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dollari cinesiSembrerebbe che purtroppo la Cina abbia gravi responsabilità nella diffusione del Covid 19, per la ritardata comunicazione e trattamento dei primi casi di contagio. La Cina potrebbe avere infatti manipolato l’informazione relativa alla diffusione del virus, dichiarando un minor numero di vittime e di pazienti infetti e omettendo di fornire da subito informazioni adeguate sui contagi nonché sul reale evolversi della diffusione del virus.

In tutto il mondo, i vari Governi stanno manifestando rilevanti e molteplici dubbi sulla corretta gestione ed informazione fornite sul virus da parte del Governo Cinese:

 – La ministra degli esteri australiana Marise Payne durante un‘intervista ha espressamente richiesto di avviare un’indagine internazionale per indagare l’origine del virus e la diffusione: “.. penso sia importante e noi insisteremo assolutamente su questo”.

-Il Presidente francese Emmanuel Macron sempre relativamente alla gestione e diffusione del virus si è espresso sostenendo che “…sono successe cose che non sappiamo”.

-Il presidente americano Donald Trump recentemente ha dichiarato: “.. se la Cina si è resa intenzionalmente responsabile della diffusione del virus dovrebbe pagarne le conseguenze. “.

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Effettivamente la Cina avrebbe potuto gestire con un maggiore anticipo tutta la comunicazione e la trattazione della diffusione del virus.

Infatti, già nel periodo dal 5 al 17 gennaio, centinaia di pazienti cinesi hanno accusato sintomi compatibili con il contagio da CORONAVIRUS e si sono recati presso gli ospedali non solo di Wuhan ma di tutto il Paese.

Si evidenzia infatti che a Shenzhen, distante centinaia di chilometri da Wuhan il team del microbiologo Yuen Kwok-Yung ha potuto confermare che sei membri di una famiglia di sette persone avevano contratto il virus già il 12 gennaio 2020.

Tutta la vicenda “Coronavirus” sembrerebbe avere inizio persino il 31 dicembre 2019 quando le autorità sanitarie cinesi avrebbero dichiarato un focolaio di casi di polmonite ad eziologia non nota nella città di Wuhan. Risulterebbe altresì che, in data 9 gennaio 2020, il China CDC (il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie della Cina) avesse già chiaramente individuato il nuovo coronavirus, chiamato poi Covid 19, come causa eziologica di tali patologie e nella circostanza veniva confermata la trasmissione inter-umana del virus.

In data 11 gennaio 2020 risulta confermata la prima vittima del coronavirus: trattasi di uomo di 61 anni, deceduto a causa della polmonite: la Cina a quella data dichiarava circa una quarantina di contagiati nel Paese.

Il 13 gennaio il coronavirus provoca il primo decesso fuori dalla Cina: in Thailandia muore una donna cinese che era appena tornata da Wuhan.

Il coronavirus arriva altresì in altri Paesi vicini: casi di contagio vengono registrati anche in Corea del Sud, Giappone e Australia, tutti i contagiati risultano collegamenti con la Cina. Il 21 gennaio viene registrato il primo caso negli Usa: si tratta di un trentenne ricoverato a Everett, nello Stato di Washington, anche tale contagiato era di ritorno da Wuhan.

In data 24 gennaio vengono accertati i primi casi in Europa: in Francia, a Bordeaux e Parigi, tre persone risultano contagiate dal coronavirus. Il 30 gennaio si rendono noti purtroppo i primi due casi accertati anche in Italia: si tratta di due turisti cinesi trattenuti, nella circostanza, in isolamento allo Spallanzani.

ln data 30 gennaio l’Oms dichiara che il coronavirus un'”emergenza sanitaria globale”.

A metà febbraio, la importante rivista ufficiale del partito comunista cinese rende pubbliche le dichiarazioni del Presidente Xi Jinping sull’emergenza: “Il 7 gennaio ho dato ordini sulla prevenzione del Coronavirus“. Eppure, il primo intervento ufficiale del Presidente cinese per parlare di “epidemia” risulterebbe effettuato ben 13 giorni più tardi, il 20 gennaio, quando con ufficiale comunicazione chiedeva ai comitati del Partito Comunista ed ai propri organi governativi di ” adottare misure adeguate per frenare la diffusione dell’epidemia“

Il ritardo di 13 giorni nel fornire alla popolazione mondiale una notizia tanto importante come quella della diffusione di un virus addirittura letale ha contribuito certamente a causare la diffusione della malattia insieme ad una ritardata conoscenza e consapevolezza in merito alla stessa malattia.

E le responsabilità di cui sopra senza neanche voler entrare nell’accertamento in corso, se il Covid 19 si sia veramente originato nel Mercato di Wuhan o invece sia sfuggito di controllo nel Wuhan Institute of Virology. Tale laboratorio è sotto osservazione dagli scienziati statunitensi già nel 2018 per carenze nella sicurezza, secondo quanto riportato dal Washington Post che cita due cablogrammi diplomatici. Lì da tempo si studiavano i coronavirus provenienti da pipistrelli e la loro potenziale trasmissione agli esseri umani. L’ipotesi è stata rilanciata di recente dai media americani, ma anche senza voler considerare questa eventualità, le responsabilità in questa vicenda delle autorità cinesi sono enormi.

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Il Codacons, insieme allo studio legale americano Kenneth B.Moll, leader nelle class action per il risarcimento dei danni alla salute e a tutela dei diritti dei cittadini danneggiati da inadempienze dello Stato, ha deciso di approfondire le eventuali responsabilità della Cina nella diffusione della pandemia di Covid19, e sta valutando l’avvio di un’azione di richiesta risarcimento danni di tutti i cittadini italiani danneggiati contro la Cina, in Italia o negli Stati Uniti.

Possono preaderire a questa azione del Codacons tre categorie:

1) Tutte le persone, esercizi commerciali e aziende bloccate dal lockdown, per rispettare la relativa normativa emessa dal Governo, in particolare il DPCM 9/2020 e successive normative e integrazioni, cliccando qui;

2) Tutte le persone contagiate dal Covid 19, cliccando qui;

3) Tutti i parenti delle persone decedute a causa del Covid 19, cliccando qui.

La preadesione non comporta alcuna spesa o impegno, e dà diritto ad essere informati sugli sviluppi dell’azione e ad essere contattati in seguito per poter partecipare alla stessa, alle condizioni e modalità che verranno successivamente indicate.

Fonte notizia

Pubblicato in Mondo

“Signor Procuratore, ci restituisca la legalità nelle tariffe in Calabria e ci liberi dall’odiosa “tangente” contenuta nelle bollette dell’acqua”. Inizia così l’accorato appello formulato dal Codacons al Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri.

 

“I comuni Calabresi impongono ai cittadini somme determinate in maniera illegittima – sostiene Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons – si tratta di una vera e propria truffa, perpetrata nel silenzio generale e con complicità diffuse, che ha portato i Calabresi a pagare tariffe maggiorate per 190 milioni di euro. Un somma spaventosa ma che, se non si interviene, negli anni sarà destinata ad aumentare. In Calabria la gestione degli acquedotti è stata affidata, a far tempo dall’1 novembre 2004, ad una società per azioni, la SoRiCal, partecipata dalla Regione (53,50%) e dalla multinazionale francese Veolia (46,50%).

Il legislatore – scrive Di Lieto – prevedeva che, per quelle gestioni nelle quali il servizio idrico non era integrato ma avveniva in maniera disgiunta – come, appunto, in Calabria – la competenza per determinare gli adeguamenti tariffari era del C.I.P.E. ovvero dello Stato. In Calabria, invece, gli adeguamenti per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e 2009 sono stati stabiliti con atti della Regione mentre nel 2009 e nel 2010 lo ha fatto direttamente SoRiCal. Un capolavoro”. “Ovviamente erano tutti consapevoli di aver disposto degli aumenti in maniera illegittima, – si legge nella nota del Codacons – tant’è che la Regione Calabria decise di proporre un ricorso alla Corte Costituzionale, proprio per rivendicare la propria competenza per la determinazione delle tariffe idriche”. “Nel luglio del 2009 la Corte Costituzionale (con la sentenza nr. 246/2009), bacchettando la Regione, ha ribadito la competenza esclusiva dello Stato negli adeguamenti delle tariffe idriche. Quindi la Regione non poteva e non può aumentare le tariffe. In altre parole – precisa Di Lieto – la Consulta ha dichiarato illegittimi gli adeguamenti determinati ed applicati ai Comuni calabresi da SoRiCal”.

“Eppure, signor Procuratore – continua Di Lieto – in Calabria non fu annullato nessun atto giudicato illegittimo e le tariffe non furono riportate nei binari della legalità sancita, come detto, da quella sentenza della Corte Costituzionale. Non vorremmo pensare che le sentenze della Corte Costituzionale, così come Cristo, si fermano ad Eboli”. E nella nota si precisa che “l’Assessore regionale ai lavori pubblici all’epoca del ricorso alla Consulta e della successiva sentenza era l’on. Luigi Incarnato, che oggi ricopre il ruolo di Commissario Liquidatore di SoRiCal”. “Ma non è solo la Corte Costituzionale a sancire l’illegalità calabrese. Infatti nel dicembre del 2011, la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti rilevò diverse criticità nella determinazione delle tariffe idriche applicate ai Comuni, – dice ancora il Codacons – ribadendo la competenza del Cipe e la mancata applicazione della delibera nr. 117/2008 della stessa Autorità. Assolutamente inascoltato, poi, è stato il Comitato di Consulenza Giuridica della Giunta Regionale, che nel ribadire l’assoluta incompetenza della Regione a modificare le tariffe idriche, addirittura ha sollecitato la Regione Calabria al ripristino della legalità tariffaria stabilendo che SoRiCal avrebbe dovuto operare i conguagli ai Comuni calabresi “tra le tariffe concretamente applicate e quelle scaturenti da una corretta applicazione delle linee guida contenute nella ripetutamente citata Delibera Cipe nr.117/2008″. Praticamente un appello a restituire i soldi!. Gli adeguamenti applicati ai comuni negli anni successivi sono stati determinati incrementando tariffe che, come visto, erano illegittime; questo ha determinato una differenza tra l’importo fatturato ai Comuni e quello corrispondente alle tariffe legittime che, – afferma Di Lieto – a tutto il 31 dicembre 2018, è valutabile complessivamente in 190 milioni di euro e che, negli anni, è destinato ad aumentare”. “Per questo motivo – conclude la nota del Codacons – confidiamo che il dott. Gratteri voglia immediatamente intervenire per ripristinare la legalità nella nostra regione e con essa la fiducia nelle pubbliche amministrazioni”.

«Non apritele». L’associazione dei consumatori chiede ai prefetti di rinviare l’inizio delle lezioni senza verifiche antisismiche negli istituti calabresi

Il Codacons si rivolge ai prefetti per differire l’inizio delle attività didattiche

 

 

fino a quando non siano state effettuate, in ogni edificio scolastico calabrese, tutte le verifiche tecniche atte a certificare la possibilità o meno che l’immobile possa essere utilizzabile sul fronte della vulnerabilità sismica

«Da anni ripetiamo, inascoltati, che si tratta di una vera e propria emergenza: 9 scuole su 10 non sarebbero agibili», recita una nota.

«Per questo motivo abbiamo chiesto di ottenere la documentazione necessaria a comprendere quanto siano sicuri gli studenti in Calabria, un territorio ad alto rischio sismico.

Chiediamo all’Ufficio scolastico regionale, nonché ai Comuni e alle Province calabresi – afferma Francesco Di Lieto, vicepresidente Nazionale del Codacons – di rendere pubblici gli obbligatori certificati di rispondenza alla normativa antisismica (ai sensi dell’art. 28 Legge 64/1974 e dei certificati di agibilità, previsti dall’art. 24 del Testo Unico dell’Edilizia)».

«La fotografia dell’edilizia scolastica calabrese – continua Di Lieto – è sconfortante.

Se una scuola non è in possesso del certificato di agibilità, vuol dire che a tutti gli effetti di legge non è agibile, pertanto andrebbe chiusa per tutelare alunni, insegnanti e personale scolastico.

Ma quante scuole sono in queste condizioni in Calabria?

Dalle verifiche effettuate dal Codacons, la situazione è allarmante.

Attualmente, infatti, risultano censiti 2.408 edifici scolastici, ma soltanto di 1909 si hanno a disposizione i dati.

Solo 832 edifici sono in possesso del certificato di collaudo statico e solamente 382 hanno ottenuto il certificato di agibilità.

Praticamente l’ 85% delle scuole calabresi potrebbe non essere agibile».

«Alla luce di questi dati – afferma Di Lieto – riteniamo sia il caso di disporre un censimento dell’edilizia scolastica per quanto attiene sicurezza ed agibilità degli edifici ed intervenire immediatamente, prima che sia troppo tardi.

Dal punto di vista giuridico, la responsabilità è in capo al dirigente scolastico, anche se in realtà la competenza (e la responsabilità) è degli enti locali, che preferiscono ignorare il problema, sperando che non si verifichino crolli o terremoti».

«Abbiamo il diritto di sapere se gli edifici in cui, per legge, siamo obbligati a mandare i nostri figli, siano a norma – prosegue Di Lieto – e, quindi, se lo Stato rispetta le norme vigenti.

Da anni assistiamo a stucchevoli deroghe sulla pelle di bambini ed insegnanti.

È arrivato il momento di dire basta. Del resto viene imposta la corsa alle vaccinazioni di massa per tutelare la salute dei bimbi, eppure ci si dimentica della salute dei bimbi quando li si obbliga a trascorrere ore ed ore in edifici pericolosi e non a norma.

Probabilmente – conclude Di Lieto – la sicurezza dei bambini interessa solo a giorni alterni».

DaIlcorrieredellaCalabria

Ndr . Una sola domanda. Ma come sono state aperte le scuole calabresi senza il certificato di agibilità?

Pubblicato in Calabria

Non si offenda nessuno, per favore!

Non si offenda Loiero se ricordiamo che nel 2005 fu costretto a scrivere una accorata lettera aperta, pubblicata dal Corsera, ai turisti scusandosiper le cattive condizioni in cui versava la Calabria, la regione che governava.

Non si offenda Oliverio Gentile e strategico anche lo slogan di Oliverio, allora presidente della Provincia e oggi alla Regione, col suo “avremo un mare da bere”, dietro le telecamere di Striscia la Notizia.

Antiche e spettacolari fandonie che risalgono a undici anni fa.

Non si offendano i sindaci di Cetraro, Acquappesa, Fuscaldo, San Lucido, Torremezzo di Falconara, Fiumefreddo, Longobardi, Belmonte, Nocera Terinese, Falerna, Gizzeria, Curinga Lamezia Terme, Pizzo e Vibo Valentia che a maggio del 2017 si misero insieme per “fare rete” e fronteggiare l’annoso problema del mare sporco.

Eppure sostenevano che “ non basta il buon funzionamento dei depuratori delle nostre città se poi quelli dei paesi limitrofi risultano inefficaci!”

Altre due cose sostenevano “ Il mare è la nostra risorsa e abbiamo l’obbligo di tutelarlo!”.

E denunciavano che “I torrenti, i fiumi si trasformano in vere e proprie bombe ecologiche che si riversano in mare ”.

Non si offenda il Codacons se contestiamo la loro ipotesi di “Commissariare la Calabria per inquinamento".

Ottima invece la proposta di affidare il controllo dei depuratori direttamente al Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri.

Ottimo anche l’esposto alle Procure della Repubblica territorialmente competenti affinché venga aperta una inchiesta sulle responsabilità legate allo sperpero di danaro pubblico ed all'inquinamento del nostro territorio.

Ma non basta!

Basta ricordare che dopo più di 6 mesi ancora non sappiamo perché il Catocastro ed il mare antistante erano diventati neri il 7 ottobre2017 e cosa aveva sporcato le sue acque.

Vedi foto in basso!

A proposito perché non si colloca la panna galleggiante di cui disponiamo da almeno 15 anni di fronte al Catocastro per bloccare qualsiasi immissione?

E poi altre nei vari punti di immissione di acque inquinanti?

Qualcuno mi vuole rispondere, per favore!

Pubblicato in Amantea Futura

La recente denuncia della associazione dei commercianti di Amantea, impone qualche riflessione

Ce la porge su un patto d’argento la recentissima denuncia del Codacons il cui vicepresidente nazionale, l’avvocato Francesco Di Lieto, nella città di Catanzaro si continua « ad assistere, quotidianamente, non solo alla violazione di precise disposizioni normative, ma anche delle più elementari regole d’igiene che vengono disattese, nell’indifferenza generale».

Si riferisce al commercio di alimenti su area pubblica, alimenti che , in molti casi, vengono esposti all’aperto senza alcuna cautela, a ridosso di strade congestionate dal traffico e, quindi, a contatto con le esalazioni dei tubi di scarico delle vetture e di tutti gli altri agenti inquinanti, pericolosi, dunque, per la salute dei cittadini.

In più, evidenzia il vicepresidente Codacons, «a Catanzaro si narra di merce accatastata per strada, che rimane giorno e notte nel medesimo posto e di alimenti che di notte vengono abbandonati (dopo essere stati coperti con dei teli) alle scorribande degli animaletti festanti per poi essere, la mattina dopo, riproposti ai cittadini».

«Com’è possibile – conclude il Codacons- che nessuno si preoccupi dell’igiene di questi alimenti che finiranno sulle nostre tavole?».

Ad Amantea non è diverso!

Ma poi continua Di Lieto «A differenza dei commercianti tradizionali c’è chi omette di pagare l’occupazione di suolo pubblico e gode di spazi (gratuiti) dove esporre la merce lungo le strade. L’attività di commercio ambulante dovrebbe essere svolta con mezzi mobili, senza concessione di posteggio e con soste limitate al tempo strettamente necessario alle operazioni di vendita»”.

La legge parla di una sola ora dopo di che il commerciante DEVE spostarsi!

Conclude il Codacons” Si è venuta a creare una situazione di assoluto privilegio, a scapito della salute dei cittadini e del rispetto delle norme».

Ad Amantea non è diverso!

Infine la riflessione finale.

Che cosa fa l’amministrazione comunale pervicace nel far pagare alle auto che parcheggiano sulla strisce blu e distratta nel far pagare le altre occupazioni di strade e marciapiedi.

Ma perché ad Amantea è diverso?

Se non sbagliamo le ultime contravvenzioni risalgono al tempo di Massimiliano Diamanti.

Ma siamo pronti ad essere smentiti.

Basta che vengano pubblicati i dati degli ultimi 5 anni.

Pubblicato in Cronaca

Il Ministro Lorenzin rassicura e dichiara che "le uova italiane sono sicure”.

Ed invece escono campioni di uova contaminate in tutto il paese

Addirittura e, da ultimo, anche nel catanzarese.  

Insomma il caso delle uova contaminate dall’insetticida Fipronil si allarga a macchia d’olio.

Si apprende, infatti, di campioni di uova contaminate rinvenute in un allevamento a Serrastretta.

Anziché correre ai ripari e segnalare la situazione di pericolo il Ministro della Salute è stata zitta.

Anzi ha fatto di peggio rassicurando i consumatori fino ad affermare che “quelle italiane sono uova sicure”.

In questo modo, ha lasciato che i Cittadini continuassero ad acquistare tranquillamente uova e prodotti composti con uova contaminate, esponendoli a un rischio diretto.

Ora il Codacons sollecita controlli a tappeto anche sui prodotti derivati.

Tuttavia riteniamo doveroso, dopo il coinvolgimento anche di allevamenti calabresi, chiedere le immediate dimissioni del Ministro della Salute ed inviamo tutti coloro che dovessero aver mangiato o acquistato uova contaminate a denunciare direttamente il Ministro - afferma Francesco Di Lieto vicepresidente nazionale del Codacons - per concorso nei reati di immissione in commercio di prodotti tossici ed attentato alla salute pubblica.

Attendiamo le dimissioni del Ministro - proseguono dal Codacons - che anche in questa circostanza si è dimostrata del tutto inadeguata a rivestire un ruolo istituzionale così importante e delicato e sollecitiamo un controllo a tappeto sui prodotti derivati.

Chiediamo campionamenti random di alimenti in commercio - conclude il Codacons - come carni di pollo e composti dalla trasformazione delle uova come maionese, prodotti da forno, pasta fresca all’uovo …

Nel contempo pretendiamo di conoscere i nomi delle aziende coinvolte per la dovuta trasparenza

Noi vi suggeriamo di mangiare le uova dei piccoli allevamenti locali.

E sono tanti

fumo auto 2Promossa dal Codacons la stretta sul fumo annunciata dal Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.

 

A 10 anni dell'introduzione della legge Sirchia, che risale al 10 gennaio 2005, nel nostro paese si è registrato un pericoloso stop nella lotta al tabagismo - spiega l'associazione - Il prossimo passo delle istituzioni deve essere vietare le sigarette nelle automobili, per proteggere i passeggeri - specie i minori - dai pericoli del fumo passivo, e garantire la sicurezza stradale.  "Il 15% degli incidenti stradali dovuti a distrazione è riconducibile al fumo di sigaretta - afferma il Presidente Carlo Rienzi - basti pensare che la media dei secondi di distrazione mentre si fuma una sigaretta al volante è di 11,5 secondi (contro i 10,6 secondi per comporre un numero di telefono).

Ma ciò che è più grave è il fatto che una sigaretta è sufficiente a trasformare una vettura in una camera a gas". Basta infatti una 'bionda' e se i finestrini sono chiusi le concentrazioni di particolato fine si impennano - ricorda il Codacons - e i livelli di polveri con peso molecolare 1 (PM1) e 2,5 (PM2,5) arrivano a 1.000 microgrammi per metro cubo d'aria.

Una situazione sanitaria pericolosissima se si pensa che nei luoghi aperti sono sufficienti 50 mcg/m3 di PM10 per violare la normativa europea sull'inquinamento dell'aria.

Fumare in auto, data la ristrettezza dello spazio, costituisce quindi un pericolo per la salute stessa del guidatore e dei passeggeri, in particolare bambini, più elevato che fumare in un qualunque altro ambiente: casa, lavoro, esercizi pubblici, o, ovviamente, all'aperto.

Il fumo in auto, inoltre, ha dirette conseguenze anche sulla capacità di guida.

Costituisce dunque non solo un costo sociale non indifferente del quale la collettività deve farsi carico, ma anche un rischio per l'incolumità degli altri automobilisti. "Per tale motivo appoggiamo la stretta annunciata dal Ministro della Salute, e chiediamo una accelerazione sul divieto di fumo all'interno delle automobili" - conclude Rienzi.

Pubblicato in Italia

tvl canone della Rai si pagherà meno ma lo pagheranno tutti. E' l'obiettivo della riforma di Matteo Renzi che vuole far pagare il canone insieme alla bolletta della luce. In questo modo a viale Mazzini si garantirà un'entrata di 1 miliardo e 800 milioni di euro l'anno. Più o meno quanti la Rai ne incassa ora ma chiedendo agli italiani un importo inferiore agli attuali 113,50 euro, cifra uguale quasi per tutti. Si parla di un'ottantina di euro, divisi in diverse tranche all'interno della bolletta. Le prove - Come anticipato dal Messaggero continueranno ad esserci le fasce di esenzione e i bonus per i meno abbienti. La platea degli utenti si allargherà. Per non pagare la tassa bisognerà dimostrare di non possedere una tv o anche qualsiasi dispositivo (device) con cui sintonizzarsi sui programmi del servizio pubblico: tablet, ipad, smartphone, pc. L’evasione è stimata in oltre 450 milioni di euro.I consumatori - Netta la bocciatura del Codacons: "Si tratta di una barbarie nei confronti degli utenti, e siamo pronti ad impugnare qualsiasi provvedimento in tal senso - afferma il presidente Carlo Rienzi - la legge afferma che tale imposta è dovuta da chi possiede un apparecchio adibito alla ricezione di radioaudizioni televisive, ma imporre al cittadino l'onere di dimostrare di non avere tali strumenti nella propria abitazione, pena l'addebito diretto in bolletta, appare un atto abnorme che finirà per complicare la vita ai cittadini".

La Fonte Della Notizia.

http://www.codacons.it/articoli/il_canone_rai_sar_nella_bolletta_della_luce__273088.html

Pubblicato in Calabria

cerco lavoroA giugno scende leggermente il tasso di d i s o c c u pa z i o n e , che si attesta al 12,3% dal 12,6% di maggio.

Livelli comunque altissimi, e in salita dello 0,1% rispetto a un anno fa, con un aumento di 50mila posti di lavoro che potrebbe spiegarsi soprattutto con fattori stagionali. Inoltre nella fascia 15-24 anni la disoccupazione è volata al 43,7%, in crescita di 0,6 punti su maggio di 4,3 punti rispetto a giugno 2013. Ma a destare allarme è un altro dato pubblicato ieri dall' Istat: l' indice dei prezzi, che è ormai a un passo dalla deflazione. Il tasso di inflazione a luglio è stato infatti dello 0,1% annuo contro lo 0,3% di giugno. Alcune categorie di beni, come gli alimentari, sono già in deflazione con il carrello della spesa - cioè il paniere dei prodotti acquistati con maggiore frequenza - in picchiata dello 0,6% su anno. Col diretti sottolinea che i prezzi della frutta sono crollati del 10,3% e quelli della verdura dell' 8,9%. Non sono buone notizie. La deflazione è un fenomeno particolarmente insidioso poiché si autoalimenta: i consumatori tendono a rimandare gli acquisti, sulle attese di prezzi ancora più bassi, mentre le imprese sono colpite sul lato dei ricavi e degli investimenti. Un quadro di questo tipo deprime l' economia e rischia di compromettere anche la stessa occupazione. Ciò spiega i commenti preoccupati di diversi operatori economici. «Scendere in territorio negativo, ormai, potrebbe essere solo que stione di tempo: se continuiamo così, il tasso di inflazione potrebbe essere sotto lo zero già ad agosto», commentano a Confesercenti. L' ulteriore rallentamento del tasso di inflazione a luglio, per quanto atteso, sottolinea l' associa zione, «rimane comunque un dato preoccupante. Il Paese naviga ai margini della deflazione. Il calo è dovuto principalmente agli energetici regolamentati, ma comunque la dinamica dei prezzi appare ancora in discesa, in particolare quella degli alimentari. Spiragli positivi arrivano solo dall' ab bigliamento, complici i saldi, ma è davvero troppo poco. Dal dato dell' inflazione arriva dunque un segnaleserio dell' estrema debolezza dei consumi: le famiglie italiane sono ancora in difficoltà e la spesa non riparte». «L' inflazione sta per diventare un ricordo a cui già si associa, però, il timore della deflazione», sottolinea Confcommercio commentando i dati dell' Istat. Tra gennaio 2013 e giugno 2014, infatti, rileva, «la frazione beni e servizi che hanno presentato variazioni negative dei prezzi al consumo è quasi raddoppiata (dal 14,8 al 27,8%)». I presupposti favorevoli osservati sul mercato del lavoro, secondo Confcommercio, «potrebbero trovare nell' attuale dinamica dei prezzi una solida sponda per la ripartenza dell' economia, se soltanto si riducesse l' eccessivo carico fiscale gravante su famiglie e imprese. Questo servirebbe anche a scongiurare il pericolo di una deflazione cattiva e duratura, che influenzerebbe negativamente aspettative e comportamenti di famiglie e imprese». In allarme anche le associazioni dei consumatori, solitamente preoccupate per il fenomeno opposto, cioè l' inflazione. Secondo il Codacons «siamo in pieno allarme deflazione, e l' eco nomia italiana sta rischiando un vero e proprio infarto. Il tasso di crescita dei prezzi oramai azzerato è lo specchio dello stato disastroso in cui versano le famiglie: il potere d' acquisto è in picchiata libera, l' occupazione ancora a livelli altissimi, la povertà relativa in continuo aumento specie nel sud Italia. Tutti fattori che impediscono ai cittadini di comprare e creano un crollo della domanda».

fonte notizia: www.codacons.it

Pubblicato in Italia

telefoniaA partire dal prossimo 21 luglio gli utenti della telefonia mobile Tim e Vodafone si ritroveranno a pagare nuovi costi per servizi finora gratuiti.

"Le due società, infatti - secondo quanto spiega la Federconsumatori, stanno comunicando ai propri clienti che le opzioni "Lo Sai-Chiama Ora" e "Recall-Chiamiami", ossia i servizi di messaggistica che avvisano quando la linea telefonica di un utente precedentemente chiamato si è liberata e quando si è stati contattati avendo il telefono non raggiungibile, saranno a pagamento a partire dal 21 luglio: per i clienti Vodafone il costo sarà di 6 centesimi di euro al giorno per ogni giorno in cui si utilizza il servizio; per i clienti Tim l' importo è invece fisso e pari a 1,90 euro ogni 4 mesi". "È assurdo che due società decidano in contemporanea di trasformare a pagamento servizi fino ad ora gratuiti - afferma il presidente Codacons, Carlo Rienzi -. Non vorremmo che i gestori telefonici, con questa mossa, intendano recuperare i minori costi del roaming a carico degli utenti italiani, dimezzati a partire dal primo luglio.

Presenteremo oggi stesso un esposto all' Autorità per le comunicazioni, affinché faccia chiarezza su tale vicenda". "Il Codacons invita inoltre i clienti Tim e Vodafone a disattivare i due servizi nel caso in cui non intendano sottostare ai nuovi costi imposti dai gestori telefonici. Per farlo è sufficiente contattare i numeri 42070 (Vodafone) e 40920 (Tim), oppure visitare i siti web delle rispettive aziende".

Pubblicato in Italia
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