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La stampa locale in questi giorni "approfitta" delle dichiarazioni del commissario straordinario alle discariche abusive, il generale dei carabinieri Giuseppe Vadalà, rese alla Commissione bicamerale sulle ecomafie a Roma.

Ma che cosa ha detto il generale Vadala nominato commissario a marzo 2017?

Ha detto che:

In 22 mesi di attività le discariche abusive in procedura di infrazione sono passate da 80 a 52, con altre 8 già bonificate al vaglio della Commissione europea.

La multa semestrale pagata dal nostro Paese è scesa da 42,8 milioni di euro a 11,6 milioni di euro. "Stiamo lavorando almeno su 20 siti al momento di cui 10 da chiudere entro il 2 giugno 2019 e 10 entro il 2 dicembre 2019, con l'obiettivo di lasciare altri 24 siti al 2020 e 2021".

Si tratta, ha spiegato, di discariche abusive nate tra gli anni Sessanta e Ottanta, quando "le amministrazioni comunali, non sapendo come smaltire bene questi rifiuti, li gettavano dalla sommità delle colline negli alvei torrentizi, o li lasciavano in depositi temporanei".( tra queste quella dell’Oliva…ed altro)

Quanto è vero anche se non tutte sono state censite e valutate!

"Abbiamo inviato 19 informative all'autorità giudiziaria (presto saranno 20) e fatto un protocollo con la Direzione nazionale antimafia, che su tre di queste sta svolgendo approfondimenti .

Dagli 80 siti assegnati, 28 sono fuoriusciti, a cui speriamo se ne aggiungano presto altri 8. Se tutto va bene, rimarranno 44 siti".

Dopo questa confusone di dati, ahimè il commissario Vadalà avrebbe detto che la struttura commissariale sta lavorando su casi particolarmente critici come la discarica di Amantea, in Calabria, dove è stato smaltito il carico trasportato dalla nave a perdere Jolly Rosso: "Questa struttura commissariale non può non mettere in atto tutto quello che è nelle sue possibilità per capire cosa è stato effettivamente smaltito nel sito - ha detto il commissario -.

Amantea è attenzionata anche con il coinvolgimento della procura, su questo sito in particolare chiediamo una speciale attenzione da parte della Commissione “

“Bernimiachibuogliu”! Impossibile non “junnarsi”sulla povera Amantea!.

Quello che ci sembra strano, come abbiamo già scritto, è che si dimentichi che il materiale della Jolly Rosso più o meno legittimamente venne fatto scaricare a Grassullo( su questo nessuno ha mai voluto indagare) e che la bonifica della discarica di Grassullo è, almeno teoricamente , stata finanziata e , quindi, in corso.

Strano che la struttura commissariale non l’abbia elencata tra quelle da definirsi entro giugno-dicembre 2019( come faranno non si sa!)

Tanto per gradire e per amore di verità!

Pubblicato in Primo Piano

Il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, si è rivolto al ministro dell’Interno dicendo «La gente del Sud ha bisogno di fatti» Non parole, quindi.

Poi ha aggiunto «Qui si soffre di povertà ma si avanti con dignità».

«Oggi nella sua venuta vediamo un segno concreto della vicinanza dello Stato, ma anche della volontà delle Istituzioni di aiutare questa terra ad uscire dalla sua condizione di povertà economica con proposte concrete di sviluppo.

Passare dalle parole ai fatti: è quello che questa gente del Sud si attende».

Così il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, si è rivolto a ministro dell’Interno Matteo Salvini nel corso della cerimonia per l’assegnazione alla Diocesi di un bene confiscato alla ‘ndrangheta.

«La nostra terra – ha aggiunto monsignor Oliva – non è solo ‘ndrangheta e mafia.

C’è gente che lavora e nonostante il contesto di povertà in cui vive porta avanti la propria famiglia con grande onestà.

È il popolo di cui parla Corrado Alvaro in “Gente d’Aspromonte”.

Questa gente soffre la povertà e la disoccupazione, ma ha tanta dignità e va avanti grazie al proprio lavoro ed al sudore della propria fronte.

Ha conosciuto e conosce l’emigrazione e tira avanti col poco che questo “aspro” monte concede. Sappiamo bene quanto male ha fatto la ‘ndrangheta a questa nostra terra.

Sappiamo quanto affossa le sue speranze di sviluppo e di crescita.

Ma siamo pronti a rialzarci e a collaborare con le istituzioni per sconfiggere questi fenomeni».

Il vescovo ha ringraziato il prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari, «per la sua presenza attenta alle problematiche di questo territorio, pronto a spingere le amministrazioni locali a liberarsi dalle dipendenze e condizionamenti mafiosi.

È un ruolo di accompagnamento necessario ed importante che aiuta a recuperare il valore della crescita civile, sociale e politica.

Come Chiesa non ci tiriamo indietro.

Vogliamo impegnarci in prima linea e collaborare ad ogni iniziativa di formazione alla legalità e di lotta alla ‘ndrangheta.

Il bene confiscato che ci viene assegnato oggi vuole essere una risorsa per la crescita umana e sociale di questo territorio.

Sarà utilizzato per attività di formazione e culturali, oratoriali e di aggregazione sociale».

Pubblicato in Calabria

Amantea e le sue verità sono difese solo dal PD. Dov’è la politica locale?

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo i titoli in prima pagina e due intere pagine interne de “Il Quotidiano del sud” che parlano dell’Oliva, solo il PD prende posizione, nel silenzio perdurante della politica locale( ovviamente parlo della maggioranza e minoranza).

E l’Esecutivo del PD AMANTEA formula una “Lettera aperta al Presidente della Commissione consiliare Ambiente Regione Calabria riguardante la richiesta di bonifica della Valle dell’Oliva”.

Ecco il testo:

Gentile Presidente, come Lei ricorderà, in data 13 novembre 2015 – anche in seguito alle dichiarazioni allora rese dal geologo Giovanni Michele Vizziello alla Corte d’Assise di Cosenza, nell’ambito dell’udienza “Valle Oliva inquinata”, che confermavano la contaminazione del sottosuolo della vallata con fanghi industriali, materiale ferroso e anche rifiuti solidi urbani (come ampiamente riportato dalla stampa locale) – il PD AMANTEA Le ha chiesto di occuparsi dell’annosa questione del fiume Oliva chiedendoLe di inserire la bonifica della valle nel Piano Regionale dei siti potenzialmente pericolosi.

All’incontro del 18 febbraio 2016 - organizzato dal nostro gruppo di lavoro “Tutela, cura e politiche ambientali” - tanti cittadini, sindacati ed il Comitato Civico “Natale De Grazia” Le hanno ribadito la necessità di intervenire per affrontare quello che è innanzitutto un problema di salute. In quell’occasione, Lei indicò la delicata questione dell’inquinamento dell’Oliva come una delle priorità ambientali alla quale dare risposte concrete e definitive.

In tal senso si proponeva di riunire la Commissione entro il mese di marzo per concordare un percorso sinergico ed individuare, nel giro di un anno, le procedure di bonifica per un ritorno alla normalità di uno dei luoghi più caratteristici ed attraenti dell’intera regione.

Due mesi dopo, il 20 aprile 2016, la Commissione che Lei presiede ha tenuto una riunione itinerante ad Amantea ribadendo nei fatti la volontà di concordare i termini di un percorso per giungere alla bonifica delle aree compromesse.

Tuttavia, a inizio novembre 2016 la Commissione – così così venne scritto nel resoconto della seduta – prese atto delle indagini dell’Arpacal che, relativamente all’inquinamento del fiume Oliva, escludevano un danno diretto alla popolazione.

Ed, inoltre, relativamente alla necessità di pervenire allo smaltimento dei rifiuti, dava mandato al Dipartimento Ambiente di individuare un percorso per affrontare fattivamente e risolvere il problema.

Purtroppo, ad oggi, non abbiamo contezza di tale percorso.

E non abbiamo notizie riguardo ad altre azioni poste in essere dalla Quarta Commissione per affrontare e risolvere il problema.

Oggi la stampa regionale ritorna sul caso e riporta le motivazioni della sentenza del processo riguardante la Valle dell’Oliva che ribadiscono la contaminazione del fiume e dell’area; una contaminazione «certa» dovuta a materiale interrato.

La Corte d’Assise di Cosenza, pur assolvendo gli imputati, riconosce che in una vasta area del bacino del fiume Oliva sussiste «una gravissima forma di inquinamento del sottosuolo e delle circostanti acque limitrofe e persino sotterranee, con particolare riferimento alle Località Foresta, Carbonara, Giani e di tutta una serie di aree alle stesse limitrofe».

Per tale ragione rinnoviamo la necessità di inserire la bonifica della Valle dell’Oliva nel Piano Regionale dei siti potenzialmente pericolosi e di verificare le ulteriori possibilità per giungere quanto prima al ripristino ambientale della Valle dell’Oliva.

Ed in tale ottica, Le chiediamo si sottoporre nuovamente la questione alla Commissione competente che Lei presiede per individuare davvero un percorso che affronti e risolva il problema.

Riteniamo che la nostra richiesta rientri in una complessiva volontà pubblica volta ad attuare misure di riparazione del danno ambientale e di prevenzione del rischio, con l’obiettivo di tutelare la salute delle popolazioni che abitano nelle zone interessate dall’inquinamento e l’ambiente.

Un problema ambientale è soprattutto un problema di salute, pertanto è un’urgenza prioritaria intervenire con atti legislativi, economici e sociali.

Amantea, 17 aprile 2018 Esecutivo PD Amantea.

Ndr: La verità è una cosa importante. Amantea è una cosa importante. La difesa della verità e di Amantea sono cose importanti. Per questo ringraziamo l’ esecutivo del PD per l’attenzione che dà al problema dell’Oliva. Ma al PD ed all’amministrazione chiediamo di acquisire una copia ,da porre nella pubblica disponibilità, delle sentenze e degli atti TUTTI relativi al fiume oliva ed alla denunciata « gravissima forma di inquinamento del sottosuolo e delle circostanti acque limitrofe e persino sotterranee, con particolare riferimento alle Località Foresta, Carbonara, Giani e di tutta una serie di aree alle stesse limitrofe».

Ma in particolare è indispensabile acquisire e porre nella pubblica disponibilità la relazione del geologo Giovanni Michele Vizziello alla Corte d’Assise di Cosenza, nell’ambito dell’udienza “Valle Oliva inquinata”, che confermava la contaminazione del sottosuolo della vallata con fanghi industriali, materiale ferroso e anche rifiuti solidi urbani.

Una relazione che sembra non sorretta dalla relazione del Ministero della sanità che ha escluso la valle dell’Oliva dai siti bisognevoli di bonifica, forse per la intervenuta “sterilizzazione” dei rifiuti urbani in esso fiume versati nel silenzio di tanti….

Pubblicato in Primo Piano

Stamattina il Busento era bianco, bianco di schiuma.

Bianco e puzzolente .

“Molti cittadini hanno inviato segnalazioni e foto per capire cosa stia succedendo.

C’è chi la descrive come un bagnoschiuma e chi avverte un odore strano, quasi nauseabondo.

Lo strano liquame, da destare poi l’attenzione dei cittadini è diventato più evidente intorno a mezzogiorno.

Ma il fatto non è rimasto estraneo alle forze dell’ordine.

Sono all’opera i carabinieri della Forestale, la polizia provinciale e l’Arpacal per dare risposte e trovare la causa.

Di certo, sembra quasi impossibile che possa riferirsi alla normale schiuma che può formarsi in superficie soprattutto nel periodo primaverile, in corrispondenza di eventi meteorici: perché non è primavera, e non abbiamo la neve che tende a sciogliersi.

E’ pur vero che ieri il territorio è stato colpito dal mal tempo, ma oggi nel fiume la schiuma, ossia i residui trasportati dall’acqua, sarebbero dovuti essere rigorosamente di colore marrone.

In conclusione si potrebbe trattare di un possibile e probabile inquinamento generato dai tensioattivi, i classici componenti da sapone domestico o industriali e, nell’ultimo caso, considerati molto aggressivi.

Per le cause dobbiamo attendere che le forze dell’ordine preposte in queste ore ai controlli, riescano a capirne la causa, risalire all’origine e soprattutto all’autore. Tanti potrebbero essere i fattori che hanno determinato un simile avvenimento: immissione di liquami, immissione di acque reflue, immissione di detergenti, scarico di depurato e di conseguenza  potrebbe trattarsi di un frantoio in cui hanno proceduto al lavaggio delle vasche, piccole attività industriali, una fogna saltata.

Per il momento la certezza è che nonostante ci sia un problema a monte, le forze dell’ordine sono già all’opera (testo Quicosenza, foto Iacchitè)

Ndr Chissà se anche la Procura di Cosenza renderà non fruibili i risultati dell’Arpacal, come è successo ad Amantea con i dati del Catocastro?

Pubblicato in Campora San Giovanni

Ci scuseranno Michele e Bobby Solo se mutuiamo le parole della loro canzone “ Ti senti sola stasera” del 1965( oltre 50 anni fa) per richiamare quanto Giuseppe Ruperto, presidente della cooperativa Le macchie di Nocera Terinese postando la presente foto ha scritto.

”Sono oltre 20 giorni che del Savuto non arriva più un goccio d' acqua a mare , se continua così non possiamo irrigare nemmeno i nostri campi “

Anche il Catocastro e l’Oliva sono quasi all’asciutto, come mai negli ultimi sessanta anni!

Come fare allora per irrigare le colture agricole se l’acqua per i campi viene dal Savuto?

E come fare per dare acqua ai Camporesi se l’acqua della frazione viene anche essa dal Savuto?

Comunque una cosa sembra positiva ed è quella che con i fiumi secco i colibatteri non arrivano più a mare.

E poi la cosa più assurda è che a mare rischia di arrivare solo l’acqua del depuratore di Nocera Terinese.

Pubblicato in Campora San Giovanni

Non manca l’amico Francesco Gagliardi di esprimere il suo pensiero sulla vicenda del fiume Oliva, peraltro, ponendo la domanda “Quid est veritas?”, che tradotta significa “Cosa è la verità?”, ma temendo che la domanda sia destinata a restare senza risposta.

Anche noi sospettiamo che la verità sia lontana e per questo aspettiamo la sentenza, nella speranza che qualcuno parli di Grassullo e del percolato dei rifiuti dell’oliva e del perché per irrigare i terreni di Campora e far bere i camporesi si sia andati a prendere le acque del Savuto e non quelle dell’Oliva.

Eh, sì. La verità va cercata. Se la si vuole conoscere . E dissimulata se non la si vuole conoscere.

E continuiamo a dire grazie a Francesco Gagliardi che la cerca. Non ad altri!

Ecco la nota del nostro amico scrittore :

“La Corte di Assise di Cosenza ieri 6 marzo 2017 ha scritto la parola fine all’annoso problema dell’inquinamento del fiume Oliva.

L’imprenditore Cesare Coccimiglio accusato di disastro ambientale doloso e di avvelenamento delle acque è stato assolto.

E sono stati assolti anche i quattro coimputati proprietari terrieri: Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo.

Per la Corte d’Assise non hanno commesso il fatto. Ora, dunque, se tutti sono stati assolti per non aver commesso il fatto non si può più parlare di veleni nel fiume Oliva e si chiude così, ingloriosamente, una storia lunga diversi anni che ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale i cui risvolti sono ancora misteriosi.

Le vicende dei veleni, della nave spiaggiata, delle navi affondate, dei materiali pericolosi interrati, dei rifiuti tossici e nocivi rinvenuti lungo il corso del fiume Oliva, delle discariche abusive, dei fanghi contaminati, delle acque avvelenate hanno contribuito a distorcere, forse, la realtà.

Bisogna ora aspettare 90 giorni per leggere le motivazioni della sentenza e per capire eventualmente qualche cosa.

Fino ad allora bisogna attenersi ai fatti di cronaca che sono questi:

La nave Jolly Rosso conosciuta con l’appellativo di nave dei veleni, perché trasportava rifiuti tossici, si arenò il 14 dicembre 1990 sulla spiaggia in località Formiciche nel comune di Amantea. Al momento dello spiaggiamento la nave trasportava ufficialmente e sottolineo ufficialmente generi di consumo e tabacco.

Nel frattempo, però, i veleni sotterrati nei territori di Amantea, San Pietro in Amantea, Aiello Calabro e Serra d’Aiello continuano a causare effetti devastanti sulla salute dei cittadini.

Sì, la Corte si è pronunciata, però non ha fatto chiarezza.

Il Sig. Coccimiglio e gli altri quattro coimputati non sono colpevoli.

Ma chi sono allora i colpevoli?

Le scorie radioattive non sono state sotterrate nel territorio dei Comuni sopra menzionati?

Dove sono andati allora a finire? Questo chiede la gente.

Chi ha ucciso e perché il Comandante della Capitaneria di Porto Natale De Grazia?

Nessuno lo saprà mai.

Molte persone hanno perso la vita e non chiedono più nulla se non la verità.

Verità che purtroppo non arriverà mai perché i fatti narrati sono avvolti da tanti misteri.

Quid est veritas?

Ma dove è la verità?

Questa celebre domanda di Pilato, anche per me, è destinata a restare senza risposta.

Di Francesco Gagliardi

Pubblicato in Basso Tirreno

Si chiude con la storica sentenza della corte d'Assise di Cosenza di oggi 6 marzo 2017 la incredibile ed annosa vicenda del fiume Oliva.

In verità il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara della Procura di Paola aveva chiesto la assoluzione ex art 530 secondo comma cpp (ovvero con formula dubitativa) dei quattro proprietari dei terreni, dove – secondo l'impianto accusatorio – sarebbero stati interrati materiali altamente pericolosi che avrebbero contaminato l'area causando il disastro ambientale.

Si tratta di Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo.

Sempre il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara della Procura di Paola aveva chiesto, invece, la condanna di Coccimiglio a sedici anni e 6 mesi di carcere.

Oggi, invece, la Corte di Assise (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Francesca De Vuono) ha assolto tutti gli imputati in base all'ex articolo 530 cpp per non avere commesso il fatto.

La vicenda ha avuto origine dal ritrovamento di una serie di rifiuti tossici e nocivi lungo la foce del Fiume Oliva, nei territori compresi tra Amantea, Aiello Calabro e Serra d'Aiello.

La Procura della Repubblica di Paola aveva contestato all’uomo di aver realizzato una enorme discarica con accumulo di decine di migliaia di metri cubi di fanghi contaminati con metalli pesanti ed altri inquinanti, tossici, nocivi e cancerogeni, e di avere avvelenato le acque del Fiume Oliva, destinate al consumo umano.

Nel giudizio si erano costituiti come parti civili numerosi enti, quali i Comuni della zona interessata, le organizzazioni ambientaliste e sindacali, ed il Comitato Civico "Natale De Grazia" di Amantea.

Secondo l'accusa, inoltre, proprio a causa dell'intombamento di quei veleni nella zona compresa tra Amantea, San Pietro in Amantea, Aiello Calabro e Serra d'Aiello si sarebbe verificato un nesso anche con la diffusione di tumori nell'area e avrebbe provocato tra l'altro la morte di Giancarlo Fuoco, un pescatore amatoriale che frequentava la zona e le lesioni a un amico del pescatore. La Procura di Paola, che ha svolto le indagini nei terreni dell'Oliva, sosteneva che fossero stati rinvenuti da 120 a 160 mila metri cubi di rifiuti e fanghi di varia natura, anche industriali, contaminati da metalli pesanti.

Inquinanti che avrebbero causato un disastro ambientale nella zona e che sarebbe stato causato, stando alle accuse, dall'interramento di rifiuti da parte della società di cui era titolare l'imprenditore amanteano.

Accuse sempre respinte dagli imputati, in particolare da Coccimiglio e smontate punto per punto dal difensore dell'imprenditore, l'avvocato Nicola Carratelli.

In sede dibattimentale l’avvocato Nicola Carratelli avrebbe dimostrato come l'accumulo del materiale inquinante non sarebbe potuto essere ricondotto all'attività dell'imprenditore, essendosi per contro dimostrato che per diversi anni quell'area era stata addirittura adibita a discarica da parte di alcuni Comuni.(vedi foto)

Secondo la difesa, si tratta di un processo che non avrebbe avuto modo di esistere.

«Cesare Coccimiglio - ha detto l'avvocato Carratelli - non è un criminale ambientale. Ma è un imprenditore onesto e serio che ha dato e da' lavoro a centinaia di persone. Una vicenda processuale durata quattro anni che avrebbe distrutto qualsiasi imprenditore».

Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra 90 giorni.

Intanto continuiamo a mostrare la foto della discarica nel fiume Oliva ed il cui percolato è potuto essere alla base del reale inquinamento insieme ad altro …….

Pubblicato in Campora San Giovanni

Ancora, sempre Francesco Gagliardi.

Un uomo che ama la sua terra e che la difende ricordandola nelle sue vicende, nei suoi tratti, nelle persone che la vivono e che la definiscono.

Ecco il suo ultimo contributo alla sua terra ed alle sue storie.

Leggetelo e ricordatelo:

“Con riferimento all’articolo apparso su Tirreno News il 30 gennaio u.s. “Oliva, il 6 marzo l’epilogo di una stranissima vicenda ambientale”, mi preme precisare alcune cose.

Il fiume Oliva non solo lo ha fatto conoscere e lo ha fatto diventare famoso Focus il 25 novembre 2010, ma ha contribuito pure l’articolo apparso in prima pagina de “il Manifesto” il 27 ottobre dello stesso anno.

A me non interessa come il processo che si sta svolgendo presso la Corte d’Assise di Cosenza andrà a finire, mi interessa sapere come le cose sono veramente andate.

Davvero sono stati interrati materiali altamente pericolosi che avrebbero contaminato l’area causando il dissesto ambientale e la morte e il ricovero per malattie cardiovascolari e soprattutto tumori maligni alle persone che hanno vissuto nella valle dell’Oliva?

Se è così allora perché il PM ha chiesto l’assoluzione per i proprietari terrieri incriminati?

Ha chiesto la condanna a 16 anni e mezzo di carcere soltanto per Coccimiglio accusandolo di disastro ambientale e morte a seguito di avvelenamento delle acque.

A quell’articolo apparso su “il Manifesto” pieno di menzogne e di luoghi comuni nessuno ebbe il coraggio di rispondere, lo feci solo io, ma io sono un semplice pennivendolo che grida nel deserto.

Ancora una volta un paese a noi molto caro ed una contrada ridente e rigogliosa sono finite sulla prima pagina di un importante giornale nazionale catalizzando l’attenzione pubblica, perché in quel luogo e propriamente sulle pendici del fiume Oliva, la Procura di Paola aveva trovato almeno centomila metri cubi di idrocarburi, arsenico, cromo, cobalto, antimonio, nikel.

“I fantasmi di Amantea”, così l’inviato del giornale aveva intitolato il suo lungo e dettagliato articolo.

Ancora una volta la gente del luogo veniva descritta come la scimmietta che non vede, non sente, non parla, vittime del silenzio. “che sanno e muoiono con quello sguardo quasi atavico della sottomissione”.

Le donne del luogo tutte vestite di nero sono state descritte con gli occhi neri e intensi che non osano guardare in faccia il giornalista e che abbassano pudicamente leggermente lo sguardo.

Le donne vestite di nero?

Che c’è di strano?

Perché meravigliarsi poi tanto?

Le nostre donne anziane vestono di nero se c’è un lutto in famiglia.

Alle domande del giornalista hanno risposto:- Non abbiamo visto nulla, non abbiamo visto un camion in queste strade-.

Un signore anziano si è avvicinato e lo ha invitato ad entrare nella sua cantina e a bere un bel bicchiere di vino rosato, frutto di quella terra che tutti dicono inquinata e del suo duro lavoro.

Perché il dottor Palladino si era meravigliato?

La nostra gente è stata sempre ospitale, molto affabile.

Ha sempre condiviso con gli altri le ansie e le gioie della vita.

Il vino era davvero buono e mentre lo sorseggiava disse al giornalista che in quel posto nessuno è morto a causa dei presunti veleni.

In questa contrada, secondo i racconti dei giornali, una persona su dieci era stata colpita da un tumore.

E la gente taceva.

Ma era tutto vero?

Al tempo dello spiaggiamento della nave Jolly Rosso esistevano soltanto alcune stradine di campagna.

I camion avrebbero dovuto trasportare le tonnellate dei rifiuti tossici attraverso quelle stradine vicine alle abitazioni e quindi la gente del posto avrebbe dovuto vedere quei camion e sentire il rombo dei motori.

Hanno detto, dunque, il vero quando hanno affermato che non avevano visto nulla.

Allora perché in questi lunghi anni è stata allarmata la gente del posto?

Nella valle del fiume Oliva la gente nasce, cresce e muore come la gente che vive in altre parti d’Italia.

Può anche darsi che nella valle siano state davvero interrate sostanze tossiche, ma dare la colpa del non ritrovamento alla gente del posto perché sta zitta ce ne occorre.

L’ostinato silenzio, quasi atavico ha scritto il giornalista, non dipende però dalla ignoranza e dalla sottomissione della gente contadina, dipende dal fatto che davvero non sanno nulla, non hanno visto nulla di anomalo lungo il corso degli ultimi anni e che con il loro silenzio non vogliono coprire nessuno.

Se ho scritto queste note è perché conosco e amo quella ridente contrada Gallo e la gente che vi abita.

Sono nato nel paese, San Pietro in Amantea, al quale la contrada appartiene e per lunghissimi anni sono stato insegnante e Vice Sindaco.

Sono stufo, quindi, di sentire le solite storielle.

La gente del comprensorio vuole sapere tutta la verità.

Mettere in circolazione notizie a volte superficiali e confuse è molto dannoso.

E la psicosi che ne segue è figlia senz’altro di questa superficialità.

Ndr. All’amico Francesco vogliamo ricordare le migliaia di mc di”monnezza indifferenzata” scaricati nel letto dell’Oliva, sotto gli occhi di tutti. Un fatto di cui pochi hanno avuto l’onestà ed il coraggio di parlare ( noi tra i pochi) mostrando anche le foto. Provate ad immaginare quanto percolato è arrivato a mare!

Sempre Tirrenonews ha, poi, pubblicato una lettera aperta ad Andrea Palladino, con il quale avemmo una lunghissima telefonata alla fine della quale lo invitammo a venire di nuovo ad Amantea, nostro ospite, per cercare insieme a noi “le altre verità”, quelle che Francesco ci ha raccontate, e per essere accompagnato la dove sono stati veramente seppelliti i rifiuti della Jolly Rosso, e tutto con le autorizzazioni sanitarie e politiche, anche esse scomparse come la verità che vorremmo conoscere.

L’Oliva è quel fiume diventato famoso senza volerlo.

Il 25 novembre 2010 infatti Focus.it lo pose tra i 7 fiumi più inquinati d’italia.

Alla pari, cioè, del Fiume Aniene, del Fiume Aterno-Pescara, del Fiume Lambro, del Fiume Sacco, del Fiume Saline e del Fiume Sarno.

Addirittura ci fu chi scrisse che “CHI LO CONOSCE LO EVITA”.

E tutto il “merito” fu del dr Giacomino Brancati il quale scrisse che: «Nello studio che ho condotto tra il 2008 e il 2009 per conto della Procura, ho evidenziato che nella popolazione che nei decenni scorsi ha vissuto nella valle dell’Oliva vi è un evidente eccesso di mortalità e di ricoveri per malattie cardiovascolari e soprattutto per tumori maligni del colon, del retto, dell’apparato genito-urinario, della mammella e della tiroide».

Ma la cosa terribile è che secondo questo studio “la mortalità aumenta avvicinandosi al fiume” Focus.it.

Poi il processo che si sta svolgendo presso la Corte d'Assise a Cosenza a carico di Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo, quattro proprietari dei terreni, dove – secondo l'impianto accusatorio – sarebbero stati interrati materiali altamente pericolosi che avrebbero contaminato l'area causando il disastro ambientale.

Per questi il PM ha cghoesto l'assoluzione ex art 530 secondo comma cpp (ovvero con formula dubitativa).

Ed infatti nelle arringhe i legali degli imputati hanno ribadito l'estraneità ai fatti contestati dei loro assistiti, associandosi alla richiesta del pm che per tutti ha, come detto, chiesto l'assoluzione.

Ed ovviamente di Cesare Coccimiglio imprenditore e per il quale l’avvocato Carratelli ha dichiarato che il suo assistito «è assolutamente estraneo a ogni accusa».

Il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara della Procura di Paola per Coccimiglio ha chiesto la condanna a sedici anni e mezzo di carcere.

L'avvocato Carratelli ha specificato alla Corte (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Francesca De Vuono) che Coccimiglio ha sempre svolto la sua attività nel pieno rispetto delle norme vigenti e non ha mai commesso alcun atto illecito.

Secondo la difesa, persino le testimonianze emerse in dibattimento hanno evidenziato la totale mancanza di prove che possano dimostrare la colpevolezza di Coccimiglio.

Il legale dell'imprenditore di Amantea accusato di disastro ambientale e morte a seguito di avvelenamento delle acque ha chiesto l'assoluzione del suo assistito. Per lui il pm ha invocato una condanna di 16 anni e mezzo.

La sentenza è prevista per il 6 marzo.

Pubblicato in Politica

Stiamo parlando del processo che riguarda il presunto inquinamento del Fiume Oliva.

Anzi l’accusa è quella di disastro ambientale.

Sotto processo sono Cesare Coccimiglio e Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo, i quattro proprietari dei terreni,

dove secondo l’accusa sarebbero stati interrati materiali altamente pericolosi che avrebbero contaminato l'area causando il disastro ambientale.

Ora dopo una lunga requisitoria il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara ha chiesto alla Corte d'Assise di Cosenza, presieduta dal giudice Giovanni Garofalo e con a latere la collega Francesca De Vuono, la assoluzione ex art 530 secondo comma cpp (ovvero con formula dubitativa) di Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo.

Subito dopo la requisitoria, le parti civili hanno chiesto la condanna oltre che di Coccimiglio anche degli altri imputati del processo.

Inoltre hanno chiesto il risarcimento dei danni con la richiesta di provvisionale.

La Corte ha rinviato il processo al prossimo 30 gennaio quando si svolgeranno le arringhe delle difese.

Non è escluso che in quella data i giudici potrebbero ritirarsi in camera di consiglio – visto che il presidente Garofalo ha chiesto di non procedere ad alcuna replica - al termine della quale emetteranno la sentenza.

Pubblicato in Basso Tirreno
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