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All’Università di Parma è successo un fatto che, con tutta probabilità, farà molto discutere, soprattutto perché ogni lettore potrà farsi un’opinione diversa al riguardo.

 

 

 

A quanto risulta, una donna è stata allontanata poiché stava allattando al seno suo figlio di due mesi e mezzo. La guardia giurata, la quale aveva intimato alla neo-mamma di allontanarsi, spiega che la sua decisione è stata dettata dall’idea di impedire che l’allattamento “urtasse la sensibilità” degli altri studenti.

Le parole proferite dalla guardia giurata sarebbero state: “Non può allattare qui, pensi alla sensibilità degli studenti, si allontani!”.

Il marito della ragazza ha dichiarato in modo educato e pacato quanto segue: “In quel momento la mia compagna si è trovata nelle condizioni di dover allattare il pargolo, per cui si è seduta ,si è coperta con la sciarpa e l’ha attaccato al seno per saziarlo.

Nulla di strano e nulla di più naturale. Neanche cinque minuti dopo è uscita una guardia giurata dal suo ufficio che, senza nemmeno salutarci, ci ha invitati a spostarci dicendo che non era una zona per l’allattamento dei neonati e che dovevamo considerare la sensibilità degli studenti, precisando che un’area universitaria non era adatta a queste scene”.

Quanto accaduto ha fatto molto discutere, tant’è che l’Università degli Studi di Parma ha pubblicato una nota con la quale stigmatizza l’episodio in questione: “Saranno effettuati i doverosi accertamenti circa il deplorevole episodio, ribadisce e conferma la propria grande attenzione nei confronti dei diritti umani e sociali.

Nella fattispecie, si ribadisce il principio secondo il quale l’allattamento al seno è il principale determinante di salute nei primi anni di vita: è doveroso da parte di ognuno, istituzioni in primis, promuoverlo e favorirlo, garantendo il diritto delle mamme di allattare liberamente”.

Nella nota si legge come, negli scorsi mesi, sia stato stabilito un progetto che prevedesse la creazione di alcuni spazi, 3 per la precisione, all’interno dell’università dove sarà possibile allattare ed accudire i propri figli in tutta tranquillità.

La nota si conclude così: “Con l’occasione, porgiamo le nostre scuse al papà e alla mamma che sono rimasti vittime di questo spiacevole episodio”

Pubblicato in Calabria

Un agente di Polizia penitenziaria è stato sospeso per un anno dal servizio per aver fatto recapitare a un detenuto nel carcere di Parma un telefono cellulare e un registratore audio.

 

Un cellulare è consegnato tra le sbarre di Via Burla, senza stratagemmi, libri usati come nascondiglio o ingegnosi nascondigli: semplicemente recapitato a un detenuto.

Non un superboss, ma un criminale comune, seppur con una fedina penale di un certo rilievo: a lui, carabinieri e Polizia Penitenziaria, che su ordine della procura nei giorni scorsi hanno passato sotto la lente di ingrandimento stanze e alloggi del personale del carcere, sono convinti il telefonino sia stato recapitato con semplicità.

 

Per denaro, forse. O altre piccole promesse che ora per l’agente, lasciato comunque a piede libero, è scattata l’accusa di corruzione. 

E il caso, su cui le indagini si stanno concentrando anche se per ora si parla di mere ipotesi, vuole che nel febbraio 2013, quando dal carcere, dopo, probabilmente, mesi di macchinosa organizzazione, fuggirono Valentin Frrokaj e Taulant Toma, di turno nel loro settore fosse proprio lo stesso agente, che la sera prima dell’evasione era rimasto in turno fino a tardi, proprio assegnato a quelle celle.

All’epoca, a differenza di altre undici persone rinviate a giudizio, otto delle quali (l’ex direttore, l’ex comandante e altri sei poliziotti) per procurata evasione, sotto indagine per quella fuga, non fu indagato.

 

Poi gli approfondimenti.

Ed ora i risultati.

A corromperlo, "con la promessa di benefici economici e di altre utilità" come hanno fatto sapere i carabinieri del Nucleo Investigativo, che hanno condotto le indagini, sono stati in concorso tra loro il destinatario delle 'attenzioni', un pregiudicato 58enne di origine calabrese detenuto per altri reati.

 

Il pregiudicato, tra novembre e dicembre 2014, aveva aggirato in questo modo le limitazioni imposte dalla detenzione e aveva potuto avere contatti con persone esterne alla casa circondariale. Per lui l'autorità giudiziaria ha disposto la misura cautelare in carcere.

L'agente era già stato sospeso dal servizio dall'Amministrazione penitenziaria

Ora ci si chiede chi abbia chiamato il detenuto con quel telefono: familiari e amici, parenti.

L’atto alla guardia potrebbe costare carriera e distintivo.

Pubblicato in Italia

Il R.O.S. ed il Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza hanno arrestato 28 esponenti della cosca “Acri-Morfo’’ di Rossano a seguito di misura coercitiva emessa dal G.i.p. distrettuale di Catanzaro su richiesta della locale direzione distrettuale antimafia.

Gli arresti sono stati eseguiti in Rossano, Vigevano (Pv), Viterbo, Parma e Cuneo.

Tra i destinatari dei provvedimenti, oltre ad elementi di vertice e gregari della consorteria, anche un avvocato candidato al Consiglio Comunale di Rossano nelle consultazioni elettorali del maggio 2011 ed al quale sono stati concessi i domiciliari.

Gli arrestati sono accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, ricettazione, estorsioni, spaccio di droga, rapine e trasferimento fraudolento di valori.

Nell'ambito dell'operazione sono stati sequestrati beni per 40 milioni di euro, tra i quali 17 società, molte delle quali riconducibili ad attività commerciali; 25 immobili, tra terreni ed appartamenti, 45 autoveicoli e 7 polizze assicurative. Sono stati poi sequestrati anche conti correnti bancari e denaro contante.

Nel corso delle indagini, secondo quanto si è appreso, è emerso che la cosca riciclava i proventi delle attività illecite investendo principalmente in attività commerciali.

I dettagli dell’operazione saranno illustrati durante una conferenza stampa che si terrà alle ore 12:00 presso il Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza

Pubblicato in Cosenza

Parma. La Finanza di Parma ha eseguito quattro provvedimenti di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti dell'ex sindaco Pietro Vignali (nella foto) e di Andrea Costa, Giuseppe Villani e Angelino Buzzi. Diciassette gli indagati. Sequestrati beni per 3,5 milioni di euro

Con l’accusa di corruzione e peculato la Guardia di Finanza di Parma ha eseguito quattro provvedimenti di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti dell’ex sindaco del comune di Parma, Pietro Vignali, insieme all’ex presidente del cda e consigliere delegato delle municipalizzate Stt Holding e Alfa, Andrea Costa.

Arrestato anche l’attuale vicepresidente della multiutility Iren Mercato ed ex coordinatore provinciale PdL a Parma, Giuseppe Villani, oltre all’editore di ‘Polis’, consigliere e presidente del cdA della società Iren Emilia, Angelino Buzzi.

La Gdf ha sequestrato inoltre beni per circa 3.5 milioni di euro.

In tutto sono 17 gli indagati.

E’ stato appurato che gli indagati hanno tenuto costantemente, nel corso di più anni, una condotta fraudolenta finalizzata ad accumulare ingenti ricchezze da destinare ad usi strettamente privati, quali tra gli altri: finanziamento della campagna elettorale per le elezioni amministrative di Parma del 2007; fidelizzazione della popolazione parmense e non ad un particolare “movimento” politico anche al fine di una eventuale candidatura alle successive elezioni politiche nazionali; controllo della stampa locale.

 

Pubblicato in Italia
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