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Assurda vicenda di un uomo di 55 anni

Per l’Inps è morto. Ma è ancora vivo

di Francesco Gagliardi

 

Un impiegato dell’Inps dice ad un uomo di 55 anni, il Sig. Alberto La Spina:- Lei è morto-. Ma lui è ancora vivo e vegeto, paga regolarmente i contributi e personalmente si era recato presso gli uffici dell’Inps di Sassari.

Ancora una volta, amici carissimi, mi devo occupare di una triste e assurda vicenda capitata ad un uomo che per l’Inps risulta morto malgrado abbia presentato agli uffici di Sassari dove vive e lavora un Certificato di esistenza in vita rilasciato dal Comune di residenza.

 

Per l’Inps è morto, non c’è nulla da fare.

E l’uomo va avanti e indietro nei vari uffici, ma ancora non è riuscito a dimostrare che non è morto ma che è vivo. Sembra uno scherzo o una sceneggiata di un film, ma è la pura realtà.

Un uomo di 55 anni, alle prese con una pratica dell’Inps, aveva chiesto la riscossione del rateo della tredicesima della madre morta, scopre di essere inesistente, morto.

 

La trafila burocratica ha inizio quando l’impiegato con gli occhi sgranati comunica all’incredulo commerciante la sua avvenuta morte. Ci dispiace, comunica l’impiegato, lei non ha diritto a riscuotere la tredicesima di sua madre perché è morto.

 

Morto un corno! L’Impiegata l’aveva davanti a sé, l’uomo era ancora vivo, parlava e mostrava i documenti di identità.

Sono trascorsi vari mesi e ancora il Signor La Spina Alberto di Sassari non è riuscito a dimostrare di essere ancora in vita.

Questa è la burocrazia, amici, in Italia.

Il Governo Draghi dovrebbe cambiare la burocrazia al più presto, altrimenti le cose andranno sempre peggio.

 

Per risolvere le pratiche, anche le più semplici, il cittadino qualunque non si deve rivolgere all’inviato di “Striscia la Notizia”. Ma la cosa ancora più assurda è questa.

Se il Sig. Alberto non versa i contributi benché all’Inps risulta morto si vedrebbe arrivare una bella multa.

Un consiglio, Sig. Alberto. Si rivolga ancora alla stessa impiegata dell’Inps e dica che lei è morto e che quindi non può pagare i contributi, le tasse e le multe.

Le risponderanno che anche i morti dovranno pagare i contributi, forse serviranno a Caronte per farli traghettare all’altra sponda.

Cose che capitano solo in Italia.

Tutto cambia ma l’Inps resta immutabile.

Non è affatto la prima volta che succede una cosa simile.

 

 

Pubblicato in Italia

covid impdDa oltre due mesi l’INPS subisce attacchi politici e mediatici riguardo i tempi

di erogazione delle prestazioni Covid decise dal Governo. Che qualcosa non

abbia funzionato, almeno all’inizio, è fuori discussione. Tuttavia l’attività

dell’Istituto non può essere giudicata solo per la disgraziata giornata del 1°

aprile, quando il sito dell’INPS non ha retto all’impatto della concentrazione di

domande di sussidio di 600 euro.

In questi due mesi sono stati erogati milioni di assegni di sostegno al reddito

senza che si registrasse un rallentamento nella liquidazione delle altre

prestazioni ordinarie. Le lavoratrici ed i lavoratori dell’Istituto hanno lavorato

senza sosta ben oltre il normale orario di lavoro per assicurare la continuità

amministrativa dell’Istituto. Quasi 28.000 dipendenti, collegati per lo più con

apparecchi informatici personali, hanno affrontato diligentemente prevedibili

difficoltà di collegamento, considerato che nessuno si sarebbe mai aspettato

di gestire un numero di lavoratori così ampio in smart working.

Cos’è che non ha funzionato, allora, visto che sull’INPS si è concentrato un

fuoco di polemiche e di accuse per presunti, colpevoli ritardi, nell’erogazione

delle prestazioni Covid? Nelle ultime settimane l’attenzione si è concentrata

sulla cassa integrazione e si è imputata all’INPS la responsabilità di non aver

pagato l’assegno a tanti lavoratori ancora in attesa. Se tanti lavoratori

autonomi non hanno potuto percepire i 600 euro di assegno è dovuto ad una

compilazione della domanda errata oppure semplicemente perchè non ne

avevano diritto. Codici fiscali errati, iban bancari sbagliati, dati anagrafici

incompleti, una miriade di errori che hanno complicato e rallentato l’attività

istituzionale, con un aggravio di lavoro che si protrarrà nelle prossime

settimane attraverso la lavorazione dei cosiddetti ricicli. Ci si lamenta perché i

lavoratori non percepiscono l’assegno della cassa integrazione, ma si

conoscono i passaggi burocratici che devono essere seguiti per arrivare alla

liquidazione della prestazione? Ancora oggi diverse Regioni devono

trasmettere all’INPS un certo numero di decreti di autorizzazione della cassa

integrazione. E questo è solo uno dei passaggi burocratici necessari prima di

arrivare a liquidare l’assegno al lavoratore. E’ necessario che l’azienda

presenti il mod. SR41 e molte imprese tardano a compilare il modulo perché

aspettano di verificare se hanno l’opportunità d’impiegare il personale

dichiarato in cassa integrazione, dal momento che la retribuzione e la cassa

sono ovviamente incompatibili. Questo procura un danno al lavoratore, che

aspetta di ricevere l’assegno e non sa che il ritardo è magari dovuto al suo

datore di lavoro. L’INPS ha praticamente terminato la liquidazione di tutto

quello che poteva essere liquidato, ma i lavoratori interessati alle misure

varate dal Governo sono talmente tanti che quelli ancora in attesa di risposta

rappresentano una moltitudine.

La USB ritiene che vada fatto ogni sforzo possibile per informare

correttamente i cittadini sulle reali responsabilità dei ritardi nell'erogazione

delle prestazioni Covid, attraverso comunicati stampa e gli altri mezzi di

comunicazione ed informazione di cui l'Istituto è dotato per il rapporto con il

cittadino, come: telefono provinciale, contact center, servizi di app, utilizzo

della posta elettronica, piattaforme per videoconferenze, ecc..

COORDINAMENTO REGIONALE USB Pubblico Impiego INPS

Reggio Calabria 5 giugno 2020

Pubblicato in Italia

SAN LUCA – 7 dic. 19 - I militari della stazione carabinieri di San Luca hanno deferito in stato di libertà, alla locale Procura della Repubblica di Locri, 458 persone residenti nel comprensorio locrideo, ritenute responsabili, anche in concorso tra loro, di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e falsità in scrittura privata.

 

 

 

 

 

Il provvedimento in questione scaturisce da una prolungata e sistematica attività d’indagine, convenzionalmente denominata Isidoro, avviata e condotta dal febbraio 2017 al novembre 2019 dai militari della Stazione Carabinieri di San Luca, a seguito di una pervasiva attività di monitoraggio posta in essere nei confronti di soggetti appartenenti, per vincoli di parentela, alle famiglie di maggior interesse operativo.

Le indagini, di natura prevalentemente tradizionale e documentale, condotte con il fattivo supporto personale ispettivo Inps di Reggio Calabria e Crotone e ulteriormente avvalorate da numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento, hanno consentito di accertare che gli indagati si erano procurati, anche in concorso tra loro, un ingiusto profitto derivante dalla indebita percezione di erogazioni previdenziali e assistenziali.

In particolare, gli accertamenti effettuati dai militari della Stazione di San Luca hanno consentito di individuare 12 aziende agricole e immobiliari, nella gran parte dei casi fittizie, costituite nel tentativo di indurre in errore l’Inps, con il precipuo fine di ottenere un ingiusto profitto mediante rapporti di lavoro simulati, diretti all’indebita fruizione di indennità previdenziali (malattia – disoccupazione – maternità).

Nel dettaglio, i militari hanno provveduto dapprima all’individuazione dei soggetti occupati in attività di manodopera agricola/impiegatizia e dei relativi datori di lavoro. Successivamente, unitamente al personale ispettivo Inps, hanno analizzato le denunce di manodopera agricola riferite al periodo 2017 – 2019, nonché il libro unico del lavoro delle varie aziende, con relative giornate di presenza per ciascun bracciante teoricamente impiegato. In seguito, una volta localizzati i terreni asseritamente oggetto di attività agricola, attraverso i dati catastali riportati nelle denunce aziendali, hanno effettuato accertamenti urgenti sui luoghi, appurandone in ogni circostanza lo stato di abbandono. Infine, a riprova di quanto già accertato, i militari hanno di volta in volta escusso i dipendenti, i quali non rammentavano dettagli basilari attinenti alla propria attività lavorativa, quali il nome della ditta, l’ubicazione dei terreni, la tipologia delle colture, i nomi o la fisionomia dei restanti operai. I dodici imprenditori sono stati conseguentemente deferiti in stato di libertà, in concorso con ciascuno dei dipendenti, per aver simulato l’esistenza dei rapporti di lavoro, denunciandone la relativa manodopera.

L’attività d’indagine scaturisce dal monitoraggio di numerosi soggetti contigui, per vincoli di parentela, a famiglie d’interesse operativo, sorpresi sovente a diporto benché asseritamente impiegati quali braccianti agricoli ovvero dipendenti, a vario titolo, da aziende immobiliari. All’esito degli accertamenti effettuati, non soltanto è stato possibile accertare che le aziende controllate fossero fittizie, ma anche, a ritroso, la precedente assunzione delle medesime persone presso aziende ulteriori, risultate anch’esse fasulle.

È stato accertato, in particolare, che le società monitorate erano di fatto riconducibili a soggetti legati a famiglie gravitanti nell’orbita della criminalità organizzata della Locride, i quali a loro volta avevano assunto, prevalentemente, numerosi altri soggetti contigui per vincoli di parentela a famiglie criminali.

I militari dell’Arma hanno stimato che le indennità previdenziali indebitamente percepite avrebbero comportato un danno erariale pari a euro 5.669.239,88 per un totale di 33.954 giornate agricole denunciate. L’esauriente quadro accusatorio delineato ha così consentito, agli uffici competenti Inps, di trattenere alla fonte l’ingiusto profitto che, diversamente, a seguito delle prestazioni fittizie sarebbe stato erogato.

Pubblicato in Calabria

Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota già inviata(inutilmente?) alla TV( tra cui Non è L’arena di Giletti)

Egregia Redazione, voglio segnalare la mia assurda condizione di cittadino italiano.

Sono in quiescenza dal 1° aprile 2019 per effetto dell’articolo 15, commi 1 e 3 , del Decreto 4-2019 (Cosiddetto “Quota 100) per avere maturato 42 anni e 10 mesi prima della pubblicazione del Decreto, concludendo la mia esperienza lavorativa con un totale di 43 anni e 05 giorni di contributi.

Dal 1° aprile 2019, però, è iniziata per me una vita molto problematica in considerazione del fatto che non ho altre fonti di reddito e devo fare fronte alle spese normali che impongono i vari servizi quali elettricità, telefono, gas, ecc. ed il pagamento di alcune rate supplementari, cosa impossibile senza avere un’entrata economica.

Ero fiducioso che l’intervallo di tempo per iniziare ad avere  soldi della pensione fosse limitato a non più di un paio di mesi (così mi era stato detto dai più!) ma ormai devo prendere in considerazione che quasi certamente passerà anche il settimo mese di attesa.

Preciso che non ho ricevuto alcuna comunicazione da INPS e che nei vari contatti avuti con il call center dello stesso Ente, dal Patronato e dall’Ufficio del Personale dell’Ente statale cui appartenevo mi hanno dato più che ampia rassicurazione sulla correttezza della pratica che mi riguarda.

Continuo a subire un ping pong che mi ribalta eventuali responsabilità per tale mancato pagamento  tra Roma (INPDAP-INPS) e Catanzaro (INPS) sede responsabile dell’iter amministrativo.

Intanto sono sei mesi che devo umiliarmi a ricorrere a prestiti da parte di amici (non ho familiari definibili tali) convivendo con notevoli difficoltà economiche.

Ma che Stato è il nostro che calpesta continuamente i diritti dei cittadini?

Come possiamo assicurare un futuro ai nostri figli che, forse giustamente, decidono di andare altrove, in giro per il mondo?

Cosa possiamo aspettarci da uno Stato, che evidentemente tale non è, che genera, oltre a calpestare i  più semplici diritti del cittadino (Ahi, la Costituzione e le varie Leggi nazionali ed internazionali! Quanta propaganda sui media da parte dei politici!) disoccupazione, precarietà, la tragedia della nettezza urbana, la tragedia della sanità, il dissesto del territorio, la presenza “in attaccata dalle leggi” del lavoro nero, lo sfruttamento dei lavoratori (sia ben chiaro, non solo degli extra comunitari ma anche di tantissimi italiani), servizi inesistenti per i più deboli, trasporti da terzo mondo e mal gestiti, infrastrutture al limite del collasso strutturale, ambiente inquinato, ecc.

Con che coraggio possiamo dire ai nostri giovani di rimanere in Italia?

Ringrazio infinitamente sperando che un Loro intervento in trasmissione possa essere utile a me ed a tanti che potrebbero trovarsi nella medesima condizione.

Cordiali saluti.

Dino Antonio P.

La Guardia di Finanza non credeva ai propri occhi.

Era cieco assoluto ed agiva come se ci vedesse!

Un miracolo?

No!

Un falso cieco e quindi una truffa all’Inps!

 

 

E così, i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Vibo Valentia, a conclusione di un’attività di contrasto agli illeciti nel settore della spesa pubblica nazionale, hanno denunciato alla Procura due medici per il reato di falso ideologico ed un pensionato di 63 anni, di Rombiolo, per il reato di truffa aggravata in danno dell’Inps, per l’indebito conseguimento di erogazioni per un importo complessivo di oltre 200mila euro.

Le investigazioni condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria, in seguito ad appostamenti e pedinamenti, hanno consentito di sorprendere il sedicente invalido mentre svolgeva normali attività quotidiane non compatibili con lo status di “cieco assoluto”, da lui ricoperto dall’anno 2001, come ad esempio: muoversi senza alcun ausilio o accompagnatore in strade e su terreni, anche sconnessi, compiendo azioni quali raccogliere e sbucciare frutti, ripararsi la vista con la mano dai raggi solari, spostarsi da un luogo all’altro in maniera fluida.

L’invalidità attestata risultava documentata da certificati rilasciati dai due medici denunciati per falso, sulla base dei quali l’Istituto di previdenza riconosceva la pensione di invalidità (100%) e pertanto anche l’indennità di accompagnamento.

Sulla base della ricostruzione dei fatti operata dalla Guardia di Finanza, su richiesta della locale autorità giudiziaria, è stato notificato ai tre indagati l’avviso di conclusione indagini, a firma del pm Benedetta Callea.

Ora, il falso cieco dovrà restituire all’Inps le somme percepite indebitamente.

Amici, oggi mi son fatto quattro risate nell’apprendere uno strano caso che è successo ad un Professore di Biella che recatosi all’INPS per controllare la sua posizione contributiva perché vicino ad andare in pensione, scopre, udite! Udite! di essere deceduto il 6 ottobre del 2001 e quindi da quella data non sono stati più registrati i versamenti contributivi.

Ma il 6 ottobre del 2001 per il Professore Marco Tirelli di anni 62 è una data importantissima, è quella del suo matrimonio.

Evidentemente all’INPS, qualche funzionario solerte, ha preso fischi per fiaschi, ha registrato la data del 6 ottobre come data della sua morte.

Un evidente errore di trascrizione perché la data fatidica del 6 ottobre non corrisponde alla data della sua dipartita da questa terra ma al giorno più importante della sua vita terrena.

Il Prof, dunque non é morto, è ancora vivo.

E’ vivo e vegeto, parla e cammina.

Ora però ha scoperto dell’avvenuto decesso, grazie all’INPS.

Quindi non solo non può andare in pensione perché è morto, ma non potrà fare la pratica per ottenerla.

La pensione si da soltanto ai vivi non ai morti.

Povero Prof, cosa gli è capitato.

Si è rivolto al call center e agli sportelli dell’INPS e sapete cosa hanno risposto? – Guardi Professore, noi non potremmo nemmeno parlare con lei -.

E perché?- Perché lei è morto-.

Ma il morto parla, il morto cammina.

Il morto fa domande, chiede risposte, è davanti agli sportelli.

Gli altri signori che attendono nella sala di attesa dell’INPS si fanno quattro risate, si fanno delle toccatine scaramantiche mentre dagli impiegati nessuna spiegazione, nemmeno sulla fine che hanno fatto i suoi regolari contributi versati mensilmente per lunghi 17 anni dalla scuola dove insegna. -Per noi è morto, ci dispiace.

Comunque le faremo sapere.

Ci faremo vivi noi -.

E già, loro sono vivi, il Prof. è morto.

Ma se è morto a chi verrà indirizzata la missiva?

Ha dell’incredibile, vero amici?, la disavventura che è capitata a questo Professore che lo ha profondamente turbato, non tanto perché è stato dichiarato morto, ma perché sono spariti i suoi versamenti contributivi e non si sa quando potrà andare in pensione.

Un errore clamoroso commesso dagli addetti ai lavori.

Al malcapitato Professore darei, però, un consiglio non richiesto:- Si reca presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di residenza, si faccia rilasciare un Certificato di Esistenza in Vita e lo porti agli increduli ed esterrefatti impiegati dell’INPS, solo così potranno rimediare al madornale errore commesso e lei, finalmente, dopo 17 anni dalla morte, potrà ricominciare a vivere.

di Francesco Gagliardi

Pubblicato in Italia

Amici carissimi di Tirreno News. Oggi vi voglio raccontare una storiella che ho appreso guardando la televisione, Canale 5, e precisamente la trasmissione di Antonio Ricci “Striscia la notizia”. Pinuccio, uno degli inviati speciali del programma satirico più seguito in Italia, ci ha portato a Bari e ci ha fatto sapere che in quella città c’è un morto che parla.

Parla davvero, non esagero.

Parla con tutti, vive in famiglia, è vivo e vegeto, tranne che con l’INPS.

Per l’Istituto della Previdenza Sociale è bello e morto da alcuni mesi.

E quando uno è morto non può più essere assistito dall’INPS.

Ora vi racconto la storia che fa certamente ridere, ma che fa riflettere e dovrebbe far vergognare gli impiegati dell’INPS della nobile città di Bari, posto meraviglioso.

Una famiglia ha un figlio che ha diritto al reddito di inclusione. Però dopo il primo pagamento avvenuto nel mese di maggio il reddito è stato tolto alla famiglia perché per l’INPS il figlio è morto.

La mamma e il giovane si sono recati presso gli uffici dell’INPS di Bari ed hanno protestato.

Hanno esibito diversi documenti, un certificato di esistenza in vita, la tessera di riconoscimento, ma gli impiegati dell’Istituto non li hanno creduti.

Eppure il giovane era presente fisicamente avanti gli sportelli.

Era lui il morto.

Era lì davanti agli sportelli, davanti a loro, in carne ed ossa.

Niente da fare.

Per l’INPS il giovane era morto e quindi niente reddito di inclusione.

I pensionati che attendevano il proprio turno nella sala d’aspetto sono rimasti scioccati e si sono messi a ridere.

Non c’è stato nulla da fare.

Per l’INPS quel ragazzo che percepiva il reddito di inclusione era morto, ecco perché la famiglia non potrà più avere quel reddito, necessario per poter andare avanti.

Forse, chissà, per un cavillo burocratico, per un errore di trascrizione dovuto all’inesperienza di qualche impiegato,l’INPS ha tolto il sostegno economico alla famiglia bisognosa.

Pinuccio, l’inviato di Striscia, però non si è dato per vinto.

E’ andato agli Uffici di Bari e ha raccontato la triste storia al Direttore, il quale ha promesso che provvederà al più presto a risanare l’ingiustizia e risolvere tutto.

Restiamo in attesa.

Per due mesi la signora Loredana, mamma del giovane, non è riuscita ad avere giustizia, ad avere i soldi che le spettavano di diritto, è dovuta intervenire “Striscia la notizia”.

Abbiamo davvero toccato il fondo.

Povera Italia, e poveri noi.

In genere succede il contrario.

Spesse volte, basta leggere i giornali, è l’INPS che paga per persone decedute davvero.

Pubblicato in Italia

Incredibile quello che succede in Calabria!

Sono 305 le persone denunciate in stato di libertà per truffe ai danni dell’INPS e dell’Unione Europea.

 

 

 

 

Alcuni falsi lavoratori non conoscevano neanche l’ubicazione dei terreni dove erano impiegati 

Agricoltori che non conoscono l’ubicazione o la conformazione dei terreni sui cui avrebbero lavorato per anni, lavoratori che avrebbero attestato l’impiego in allevamenti privi di bestiame, operai alle dipendenze di datori di lavoro e con colleghi di cui non ricordano i nomi, l’assenza di documentazione sulle attività imprenditoriali delle aziende e terreni incolti che sulla carta risultano floridi vigneti e uliveti.

Questo lo scenario ricostruito dai carabinieri dopo oltre un anno di indagini dirette dalla Procura della Repubblica di Locri.

E questa mattina i carabinieri della Compagnia di Locri hanno denunciato in stato di libertà 305 persone, responsabili a vario titolo di concorso in falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico e truffa aggravata e continuata e indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

Le denunce sono scattate dopo aver passato al setaccio le attività degliultimi 4 anni di 15 imprese, 12 agricole e 3 domestiche, alcune delle quali di fatto non esistenti, cui facevano capo, complessivamente, oltre 300 persone in qualità di dipendenti.

Dal confronto fra documenti e dichiarazioni rilasciate dai presunti lavoratori, sono emerse numerose incongruenze che evidenziano come tutti i rapporti di lavoro siano stati denunciati al solo fine di far percepire ai soggetti interessati indebite prestazioni assistenziali e/o previdenziali erogate dall’I.N.P.S., oltre che per ottenere finanziamenti europei, con un danno erariale di oltre 1 milione di euro.

Fra gli iscritti nel registro degli indagati anche diversi pregiudicati, alcuni dei quali ritenuti soggetti di spicco di alcune importanti ‘ndrine che operano nella locride.

Gli inquirenti non escludono ulteriori sviluppi investigativi finalizzati a verificare il grado di condizionamento esercitato dalla criminalità organizzata.

L’attività è la naturale prosecuzione di quella già definita lo scorso ottobre che ha portato, in quell’occasione, alla denuncia di oltre 1400 persone.

Pubblicato in Reggio Calabria

Castrovillari (Cosenza) - La Guardia di Finanza della Compagnia di Castrovillari (CS), a conclusione di un’articolata e complessa attività di indagine coordinata dalla locale Procura della Repubblica, ha smascherato una truffa ai danni dell’Inps, perpetrata da una società cooperativa con sede nella medesima cittadina mediante 133 false assunzioni di dipendenti, con un danno alle Casse dello Stato per oltre 550.000 euro.

La cooperativa agricola presentava all’ente previdenziale falsi contratti di comodato e/o locazione di terreni – riconducibili a ignari e completamente estranei proprietari – nonché, di fatto, fasulle denunce aziendali e trimestrali attestanti l’impiego, mai avvenuto, di braccianti agricoli, al fine di consentire l’indebita riscossione di indennità di disoccupazione, malattia e maternità.

Nel corso delle indagini – svolte anche con la fattiva collaborazione degli uffici I.N.P.S. di Cosenza e Castrovillari – i finanzieri hanno acquisito informazioni anche dai soggetti estranei al contesto e falsamente indicati dal responsabile dell‘impresa al centro delle indagini, riscontrando la mancata conoscenza delle false dichiarazioni inoltrate all’I.N.P.S. e dei contratti fasulli redatti.

L’analisi documentale ha evidenziato la falsa dichiarazione e comunicazione all’I.N.P.S da parte del falso datore di lavoro di n. 21.000 giornate lavorative mai effettuate, sulla base delle quali, i braccianti hanno richiesto ed ottenuto la corresponsione delle prescritte indennità saranno avviate le procedure di recupero a cura degli Uffici dell’INPS.

Il rappresentante legale della società cooperativa ed i 133 falsi braccianti agricoli dovranno rispondere di truffa aggravata ai danni dello Stato. 

L’attività svolta si inquadra in un più ampio dispositivo di polizia economico-finanziaria predisposto dalla Guardia di Finanza, di concerto con il Procuratore della Repubblica Dott. Eugenio Facciolla e gli Uffici INPS territoriali per la tutela della legalità economica e la repressione dei reati in materia tributaria e di spesa pubblica.

Pubblicato in Cosenza

Continuava a percepire illecitamente la pensione dell'anziana madre di cui non aveva mai comunicato il decesso, avvenuto nel 2010.

Ritirava ogni mese 2mila euro e in tutto ha incassato 135mila euro.

 

La protagonista dell'ennesima truffa all'Inps è una donna di 60 anni di Ardea, in provincia di Roma. E' stata scoperta dai finanzieri del Comando Provinciale della Capitale che hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Tribunale di Velletri.

Dalle indagini condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Pomezia, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Velletri, avviate a seguito di una segnalazione dell'Inps, è emerso che la donna non destava sospetti perché utilizzava la delega per l'incasso depositata presso un ufficio postale di Ardea.

I successivi approfondimenti  hanno permesso poi di ricostruire il patrimonio personale dell'indagata, comprese le disponibilità di denaro sui conti correnti personali.

La Procura di Velletri ha così chiesto e ottenuto il provvedimento di sequestro delle somme contenute sui conti correnti, nonché di un immobile ad Ardea, per un valore corrispondente agli importi illecitamente percepiti.

Pubblicato in Italia
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