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lungomare di reggioSi tratta di una donna di 26 anni proveniente dal Veneto, da una delle zone del nord Italia più a rischio dopo i casi accertati. Nessun allarme, la procedura attuata è prevista dai protocolli del Ministero della Sanità per contenere l'epidemia 

Dopo il caso sospetto a Lamezia, adesso smentito dai risultati delle analisi, arriva la conferma cheanche a Reggio Calabria si è attivato il protocollo di prevenzione per confinare il Coronavirus.

Caso sospetto di Coronavirus a Reggio Si tratta di una donna di 26 anni proveniente dal Veneto, una delle zone del nord Italia considerate a rischio. Proprio per questo, la giovane mostrando sintomi influenzali ed in maniera responsabile, ha contattato il 118 che ha immediatamente attivato i protocolli per trasferire la paziente al Grande Ospedale Metropolitano dove saranno condotti tutti gli accertamenti necessari.

Nessun allarme poiché la procedura è meramente preventiva considerando che la giovane era in una delle zone colpite. Il caso, tuttavia, sotto un profilo formale viene trattato come “sospetto” in attesa di procedere con tutte le valutazioni del caso. Ma, ripetiamo, non c’è allo stato alcuna emergenza particolare, ma l’attivazione di procedure previste dai protocolli del Ministero della Sanità.

Fonte notizia

Pubblicato in Reggio Calabria

coronaDopo quella di Li Wenliang, l’oftalmologo che per primo denunciò il Coronavirus, anche la morte di Liu Zhiming è stata per alcune ore avvolta nel mistero: ora è arrivata la conferma della Commissione sanitaria di Wuhan. I medici contagiati sono oltre 3000

«Il compagno direttore Liu Zhiming ha preso parte alla battaglia contro il Covid-19, sfortunatamente è stato contagiato ed è morto alle 10.54 di questa mattina, nonostante i grandi sforzi per salvarlo. Il dottor Liu dell’ospedale Wuchang di Wuhan aveva solo 51 anni ed è caduto dopo aver dato un importante contributo al lavoro di contrasto e controllo dell’epidemia».

La Commissione sanitaria dello Hubei questa mattina ha annunciato così, con un comunicato dai toni di encomio militare, la morte del dirigente medico. Sono più di 1.800 i morti per il coronavirus in Cina, le statistiche sanitarie li catalogano per luogo di residenza, età, sesso, malattie preesistenti al Covid-19. Pechino dice da settimane che è in corso una guerra per fermare l’epidemia. E in guerra i caduti non hanno quasi mai un nome. Escono dall’elenco solo gli eroi.

Liu Zhiming è stato un eroe, trattato dalla narrazione cinese come un generale ucciso in prima linea da un nemico invisibile. «Il dottor Liu del Wuchang è il primo direttore sanitario ucciso dal coronavirus. Riposi in pace», aveva scritto già ieri pomeriggio il Quotidiano del Popolo sul suo account web. Poi la notizia era stata ritirata, dall’ospedale avevano precisato che il dirigente «combatteva ancora per la vita».

La stessa incertezza che avvolse la fine del dottor Li Wenliang, l’oftalmologo che aveva cercato di dare l’allarme sull’epidemia ed era stato censurato. Difficile dire perché anche sulla sorte di Liu Zhiming si sia alzata per ore la nebbia. Probabilmente è dovuta alla scarsa consuetudine della stampa cinese con la cronaca a getto continuo: l’informazione e i suoi tempi in Cina di solito sono strettamente controllati dalla censura.

A Wuhan ci sono almeno 40 ospedali, con oltre 60 mila ricoverati, difficile evitare errori di comunicazione. Ed è anche probabile che le autorità politiche si sentano in colpa per il prezzo pagato da medici e infermieri, che nelle prime settimane dell’epidemia non erano stati informati del pericolo e hanno continuato a visitare pazienti senza prendere tutte le precauzioni necessarie ad evitare il contagio. Anche ora che l’epidemia è diventata una crisi globale e la Cina la sta affrontando con una mobilitazione generale, mancano «le munizioni» per combattere: maschere e tute isolanti vengono consumate a ritmo forsennato e l’industria nazionale fatica a rimpiazzarle. Chi è in prima linea in corsia rischia consapevolmente la vita.

La Commissione sanitaria centrale nei giorni scorsi aveva annunciato che il personale sanitario ha subito 1.716 contagi e 7 morti. Il numero si è alzato a 3.019. Il Ministero dei Veterani (di guerra) propone di dichiarare «martiri» i lavoratori della sanità caduti in servizio contro il Covid-19. «Bisogna onorarli e dare alle loro famiglie lo stesso trattamento preferenziale di chi dà la vita in guerra».

«Il servizio al fronte dei lavoratori medici è estremamente pesante, lavorano sotto una grande pressione materiale e psicologica», ha detto il viceministro della sanità Zeng Yixin. Non c’è retorica nella frase del politico di Pechino. Ci sono infermiere che hanno raccontato di avere il volto piagato per le troppe ore passate chiuse nelle maschere e negli occhiali isolanti. E poi, c’è il problema dei pasti, delle mense al collasso per l’ondata di malati e contagiati. E c’è l’incertezza su dove andare a riposare, a dormire tra un turno e l’altro: rientrare a casa esporrebbe i propri cari al rischio d’infezione, restare sempre in ospedale accresce le probabilità di essere attaccati dal virus.

Si è costituita una rete di volontari a Wuhan e nello Hubei in quarantena: consegnano pasti in ospedale e danno passaggi in auto verso alberghi che hanno messo a disposizione stanze per il personale ospedaliero. Cittadini senza volto. Hanno un nome e il diritto alla foto sui giornali i sette medici caduti al fronte. Il più giovane aveva 28 anni e una faccia da ragazzino, nella fototessera ospedaliera. Del dottor Jiang, 62 anni, resta un’immagine non formale: mentre spazzava le foglie sul marciapiede davanti a casa, prima della guerra al virus. Il direttore Liu Zhiming compare in maniche di camicia, sul podio di una conferenza. E c’è un ottavo nome, nell’elenco pubblicato dalla stampa cinese: Li Wenliang, 34 anni, il dottore di Wuhan che cercò di dare l’allarme il 30 dicembre e fu messo a tacere.

A Wuhan sono stati inviati di rinforzo 32.000 uomini e donne da tutti gli ospedali della Cina, 2.600 sono militari. La tv e i giornali pubblicano immagini di reparti di sanità che partono inquadrati per Wuhan e lo Hubei.

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Pubblicato in Mondo

cina malattiaRiceviamo e pubblichiamo

“Comandano i terroni”, caro Direttore, scriveva sul suo giornale. Noi replichiamo, scrivendo “Ben venga tale forma di imperio”

Tre scienziate, la molisana Francesca Colavita, la siciliana Concetta Castilletti e la campana Maria Rosaria Capobianco, le quali  operano nell'Ospedale  Spallanzani di Roma, hanno isolato il Coronavirus.  

Grazie alla loro mirabile capacità cognitiva ora è possibile studiare il virus, con l’intento di giungere alla predisposizione del farmaco che lo distrugga e blocchi l’epidemia che ha colpito un’enorme fascia della  popolazione cinese, creando panico nel resto del mondo.  

Cosa dire allora, caro Feltri e cari denigratori del Nord Italia, che non volete affittare le case agli sporchi meridionali, che utilizzate epiteti ingiuriosi per definirli? Non pochi articoli offensivi nei confronti del popolo meridionale sono stati divulgati recentemente, con il rischio di innescare odio sociale, nei quali emergono intenti separatistici e discriminatori.  

Il mondo applaude le tre scienziate, le quali, mediante la propria genialità si sono adoperate raggiungendo un primo grandioso obiettivo finalizzato a salvare l’umanità da una catastrofe disastrosa.   

Perché Feltri, nonché i suoi seguaci, non chiedono scusa ad un popolo che ha dato i natali a personaggi illustri, ad artisti e a scienziati di elevata  capacità cognitiva, come attestano le tre eminenti scienziate.  

“Comandano i terroni” , caro Direttore, scriveva sul suo giornale. Noi replichiamo, scrivendo “Ben venga tale forma di imperio”,  perché se a decidere  sono gli stupidi perché nati in una zona geografica a lei gradita, allora è auspicabile che “a guidare” siano persone come le tre scienziate  meridionali,  la cui intelligenza crea valore in ogni settore della vita umana, nonché  nell'ambito scientifico. E poi - come lei afferma - siamo davvero tutti raccomandati, tutti mantenuti dalle mammelle del Nord o mafiosi? Siamo - come può osservare - persone anche dotate di intelligenza creativa e scientifica! Questo fatto deve far comprendere a lei e ai denigratori del popolo meridionale che non si devono assolutamente creare confini territoriali finalizzati all'esclusione,  in quanto siamo tutti figli di questo pianeta, uniti da un denominatore comune, ossia persone che hanno un’anima ed una mente pensante, che vivono scambiandosi beni reciproci, al di là dei territori in cui sono nati. Siamo tutti uguali e capaci di donare contributi conoscitivi al fine di una causa comune che è quella del progresso e del benessere del genere umano. Mi auguro che questo episodio di natura scientifica possa unire tutti gli abitanti della terra e fare in modo che questo pianeta divenga una casa accogliente in cui tutti possano abitare in modo dignitoso. 

E allora viva i meridionali, caro Feltri: lo scriva pure sul suo giornale. Forse il popolo meridionale onesto, laborioso, che pone il suo elevato e formidabile quoziente intelligenza a disposizione di cause nobili, finalizzate al  benessere dell’umanità, saprà, andando oltre le offese ricevute, perché capace di intelligenza creativa ed umana, perdonarla”.

Pubblicato in Italia

virusSi tratta di una donna rientrata dall'Asia, dopo uno scalo a Vienna. È ricoverata al Grande ospedale metropolitano di Reggio dove sara’ sottoposta a tutte le analisi

C’è un sospetto. Ed al momento è solo tale. Sono in corso tutti gli approfondimenti necessari, ma i sintomi fanno pensare ad un possibile caso di coronavirus anche a Reggio Calabria.

Si tratta di una persona che è rientrata da poco tempo dall’Asia, dopo aver fatto scalo a Vienna e si è poi diretta a Taurianova dove risiede abitualmente.

L’allarme è scattato nella giornata di ieri. La persona, dopo aver mostrato i primi sintomi (tosse e febbre), è stata immediatamente trasportata al Grande ospedale metropolitano, senza neppure passare dal pronto soccorso, ed è giunta subito all’interno del reparto “Malattie infettive”. Segno questo di una attenzione particolare al caso.

Nelle prossime ore saranno effettuati tutti i test per verificare se effettivamente i valori corrispondano o meno a quelli che mettono in allarme in caso di coronavirus.

Da quel che si apprende, nella Prefettura di Reggio Calabria è già stata attivata, come previsto dal protocollo, l’unità di crisi.

Al Gom è previsto l’arrivo anche degli esperti dell’Usmaf, uffici di sanità marittima aerea e di frontiera.

Ripetiamo: non c’è ancora alcun allarme specifico circa il caso di coronavirus, poiché non vi è riscontro clinico. Ma sono in corso tutti gli accertamenti necessari. Di conseguenza, dunque, nessuna psicosi né allarmismo ingiustificato, ma una giusta cautela con la speranza che i risultati diano esito negativo. In caso contrario, la persona sarà trasportata d’urgenza all’Istituto nazionale malattie infettive “Spallanzani” di Roma, dove sono stati ricoverati anche gli altri due pazienti che erano a bordo di una nave da crociera della Costa.

Fonte notizia

Pubblicato in Reggio Calabria
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