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mareeeenIl grande Mare che ogni mattina mi saluta, è uno, eppure è tante cose. È un’unità organica, eppure è un insieme, una molteplicità di onde, suoni, colori, sensazioni ed esperienze.

Questa bocca non ha mai venduto menzogne,

né si è camuffata mentre stavo ai piedi degli dei:

queste mani non hanno lanciato altri che Zuby

nel mare di Ulisse.

Normalmente nel guardare l’Ulisse, lo sguardo diventa come un ramo, un cavo teso e al quale sia l'occhio che l'oggetto osservato reciprocamente si appoggiano mentre il tempo che scorre via fa da sostegno ad un intreccio di questa fattezza. Questa disposizione d'animo racchiude in sé qualcosa di dolorosamente dolce.

C’è qualcosa, in questo retrogrado e poco motivante mondo, che proprio non va. Qualcosa che gira male, qualcosa che impedisce lo sviluppo e la crescita positiva dei più giovani. Qualcosa che genera una preoccupante demotivazione. Qualcosa che favorisce un frustrante sistema anti-uomo. Qualcosa che sta minando il nostro Sacro Mare che instancabilmente bagna a Mantiella a terza.

Amantea non può permettersi più uomini mediocri. Un mio carissimo amico di Reggio Calabria, qualche tempo fa era venuto a trovarmi e un tardo pomeriggio sul terrazzo di casa mia, mentre ammiravamo il Grande mare, cominciò a parlarmi della metamorfosi di significati delle parole, a partire da: “Colludere”, un termine latino che vuol dire “giocare insieme”.

Ero tornato in Calabria pensando di scrivere alcuni articoli sulle bellezze di questa Terra, ma gli eventi mi hanno dissuaso quasi immediatamente, perché l’unica cosa sensata da fare era sì scrivere, ma su cosa avveniva e avviene nel paese che mi ha visto nascere.

Venendo da Roma in macchina, mi ero fermato a bere un caffè presso il bar dell’amico Dario sulla SS18. Appena uscito, dopo aver salutato l’amico, sulla strada la prima sorpresa. Un anziano hippy che a voce alta diceva:

“Ahi serva Amantea, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello”.

Dopo il primo momento di sgomento e panico, attraversai di corsa la statale per scomparire in un piccolo tunnel che mi portò dritto davanti al Mare dei mari.Mi rivolsi all’Ulisse per chiedergli aiutocantandogli:

Amor ti vieta di non amar

La man tua lieve, che mi attira e respinge,

cerca la stretta della mia.

Non importa quanto abbia cercato di evitare l'incertezza della vita. Ad un certo punto questa sensazione di jim-jam mi ha travolto proprio come è stato per qualsiasi altro rappresentante della mia generazione. “Niente panico” - continuavo a ripetermi mentre prendevo decisioni importanti riguardo al mio futuro, navigando incautamente su di una navegreca, lamoderna Argos,prima di scoprire che avrei voluto essere il suo capitano capace di scegliere la direzione e la rotta sul Mare della vita.

Così avrei indirizzato la prua verso il bosco più vicino, dove entrando avrei trovato un infinito numero, di ulivi selvatici, ma che sarebbero cresciuti così intrecciati e lavorati insieme, da non permettere, con il vento umido, di giocare tra i loro rami e tantomeno al sole cocente di perforare i loro rifugi, né acquazzone attraversare le propriefrasche, diventate così spesse e piegate l'una nell'altra.

Qui, mi addentrai, feci il mio letto di foglie che cominciavano a cadere.

Ve ne erano una tale abbondanza che due o tre uomini avrebbero potuto stenderle su una ampia area, tali da proteggerle dalla furia dell'inverno, sebbene l'aria respirasse acciaio e soffiava come se stesse per eruttare.

Strisciando dentro, accumulai una scorta di foglie tutt'intorno a me, come un uomo farebbe un alloggio su un fuoco d'inverno, e misdraiai in mezzo.

Ricco seme di virtù che giace nascosto nelle povere foglie! Qui Minerva mi diede presto un sonno profondo; e qui tutte le lunghe fatiche trascorse sembravano concluse e rinchiuse nella piccola sfera delle mie palpebre disinfiammate e chiuse.

Mentre questi pensieri mi distraevano con la varietà del pericolo, un'onda più grande spinse contro una roccia aguzza il mio corpo nudo, che si squarciò, desiderando che mi spezzasse tutte le ossa, così rude fu lo shock.

Ma in questa estremità mi ha spinto chi non mi ha mai deluso. Minerva (che è la saggezza stessa) mi ha messo nel pensiero di non continuare a nuotare come uno che indugia nel pericolo, ma di forzare fisicamente la riva e di abbracciare la roccia che mi aveva lacerato così brutalmente. Con entrambe le mani strinsi, lottando con l'estremità, finché la collera di quel marosito che mi aveva spinto su di essa,finì.

Poi di nuovo la roccia respinse quell'onda così furiosa, che mi strappò dalla mia presa, inghiottendomi nel suo ritorno, e la roccia aguzza, a cui mi aggrappai per soccorso, strappò la carne dolorante dalle mie mani nel separarsi, che cadevo e non potevo più sostenermi.

Finii sott’acqua e, oltre l'aiuto del fato, lo, sfortunato figlio Ulisse, avrei perso ogni parte che avevo in questa vita, se Minerva non avesse spinto il miobuonsenso in quel pericolo a tentare un'altra strada e ad esplorare qualche altro rifugio, cessando di cercare quell'approdo.

Voglio affrettarmi al domani

Vagheggiare sogni diversi ogni giorno sotto tanti desideri.

Quel bambino ha sofferto così tanto tempo per diventare me!

Ci allontaniamo man mano che i giorni si accumulano.

Non credo che io possa riconciliarmi

Non credo che migliorerò.

Quando ero ragazzo, il mare di Ulisse non si prosciugava mai nel mio cuore.

Ora sono rimaste solo deboli tracce di allora.

Sulla sua battigia Il suono del mio respiro è pieno di turbamento.

La brezza continua a soffiare sulla mia testa.

Avrei voluto diventare un'onda e filare ovunque.

Quando aprivo lentamente gli occhi finivo sotto una piccola paura.

Ogni istante del mondo arrivava da me diventando un regalo abbagliante.

Avevo molti dubbi ma sentivo di poter finalmente rispondere a me stesso.

I ricordi oltre l’orizzonte del grande Mare mi chiamavano.

La voce, dimenticata da molto tempo,

torna contro l'onda nel luogo dove è nato il Mare di Ulisse dentro di me.

Gigino A Pellegrini

Pubblicato in Belmonte Calabro

uli1Il circolo culturale amanteano Lo Scaffale,nella serata di venerdì 14 agosto,ha insignito Damiano Bruno quale Ulisse di Amantea 2020. La manifestazione si è tenuta presso il palazzo Carratelli, nel centro storico  ,sede della mostra intitolata all'eroe omerico ,alle sue lunghe peregrinazioni ,dopo la guerra di Troia durata dieci lunghi anni.  Ulisse ,con la sua sete di sapere , è uno dei personaggi più importanti dell'opera di Omero e l'episodio delle sirene è sicuramente uno dei più affascinanti e misteriosi. Nel XII libro dell'Odissea la maga Circe avverte Ulisse e i suoi compagni del canto melodioso ma pericolosissimo delle sirene ,volto di donna e con la coda di pesce , per cui Ulisse si fa legare all'albero della nave e fa turare le orecchie dei compagni con la cera per scongiurarne la morte . L'azione di Ulisse con le molte avventure per approdare finalmente alla volta dell'amata Itaca , è particolarmente significativa perché il nostro eroe è sempre proteso alla conoscenza ,a scoprire terre sconosciute, è un uomo audace,furbo ma avido di conoscenza  . Per tutto ciò lo Scaffale ha voluto fortemente premiare questo eroe così moderno individuando in Damiano Bruno ,così somigliante all ' Ulisse televisivo Bekim Fehmiu,delle caratteristiche fisiche ma anche interiori.uli2 La serata è stata valorizzata dalla brava Loredana Ponti che ha declamato dei versi dell'Odissea accompagnata dall'ottimo Gino Gallo che ne ha curato l'accompagnamento musicale. Un sincero e grato ringraziamento a tutti gli artisti che hanno partecipato alla mostra  con le loro opere  tra cui segnaliamo l'opera di Filippo Vita, ispirata proprio al canto delle sirene e consegnata al giovane Damiano in ricordo di questa edizione. Un sincero ringraziamento ai padroni di casa  Camilla e Gianludovico  De Martino . Allo Scaffale i nostri complimenti per la bella e attuale iniziativa .

Pubblicato in Cronaca

AMANTEA (Cs) – Sette statue raffiguranti sette diversi protagonisti e momenti dell’Odissea, per restituire alla città di Amantea la sua discendenza epica, ma anche per far comprendere alla collettività come sia possibile, attraverso l’arte e la cultura, garantire servizi di pubblica utilità.

 

 

 

 

 

 

È in questo scenario che l’Associazione commercianti Amantea, presieduta da Davide Marano, intende muoversi nel prossimo futuro, generando i presupposti per un approccio quanto mai innovativo con l’espressionismo. Gli esercenti nepetini hanno avviato una serie di contatti per recuperare i fondi necessari alla realizzazione del progetto “Ulisse”. Si tratta nello specifico di realizzare sette statue legate all’Odissea di Omero che non saranno solo attrattive dal punto di vista estetico, ma potranno produrre energia solare rinnovabile per la ricarica dei mezzi elettrici, dei cellulari e dei personal computer. Le opere integreranno anche una postazione per la navigazione in rete, assurgeranno al ruolo di illuminare il luogo in cui sono posizionate e potranno dispensare, con l’ausilio di monitor interattivi, consigli su percorsi ed itinerari.

Una postazione plurifunzionale e multimediale che si coniuga con la bellezza. Ogni statua potrà essere ideata da grandi artisti o con l’ausilio di uno o più concorsi di idee, declinando la contemporaneità ed il classicismo, la ricerca con la sperimentazione.

«In ogni centro commerciale che si rispetti – spiega Davide Marano – sussistono delle regole fondamentali di marketing. Se immaginiamo Amantea come un’area dedicata agli acquisti a cielo aperto possiamo fare nostre queste regole. Una di queste è legata al concetto di “àncora”: l’attrazione principale della struttura, l’attività che risulta fondamentale per attrarre visitatori e clienti. Il progetto “Ulisse” vuole rispondere a questa precisa esigenza. L’eroe di Omero ha solcato i mari antistanti Amantea e la storia della nostra città è fortemente legata al Tirreno. E poi c’è un’evidenza di cui non si può tenere conto: dopo la Bibbia, l’Odissea è il libro più conosciuto al mondo e le peripezie di Ulisse hanno appassionato, e continuano a farlo, grandi e bambini. Occorre dunque indirizzare queste premesse in un’unica direzione: rappresentare ad Amantea sette storie di questo eroe, adattandolo all’attualità. Il numero sette non è casuale: Amantea e Odissea sono composte infatti da sette lettere. Ma c’è di più: ogni monumento sarà tecnologicamente avanzato producendo energia e offrendo contenuti. E’ questo un progetto unico che non esiste in Italia e non esiste nel mondo. A volte sarebbe bene “copiare” dai più virtuosi, ma altre volte è ancora meglio esserlo noi per primi, innovando e proponendo al mondo nuovi concetti e nuove visioni. Abbiamo dato esempi di grandi Civiltà in passato a tutta l’Umanità, con Re Italo prima e Pitagora poi. E’ giusto e importante esserne fieri ed orgogliosi. Ma è ora di essere fieri e orgogliosi anche del presente».

Nei prossimi giorni, precisamente nel mese di settembre, è prevista la presentazione del progetto: un viaggio epico che cercherà di coinvolgere imprenditori, istituzioni e associazioni. “Ulisse” vuole essere un’esperienza di ampio respiro, avvolgente e coinvolgente. Lo scopo non è solo recuperare i fondi necessari all’impresa, ma mostrare una nuova via per lo sviluppo armonico e sostenibile di Amantea.

Pubblicato in Politica

bonoRiflettendo, in riva all’Ulisse agitato e ad un rosso tramonto, sul sentimento di libertà e su quello passionale, sono giunto alla conclusione che ambedue costituiscono la sostanza propulsiva necessaria al superamento di ogni steccato di razza, cultura, religione, classe sociale. Qualcuno ha scritto: “Chi ama liberamente può amare chiunque e qualunque cosa.” Di certo, chi osa amare non ama ciò che gli viene imposto che deve amare, ma ciò verso cui sente spontaneamente e liberamente amore. Al contrario l’amore non libero, ma “illecito” o forzato o distorto o anche semplicemente incanalato è costretto a restringere il suo campo di azione nell’ambito di ciò che viene predestinato dalle convenzioni sociali e religiose come giusto, o comunque legittimo. Il libero sentimento si muove indipendentemente dalle limitazioni psicologiche e sociali, assumendo così un vero e proprio carattere rivoluzionario. Il libero sentimento è di fatto rivoluzionario, non nel senso che combatte direttamente le barriere umane e le regole sociali, ma nel senso più profondo del termine, in quanto si muove direttamente nella verità della dimensione umana, insomma nel cuore dell’uomo, nella sua specifica umanità, nella autenticità dei rapporti umani. È impossibile resistere al richiamo allettante della passione. La passione non ha rivali; incontrastata, domina la mente e il corpo, usurpa tutte le forze e se ne nutre impudicamente, ottenebra il lume della ragione, divora ciò che ancora non ha soggiogato con il suo potere stordente; impietosa, ruba ogni esiguo stillicidio di serenità, sospingendo subdolamente la vittima nel suo vortice. La passione annichilisce e delizia, ubriaca di vita e dissipa, crea e distrugge, affonda nei relitti dell’inferno e innalza allo splendore celestiale. Il libero sentimento rivela i moti sottili dell’indomito spirito umano, apre i cuori degli uomini ed unisce spontaneamente le persone tra loro. Il sentimento libero è un atto rivoluzionario e davanti alle barriere umane: filtra tranquillamente attraverso di esse, noncurante di esse, si muove indipendentemente da esse, e mette in relazione le energie. Ogni vera ed autentica rivoluzione, in questo come in altri casi, non è tanto una lotta contro ciò che opprime, quanto l’affermazione e la manifestazione diretta di una verità dell’animo umano, una verità di sentimento, che indirettamente fa crollare ogni realtà costruita, artificiosa e dunque falsa. L'amore appartiene per sua natura alla sfera dell'indicibile; come tutto ciò che ha a che fare con l'anima, con la dimensione più profonda e segreta dell'essere, è vicino al mistero, si accompagna al silenzio. Superare la barriera dell'inesprimibile, dare forma, corpo all'indicibile è un'impresa folle, 'piena di paura', in cui soltanto gli artisti, i poeti si sono cimentaci da sempre. Di fronte all'amata l'amante prova un senso di incredibile pienezza e, contemporaneamente, ha il sentore di aver vissuto fino a quel momento in uno stato di privazione: la sua presenza è fonte di un benessere che sembra avere possibilità inesauribili. L'esperienza sembra dirci che è la vicinanza a provocare il turbamento: qualcuno o qualcosa verso cui lo sguardo si dirige ci cattura. Ma in verità l'amore vive e si alimenta di ciò che accade in noi, della nostra interiorità. La persona su cui ho fermato i miei occhi e il mio desiderio assume per me un significato unico: è insostituibile perché soltanto essa può evocare in me delle dimensioni interiori profonde e particolarissime.

Per non scrivere d’altro..

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Calabria

giggino pellOggi, 29 settembre 2016, pur essendo lontano migliaia di km da Amantea, l’odore del nuovo sbocco della fogna nelle acque dell’Ulisse, le paure dei cittadini che si trasformano in realtà, mi costringono a scrivere ancora una volta sull’argomento, sotto gli occhi assenti e le false promesse dell'Amministrazione Comunale e dell'opposizione locale.

 

 

L’industria profumiera si è spostata da Nord a Sud del paese nella speranza di togliere dalla vista degli Amanteani perbenisti e struzzicheggianti, questa fonte inesauribile di esalazioni salutari. La maggioranza, è ormai storia risaputa, si è sempre dimostrata incapace di gestire il paese e ancor di più la rete fognaria. Unico compito assegnato all'Amministrazione Comunale, guidata dalla Sindachessa era quello di custodire l'impianto evitando che diventi bersaglio di vandali e ladri, che vorrebbero rubare il prezioso contenuto al mare nostrum e ai suoi ormai rari pesci. I sostenitori della maggioranza, quest’estate e ancora oggi, si sono scatenati su Facebook con le loro immagini di un mare da “bere”. Sprecandosi nell'utilizzare neologismi superlativi come "cristallinissimo" e "magnifichissimo".

 

Due anni fa, poco tempo prima dell'elezioni comunali, le opposizioni, a gran voce, avevano iniziato a parlare di scarico a mare, di allacci fognari, di spreco di denaro pubblico, etc; tenendo anche dei comizi in piazza.

Chiaramente, ad elezioni avvenute, hanno lasciato cadere il problema nel dimenticatoio delle loro coscienze e accontentandosi di sedere in Consiglio mentre tornava a far "discutere", si fa per dire, la salute del mare sulla costa Amanteana. Ed ecco puntuale la tragica scoperta del nuovo scolo fognario. L'ingrossamento della massa d'acqua a causa delle ultime piogge ha accentuato il problema, complice una rete fognaria al collasso. Fenomeno che emerge ogni qual volta davanti alla costa si ripresenti la consueta chiazza marrone. Una chiazza che però quest'anno ha assunto i caratteri di una vera e propria ondata di liquami, mentre tutti ne imputavano l'origine (ed il colore) alla discesa di fango e detriti dal fiume Catocastro. Sono raccapriccianti le immagini del video che mi è pervenuto mentre mi trovo sul Pacifico. Ve lo risparmio. Nell’arco di 100 metri di spiaggia l’acqua di mare è scomparsa, sostituita dalle acque nere provenienti dalla rete fognaria. Il breve video mostra la copiosa cascata di colore imprecisato su cui l’Amministrazione Comunale dovrebbe fornire qualche spiegazione. Anche perché in quella zona, lungo il percorso ciclo – pedonale ci passeggiano ogni giorno cani e padroni, giovani, anziani, mamme con bambini. Qualcuno, nelle domeniche di inverno, in quelle acque ci pesca e ci fa il bagno pure. L'allarme per la diffusione di batteri e virus è elevato, specialmente se si pensa alle dimensioni di tale cloaca a cielo aperto. Tutti i cittadini e le attività commerciali di Amantea, in particolare quelle che operano particolarmente sul lungomare e sulla spiaggia, sperano ancora nella manna dal cielo. Sperano ancora che si possa dire basta allo scarico a mare il prima possibile, ancor meglio prima dell'inizio della prossima stagione estiva. Questi cosiddetti “Amanteani” dovrebbero chiedere in massa le dimissioni dell'Amministrazione Comunale e di tutte le “forze” di opposizione se dovessero essere costretti a convivere anche l’estate prossima con la nauseabonda melma e tutte le cose che non hanno e continuano a non funzionare a causa della negligenza e strafottenza di questi signori.

Gigino A. Pellegrini & G el Tarik

 

 

Un altro stimolo a riflettere. Gigi come per sua scelta, abitudine e capacità vola alto e tenta di dare le ali anche a noi ed ai nostri lettori, alternando i sogni e le speranze alle gravi e tristi realtà sociali.

“Lasciando le strutture universitarie nordamericane ed entrando nel “vero” mondo del lavoro in Italia a Roma presso la Rai, ho avuto a che fare con persone che consideravano “compagni” solo gli appartenenti al loro partito. Così sono sempre stato trattato come un momentaneo compagno di viaggio. Pur essendo favorevole alla “sinistra”, non mi passerebbe per la testa di votare per fornire a quello che penso sia il significato di una decisione. Considerando la cosa in maniera razionale, questo modo di pensare sembra essere assurdo e dunque non ammissibile. Ma quando l’ideologia si sgretola….. era l’estate del 1971 e mi trovavo a percorrere in macchina con l’amico fraterno Orly il lungofiume Saskatchewan nella città di Edmonton. All’improvviso scoppiai a piangere e a ripetere che tutto era finito. Orly mi portò al pronto soccorso ospedaliero dell’università dove passai la notte.

La mattina dopo, tutto era stato rimosso e mi recai a lezione di filosofia. Quando l’ideologia va in frantumi, resta solo qualche antica credenza che da “al pensiero una valenza magica”. Ciò che mi restava erano alcuni principi dell’individualismo anglosassone. Ero ancora molto attratto dal PC ma sapevo di non farne parte e che il mio posto era insieme a quella minoranza umana che non avrebbe mai mangiato merda. Mi sono visto solitario ma in pace con me stesso come quando facevo il portiere nel calcio, il tennista e giocatore di golf.

L’elemento positivo in questo era ed è una ripugnanza per il suffragio universale, con l’idea che il voto non potrebbe mai rappresentare il vero pensiero di un uomo. Ci vollero anni per capire che cosa mi aveva sempre dato fastidio nel cosiddetto “suffragio universale”. Il voto, creato della liberal-democrazia occidentale, può servire solo alla democrazia “indiretta” e cioè al grande pastrocchio. Così dopo una trentina di anni passati in Rai, sono tornato a “vivere” nel luogo che mi vide nascere quando del piccolo atomo incontaminato se ne impossessarono i potenti del mondo e lo trasformarono in un fungo di morte.

Quando la radio stava per lasciare parzialmente il posto alla televisione. In questa terra bagnata dal mare di Ulisse, mi limito a scribacchiare, ma ancora simpatizzante con la Sinistra della mia mente. Pensavo di essermi lasciato alle spalle tante brutture, dalle quali in realtà non mi ero mai allontanato. In questi miei “scritti” ho cercato di mettere a punto una serie di strumenti di inchiesta che permettessero a tutti di prendere coscienza che tutti i fatti sociali riflettono, anche se a livelli diversi, le strutture collettive in cui si sono prodotte e che dunque, un qualsiasi fatto di cronaca è altrettanto importante e significativo di un qualsiasi evento “politico”.

Per non essere frainteso: tutto è politica, per dire che qualsiasi fatto o evento mette in discussione la collettività nel suo insieme e trova il suo naturale sbocco nel sacrosanto diritto di ribellarsi, di contestare. Sarà la stanchezza e la nausea per la moderna politica spettacolo, sarà il senso d'impotenza generato in tutti, e non solo negli uomini di cultura, dal consumarsi di drammi come quello della Siria o della Libia. o d'Albania. E allora bisogna chiedersi: non aveva ragione, dopo tutto, il vecchio Thomas Mann, quando invocava l'impoliticità? E la sua Kultur alla tedesca, intesa come "spiritualità, liberta' interiore, passione per l'arte", non era forse davvero preferibile alla Zivilisation, la civilizzazione occidentale basata sull'eguaglianza, il culto per la politica e quel che oggi definiremmo "buonismo"? L’impoliticità porta alla luce un pericolo oggettivo insito nell’ideologia dell'impegno, come quella liberaldemocratica. Thomas Mann aveva capito che la società moderna e contemporanea, e in particolare quella delle democrazie occidentali che avversava in quel momento, sviluppa automaticamente una crescente invadenza nella vita dell'individuo: “i sentimenti, l'arte, tutto cio' che non e' immediatamente politicizzabile e moralizzabile.

Questa e' una forma di totalitarismo strisciante che non lascia all'individuo nessuno spazio veramente suo".Rischiando di passare per un arrogante saputello, val la pena ricordare che la politica riguarda il comportamento della società, mentre l’etica quello dell’individuo. Per Platone il cittadino e l’uomo erano ancora un tutt’uno ma con l’avvento di Aristotele il punto di partenza è stato “l’uomo è per natura un animale politico”. Affermando che né gli animali né gli dei potevano essere politici: solo l’uomo lo è”. Questo significa che l’uomo è legato ad una vita comunitaria con gli altri. Anche altri animali lo fanno, ma è un fatto istintivo. In loro manca l’aspetto organizzativo. Essere un animale politico per l’uomo vuol dire anche rifiutare il cosiddetto “contrattualismo” secondo il quale lo stato è un contratto, una convenzione fatta a tavolino dagli uomini, semplicemente perché stare insieme è vantaggioso. Non è così per Aristotele che pensa, e non gli si può dare torto, che gli uomini vivono insieme per attitudine naturale. Anche se l’uomo avesse tutto ciò di cui necessita e fosse autonomo tenderebbe sempre a vivere insieme agli altri.

Questo dovrebbe essere il punto di partenza e richiede un coinvolgimento politico collettivo, non partitico, ma nel senso necessario di orientare queste “inchieste” e dare ad esse risposte al fine di migliorare la vita sociale ed economica di questa terra.

 

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Politica

Giovanni Battista Morelli 5Si svolgerà il prossimo 3 luglio alle ore 18 presso la terrazza del Mediterraneo Palace Hotel la presentazione del marchio d'area “Antica Temesa”.

Si tratta di un progetto quanto mai ambizioso che coinvolge i comuni di Amantea (ente capofila), Belmonte Calabro, Serra d’Aiello, Lago ed Aiello Calabro allo scopo di promuovere dal punto di vista turistico il territorio. Nello specifico verrà presentato il logo del marchio d’area e la campagna advertising che sarà veicolata sui media nazionali, ma anche sugli organi locali e su quelli specializzati. L’intento è coinvolgere tutti gli operatori turistici del territorio.

«Ricostruire il passato – spiega l’assessore al turismo Giovanni Battista Morelli – per ricercare il futuro. Compito assai difficile, soprattutto in una regione come la Calabria che non ha mai saputo sfruttare appieno i vantaggi della cooperazione e della collaborazione. Questa sorta di penisola nella penisola è sempre stata terra di opposti: mare e montagne, grandi centri metropolitani e piccoli borghi ripiegati sulle proprie tradizioni, treni ad alta velocità e locomotive che sbuffano vapore, contraddizioni ed eccellenze, pregi e difetti. Ma con la gente che riesce ad aprire immediatamente il cuore, facendo dell’ospitalità il suo punto di forza. Partendo da questo semplice presupposto, che è insito nel codice genetico di ogni calabrese, cinque amministrazioni comunali hanno deciso d’invertire questa tendenza, dando seguito alla costituzione di un marchio d’area che è espressione diretta della propria memoria. Amantea, Belmonte Calabro, Serra d’Aiello, Lago ed Aiello Calabro hanno deciso di riconoscersi in quella che direttamente o indirettamente è la propria progenitrice: l’antica città di Temesa, potente e florida, capace di attraversare i secoli, di essere nominata da Omero nell’Odissea, di essere dominata da greci e romani e di essere poi avvolta inspiegabilmente dall’oblio. Adesso è il momento della rinascita».

Oltre all’assessore Morelli, all’incontro saranno presenti il sindaco Monica Sabatino e Nicola Di Turi, giornalista del Corriere della Sera.

«L’occasione – conclude Morelli – è propizia anche per presentare agli organi di stampa ed alla collettività il programma estivo che allieterà il soggiorno di turisti e vacanzieri fino al prossimo autunno. L’esecutivo è impegnato nella rivalutazione del territorio, con lo scopo di obiettivo di restituire alla città il ruolo guida che la storia le ha assegnato in passato».

Sono invitati alla presentazione gli albergatori, i commercianti, le associazioni e le altre componenti della società civile.

Nota comune di Amantea

Pubblicato in Politica

giginoRiceviamo e pubblichiamo.

Scrivo solo quando ho un’ ispirazione improvvisa, un’ immagine, come dico spesso. L’immagine può arrivarmi in qualunque luogo e in qualunque momento – in auto, in un bar, seduto alla scrivania a tarda notte mentre guardo dal terrazzo il mare di Ulisse e la strada punteggiata dalla luce dei lampioni. Scrivo per ingannare l’ineluttabile scorrere del tempo, che cancella e distrugge anche i sentimenti e i legami più belli e sinceri di una realtà vera e una virtuale fra due persone.

Per sfuggire alla banale quanto logorante quotidianità, in cui a poco a poco si insinua la noia, i due hanno creato una sorta di grande e mutevole gioco di ruolo. Sulla base di questo gioco hanno dato a se stessi, via via, un’identità multiforme, mutevole a seconda delle esigenze momentanee, diventando cioè maschere, che però hanno continuato a recitare la loro parte anche quando l’altro venne rimosso con una semplice frase : “non ti contatterò più”. Anche questo “clik virtuale”, però, non potrà ingannare l’insopportabile routine di una vita insoddisfacente. La superficialità rende tutto più semplice ma anche tutto meno intenso, come un cambio stagione nell’armadio. L’autunno è l’attesa e l’accessorio per far passare l’inverno sarà l’estate nel cuore. C’è sempre bel tempo nel cuore di alcune persone. Nel fare un uso indiscriminato di questo tipo di strumenti di interazione, appare immediato un problema di alienazione;  nel senso che l’uso generalizzato della chat, per esempio, va a minare le relazioni classiche basate sulla primaria interazione dei sensi: si  viene portati a ripiegare nelle relazioni virtuali perché incapaci di rapporti autentici. Diventiamo dei veri e propri “rifugiati digitali”

Sono convinto che a volte l’uso della comunicazione digitale,  è spesso di una superficialità disarmante, e che  rappresenta il sintomo della crisi vera che è crisi di identità e conseguentemente di rapporti con gli altri.

Dall'imponenza dei mezzi che mi sono imposto per allontanarla da me, misuro l’amore che ho per Lei. Giudicate sino a che punto la ami da queste fortificazioni che innalzo nella mia vita e nella mia “attività” scrittoria. A ciò che scrivo, non dovendo essere altro che la prova della mia sincerità , importa che tale sincerità sia reale non soltanto per fecondare il mio stesso impegno, ma anche perché, su un compito già forte della sincerità, m'appoggi per uno sforzo maggiore verso una destinazione ignota affinché il suo respiro (sono estremamente corruttibile) non possa deformarmi. Il mio amore è di pasta tenera. E il “fiato” degli altri turba semplicemente la mia ricerca d'un nuovo giardino di bellezza e fantasia che pensavo d’aver trovato. Della cattiveria, imporrò un quadro nitido, se io dovessi, in tale ricerca, lasciarci la mia stessa esistenza, la dignità, la sincerità. Ad ogni accusa, anche se ingiusta, era mia volontà, rispondere con un si dal profondo del cuore. Appena pronunciata quella parola – o la frase di un simile significato – certamente sentirei dentro di me il bisogno di diventare ciò di cui venivo accusato di essere. Nel mio cuore non lascerò più nessun posto dove poter trovare asilo il sentimento della mia passione. So che il mio posto sarà in mezzo alla massa di uomini vuoti e privi di valori, non perché sia uno di loro, ma perché le loro voci stridendo, i loro gridi, i loro gesti smaccati e pacchiani non hanno altro scopo, mi sembra, che quello di sfondare la cortina di disprezzo del mondo.

" Quando ci si sente incapaci di amare....ci si sente esiliati da se stessi"

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Calabria

gigino

Riceviamo e pubblichiamo

Come per Ulisse, per G  contava poco avere una residenza fissa.

Se ne andava sempre alla ricerca di qualcosa alla quale non riusciva a dare un nome. Non viaggiava per vivere, viveva per viaggiare, tanto fra le forme di conoscenza che fra i continenti. Come Ulisse, era spinto da curiosità irrefrenabili e  personali. In tutto il tempo che aveva vissuto aveva ansiosamente cercato un suo stile narrativo per provare a  raccontare quello che aveva trovato in modo da far sentire che riguardava tutti.  Qualche anno addietro, mentre se ne stava seduto in un piccolo caffè nel sud della Francia , cominciò a raccontarmi un qualcosa che assomigliava ad una storia. Un uomo era convinto di essere morto. Dicendo  ai familiari: "Sono morto" e i familiari lo accompagnarono da un medico specialista. Fin da subito, fra il medico e il paziente, si accese  un'accanita discussione. Il medico cercava in tutti i modi di appellarsi  ai sentimenti dell'uomo cercando di convincerlo che la vita valeva la pena viverla e amarla come pure la famiglia che preoccupata lo aveva accompagnato fin nel suo studio. Non ottenendo risultati auspicati, lo specialista provò a farlo ragionare, dimostrandogli l'intrinseca contraddizione di una frase come "Sono morto". I morti, innanzitutto,  non sono in grado di dire che sono morti, perché è appunto in quello consisteva l'essere morti. Il medico un po’ scoraggiato dagli scarsi risultati, decise di ricorrere  all'evidenza dei sensi. Dopo una breve pausa, con il consenso del suo paziente, si accese una sigaretta . Soddisfatto dalla sua prima puffata, chiese all'uomo seduto di fronte a lui: "I morti sanguinano?". "Certo  che no" rispose l'uomo, spazientito dall'ottusa ingenuità  della mente del medico. "Tutte le persone sanno bene che i morti non sanguinano". Al che il medico gli punse un dito con un ago. Ne uscì una goccia di sangue. "Ma guarda un po', chi l'avrebbe mai detto" esclamò  il paziente. "I morti sanguinano! Non si smette mai di imparare”.  Offrii una birra a G in quel caldissimo pomeriggio di luglio e lui per punirmi decise di spiegarmi come le percezioni e i ragionamenti confermavano anziché contraddirla, l'idea di essere morto. I sentimenti, la ragione e i dati di fatto collaborano alla costruzione di un sistema di difesa volto a spiegare l'esperienza primaria, un'esperienza primaria in quanto stato di conoscenza, una realtà intuitiva dentro la quale il paziente viene bloccato e che conferisce significato a tutti gli altri eventi. "L'ambiente offre un mondo di nuovi significati. Tutta l'attività di pensiero è pensiero intorno ai significati ... Si ha una conoscenza diretta e intrusiva del significato e questa appunto, in se stessa, è l'esperienza del delirante”.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

« Alle Sirene giungerai da prima, Che affascinan chiunque i lidi loro Con la sua prora veleggiando tocca. » Così si legge nella Odissea XII, 52-54 di Omero, nella traduzione di Ippolito Pindemonte.

Si legge nel Liber Monstrorum, I,VI del VII secolo che « Le sirene sono fanciulle marine che ingannano i naviganti con il loro bellissimo aspetto ed allettandoli col canto»

Vi state chiedendo cosa c’entrino le sirene con il Governo, vero? C’entrano, c’entrano.

Ieri le sirene ammaliavano i marinari per cercare di salire sulle loro navi ed essere portate lontano, poco importava se trascinavano navi e marinai negli abissi, riemergendo, poi, esse ibridi donna-pesce grazie alle squamose code ed al più condannando al naufragio gli impavidi marinai che avevano avuto la ventura di incontrarle senza essersi tappate le orecchie.

Serve poco o niente se incontrarle sia un fatto di fortuna, o sfortuna, od ignoranza , o sottovalutazione del pericolo, o supposizione di coerenza nei comportamenti, eccetera.

Oggi le nuove sirene della politica cantano per ammaliare i marinai delle navi dei partiti più grandi ( e quindi vincenti) tentando di salire a bordo delle navi stesse, e di vestire il cappello e la divisa di ufficiali per essere trasportate fino al regno dove tutto si può, là dove si comandano gli scherani che attendono pronti ad ubbidire .

E cantano i loro voti, i loro uomini, i posti che occupano, gli amici che si sono fatti e la loro disponibilità al voto. Cantano persino i precari da stabilizzare pronti a votare per conservare il posto di lavoro, pur precario, nella speranza di una stabilizzazione.

Non sanno guidare la nave, non anno spiegare le vele, non sanno nemmeno cazzare la randa od il fiocco. E tantomeno sanno cosa significhi virare a babordo od a tribordo.

Sanno invece dove è la sala mensa, la cambusa e la dispensa.

Ed ovviamente le scialuppe di salvamento.

Ora davanti alle coste Calabresi si vedono due grandi navi.

Una a destra con un capitano donna dalla lunga criniera incontenibile sotto il cappello da comandante, e che si agita avrebbe detto Fernando Pessoa nella sua “È uma brisa leve”, come mossa da “ una brezza leggera che l’aria un momento ebbe e che passa senza avere quasi avuto bisogno di essere”.

Una donna forte con un sorriso sincero. Attenta all’ascolto ma non corruttibile.

La fregatura è che essendo donna non si lascia incantare dalle sirene e scaltra e cognita , come Ulisse, ha dato ordine di tappare le orecchie ai suoi compagni facendosi comunque legare all'albero della Nave per ascoltarle.

A sinistra un capitano che non ha problemi di criniera e non abbisogna della”brisa leve” anzi persino l’acqua può scorrere senza fermarsi.

Ha esperienza di navigazione ma non su mari perigliosi. Affatto. Al più ha viaggiato su laghetti interni che oggi appaiono perfino privi di acqua. Abile , si avvale di subsidenti che sono sempre al di sotto ma pronti ad uscire come geyser irrefrenabili che bruciano tutto intorno e che prima o dopo bruceranno anche il capitano.

Ecco, a loro le sirene possono rivolgersi ma non si illudano di incantarli. Sgamati come sono può succedere perfino il contrario.

Le due principali sirene sono la UDC e la NCD. Sono sorelle , quasi gemelle e non solo per la coda. I loro capi hanno perfino le cravatte eguali, non solo gli interessi ed i pensieri!

Pubblicato in Calabria
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