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Gianluca Callipo sindaco di Pizzo è uno dei volti più puliti della Partito democratico calabrese.

Nella primavera del 2014 tra i sostenitori di Gianluca Callipo c’era Leonardo Sacco,

 

il governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto e figura centrale, insieme al don Edoardo Scordio, della maxi inchiesta sugli intrecci tra la ‘ndrangheta e il business dei migranti.

Probabilmente allora l’imprenditore napitino con la passione per la politica non poteva sapere chi fosse realmente Leonardo Sacco, dipinto dai magistrati antimafia come il “volto pulito” della potente cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto.

Dall’intercettazione presente all’interno di un’informativa del Ros emerge che Callipo tre anni fa si era rivolto proprio a Leonardo Sacco per chiedere un sostegno in occasione delle primarie. E diceva a Sacco al telefono “Per ringraziarti di persona di tutto ciò che hai fatto… lo so che hai fatto grandi movimenti lì… e per ribadirti la mia piena disponibilità per ogni cosa”

Sacco si rivolge a Francesco Tipaldi, il direttore del Cara di Crotone e ordina: “Contatta tutti quelli della Misericordia, falli andare a votare per Callipo”.

Dopo il voto, il presidente della Misericordia passa all’incasso e chiede contatti per tutelare il business dei migranti.

“Gianlu’, tengo la sfilata dei parlamentari del Pd nel centro, tutti che vengono per chiuderlo…Nico Stumpo, Enza Bossio, hai capito?”

“Mi devi dire tu con chi è meglio. O con lui direttamente (Renzi) o con Luca Lotti, con Guerini… Ok mò ci lavoro io, questa è una cosa che facciamo con piacere”

 

Ora Callipo dice:

“Una non-notizia una post verità che rischia di danneggiare soprattutto la libertà di scelta dei cittadini che tra qualche settimana saranno chiamati alle urne. Ecco perché invito tutte le persone in buona fede a tenere gli occhi aperti, senza farsi abbindolare da chi ora sta bassamente strumentalizzando queste “indiscrezioni” che non hanno nulla di rilevante, né da un punto di vista giudiziario né da un punto di vista etico. Purtroppo, come spesso accade in Italia, queste cose succedono stranamente nell’imminenza di un appuntamento elettorale. Ho conosciuto Sacco tre anni fa – continua Callipo – nell’ambito della campagna per le primarie che mi ha portato a girare la Calabria in lungo e in largo, incontrando migliaia di persone.

A quell’epoca Sacco, insieme a don Edoardo Scordio, godeva della stima e della considerazione di tutti, dai prefetti ai sindaci, dalle massime cariche dello Stato alle più alte gerarchie ecclesiastiche. Basta fare una veloce ricerca in Internet per trovare alcune sue foto con i massimi leader politici nazionali e, addirittura, con il Papa. Questo ovviamente non vuol dire che tutti quelli che ha incontrato e con i quali abbia parlato siano collusi con la ‘ndrangheta. Per quanto mi riguarda la mia storia politica e umana è cristallina, perché ho sempre assunto posizioni di inequivocabile rigetto delle logiche mafiose. Lo dimostra il fatto che proprio in quella campagna elettorale per la scelta del candidato a presidente della Regione dissi pubblicamente che non volevamo i voti della ‘ndrangheta, facendo storcere il naso a più di qualche persona in Calabria.

Oggi, a distanza di 3 anni, alcuni organi di stampa riportano il contenuto di atti investigativi dai quali non emerge alcun profilo di responsabilità da parte mia. È emblematico che lo stesso magistrato che oggi coordina l’inchiesta che riguarda Sacco e Scordio, il dott. Nicola Gratteri, in un suo libro del 2013 parlava del sacerdote come di un esempio di lotta alla criminalità organizzata: “Noto per le sue coraggiose omelie ai funerali di alcuni mafiosi della zona – scriveva Gratteri -, è un prete che riesce ad attrarre intorno a sé moltissimi giovani, con i quali fonda importanti movimenti di volontariato”.

Insomma, se un massimo esperto di ‘ndrangheta qual è Gratteri allora non aveva dubbi sulla liceità e sul valore civico delle attività condotte attraverso la Confraternita di Isola Capo Rizzuto, non si capisce come avrei potuto averli io, senza considerare che al netto di ogni considerazione, né la struttura né i loro gestori hanno mai ottenuto alcun vantaggio o favore da me. Punto.

Si può speculare quanto si vuole su questi fatti, magari cercando di fantasticare su banali espressioni colloquiali e di cortesia usate al telefono come può capitare a tutti, ma la realtà è che non ho niente a che fare con questa storia. Chi cerca di insinuare dubbi lo fa per mero calcolo politico, mortificando non soltanto il confronto democratico rappresentato dalle prossime elezioni, ma anche la propria dignità di uomo e di cittadino”

Pubblicato in Vibo Valentia

Ci risiamo: Ancora una volta la nostra martoriata terra di Calabria finisce in prima pagina sui giornali e come prima notizia sui telegiornali regionali e nazionali.

 

La Calabria è nell’occhio del ciclone.

Le mani della ‘ndrangheta fanno cospicui affari sulla pelle dei poveri migranti e milioni di euro destinati al Cara di Isola Capo Rizzuto vengono dirottati in Svizzera.

 

Questo famoso centro di accoglienza, forse uno dei più grande in Italia, per gli inquirenti era diventato “il bancomat” di una cosca mafiosa.

Del losco affare sono coinvolti finanche il Sindaco del luogo ed il Parroco, difeso ad oltranza dai suoi parrocchiani, perché, secondo le indagini, collaboravano con i mafiosi.

Prete, Sindaco, boss, volontari, confraternita di Isola Capo Rizzuto che sfruttano l’accoglienza.

 

Tutti assieme, secondo l’ultima inchiesta della magistratura e delle forze dell’ordine, ad abbuffarsi con i soldi dello Stato.

Gli inviati speciali dei vari giornali e telegiornali sono piombati come falchi in questo luogo meraviglioso e conosciuto anche all’estero.

Una grande insegna li ha accolti all’ingresso del paese: Benvenuti ad Isola Capo Rizzuto, Comune del sole e dell’accoglienza.

Sì del sole e dell’accoglienza, perché la bella cittadina è inondata di sole e circondata da un mare meraviglioso e poi centinaia e centinaia di migranti vengono accolti ogni anno che sono fuggiti dagli orrori delle guerre e dalle persecuzioni nei loro paesi d’origine.

 

Gli inviati sono stati accolti dai ragazzini del luogo che su motorini sgangherati senza targa e senza casco scorazzano per le vie del paese.

E i vecchietti, seduti sulle panchine che osservano senza fiatare. E poi tantissimi giovani di pelle nera nel centro di accoglienza costato allo Stato, cioè a noi contribuenti, 14 milioni di euro.

Chi gestisce il centro?

Una cooperativa “la Misericordia” fornisce al popolo dei gommoni che approdano in Calabria tutto il necessario, dai vestiti ai pasti, dall’alloggio all’assistenza sanitaria e spirituale.

Adesso è intervenuta la Magistratura.

E il gestore è stato accusato di vari reati.

 

L’operazione è stata chiamata “Jonny” che ha portato al fermo di 68 persone.

Gli indagati sono accusati di vari reati, tra cui, associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, malversazione ai danni dello stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture. Dalle indagini è emerso altresì che le persone incriminate controllavano, a fini di lucro, la gestione del Centro di Accoglienza per migranti CARA di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto.

 

NdR Ringraziamo la continua attenzione di Francesco alle cose di "casa nostra". Ma vogliamo ricordare che in Calabria ci sono persone come Gratteri ed i suoi "soldati di Giustizia" grazie ai quali possiamo mostrare anche la Calabria onesta che opera per la legge , la giustizia, la verità!

Pubblicato in Calabria

Lo dice Gratteri procuratore capo della Dda di Catanzaro intervistato dalla trasmissione Roma Incontra' :” clan spostano il 20% dei voti”.

 

 

Poi lancia una forte accusa: “oggi in Parlamento non ci sono maggioranze per introdurre le modifiche necessarie per migliorare la lotta alla criminalità organizzata”.

«Il dominio della 'ndrangheta in Calabria è dato principalmente dall'elevato livello di organizzazione e oggi sposta il 20% dei voti che sono decisivi.

La 'ndrangheta è il primo partito in Calabria perché dà risposte che la politica non dà».

 

Lo ha detto il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri durante la registrazione della prima puntata della nuova stagione di 'Roma Incontra'.

«Vent'anni fa - ha spiegato - il mafioso andava dal politico a fare richieste, oggi il rapporto è capovolto.

Sono i candidati politici che vanno a casa del capomafia a chiedere pacchetti di voti in cambio degli appalti».

«La partita contro la criminalità organizzata - continua il procuratore capo della Dda di Catanzaro - la stiamo pareggiando, perché non c'è un sistema giudiziario proporzionato alla realtà.

E oggi in Parlamento non ci sono maggioranze tali per introdurre quelle modifiche necessarie per migliorare, in modo significativo, la lotta alla criminalità organizzata».

 

Un progetto per il quale aveva chiesto carta bianca a chi gli aveva proposto di fare il ministro.

«Avevo accettato l'incarico come ministro della Giustizia perché mi avevano assicurato carta bianca.

Il mio sogno era fare una rivoluzione sia a livello normativo che nell'organizzazione giudiziaria. Ma chi mi vuole bene dice che mi sono salvato.

Comunque, dopo l'incarico da ministro non sarei tornato a fare il magistrato».

Amantea , con Paola, Praia a Mare ed altri 21 comuni della provincia di Cosenza, andrà al voto. Chi vincerà?

Pubblicato in Cronaca

La ’ndrangheta “è classe dirigente” e se si guarda alle indagini che si stanno facendo nel Centro e nel Nord Italia “emerge sempre di più che ci sono dei soggetti vicini alla ’ndrangheta che gestiscono la cosa pubblica”, afferma Nicola Gratteri nell’intervista a “Presadiretta”.

E sul livello di pericolosità della ’ndrangheta nelle province di Catanzaro, di Cosenza, di Crotone e Vibo Valentia, il magistrato sottolinea: “Il nostro lavoro è quello di fare indagini a tutto tondo.

Il senso della paura e del limite l’ho vinto da tanti anni.

Con la morte ci ho discusso trent’anni fa. Bisogna ragionare con la paura, bisogna controllare la paura, non farsi prendere dal panico. Penso di poter fare tante cose importanti, tante cose belle, con l’aiuto dei miei ragazzi, dei miei colleghi che sono meravigliosi”.

Gratteri parla dei meccanismi veri del potere, delle camere “non istituzionali”, camere che non sono trasparenti in cui si decidono le cose. Traccia un racconto dell’ingresso massiccio della ’ndrangheta dentro la Massoneria.

“La ’ndrangheta ha potuto fare il grande salto di qualità perché è in contatto con medici, ingegneri, avvocati, professionisti. In alcune logge massoniche deviate – prosegue Gratteri – c’erano tre incappucciati e tra questi, ci dice un collaboratore di giustizia, anche dei magistrati.

Questo grande salto di qualità ha consentito alla ’ndrangheta di entrare nella stanza dei bottoni, l’obiettivo non è più solo vincere l’appalto ma indicare se l’opera deve essere costruita e dove deve essere costruita. La politica è debole e così la ’ndrangheta è diventata classe dirigente”. (agi)

Non capisco perche' un magistrato non possa fare il ministro della Giustizia".

Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, racconta come e' andata la vicenda della sua mancata nomina a ministro della Giustizia nel governo Renzi.

E lo fa in un'intervista a Riccardo Iacona che andra' in onda oggi alle 21.15 su Rai3 nello spazio 'Iacona Incontra', novita' della nuova stagione di 'Presadiretta' che parte appunto domani.

Due anni fa, nel febbraio del 2014, proprio negli studi del programma, Iacona aveva chiesto a Gratteri se fosse disposto a fare il ministro in caso di richiesta.

E dopo l'intervista Gratteri incontra Renzi che lo inserisce nella lista dei ministri.

"Ero nell'elenco dei sedici ministri - racconta il magistrato - e ho accettato perche' mi era stato garantito di avere carta bianca nel fare le riforme che servivano a far funzionare il processo penale, quelle riforme che servivano a non rendere conveniente delinquere". Poi e' andata a finire diversamente.

Gratteri la spiega così: “La verità è che sostanzialmente io sono troppo indipendente, non sono collocabile in nessuna corrente.

Sono un ribelle, per natura un rivoluzionario, una persona che non vuole essere collocata da nessuna parte né appartenere a qualcosa o a qualcuno.

Al potere non interessa se tu sei di destra o di sinistra o di centro, il potere vero vuole che ci sia sempre qualcuno sopra di te che garantisca per te”.

Gratteri durante l’intervista parla anche della collaborazione avuta con il governo Letta e successivamente con il governo Renzi che ha prodotto un rapporto fatto di 150 punti.

“Abbiamo cercato di far funzionare il codice di procedura penale perche’ il motivo principale per cui i reati si prescrivono è che i processi non si celebrano per cose banali, apparentemente irrilevanti.

Per esempio quando uno dei tre componenti del collegio cambia, il processo ricomincia da capo.

E intanto i mesi passano e il reato si prescrive.

Ogni giorno in Italia ci sono 44mila uomini della polizia penitenziaria, 10mila di questi ogni mattina sono in giro per l’Italia perché devono portare l’imputato o il testimone di giustizia in aula a testimoniare.

Tutto questo costa 70 milioni di euro l’anno.

Soldi con cui potremmo assumere cancellieri, segretari, uomini della polizia penitenziaria.

Questo è un solo articolo della riforma, passato alla Camera e fermo al Senato”.

A giudizio di Gratteri, con il solo intervento sulla semplificazione procedurale o con queste idee applicate “i tempi del processo si ridurrebbero tranquillamente del sessanta per cento”.

In questo modo quel 60% dei processi che vanno in prescrizione non andrebbero in prescrizione.

“La gente non crede in noi perché non ha fiducia, perché non diamo risposte.

Noi dobbiamo intervenire sui reati cosiddetti ‘bagatellari’, io ho bisogno – dice ancora il magistrato nell’intervista televisiva – che la gente creda in me perché se oggi do risposte su una truffa online, domani la stessa persona mi denuncia un’estorsione, mi denuncia un’usura”.

Otto mesi fa è diventato procuratore capo di Catanzaro, “sono arrivato qui e ho trovato una grande difficoltà, ogni sostituto mediamente ha 1000/1100 fascicoli”.

Questo vuol dire vuol dire che il 50% verranno prescritti, moriranno in questo ufficio”. (agi)

Pubblicato in Italia

Un libro che racconta una verità amara, di denuncia forte e coraggioso, senza sconti per nessuno: è 'Padrini e padroni' di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, in libreria con Mondadori.

Il saggio racconta come la 'ndrangheta sia diventata classe dirigente, grazie ai contatti con le forze governative e le logge massoniche, già nel 1869.

 

"È un libro che contribuisce a riscrivere la storia della 'ndrangheta", spiega Nicaso, docente universitario e uno dei massimi esperti di 'ndrangheta al mondo.

Con lui ancora una volta, dopo altri 7 libri insieme, Gratteri, procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, nonché uno dei magistrati più esposti nella lotta alla 'ndrangheta.

Le analogie con il passato sono tante in questo libro.

A dimostrazione che poco è cambiato, ma soprattutto che dalle esperienze passate non si è tratto nessun insegnamento.

Nel 1908, scrivono gli autori, un tragico terremoto divora Messina e Reggio Calabria.

Si stanziano quasi 190 milioni di lire per la ricostruzione, ma la presenza nella gestione dei fondi anche di boss e picciotti - molti dei quali tornati dall'America per l'occasione - causerà danni gravissimi, sottraendo risorse preziose, trasformando le due città in enormi baraccopoli e dando vita a un malcostume ormai diventato abituale.

"Lo stesso scenario - si legge nel libro - che si ripeterà, atrocemente, cent'anni dopo, nel 2009, con il terremoto dell'Aquila.

Mentre la gente moriva, in Abruzzo c'era chi già pensava ai guadagni.

E ancora, nel 2012, nell'Emilia che crolla la mafia arriva prima dei soccorsi.

In Piemonte, la 'ndrangheta era riuscita a infiltrarsi nei lavori per la realizzazione del villaggio olimpico di Torino 2006 e in quelli per la costruzione della Tav nella tratta Torino-Chivasso".

"La corruzione, l'infiltrazione criminale, i legami con i poteri forti - occulti, come le logge segrete, e non, come la politica sul territorio e a tutti i livelli, fino ai più alti - sono oggi parte di una strategia di reciproca legittimazione messa in opera da decenni da tutte le mafie e in particolare dalla 'ndrangheta".

"Già nel 1869", spiega Gratteri, "le elezioni amministrative di Reggio Calabria erano state annullate per le evidentissime collusioni 'ndranghetiste.

Il primo caso di una serie di episodi che nei decenni hanno segnato l'intera penisola, arrivando fino a Bardonecchia, in Piemonte, nel 1995, e a Sedriano, in Lombardia, nel 2013".

"Lo scambio di favori fra criminalità e certa parte della politica - denunciano gli autori - è continuo e costante, il ricatto reciproco un peso enorme sulla cosa pubblica, con ripercussioni su tutti i settori, dalle opere pubbliche alla sanità, dal gioco di Stato allo sport.

"Il calcio è popolare e ha bisogno di investimenti", aggiunge Nicaso.

"E le mafie, da tempo, si sono accorte delle sue potenzialità, non mancando di sfruttarle, come dimostrano le recenti inchieste giudiziarie".

Nel libro si parla anche dei ricorrenti disastri ambientali, del consumo dissennato del territorio, del degrado di opere e servizi che, purtroppo, non sembrano più scalfire l'opinione pubblica.

"In Italia l'incompiutezza è diventata risorsa, strategia di arricchimento per cricche e clan, mangime senza scadenza per padrini e padroni", scrivono i due autori nell'introduzione. (Ansa)

Pubblicato in Italia

Calabria Verde sembra una nuova Mani Pulite un quarto di secolo dopo.

 

A Milano il “mariuolo isolato” Mario Chiesa del Pio Albergo Trivulzio , in Calabria “un gruppo di mariuoli” di Calabria Verde.

Poi a Milano le indagini si allargarono a livello nazionale nei confronti di esponenti della politica, dell'economia e delle istituzioni italiane, e portarono alla luce un sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti ai livelli più alti del mondo politico e finanziario italiano, e la politica reagì accusando la Procura di Milano di muoversi secondo un «preciso disegno politico»( Bettino Craxi)

Ora in Calabria i PP.MM. Bombardieri e Gratteri dichiarano che “Calabria verde è solo la punta di un iceberg” e che in Calabria c'è il marcio di Calabria Verde e quello della sanità e altro ancora.

E la DDA tenterà di far luce su “un sistema di grassazioni, malversazioni, appalti truccati, forniture fantasma, nomine illegittime, consulenze illegali”

Ma tanto dipenderà dai “Chiesa” calabresi ed occorrerà vedere se anche i nostri “mariuoli”, come a Milano, parleranno e sveleranno i nomi di chi c’è dietro, di chi li ha protetto e diretto.

La speranza è tutta nella collaborazione dei cittadini liberi ed onesti , da sempre invocata dai PM, Gratteri in testa, e proprio per questo è stato ricordato che tutto è cominciato da alcuni articolo di un giornale regionale, ed in primis da quello con il titolo “Calabria verde, spese sospette” .

Si, da sempre la Stampa libera può influire anche sul lavoro della magistratura, se essa vuole cogliere quegli elementi che difficilmente potrebbe avere nel fascicolo, anzi aprirlo proprio con gli articoli del mondo della stampa e del web.

Una situazione incredibile e vergognosa ed una occulta "cabina di regia" che da sempre investe molto in disinformazione e tenta di spostare l'attenzione della magistratura , magari, “sulle gare d'appalto arrivate con sentenze del Tar e pronunciamenti del Consiglio di Stato che hanno visto soccombere finanche l'ufficio legale della Fiat”.

Ma non tutto è marcio in Danimarca ed in Calabria fino a quando ci saranno giornali e penne “onesti” che scrivono senza timore e senza paura perché “liberi”.

E’ il caso, e non è piaggeria, del giornalista Paolo Orofino che fu autore di uno dei primi articoli su Calabria Verde.

Una indagine che darà il senso di quanta malversazione ci sia nella nostra terra soltanto quando- e speriamo presto- sapremo che cosa succedeva e succede negli enti pubblici ed avremo cognizione dell’arroganza e supponenza con cui si praticava.

Pubblicato in Politica

La sua esperienza di magistrato in prima linea nella lotta alla, ndrangheta gli fa dire diverse cose.

Tra queste che “La marijuana è il primo passaggio per arrivare poi all’assunzione di droghe pesanti”.

 

E poi che “Uno Stato democratico non può permettersi il lusso di legalizzare ciò che provoca danni alla salute dei cittadini”.

Infine che si tratta di una “ Industria legata alle ndrine”.

 

Ecco cosa scrive AGI:

“Nicola Gratteri, procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, ribadisce all’AGI il fermo e convinto no all’ipotesi di legalizzazione delle droghe leggere.

Un no espresso più volte nel corso di 30 anni di carriera, sempre in prima linea contro il narcotraffico.

Gratteri non ne fa solo una questione di principio, ma argomenta il suo no con motivazioni economiche e di contrasto alla criminalità.

Perché se dal punto di vista economico “il guadagno che si sottrarrebbe alle mafie è quasi ridicolo rispetto a quanto la criminalità trae dal traffico di cocaina e eroina” è anche vero che “spesso la marijuana è il primo passaggio per arrivare poi all’assunzione di droghe pesanti, questo è quello che mi raccontano, ogni volta che li vado a trovare, i giovani che vivono nelle comunità terapeutiche per disintossicarsi”.

Un’industria che non è affatto di secondaria importanza per la ‘ndrangheta, ma che resta ben ancorata alle ‘ndrine: “Vi sono vaste aree dell’Aspromonte controllate dalle cosche in cui si produce marijuana.

Così come accadeva nella stagione dei sequestri, il pastore che custodiva il gregge allo stesso tempo controllava il sequestrato, oggi – conclude Gratteri – fa da guardiano alla piantagione”. (AGI)

 

Una battaglia difficile quella di Gratteri visto che la decisione spetta alla politica e molti politici sono assuntori di droghe.

Pubblicato in Calabria

Dice Gratteri : “Ho la fila a Catanzaro di persone che vogliono parlarmi e denunciare”

 

 

 

 

 

E’ molto probabile che fra breve, tanti calabresi residenti in Calabria e nel mondo capiranno il miracolo costituito dall’arrivo alla DDA di Nicola Gratteri.

Un miracolo per la buona Calabria e per i buoni calabresi

Per meglio capire quanto diciamo non sarebbe male leggersi qualcosa di quanto detto dal procuratore nell’incontro avvenuto a Capo Vaticano, nel giardino della storica dimora calabrese del grande scrittore veneto Giuseppe Berto, nel dibattito con il giornalista Paolo Mieli moderato dalla giornalista e scrittrice Paola Bottero.

Tra il tanto segnaliamo alcune cose:

  1. La liberazione delle droghe. Mieli ha ricordato come il recente disegno di legge finalizzato a consentire una limitata liberalizzazione delle droghe leggere in Italia abbia trovato il positivo riscontro da parte del procuratore nazionale antimafia (Dna), Franco Roberti, già procuratore di Salerno.

Gratteri, in merito, ha sostenuto :“Non sono d’accordo su tale specifico argomento con Roberti per la semplicissima ragione che è scientificamente provato da seri studi medici che anche la marijuana fa male: diminuisce la corteccia cerebrale di 4 millimetri, provoca incapacità di ricordare le cose, stordisce e spesso è l’anticamera verso l’uso di droghe pesanti come la cocaina o l’eroina. Sto constatando personalmente tutto ciò ascoltando tanti tossicodipendenti ospiti in strutture di recupero a Catanzaro. Non è neanche vero che la liberalizzazione della marijuana creerebbe un danno alla ‘ndrangheta, perchè per i costi di produzione della cannabis allo Stato, un grammo di marijuana verrebbe a costare – acquistato liberamente da un tabaccaio – non meno di 12 euro, mentre sul mercato nero la ‘ndrangheta lo piazza già oggi a 4 euro, non dovendo le mafie spendere soldi per l’acqua – abbondante più che mai nei boschi e nelle fiumare dell’Aspromonte – e risparmiando quindi sui costi di produzione. E sappiamo inoltre benissimo che la marijuana la consuma principalmente chi ha meno soldi, il poveraccio e spesso i minorenni, che si continuerebbero ad acquistarla da chi gliela vende meno, cioè la ‘ndrangheta”.

  1. La Calabria che denuncia. Si è aperto un rapporto fiduciario indissolubile tra la buona Calabria ed il procuratore Gratteri. In pochissimo tempo Gratteri ha ascoltato personalmente circa 200 persone che sono entrate nel suo ufficio denunciando con nomi e cognomi.

Ed altrettanti aspettano di essere ricevuti perchè chiedono di parlare solo con lui. “Vengono per denunciare magari una semplice truffa, ma sbaglia quel collega che non dovesse dar loro retta, perchè se queste persone non trovano un magistrato che li ascolta, poi si rivolgeranno di certo alla ‘ndrangheta che in 24 ore gli risolverà il problema presentandogli il “conto” e comprando di fatto per sempre la loro libertà”.

Ci si interroga su tale denunciato fenomeno ed in particolare su quel “magari”.

Molti si chiedono chi saranno questi calabresi che denunciano, da dove vengono, che cosa denunciano.

Non solo ma molti altri sono in attesa di denunciare.

Sembra stia per iniziare una nuova stagione per la Calabria ed i calabresi.

E continua a diventare sempre più forte la speranza che entro qualche tempo qualcuno degli investigatori di Gratteri vada a bussare alle porte degli intoccabili ponendo fine alla loro arroganza.

E prima si vedranno gli effetti di questi toc toc prima i calabresi si affrancheranno dalla ‘ndrangheta, dalla massoneria, dalla malapolitica.

Pubblicato in Calabria

Cinquantotto persone sono state arrestate dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, nelle province di Cosenza e Salerno accusate, tra l’altro, di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina.

 

Al centro delle indagini del Ros che hanno portato all’operazione di oggi, denominata ‘Frontiera’, una delle più pericolose e violente cosche della ‘ndrangheta, con a capo Francesco Muto, di Cetraro, detto il “Re del pesce”.

 

Secondo gli investigatori, Muto ha monopolizzato per oltre 30 anni le risorse economiche del territorio curando fino al dettaglio la commercializzazione dei prodotti ittici.

Tra le persone arrestate ci sono anche il boss Franco Muto e i figli Luigi e Mary (detta Mara).

Alcune ordinanze sono state notificate in carcere a diversi pregiudicati, ritenuti vicini alla cosca. Coinvolto anche Maurizio Rango, già detenuto, esponente di spicco delle cosche operanti a Cosenza.

Le indagini del comando provinciale di Cosenza hanno documentato un importate traffico di stupefacenti che, sotto il controllo del clan Muto, inondava di cocaina, hashish e marijuana le principali località balneari della costa tirrenica calabrese, tra cui le note Diamante, Scalea e Praia A Mare.

Contestualmente sono stati sottoposti a sequestro beni per circa 7 milioni di euro.

I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa tenutasi, alle ore 11.00, presso la sede del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza alla presenza del procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri e dei vertici della DDA.

Ed ecco l’elenco degli arrestati

Antonio Abruzzese (Tonino Banana – detenuto)

Carlo Antonuccio (detenuto)

Gianluca Arlia

Salvatore Baldino

Pierpaolo Bilotta

Nicola Giuseppe Bosco

Gennaro Brescia

Agostino Bufanio

Giulio Caccamo

Giuseppe Calabria

Pietro Calabria

Vincenzo Campagna

Giuseppe Candente

Gianluca Caprino

Gino Caroprese (detto ‘Lo Sghincio’)

Luca Carrozzini

Enzo Casale

Angelo Casella (detto “O’ Passariello”)

Simone Chiappetta

Fedele Cipolla

Franco Cipolla (detto “Tabacco”)

Giuseppe Crusco (detto “il Nano”)

Alessandro De Pasquale

Antonio Di Pietromica (Tonino)

Gianfranco Di Santo (detto “Pulcino”),

Giuseppe Natale Esposito

Gaetano Favaro

Giuseppe Fiore

Pier Matteo Forestiero

Amedeo Fullin

Antonietta Galliano

Cono Gallo

Vito Gallo

Agostino Iacovo

Emilio Iacovo (detto “Milio lo Stalliere”)

Maria Iacovo

Simone Iannotti

Emanuel La Scaleia (detto “Bacheca”)

Guido Maccari (detto “Mazzaruni”)

Alessandra Magnelli

Antonio Mandaliti

Filippo Matellicani

Francesco Muto (Franco detto “Il Re del Pesce”)

Luigi Muto

Mary Muto (detta Mara)

Carmine Occhiuzzi (detto “Minuccio”)

Luca Occhiuzzi

Andrea Orsino

Alfredo Palermo

Valentino Palermo

Sara Pascariello

Antonio Pignataro (detto “Cicchitella”, detenuto)

Sabrina Silvana Raimondi

Maurizio Rango (detenuto)

Vittorio Reale

Andrea Ricci

Michele Rizzo

Simona Maria Assunta Russo

Luigi Sarmiento (detto “Gino Fish”)

Giuseppe Scornaienchi (detto “Pino o’ Cunfiett”)

Salvatore Sinicropi

Mariangela Tommaselli

Rocco Eupremio Trazza

Alexander Tufo(detto Alex)

Carmelo Valente (Testa Bianca o Ravanelli)

Luigino Valente

Pietro Valente (detenuto)

Fabrizio Vitale

Pubblicato in Cetraro
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