortemente penalizzato»

“Arrivano a quota 56 i dipendenti del comparto sanitario in prestito alla Regione Calabria. Utilizzi temporanei di lavoratori su cui la Cisal chiede di fare luce, visto che alcuni di essi si protrarrebbero da quasi dieci anni o, in un altro caso, lo stesso dipendente sarebbe stato ceduto contemporaneamente da due distinte aziende, sanitaria e ospedaliera: «Com’è possibile che con decreto del 30 novembre 2016, il dirigente generale del dipartimento Tutela della salute e Politiche sanitarie non abbia fatto caso che un dipendente è stato prorogato da due aziende diverse? Un decreto, quest’ultimo, nel quale si dispone l’utilizzo temporaneo, fino al 31 dicembre 2018, di 39 unità lavorative delle diverse aziende ospedaliere e sanitarie».

«Sembra incredibile – evidenzia il sindacato – che in continuazione vengano svuotate le corsie degli ospedali calabresi per trasferire il personale negli uffici amministrativi della Cittadella regionale. Ostetriche ed infermieri, infatti, invece di svolgere il lavoro per il quale sono stati assunti, preferiscono “accomodarsi” in ufficio per svolgere mansioni amministrative. Non si comprende la logica di tale fenomeno. Forse svolgere incarichi amministrativi in Regione equivale a somministrare farmaci e flebo in corsia?

La perizia nell’effettuare iniezioni di medicinali abilita anche a gestire impegni contabili e liquidazioni? E poi questo progressivo svuotamento dalle corsie dei nosocomi come si configura all’interno della gestione del sistema sanitario regionale?

Come può pretendere il presidente della Regione Calabria di essere nominato commissario per il piano di rientro della sanità se la “macchina” che lui stesso amministra causa questa emorragia di personale alle aziende sanitarie?».

«Dopo un’attenta verifica – proseguono i vertici della Cisal – abbiamo scoperto tanto altro ancora. Il flusso di personale comandato presso la Regione Calabria e proveniente dalle strutture sanitarie è inarrestabile.

Il record di trasferimenti in uscita lo detiene l’Asp di Catanzaro con ben 21 dipendenti “ceduti”, seguita dall’A.O. Pugliese-Ciaccio del capoluogo di regione a quota 12, dall’Asp di Cosenza con 8 unità, e quindi dall’Asp di Crotone che ha mandato in Regione 5 lavoratori, dall’A.O. Mater Domini che ha dato in prestito 4 dipendenti a pari merito con l’Asp di Reggio Calabria e, fanalino di coda, l’Asp di Vibo Valentia con sole 2 unità assegnate temporaneamente».

Numeri alla mano, «stiamo parlando di ben 56 dipendenti – rileva la Cisal – che, cosa ben più strana, rappresentano il 65% del personale del dipartimento Tutela della Salute e Politiche sanitarie. Ancora più strano pare il fatto che, dopo averli acquisiti in maniera quanto meno opinabile, il citato dipartimento ha poi reputato di poterne fare a meno tanto da consentire a 7 unità lavorative di transitare presso la Stazione unica appaltante.

Pare, insomma, che sia stato messo in piedi un iter amministrativo per acquisire personale regionale senza le necessarie procedure concorsuali, come previsto dalla normativa vigente. Ma non finisce qui. Agli stipendi tabellari, di alcuni dei dipendenti trasferiti, sono stati aggiunti lauti compensi grazie all’assegnazione di posizioni organizzative, perfino a personale a tempo determinato».

«Come si può – si domanda la Cisal – concedere una posizione organizzativa a personale a “tempo determinato” o a risorse umane comunque, in “prestito”?

E il personale già in forza alla Regione deve rimanere a guardare? Si è preventivamente verificato che nessun dipendente regionale di ruolo potesse ricoprire con altrettanta competenza i posti affidati al personale esterno?».

«Perché – rincara il sindacato – la Regione rimborsa e riconosce la posizione organizzativa a dipendenti contrattualizzati da un’azienda sanitaria, oltretutto uno dei quali a tempo determinato? Partendo dai casi citati chiediamo l’immediato accertamento su ogni singolo “utilizzo temporaneo”, anche perché di temporaneo hanno ben poco visto che ci sono proroghe risalenti al 2008!».

«Guardando al lato strettamente economico – prosegue la Cisal – vogliamo ribadire che qui non si parla assolutamente di costo zero. Per la Regione Calabria questi “prestiti” hanno un prezzo, partendo dai rimborsi alle Asp per le posizioni organizzative sottratte “abusivamente” ai dipendenti regionali, fino ad arrivare agli spazi occupati negli uffici della Cittadella con la conseguente attivazione di una serie di servizi che gratis non sono. Per fare solo qualche esempio: postazione lavorativa, computer, stampante, corrente elettrica, riscaldamento, aria condizionata, linea telefonica, internet e cancelleria».

Oltre alla spesa la Cisal guarda anche alla resa: «Una buona percentuale di persone – sottolineano i vertici sindacali – riteniamo siano state collocate al posto sbagliato, in quanto avrebbero le potenzialità per essere più efficaci ed efficienti in contesti operativi diversi da quelli assunti con l’assegnazione temporanea. Invece, assistiamo al “passeggio” nei corridoi regionali di medici e infermieri sottratti ai compiti per i quali sono stati assunti negli ospedali calabresi. A cui si aggiunge una schiera composta da nutrizionisti, ostetriche, psicologi, dirigenti medici di pronto soccorso, biologi, tecnici della prevenzione oltre alle due infermiere professionali e agli altrettanti dirigenti medici di cui abbiamo ampliamente discusso solo qualche settimana fa».

«Quale sarà mai la logica di tale fenomeno di migrazione? – è la domanda del sindacato, che prosegue –. In Regione lavorano all’incirca 1.970 persone, qualora questo numero non fosse sufficiente perché non indire dei concorsi per meglio valorizzare il personale interno? Non è ben chiaro il motivo per cui viene utilizzato personale esterno e, soprattutto, perché sottrarre queste energie a una sanità che è già in grosse difficoltà. D’altro canto, invece, assistiamo al fatto che, lo scorso 8 novembre 2017, un dipendente regionale (a tempo indeterminato – categoria C) ha presentato istanza di mobilità interna interdipartimentale, presso il dipartimento Tutela della salute e Politiche sanitarie, e non gli è stata accettata (ahinoi!). Ma insomma il citato dipartimento ha bisogno di essere rinforzato o no? O l’unico rinforzo ammissibile è quello che proviene dall’esterno?».

A questo punto la Cisal alza il tiro: «Vuoi vedere che tra questi “casi” di utilizzi temporanei sussistono pure rapporti di parentela? A pensar male si fa peccato ma spesso s’indovina».

«Ce n’è quanto basta – continua la Cisal – per richiedere all’amministrazione regionale provvedimenti urgenti e straordinari per fermare questo modo di gestire la cosa pubblica e, se è il caso, annullare i provvedimenti amministrativi che hanno permesso quanto denunciato. Provvedimenti che ledono la dignità professionale sia dei lavoratori “pro tempore” sia dei dipendenti dell’Ente. Provvedimenti sulla cui regolarità permangono forti dubbi. Perplessità che ci spingono a sollecitare le aziende sanitarie, ospedaliere e la stessa Regione Calabria, quale ente controllore, a riportare con urgenza il personale nelle rispettive aziende di appartenenza. Rimanere sordi – concludono i vertici sindacali calabresi – alle nostre ripetute istanze di normalizzazione, che giungono ormai da tutti i lavoratori regionali, significa minare la loro fiducia e quella dei cittadini calabresi nelle istituzioni». Con buona pace dei lavoratori regionali che ne continueranno a pagare il prezzo più alto.

Da https://www.laltrocorriere.it/cisal-regione-56-imboscati-dalla-sanita/

Pubblicato in Calabria
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