Leggiamo (Agi) che una maestra è stata condannata dalla Corte d'appello di Catanzaro a due mesi di reclusione e al risarcimento del danno in favore delle parti offese per aver sottoposto in alcuni casi i bambini a "violenze fisiche, consistite in schiaffi o sberle o nel tirare loro i capelli", o a "violenze psicologiche o ancora a condotte umilianti, come il minacciarli dell'arrivo del diavoletto, nel costringerli a mangiare o a cantare, nel farli stare con la lingua fuori".
Tutto cio', evidenzia la Suprema Corte, "deve considerarsi un abuso a prescindere dalla metodologia utilizzata e dalle finalita' perseguite, dovendosi ritenere che un siffatto comportamento ecceda ampiamente il limite dell'educazione rispettosa della dignita' del bambino e trasmodi invece in comportamenti afflittivi dell'altrui personalita'".
Per questo, il reato di abuso dei mezzi di correzione "puo' ritenersi integrato - si sottolinea nella sentenza - da un unico atto espressivo dell'abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi dell'incolumita' fisica e della serenita' psichica del minore".
In ogni caso, "anche al fine di legittimare una condotta incentrata al piu' sull'uso di atti di minima violenza fisica o morale, occorrerebbe la concreta allegazione della situazione che l'abbia giustificata", non potendosi fare "generico riferimento al numero dei bambini affidati e presupporre che si trattasse di bimbi scalmanati, tali da imporre sistemi rigorosi".
Nel caso di specie, "e' stato posto in luce come i bimbi nei cui confronti erano state tenute le condotte segnalate avessero manifestato reazioni anomale, consistite nel rifiuto di recarsi a scuola, di mangiare, nell'insonnia e nell'enuresi".
La Cassazione, ha confermato la condanna inflitta alla maestra per il reato di "abuso dei mezzi di correzione".
In sostanza il problema che si pone è di distinguere fra il reato di abuso di mezzi di correzione o disciplina di cui all’art. 571 c.p. e il più grave delitto previsto dall’art. 572 c.p., che punisce i maltrattamenti esercitati su una persona affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia.