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Ecco una buona notizia.

L'emendamento al d.l. della Pubblica amministrazione, risparmia le sezioni staccate dei TAR che si trovano nelle città sedi di corti d'appello.

Si tratta di Salerno, Reggio Calabria, Lecce, Brescia e Catania.

Inoltre la soppressione delle altre sedi viene rinviata al luglio del 2015.

«È davvero una notizia positiva, l'approvazione dell'emendamento al dl sulla Pubblica amministrazione, che salva le sezioni staccate del Tar, che si trovano nelle città, sedi di corti d'appello, tra cui quella di Reggio Calabria».

Lo ha dichiarato il segretario del Pd Calabria Ernesto Magorno nell'apprendere che la Commissione affari costituzionali della Camera ha, appunto, approvato l'emendamento che riguarda anche il Tar del capoluogo dello Stretto.

«È un importante esito – ha proseguito Magorno – che è da ascrivere all'impegno incisivo e determinato che tutto il Pd ha assicurato e nel quale ha avuto rilievo l'azione costante della deputazione democratica calabrese.

È da sottolineare ancora una volta – ha concluso – la sensibilità dimostrata dal governo guidato da Matteo Renzi, che ha ulteriormente dimostrato grande capacità di ascolto e di dialogo per le istanze dei territori e di una regione che finalmente ha trovato, nell'esecutivo, un interlocutore attento e sempre presente»

Pubblicato in Reggio Calabria

Renzi nel Consiglio dei Ministri del 13 giugno 2014 vanta la sua ennesima scelta evidenziando che: "Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente, Matteo Renzi, ha approvato misure urgenti per la semplificazione e per la crescita del Paese. Tra queste, le seguenti misure. ..... A decorrere dal 1° ottobre 2014 sono soppresse le sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale".

Praticamente vuole abolire le sezioni staccate dei TAR.

Per esempio in Calabria quella di Reggio Calabria

Probabilmente vuole concentrare la gestione amministrativa in un solo TAR per regione anche se appare ridicolo che ci sia un TAR per ogni regione quando le regioni sono fortemente diverse tra di loro. Ricordiamo che la Lombardi ha quasi 10 milioni di abitanti, e la Basilicata, il Molise e la Valle d’Aosta non arrivano in tre ad 1 milione di abitanti!

Ed ancora più ridicolo è che la Valle d’Aosta ha un TAR pur avendo 130 abitanti e si voglia chiudere TAR in città che hanno più abitanti della valle d’Aosta.

Ma è evidente che Renzi muova verso una riorganizzazione anche dei tribunali amminitrativi e non solo penali e civili

Ma ecco le reazioni

A Reggio Naccari Carlizzi, come è d’uso da destra a sinistra, grida contro la chiusura del TAR della sua città ( fanno a gara a chi rida rima e di più!)

I giuristi ricordano invece la Costituzione che nel suo articolo 125 statuisce che : "Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione" e gridano al vento richiamando inopinatamente la sentenza della Corte Costituzionale che ha recuperato ai TAR regionali competenze in costituzionalmente afferite al TAR Lazio

Altrettanto irragionevolmente si evidenzia che concentrando le competenze regionali in un unico TAR, pur diviso in sezioni, si ingolferebbe la macchina della giustizia amministrativa ed in particolare le segreterie dimenticando che il personale tutto delle sezioni soppresse afferirebbe a quelle conservate.

Insomma ci sembra che questo pachiderma Italia non debba essere mosso dalla posizione dove si trova per non turbare gli interessi territoriali, di governo, politici, economici e sociali.

Renzi, per favore continua e cambia tutto!.

Ecco la sentenza della Corte Costituzionale

http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do

Pubblicato in Italia

Quante volte siamo rimasti “sorpresi” di fronte ad una sentenza del TAR che affermava una giustizia che noi “sapevamo” non giusta. Ora comprendiamo il perché!!!

ROMA - «Un cappuccino anche per il giudice». Sono state intercettazioni come questa a incastrare il gruppo che al Tar del Lazio decideva chi dovesse vincere i ricorsi a suon di tangenti. In carcere sono finiti Franco De Bernardi, magistrato della seconda sezione quater, l'avvocato Matilde De Paola e Giorgio Cerruti, considerato uno degli intermediari delle tangenti. Gli altri due, Marco Pinti e Francesco De Sanctis, sono ai domiciliari insieme all'ex presidente della Popolare di Spoleto, Giovannino Antonini, e al legale rappresentante dell'impresa di costruzioni ICS Grandi Lavori, Francesco Clemente. Tra gli indagati ci sono l'ammiraglio di squadra Marcantonio Trevisani e il suo collega Luciano Callini, ai vertici dello stato maggiore della Difesa.

I RICORSI TRUCCATI - Sono decine le vertenze pilotate contestate dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dal pm Stefano Pesci. E vanno da 10 a 50 mila euro le tangenti ricostruite attraverso le conversazioni intercettate per un anno dai carabinieri del Noe, al comando del capitano Pietro Rajola Pescarini. Secondo chi indaga, gli intermediari (Cerruti, Pinti e De Sanctis) conducevano dal giudice i ricorrenti pronti a ottenere una sentenza favorevole a ogni costo e questi li invitata a rivolgersi all'avvocato, che «sapeva come fare». Con questo sistema l'ex presidente della Popolare di Spoleto, dopo aver incontrato il giudice a cena in un ristorante dei Parioli (su invito di Cerruti), ha vinto il ricorso contro il ministero dell'Economia che aveva commissariato la banca per un buco di diversi milioni di euro. E la ICS Grandi Lavori ha sconfitto il Campidoglio che aveva assegnato a un'altra impresa l'appalto da 25 milioni di euro per la costruzione del ponte della Scafa.

LA SECONDA VOLTA - L'inchiesta, durata un anno, è partita dagli atti trasmessi dalla procura di Napoli, che ha raccolto i primi indizi indagando su una storia di camorra. Il giudice e l'avvocato sono stati arrestati per corruzione in atti giudiziari, gli altri per corruzione. De Bernardi era già finito in carcere a maggio scorso a Palermo nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di lingotti d'oro (ma dopo tre giorni l'ordinanza era stata annullata), mentre Cerruti è noto alle cronache oiché nel '93 la sua Compagnia generale finanziaria fallì lasciando un buco di 100 miliardi di lire. Legato alla massoneria e a Flavio Carboni, gli inquirenti erano arrivati a Cerruti seguendo i soldi di Licio Gelli.

GLI AMMIRAGLI - Una mazzetta sotto forma di consulenza della compagna albanese del giudice (Mandija Evis) a favore dello studio legale De Paola: per questo, stando all'ordinanza del gip Maria Paola Tomaselli, è indagato l’ammiraglio Trevisani, da cinque anni presidente del Centro alti studi per la difesa, la principale scuola di formazione degli ufficiali italiani. Quanto a Callini, nei mesi scorsi consulente del caso dei due marò indagati in India per omicidio, è De Bernardi ad accusarlo: in un'intercettazione con l’avvocato De Paola infatti il magistrato sostiene di aver fatto «una sentenza ad hoc». Diecimila euro il prezzo della corruzione.( da Il Corriere della Sera Roma)

Pubblicato in Italia

No! Non si tratta di una guerra di confini, come qualcuno potrebbe istintivamente essere portato a supporre, trattandosi di comuni!.

Si tratta di soldi. Cioè del costo di un dipendente transitato dai ruoli del comune di San Pietro in quelli del comune di Amantea.

Il dipendente S.C. già dipendente del comune di San Pietro in Amantea era transitato per mobilità nell’organico del comune di Amantea.

Si trattava di un dipendente della legge 285.

Il comune di Amantea pretendeva i fondi per il suo pagamento come erogati dal ministero dell’interno.

Ma una domanda si impone: perchè mai il comune di san Pietro in Amantea avrebbe dovuto provarsi di un dipendente che non gli costava nulla? Ed a favore di un comune che acquisiva un dipendente qualificato senza pagarlo nulla? Salvo che il trasferimento per mobilità fosse un diritto del dipendente!

Amantea portava in giudizio San Pietro dinanzi al Tribunale di Paola che riteneva la competenza appartenente al tribunale amministrativo.

Ma il Tar Calabria sollevava il conflitto di giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione, dinanzi alla quale si costituiva il Ministero dell’Interno chiedendo che la competenza fosse afferita al Tribunale ordinario

E la Cassazione ,infatti, ha riconosciuto la competenza del Tribunale ordinario e non di quello amministrativa.

Per questo il comune di Amantea ha riassunto presso il Tribunale di Paola la causa contro il comune di san Pietro ed il Ministero dell’Interno. A difendere il comune il noto avvocato Giacomo Carbone del foro di Catanzaro

Forse si avvia a soluzione la lunga vertenza tra i due comuni. Sembra ben corretto il tentativo del comune di Amantea di recuperare le somme che a giudizio dello stesso ente sarebbero dovute. Se il TO desse ragione al comune di Amantea quello di san Pietro si troverebbe nei guai e non solo economici. Se al contrario il TO desse torto al comune ei Amantea sarebbe questo ente a trovarsi nei guai e non solo economici.

La vicenda è di quelle che possono succedere dovunque; nel caso ad Amantea.

La storia. L’Anas è proprietaria di alcune aree residuali di vecchi tracciati stradali. Su alcune di queste aree vennero trovati rifiuti. In una prima area di 950 metri quadrati era stato rilevato l’abbandono incontrollato di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi e, in particolar modo rifiuti provenienti da demolizioni, beni di durevole consumo: cucine, lavatrici e televisori, parte di automobili fuori uso: lamierati, paraurti, pneumatici; lamiere di vario genere, imballaggi, un grosso quantitativo di mele e di pere. In una seconda area di 100 mq circa erano state rinvenute circa quaranta lastre di eternit in gran parte frantumate.

L’ordinanza. Il comune allora emanò una ordinanza 19 gennaio 2010 a firma del responsabile del servizio con la quale intimò all’Anas la rimozione dei rifiuti rinvenuti sul terreno di proprietà dell’azienda stessa.

Era il tempo dei commissari straordinari

L’Anas effettuò la rimozione ma contestò la illegittimità dell’ordinanza. L’Anas era difesa dall’avv. Antonella Mascaro. Il comune resistette ed affidò la sua difesa all’avv. Nicola Gaetano.

Ed ora il giudizio del TAR che da torto al comune.

Ecco le ragioni sinteticamente esposte

  1. 1)L’ordinanza è nulla atteso che il comma 3 dell’art 192 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 attribuisce espressamente al sindaco la competenza ad adottare l’ordinanza di cui si tratta.
  2. 2)Il procedimento non ha ottemperato al terzo comma del richiamato art. 192 là dove il comma terzo, del d.lgs. n. 152/2006 prevede che gli accertamenti degli organi preposti al controllo devono essere condotti in contradditorio con gli interessati, che, quindi, devono essere messi in condizione di partecipare attivamente al procedimento di cui si tratta.Tale partecipazione presuppone che i soggetti stessi siano avvisati dell’avvio del procedimento, mediante la comunicazione di cui agli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990. Nel caso di specie tale comunicazione è mancata, per cui l’ANAS non ha potuto esplicare le facoltà di partecipazione procedimentale previste, oltre che dalla legge sul procedimento (n. 241/1990), dalla richiamata norma di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006.

Risultano fondate, infine, le censure con le quali si deducono i vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Nel caso di specie, non risulta che sia stato effettuato alcun accertamento da parte dell’Amministrazione comunale, giacché le uniche vicende richiamate nel provvedimento sono quelle relative alla convalida del sequestro da parte della Procura della Repubblica di Paola, che nulla hanno a che vedere con l’accertamento che l’Amministrazione avrebbe avuto l’obbligo di effettuare.

Ora aspettiamo di sapere se il comune intenderà ricorrere al Consiglio di Stato anche perché lo spazio dell’Anas è sempre pieno di rifiuti!

Intanto eccovi la sentenza integrale

 

 

 

N. 00514/2013 REG.PROV.COLL. N. 00366/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 366 del 2010, proposto da A.N.A.S. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Catanzaro, via P. Antonio da Olivadi, presso lo studio dell’avv. Antonella Mascaro, che la rappresenta e difende;

contro

il Comune di Amantea, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Nicola Gaetano, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale;

per l’annullamento

dell’ordinanza n. 1129 del 19 gennaio 2010 emessa dal Comune di Amantea, nella persona del Responsabile del Settore, avente ad oggetto l’ordine di rimozione rifiuti e bonifica del sito adibito a discarica non autorizzata di proprietà dell’ANAS S.p.A. Comparto di Cosenza.

e per la condanna del Comune al risarcimento dei danni;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Amantea;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2013 il Cons. Giovanni Iannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

In data 27 gennaio 2010 l’A.N.A.S. S.p.a. riceveva notifica dell’ordinanza n. 1129 del 19 gennaio 2010, con cui il Responsabile del Settore del Comune di Amantea ordinava la rimozione dei rifiuti, scaricati da soggetti allo stato rimasti ignoti, nonché la bonifica del sito adibito a discarica.

L’A.N.A.S. proponeva impugnazione avverso tale provvedimento, chiedendone l’annullamento e la condanna del Comune di Amantea al rimborso delle spese sostenute per la bonifica del sito ed al risarcimento dei danni.

Con il primo motivo la Società ricorrente deduceva la nullità dell’ordinanza n. 129 del 19 gennaio 2010, per violazione dell’art. 192 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, degli artt. 3, 24, 42, 97 e 111 Cost.

Il provvedimento impugnato non sarebbe stato preceduto da una comunicazione di avvio del procedimento. Non sarebbe stato instaurato un corretto contraddittorio, pur previsto dall’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, ma sarebbe stato comunicato il solo provvedimento finale. Ciò implicherebbe anche violazione degli artt. 3, 24, 42, 97 e 111 Cost.

Nessuna istruttoria sarebbe stata effettuata riguardo alla sussistenza del dolo o della colpa.

Con il secondo motivo la ricorrente rilevava eccesso di potere per falsa ed erronea rappresentazione dei presupposti di fatto e di diritto, omessa valutazione di elementi decisi della controversia, erroneità ed illogicità omessa ed insufficiente motivazione, travisamento dei fatti, violazione degli artt. 3 e 7 e ss. Legge n. 241 del 1990.

Non sussisterebbe alcuna responsabilità a titolo di dolo o colpa a carico dell’A.N.A.S.

Nessun accertamento sarebbe stato esperito al riguardo, né in relazione all’esistenza di ulteriori responsabili dell’abuso.

Il provvedimento avrebbe dovuto essere proceduto da comunicazione di avvio del procedimento, dando modo all’A.N.A.S. di esplicare un fattivo apporto collaborativo anche ai fini dell’individuazione dei responsabili.

Con il terzo motivo parte ricorrente rilevava la nullità dell’ordinanza n. 1129 del 19 gennaio 2010, per violazione dell’art. 244, 2° comma e dell’art. 253, comma 3°, d.lgs. n. 152 del 2006 dell’art. 50, 4° e 5° comma e dell’art. 54, 2° comma del d.lgs. N. 267/2000, dell’art. 7 legge n. 241/90 e art. 192, comma 3°, d.lgs. N. 152/2006, difetto di motivazione e di istruttoria, dei principi di adeguatezza, proporzionalità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. e artt. 1 e 3, comma 4°, legge 241/1990 in relazione all’art. 24 Cost., Incompetenza.

L’ordinanza impugnata sarebbe stata emessa in dispregio dei fondamentali principi dell’azione amministrativa, inerenti al rispetto delle garanzia partecipativa, all’onere motivazionale, all’espletamento di idonea e congrua istruttoria.

Secondo la giurisprudenza, in difetto di accertato concorso con il terzo autore dell’illecito, di una condotta colpevole del proprietario del fondo, l’onere economico della bonifica del fondo deve essere socializzato. Nessuna colpa potrebbe ravvisarsi in capo all’amministrazione proprietaria che non ha recintato l’area poiché, secondo l’art. 841 cod. civ. la “chiusura del fondo” costituisce una mera facoltà del proprietario

Non sarebbe stato indicati il termine e l’Autorità cui è possibile ricorrere.

Vi sarebbe violazione dell’art.50, comma 5, d.lgs. 267 del 2000, trattandosi di atto di competenza del Sindaco e non del responsabile del Settore che ha emanato l’ordinanza impugnata.

Si costituiva il Comune di Amantea deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 19 aprile 2013 la causa veniva ritenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Il 27 gennaio 2010 l’A.N.A.S. S.p.a. ha ricevuto notifica dell’ordinanza n. 1129 del 19 gennaio 2010, con cui il Responsabile del Settore del Comune di Amantea ha ordinato la rimozione dei rifiuti, scaricati da soggetti allo stato rimasti ignoti, nonché la bonifica del sito adibito a discarica.

Si specifica nell’ordinanza che i rifiuti sono stati rinvenuti in località Tonnara di Amantea, in area di proprietà A.N.A.S., al km 346 + 200 e al km 346 + 250 della S.S. 18.

In una prima area di mq 950,00 vi era stato l’abbandono incontrollato di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi e, in particolar modo rifiuti provenienti da demolizioni, beni di durevole consumo (cucine, lavatrici e televisori) parte di automobili fuori uso (lamierati, paraurti, pneumatici) lamiere di vario genere, imballaggi, un grosso quantitativo di mele e di pere. In una seconda area di mq 100,00 circa erano state rinvenute circa quaranta lastre di eternit in gran parte frantumate.

Tale provvedimento ha fatto seguito alla notifica alla stessa A.N.A.S. di decreto di convalida di sequestro da parte della competente Procura della Repubblica.

L’ A.N.A.S. S.p.a. ha dato esecuzione all’ordine impartito dal Comune di Amantea, ma, come precisato in ricorso, al solo fine di evitare ulteriori pregiudizi anche in sede penale.

2. Nell’esposizione in fatto sono stati riportati i motivi cui è affidato il gravame oggetto del presente giudizio.

Per ragioni di ordine logico occorre partire dall’esame della censura di incompetenza del Responsabile dell’Ufficio, sollevata solo con il terzo motivo.

Secondo parte ricorrente vi sarebbe violazione dell’art.50, comma 5, del d.lgs. 267 del 2000, in quanto l’atto impugnato sarebbe di competenza del Sindaco e non del responsabile del Settore.

La censura è fondata, sebbene il riferimento normativo sia da rettificare.

La norma da prendere in considerazione è, infatti, l’art. 192 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, che, al terzo comma, attribuisce espressamente al sindaco la competenza ad adottare l’ordinanza di cui si tratta.

Per quanto l’orientamento al riguardo non sia univoco, la giurisprudenza cui la Sezione ritiene di aderire sottolinea che, sebbene l’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000 attribuisca l’attività di gestione ai dirigenti, la competenza ad emanare l’ordinanza in questione e del sindaco e ciò virtù del carattere di specialità della norma di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 (in tal senso, TAR Campania, Salerno, sez. I, 17 settembre 2012 n. 1644; TAR Lombardia, Brescia 9 giugno 2011 n. 867; TAR Emilia Romagna, Bologna, 26 gennaio 2011 n. 61; TAR Emilia Romagna, Parma, 8 giugno 2010 n. 281; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 20 ottobre 2009 n. 1118).

Il provvedimento in questione è, quindi, viziato da incompetenza, giacché l’ordinanza è stata emessa dal responsabile del Settore.

3. Un altro ordine di censure individuabili nell’ambito dei motivi esposti in ricorso attiene alla violazione delle garanzie procedimentali e, segnatamente, all’omissione dell’invio della comunicazione di avvio del procedimento.

Anche tali censure sono fondate.

L’art. 192, comma terzo, del d.lgs. n. 152/2006 prevede che gli accertamenti degli organi preposti al controllo devono essere condotti in contradditorio con gli interessati, che, quindi, devono essere messi in condizione di partecipare attivamente al procedimento di cui si tratta.

Tale partecipazione presuppone che i soggetti stessi siano avvisati dell’avvio del procedimento, mediante la comunicazione di cui agli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990.

Nel caso di specie tale comunicazione è mancata, per cui l’ANAS non ha potuto esplicare le facoltà di partecipazione procedimentale previste, oltre che dalla legge sul procedimento (n. 241/1990), dalla richiamata norma di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006.

4. Risultano fondate, infine, le censure con le quali si deducono i vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

Si è detto in precedenza che la legge prevede espressamente che l’accertamento del dolo o della colpa del soggetto proprietario deve essere condotto in contraddittorio dello stesso.

Tale previsione rileva, oltre che dal punto di vista della partecipazione procedimentale, anche sul piano degli obblighi di istruttoria e di motivazione gravanti sul’amministrazione.

La disposizione di cui all’art. 192 comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, nel prevedere che l’inosservanza del divieto di abbandonare rifiuti obbliga l’autore del fatto, solidalmente con il proprietario o titolare di diritti reali sull’area, alla rimozione e al ripristino dello stato dei luoghi, subordina la responsabilità dei soggetti in questione all’accertamento della sussistenza del requisito del dolo o della colpa, da effettuare, peraltro, come già segnalato, in contraddittorio con gli interessati.

Nel caso di specie, non risulta che sia stato effettuato alcun accertamento da parte dell’Amministrazione comunale, giacché le uniche vicende richiamate nel provvedimento sono quelle relative alla convalida del sequestro da parte della Procura della Repubblica di Paola, che nulla hanno a che vedere con l’accertamento che l’Amministrazione avrebbe avuto l’obbligo di effettuare.

5. In conclusione, il provvedimento impugnato è illegittimo e deve essere annullato. Restano assorbite le censure non esaminate.

Deve rigettarsi la domanda di risarcimento del danno, giacché parte ricorrente ha omesso anche di indicare le spese sostenute per la rimozione dei rifiuti, nonché di fornire una qualsiasi prova in ordine ai pregiudizi patrimoniali di cui invoca ristoro.

Le spese di giudizio, liquidate nella misura di cui in dispositivo, devono essere poste a carico del Comune di Amantea.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) accoglie in parte il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Rigetta la domanda di risarcimento dei danni.

Condanna il Comune di Amantea, in persona del Sindaco in carica, al pagamento in favore della ricorrente di spese e competenze di giudizio, che liquida in complessivi € 1.500,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 19 aprile 2013 con l’intervento dei Signori Magistrati:

Giovanni Iannini, Presidente FF, Estensore

Anna Corrado, Primo Referendario

Lucia Gizzi, Referendario

Pubblicato in Primo Piano

Amantea 6 febbraio. Dopo la prima udienza del 20 dicembre 2012 durante la quale venne respinta la richiesta di ordinanza cautelare il ricorso della concorrente Vita carino Paola giunge alla valutazione della seconda sezione del Tar Calabria ed in particolare alla attenzione dei giudici Calveri ( presidente) , Anastasi (consigliere) e Raganella(Consigliere relatore) in discussione ordinaria domani 7 febbraio, all’interno di una seduta intensissima.

Davanti ai giudici si fronteggeranno l’avvocato Fedele Scrivano del foro di Paola per le ragioni della ricorrente , gli avvocati Canino Rosa e Siniscalchi Paola per le ragioni del neo comandante Caruso Emilio, e nientemeno che gli avvocati Manzi Luigi, Reggio d’Aci Andrea e Giacomo Carbone per le ragioni del comune di Amantea.

5 ad 1, quindi, gli avvocati posti in campo. Se fosse una partita qualsiasi, anche di calcio, finirebbe 30 a zero, tanto più per la presenza nientemeno che degli avvocati che hanno vinto la causa per conto del comune di Amantea contro il Ministero dell’Interno dopo lo scioglimento del consiglio per ‘ndrangheta.

Meno male che la giustizia non è problema di numeri ma di ragioni delle parti in causa, così che domani giudici al massimo potranno restare perplessi dinanzi ad una sproporzione siffatta ma sereni nel loro giudizio

Si tratta di una causa molto sentita e non solo tra i concorrenti atteso che la principale ragione del ricorso è la mancanza del titolo di studio eguale a quello del posto messo a concorso da parte del presidente ,oltre che il ricorso a soggetti estranei all’apparato comunale in spregio alle norme del testo unico degli enti locali

Ancora un po’ di pazienza ed avremo la decisione dei giudici.

Entrambe le parti, comunque, ritengono di poter essere vincenti; una delle due evidentemente si sbaglia . Ma non si esclude nemmeno un possibile ricorso al CdS.

Pubblicato in Primo Piano
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