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Blitz degli uomini della capitaneria di porto di Vibo Valentia marina congiuntamente al personale dell’ufficio locale marittimo di pizzo contro lo smaltimento illecito dei rifiuti e contro l’inquinamento ambientale che deturpa le bellezze naturali del territorio calabro.

 

“Rubbish” il nome che i militari della guardia costiera, al comando del c.f. (cp) Rocco Pepe, hanno dato all’operazione ambientale condotta nel comune di pizzo.
Durante i controlli, i militari hanno scoperto nella periferia del comune di pizzo, in località ponte di ferro, un vero e proprio cimitero di rifiuti speciali pericolosi, su un’area privata, tra l’altro ricadente in zona sottoposta a severi vincoli paesaggistici e ambientali.


Il personale della guardia costiera ha rinvenuto innumerevoli quantità di pneumatici, rifiuti speciali anche di tipo pericoloso e combusti, consistenti in parti di eternit di diverse dimensioni, materiali di risulta del tipo inerti provenienti da attività di demolizione di fabbricati, batterie per veicoli di varia tipologia, fusti di vernici e oli esausti, elettrodomestici in disuso, rottami ferrosi e altri materiali inquinanti pericolosamente abbandonati senza alcun criterio.

 

Tutta l’area, di circa 1200 mq. di proprietà privata, è stata posta sotto sequestro penale, per i reati di getto pericoloso di cose, discarica non autorizzata di rifiuti pericolosi e inquinamento ambientale;

Successivamente la medesima area, su disposizione della autorità giudiziaria, è stata affidata in custodia giudiziale al comune di pizzo, per la bonifica.

I militari della guardia costiera proseguiranno le attività di indagine al fine di poter individuare i responsabili della situazione rinvenuta.

Pubblicato in Calabria

coperturaNel 1969, durante la costruzione delle Torri Gemelle di New York, iniziata nel 1967, poiché erano sempre più numerose le prove della nocività dell’amianto, le autorità decisero di sostituire il materiale cancerogeno con materiale diverso.

 

Infine, nel 1971, le autorità americane emanarono il divieto di usare amianto nelle costruzioni edili. La pericolosità dell’amianto è quindi nota da tempo e sono noti anche i costi ingenti delle bonifiche.

Il caso dello storico palazzo Berlaymont di Bruxelles, che ospitava gli uffici della Comunità Europea, è emblematico. Costruito negli anni 60, la grandiosa struttura era in effetti sospesa, per mezzo di tiranti d’acciaio, a delle travi che si posavano sul corpo centrale in cemento armato. Il palazzo era destinato ad ospitare circa 3000 funzionari europei.

 

Nel 1991, data la grande quantità di amianto presente nella struttura, si è reso necessario smantellare il palazzo e mettere in cantiere la sua ristrutturazione durata 13 anni (4 anni più del previsto).

La soluzione fu la bonifica totale dell’amianto. Non è stato così in Italia. La vicenda dell’amianto su tutto il territorio nazionale, ha rappresentato e rappresenta ancora oggi, una complessa problematica di salute pubblica con importanti implicazioni sia di carattere scientifico-sanitario che socio-economico. A oltre vent’anni dall’entrata in vigore della legge che ha messo al bando l’amianto, siamo qui a testimoniare il totale disinteresse da parte di tutte le Amministrazioni che si sono succedute e delle altre istituzioni incluse le forze dell’ordine che dovrebbero garantire l’incolumità dei cittadini.

 

La cancerogenicità dell’amianto venne definitivamente riconosciuta nel 1973 dall’International Agency for Research on Cancer (IARC). In Italia solo dopol’aprile del 1980 è stato avviato, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, un piano volto ad affrontare in modo organico alcune delle problematiche sanitarie associate all’amianto. Le stesse caratteristiche che fanno dell’amianto un materiale tecnologicamente prezioso sono all’origine della sua vasta diffusione e della sua lunga permanenza nell’ambiente.

In effetti, il gran numero di sorgenti, la difficoltà di evitare la dispersione delle fibre a causa della loro mobilità, la resistenza agli agenti fisici e chimici, la facilità con cui le fibre stesse si fratturano longitudinalmente originando altre fibre, fanno sì che l’amianto permanga a lungo nell’ambiente senza venire degradato; si può anzi dire che, più che essere degradato, esso viene semplicemente ridistribuito nell’ambiente, costituendo così un portatore di morte cui è praticamente esposta la totalità della popolazione. Via Montebianco è una strada stretta, lunga meno di 100 metri. Una palazzina dietro l’altra. Una ventina di famiglie. Ognuna con il suo morto o il suo ammalato di cancro.

Oltre dieci vittime dal 2000 e quasi il doppio delle persone che lottano ancora contro il cancro. Siamo ad Amantea, sulla costa tirrenica calabrese. In via Montebianco si sono recati, circa 7 anni fa, gli esperti dell’Arpacal, l’agenzia regionale per la protezione ambientale della regione, e quelli dell’Asp, l’azienda sanitaria provinciale di Cosenza.

All’epoca ebbero il coraggio di affermare “Non abbiamo trovato nessun riscontro scientifico sulla presenza pericolosa di amianto”. A smentire quanto avallato anche da tutte le Amministrazioni che si sono alternate negli ultimi 15-20 anni, basterebbe il processo di Torino, messo su dal procuratore Raffaele Guariniello, contro la società ETERNIT. Ritornando al capannone di via Montebianco, che è sotto gli occhi di tutta la popolazione, c’è da dire che è molto grande ed è totalmente ricoperto da amianto che si sta sfaldando.

 

L’Amministrazione comunale ha l’obbligo di bonificare tutto il materiale contenente amianto (con la rimozione, l’incapsulamento o il confinamento), in quanto il materiale contenente amianto è alterato al punto tale da rilasciare fibre libere nell’ambiente. A questo punto lo stramaledetto rischio non sarà più probabilistico ma si trasformerà in termini concreti in malattie dell’apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente la pleura (mesoteliomi).

Queste terribili malattie insorgono dopo molti anni dall’esposizione: da 10 a 15 per l’asbestosi e da 20 a 40 per il carcinoma polmonare ed il mesotelioma. Il tetto del grande capannone come pure le coperture amiantate degli altri palazzi non sono mai state “bonificate”. Tutto questo amianto, con le sue polveri portate dal vento minaccia l’intera cittadina ma le Autorità e il Comune non sembrano eccessivamente preoccupati.

L’aria non è l’unico veicolo di diffusione dell’amianto: le acque in generale, e quelle distribuite per uso potabile in particolare, possono anch’esse essere contaminate da fibre di amianto. La contaminazione da amianto degli edifici è stata affrontata con la circolare del Ministero della Sanità n. 45 del 10 luglio 1986, che ha voluto avviare a soluzione prioritariamente i problemi sanitari posti dalla presenza dell’amianto nelle scuole e negli ospedali.

L’esperienza acquisita nei primi anni di applicazione di tale circolare suggerì tuttavia l’opportunità di ampliarne la sfera di applicazione per poter meglio affrontare le molteplici problematiche connesse alla presenza di prodotti contenenti amianto. In considerazione degli effetti che tali tipi di intervento, ove effettuati scorrettamente, potevano avere sull’ambiente oltre che sui gruppi di popolazione esposti, apparve altresì necessario promuovere l’emanazione di un apposito strumento normativo, tale da attivare un sistema di certificazione e verifica delle procedure tecniche da adottarsi da parte di
operatori pubblici e privati per la bonifica degli edifici. Una devastazione sociale e ambientale compiuta solo per accumulare denaro e coperta dai soliti noti. L’arancia coi limoni e l’amianto nei polmoni. I bambini nell’amianto, e le madri con il pianto, i bambini innocenti vittime dei prepotenti.

 

Eppure, si fosse trattato solo di lavoro, la gente che vive in questa ex meravigliosa terra avrebbe potuto scommettere sul turismo, oppure su una ripresa qualificata del lavoro nei campi.

E invece ci sono i veleni, letali e ovunque. Le persone si ammalano respirando l’amianto e altre sostanze assassine oppure bevendo acqua contaminata da metalli pesanti e altri materiali tossici. La bonifica che aspetta e la gente che si infetta, che si prende un bel tumore e a vent’anni già si muore! Quello che i cittadini hanno il diritto di sapere è cosa intende fare questa Amministrazione, al di là di apparire sorridente su qualche sito web compiacente, a proposito dell’amianto presente in città e mettere fine a questa presenza mortifera che attanaglia la collettività. Sono 33.610 i siti inquinati con l’amianto in Italia, se si considerano solo i siti censiti, ma mancano informazioni sulla Calabria, la Sicilia e la Campania.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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