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vino-rosso-fa-male-o-fa-bene-quanto-bereAmici miei carissimi che mi state leggendo, sapete per conoscenza diretta o per sentito dire che non sempre nelle cantine dei nostri paesi si vendeva e si serviva vino di ottima qualità. Spesso veniva annacquato specialmente quando gli avventori erano forestieri o i giocatori a “Patrune e sutta” erano un po’ brilli. Non vi dico poi in occasione delle feste principali o della festa patronale di San Bartolomeo Apostolo.

C’era fino a pochi anni fa nella via principale del mio paesello una cantina il cui proprietario, Mastro Ciccio si chiamava, si vantava che il suo vino rosso era il migliore del circondario. Gli affari andavano a gonfie vele. La sera, specialmente di sabato e di domenica, la sua cantina era sempre affollata. Per niente al mondo aveva avuto voglia di cambiare mestiere. E ogni sera quando ritornava a casa con la moglie Zia Gina contava i soldi e su un quaderno a quadretti con la copertina nera scriveva l’incasso della giornata. Ma non tutti i cittadini del paese frequentavano la sua cantina e di questo spesso si lamentava con la moglie e con gli amici fidati. Notando che il Podestà, il Segretario Comunale, il Medico Condotto e alcuni gerarchi fascisti passavano ogni mattina davanti la sua cantina senza mai fermarsi neppure per dare uno sguardo, scambiare quattro chiacchiere o assaggiare un sorsetto, escogitò uno stratagemma. Adesso voglio proprio vedere – diceva tra sé – se resistono a restare sempre fuori dalla mia cantina dove c’è un vino che fa resuscitare anche i morti.

Era d’estate, il caldo si faceva sentire e avrebbe voluto offrire agli illustri paesani e nobili signori un bicchiere di vino che aveva comprato da un produttore molto fidato. Era un vino della Contrada Cannavina, il migliore della zona. Ma non sapeva come fare. Non doveva essere lui ad invitare i nobili signori, ma dovevano essere loro a cedere alla tentazione di entrare nella sua cantina umida e buia, con due finestre sgangherate, annerite dal fumo, con gli scaffali informi, verdastri, chiusi con reticelle di metallo per difendere dalle mosche qualche tarallo di Aiello Calabro, e chiedere un bel bicchiere di quel vino rosso che avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca perfino ai morti, come giustamente decantava Mastro Ciccio. E così ogni mattina si faceva preparare dalla moglie zia Gina un tavolinetto a tre piedi nel marciapiedi davanti la porta della cantina. Lo copriva con una tovaglia rossa a fiori fresca di bucato e poi vi metteva sopra una brocca di terracotta con manico e beccuccio con la scritta “Ricordo di Calabria” ripiena di vino rosso. Per l’occasione indossava un grembiule bianchissimo e pulitissimo che zia Gina aveva lavato il giorno prima nella cibbia dei Simari. Aveva appeso alla finestra sgangherata una bella frasca di quercia che Tonnuzzu gli aveva portato la sera prima. La frasca doveva attirare i viandanti e gli avventori e voleva dire che il vino era ottimo e che veniva spillato da una botte di rovere. E così Mastro Ciccio ogni qual volta che vedeva passare il Podestà, il Segretario Comunale, il Medico Condotto e gli altri nobili del paese incominciava a decantare il suo vino con tanta enfasi che dopo una, due, tre, quattro mattine, finalmente i signori si fermarono e il Podestà disse a Mastro Ciccio che tracannava il vino direttamente dalla brocca:- Allora questo vino è davvero buono?- Gli rispose:- Buono, ma cosa dice. E’ ottimo, il migliore del circondario di Amantea. Viene da Cannavina, la zona vinicola più rinomata e famosa. Spillato, poi da una botte di rovere. Bisogna assaggiarlo per apprezzarlo e basta -. Il Podestà allora si rivolse verso gli altri amici che erano con lui e disse:- Allora fermiamoci. E tu Mastro Ciccio facci assaggiare questo ottimo vino rosso di Cannavina. Prepara per noi una grande caraffa di vino perché questa mattina con questo caldo ho una bocca molto asciutta -. Mastro Ciccio si alzò dallo sgabello con uno scatto felino e chiamò sua moglie:- Gina, Gina, porta fuori dalla cantina un altro tavolino e degli sgabelli, quelli nuovi che Mastro Michele ha fabbricato l’altro giorno, e prepara un’altra caraffa, la più grande che è nello scaffale. Riempila di vino, quello buono, quello della damigiana che si trova accanto alla botte. Fai presto-. E invitò i nobili clienti ad accomodarsi e lui stesso si precipitò a sciacquare quattro calici da grandi occasioni e incominciò a versare il vino ai suoi nobili concittadini che, non avendo mai davvero bevuto un vino così nobile, incominciarono a decantarlo. I nobili clienti, da quel giorno, si fermarono ogni mattina nella cantina di Mastro Ciccio, ma nessuno di loro osò versare una lira. Avrebbero offeso Mastro Ciccio. Dicevano solo grazie, arrivederci, ottimo questo vinello. Bevevano a sbavo, doveva essere per forza un ottimo vino.

Un giorno il Podestà organizzò un pranzo in grande stile e aveva invitato personaggi famosi del circondario tra cui il Vescovo e il Prefetto. Mancava il vino e allora ordinò ad un impiegato del Comune di andare da Mastro Ciccio a farsi dare una bella damigiana di vino, quello buono che lui sempre decantava, per offrirlo agli illustri ospiti durante il lauto pranzo. Mastro Ciccio disse ridendo:- Hai sbagliato indirizzo, caro mio. Dica al tuo Podestà che il vino che lui desidera e che per la grande occasione vuole fare assaggiare agli illustri ospiti non si trova nella sua cantina ma alla fontana dei “Quattro Canali”, alla fontana du “Zu Tittu Nmienzu u largu” o al fiume Catocastro-. Quando l’impiegato tornò dal Podestà con la damigiana vuota e gli riportò le parole che Mastro Ciccio gli aveva detto, il Podestà, uomo scaltro e intelligente, capì subito quello che Mastro Ciccio gli aveva mandato a dire. Per avere la damigiana piena dell’ottimo vino che Mastro Ciccio spillava dalla botte di rovere bisognava pagare. – Mastro Ciccio ha perfettamente ragione- disse all’impiegato che ancora stava con la damigiana vuota in mano. Gli consegnò una moneta di cento lire e gli ordinò di ritornare da lui. Quando Mastro Ciccio vide quella moneta cartacea di cento lire con lo stemma Sabaudo e l’effige del Re d’Italia disse tutto contento:- Ora sì che non hai sbagliato indirizzo. Il Podestà ti ha mandato al posto giusto - e gli riempì la damigiana dell’ottimo vino che i nobili signori per diversi giorni avevano sorseggiato a sbafo.

Nel pomeriggio di oggi 29 ottobre probabilmente per il grande caldo ed il forte sole sulle colline di Cannavina scoppia un incendio che piano, piano spinto dal forte vento sale verso le abitazioni che sono più in alto verso la vecchia statale che un tempo portava a Cosenza via San Pietro in Amantea.

Autocombustione, quindi? Macchè sono sempre questi maledetti piromani!

E per fortuna che il comune aveva emanato una apposita ordinanza per la pulizia dei terreni, quella pulizia che riduce i rischi di incendio.

Una ordinanza che come al solito non viene mai rispettata né fatta rispettare.

Gli abitanti della casa soprastante hanno già subito gli effetti di un grave incendio e la loro casa si è salvata grazie al coraggio dei carabinieri di Amantea

Anche questa volta sono intervenuti

Non sono intervenuti invece i Vigili del Fuoco.

E ad Amantea non esiste più la Protezione civile comunale.

E così non è rimasto che pregare.

Ed il Signore ha mandato giù una benefica pioggia che ha spento i diversi focolai che riempivano la collina di Cannavina.

(Foto dal web)

Pubblicato in Primo Piano

Due gli incendi in atto. Uno sulla collina di Cannavina, uno su quella di Coreca.

Impossibile pensare che gli incendi si siano accesi da soli.

 

 

Dietro c’è una evidente mano di un uomo. 

Uno, due piromani improvvidi e sprovveduti o malati.

Di fatto gli incendi sono iniziati nel pomeriggio e stanno continuando ad ardere.

 

Quello di Cannavina più piccolo sembra spegnersi ma poi riprende alimentato dal vento, ma contenuto nella sua estensione.

Quello di Coreca ,invece, ha raggiunto una estensione di almeno 200 metri e sale da ovest verso est spinto dal vento.

E notte e le operazioni possono essere svolte soltanto da terra.

Non possono volare né gli aerei , né gli elicotteri.

Una situazione difficile.

 

Solo da pochi minuti si vedono i mezzi della Protezione Civile,  che percorrono le strade cittadine, probabilmente per raggiungere i luoghi dell'incendio e dare cosi' una mano fattiva ai Vigili del Fuoco.

Soltanto domani si potrà sapere quanto terreno è stato interessato dalle fiamme, le colture distrutte e gli eventuali beni immobili, case comprese, incise o poste in pericolo delle fiamme.

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Ecco la ennesima frana della collina di Cannavina.

Un collina maledetta e della quale ci si interessa ben poco.

Sono secoli che questa collina inconsistente continua a franare

Ci interesserebbe ben poco se non fosse, da un lato, perché e sede dei due serbatoi di acqua amanteani , e, dall’altro, per gli insediamenti umani che vi insistono.

Certo è difficile ricordare che nel 1931 diverse case di Cannavina( Perciavalle Rosa, Aloisio Gaetano ed Ombres Antonio) vennero sgomberate perché danneggiate da un forte smottamento della scarpata della strada Amantea Cosenza.

E’ più facile ricordare il 1978 quando un casa crollò ed oltre 20 abitazioni furono minacciate da un forte movimento franoso.

Senza dimenticare l’altra frana del 1982 con i danni al serbatoio di Potame

O quella della strada Amantea -San Pietro in Amantea proprio nella curva da dove si scaricarono i rifiuti per decenni ed in conseguenza della quale la strada rimase irrimediabilmente interrotta

Od ancora la frana sul torrente Santa Maria che rischia di lasciare solata la zona di Cannavina alta senza rimedio

O quella sulla stessa vecchia statale e che si è ripetuta in questi giorni.

Potremmo anche dare ragione a chi dall’interno del comune ci ricorda che la frana di ieri l’altro non è dipeso da una rottura dell’acquedotto ma dalle piogge.

Non ha alcun interesse, per la notizia che diamo.

Noi vogliamo solo evidenziare che il serbatoio di Cannavina che per la sua altezza permette di rifornire il centro storico sta rimanendo sempre più fragile, proprio a furia di crolli.

Ed infine vogliamo evidenziare che una frana come quella di ieri l’altro 25 febbraio rimane una ferita grave che rende ancora più vulnerabile il territorio e lo pone a rischio serio in caso di altre piogge.

Pubblicato in Politica

Non piove inutilmente. In specie quando i territori sono abbandonati a se stessi, quando i fossi di scolo sono trascurati, quando, in una parola, si attende inani l’evento

E l’evento c’è stato.

Una frana imponente che ha spezzato il tubo che riforniva il centro storico, il quartiere Catocastro e perfino Acquicella

Ma senza acqua potrebbero essere anche via Nazionale , l’area di San Bernardino

Un’altra tegola sulla giunta Sabatino che ogni giorno ne riceve una.

Domani, alla luce del sole si vedrà la grandezza della frana e l’entità dei danni provocati.

E domani si potrà provvedere ai rimedi

Sembra comunque che si tratti dell’acquedotto comunale e non della Sorical

Già stasera molti abitanti sono andati a fare rifornimento di acqua minerale ed a comprare grossi bidoni per i servizi igienici.

Poi a letto per un buon sonno

Domani tutto il comune provvederà a riparare la rottura, sempre che sia possibile

Ma quasi certamente si provvederà con una tubazione provvisoria

Impossibile infatti intervenire sull’area di frana fino alla sua stabilizzazione

Pubblicato in Politica

Strani questi incendi che colpiscono le colline amanteane.

Strani e pericolosi.

Se un tempo, infatti, le colline erano parzialmente, se non del tutto, disabitate, oggi, invece sono state utilizzate per la realizzazione di costruzioni occupate da decine di famiglie

Facile allora, come successo ieri l’altro, che incendi, sicuramente non casuali, mettano a rischio le famiglie che abitano le zone collinari

Parliamo degli incendi occorsi, in un pomeriggio nel quale si aspettava a pioggia, ed in un pomeriggio di vento, nella zona di Cannavina

Per fortuna che la zona era raggiungibile da più di una strada e che pertanto sono potuti intervenire i vigili del fuoco, la cui azione è stata integrata dall’autobotte comunale

Per fortuna( fortuna?) che il fuoco ha attinto la costa ad est della antica strada per Cosenza e quindi lasciando la strada stessa come frangi fuoco rispetto alle case.

Fortuna ancora( o calcolo?) che il fuoco è salito verso la cima della collina e non è , al contrario, sceso verso le abitazioni che stavano in basso.

Che popi non ci siano stati danni a persone o cose non rende meno grave un fenomeno, quale è quello degli incendi( dolosi o meno poco importa) che trovano agio nei terreno incolti ed abbandonati dove le erbe prendono facilmente fuoco.

A chi spetta ridurre i rischi di incendi?

Ai proprietari?

Al Comune?

Esiste un regolamento per la gestione dei terreni delle aree rurali che imponga il taglio delle erbe limitrofe alle strade?

Una maggiore attenzione guasterebbe?

Pensiamo di no!

Nella foto grande le case a rischio sono quelle a sinistra della collina attinta dal fuoco

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