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tartarugaSi è conclusa senza alcun problema nella tarda serata di ieri l’operazione di trasferimento, da Pizzo a Napoli, delle uova di tartaruga non schiusesi e, pertanto, a rischio di perdita, a seguito dell’abbassamento delle temperature. La nidificazione di una Tartaruga marina sul litorale di Pizzo ha rappresentato un evento eccezionale che non ha mancato di suscitare l’attenzione degli studiosi, dei volontari del WWF e della gente comune che hanno atteso la schiusa delle uova, per oltre due mesi, a partire dal 21 agosto, data della deposizione. Da parte sua il Comando della Capitaneria di Porto di Vibo, sin dal primo momento, ha manifestato concretamente il proprio impegno per la tutela del nido collaborando, attivamente con gli enti scientifici e le associazioni ambientalistiche. Secondo gli esperti, quello di Pizzo è stato, sin dal principio, un nido a rischio, proprio a causa della data tardiva in cui erano state deposte le uova (86 in tutto), con conseguente maturazione degli embrioni in un periodo che coincideva con la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, con l’immancabile abbassamento della temperatura. Inoltre, nel corso di questi mesi il nido era stato investito da due mareggiate che hanno rischiato di compromettere in maniera irreparabile la schiusa delle uova. Per fortuna, a cominciare da domenica scorsa, quattordici tartarughine hanno avuto la forza di sgusciare via e di prendere il mare, sotto il controllo dei volontari del WWF e della locale Guardia Costiera di Pizzo.Però con il passare dei giorni le speranze di poter vedere tutti o buona parte degli embrioni  completare lo sviluppo e fare capolino tra la sabbia, si sono affievolite. Da qui la decisione, adottata dal responsabile del Progetto TartaCare dell’Università della Calabria, Prof.  Antonio MINGOZZI, di operare il prelievo di tutto il materiale contenuto nel nido e trasferirlo presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli .Il trasferimento degli esemplari, è stato richiesto dall’Università della Calabria e dal WWF al Comandante della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia – C.F. (CP) Antonio LO GIUDICE, che ha interessato il Comando Regionale della Direzione Marittima della Calabria – C.V. (CP) Gaetano MARTINEZ, il quale ha subito condiviso la necessità di organizzare il trasferimento delle uova a Napoli. Un’operazione delicata, una delle poche mai compiute in Italia, che ha visto impiegati i militari della Guardia Costiera di Vibo Valentia, i quali prima hanno assistito il personale dell’Università della Calabria e del WWF, nella delicata operazione di prelevamento delle uova non schiuse e del posizionamento delle stesse in appositi contenitori e successivamente hanno preso in consegna e trasportato i preziosi contenitori. Il prezioso carico, trentacinque uova non ancora schiuse, dodici piccoli nati, ma con evidenti segni di immaturità e ventuno piccoli ancora nel guscio, è stato così trasferito dal litorale di Pizzo, fino all’ultimo comune a nord della Provincia di Potenza, confine territoriale del vasto Compartimento Marittimo di Vibo, dove è stato preso in consegna dal personale della stazione Zoologica partenopea. Giunto infine, in serata, senza alcun problema, presso la struttura, per l’adozione delle dovute cure.L’operazione rappresenta un ottimo esempio di collaborazione tra Enti che, a vario livello, operano sinergicamente per la tutela e la salvaguardia del nostro delicato e prezioso patrimonio naturalistico.-

Pubblicato in Calabria

Parliamo di Coreca, ovviamente . Anzi della scogliera che “qualcuno” – non si sa bene chi- voleva realizzare per tutelare lo scoglio di Coreca e far rinascere la spiaggia limitrofa.

Un progetto che non piaceva e non piace a nessuno .

Un progetto che nessuno difende perché, forse, era ed è indifendibile.

Uno dei tanti progetti figli di una disponibilità finanziaria e di una scelta progettuale valutata acriticamente, all’insegna gattopardesca che “In Calabria non è mai importante fare bene o male !”

Tanto ( azzardiamo) i fondi della scogliera saranno dirottati a tutelare la SS18 subito dopo il porto atteso che la attuale disponibilità sembra insufficiente, in tal modo tutelando ( sul serio) la naturalezza dello scoglio e del contesto ambientale (ex ss18 a parte!).

Ma ecco il comunicato inviatoci:

“Oggi ( 18 settembre), al Consiglio Comunale di Amantea, maggioranza ed opposizioni, hanno votato insieme all’unanimità la sospensione del progetto regionale “Lavori di difesa del litorale in località Coreca”. Con un accordo bipartisan l’Amministrazione guidata dal Sindaco Monica Sabatino insieme ai rappresentanti delle liste capeggiate da Sante Mazzei, Francesca Menichino e Sergio Ruggiero ci fanno confidare che un cambiamento vero è possibile. Da sempre auspichiamo un nuovo prototipo di politica che non guardi all’interesse dei singoli, ma al bene della collettività nella sua interezza. Una politica trasparente che restituisca fiducia, speranza e spazi di partecipazione attiva e responsabile alla società civile.

Riappropriarsi del senso di responsabilità individuale e collettiva, in un processo che coinvolga tutta la comunità, costituisce premessa indispensabile per un cambiamento democratico, inteso come nuovo modo di pensare al bene comune, nei termini dell’entusiasmo, dell’impegno civile e dell’imprescindibile competenza e volontà del prendersi cura della città.

Recuperare e partecipare emozioni di affettuosità verso il territorio e verso le bellezze del paesaggio, prendere le difese dello Scoglio di Coreca, che ci appare minacciato da una progettazione che privilegia esclusivamente l’aspetto tecnico, farlo con il cuore e con l’affetto che questa “bella cartolina” merita, produce in noi la sensazione che stiamo tutelando un gioiello di famiglia – qualcosa che sentiamo nostro da sempre – che ci appartiene.

Nel primo incontro il Sindaco Sabatino ha parlato della volontà di attuare una democrazia partecipata, ebbene, è quello che ogni cittadino ragionevole vuole, tutti devono poter esternare il proprio senso di appartenenza, appartenenza che negli ultimi decenni, ad Amantea, si era affievolita e che – secondo noi – è l’elemento cardine di una politica credibile. Dal documento concordato in Consiglio Comunale emerge che Coreca va tutelata con rispetto, che il finanziamento stanziato va sicuramente speso, ma deve essere un intervento risolutivo, nessuno accetterebbe un intervento precario, incerto negli effetti e invasivo, ancor meno se frutto di un lavoro privo delle necessarie prove di simulazione in vasca. L’Associazione FareAmbiente lunedì scorso ha inviato una missiva agli ordini professionali (Architetti, Ingegneri, Geologi, CNR-IRPI) per acquisire ulteriori pareri tecnici da professionisti ed esperti.

Fin dalle prime riunioni il sindaco, dott.ssa Monica Sabatino, e tutti gli Assessori e Consiglieri che la supportano, hanno mostrato con fermezza la volontà di approfondire le eventuali soluzioni tecniche alternative al progetto della Regione Calabria, sostenendo il necessario coinvolgimento degli Enti di ricerca come sollecitato dal cartello di Associazioni costituitosi.
Dai banchi delle rappresentanze di opposizione il Consigliere Menichino ha chiesto di far emergere nel documento che l’ISPRA -su incarico del Ministero dell’Ambiente - ha redatto sia la caratterizzazione che la valutazione dei costi previsti per la bonifica del fiume Oliva, dove è ormai accertato un inquinamento considerevole che ne rende inutilizzabili gli inerti finalizzati a ripascimento se non prima bonificati(ndr ?).

Il consigliere di minoranza Ruggiero, pur riconoscendo l’importanza del problema erosione che rende necessario un intervento almeno di consolidamento della vecchia SS.18 in località Coreca, si è detto sicuro che una alternativa ci può essere, e bisogna cercarla e valutarla con obiettività.

L’ex assessore Mazzei, attualmente capogruppo di minoranza, in carica nelle precedenti amministrazioni, pone in risalto la tipologia del finanziamento e l’iter di acquisizione sollecitando le iniziative idonee alla realizzazione dei lavori di protezione e alla ineludibile salvaguardia paesaggistica. Ha inoltre sottolineato le disposizioni delle norme in materia di ripascimento circa gli obblighi di verifica della compatibilità degli inerti.  Insomma abbiamo partecipato ad un Consiglio Comunale svoltosi all’insegna della serenità, con una presa di coscienza generale concretizzata con la richiesta della sospensiva che è la scelta giusta nell’interesse di un territorio che in passato ha pagato scelte fatte con superficialità da politici solo vogliosi di realizzare opere spesso poco utili e dannose, a volte deleterie.

A Consiglio chiuso, Falsetti (WWF) a nome di tutte le associazioni ha ringraziato per la disponibilità all’ascolto da parte dei politici e, nell’esortare al dialogo, ha sottolineato

“QUESTA E’ L’AMANTEA CHE CI PIACE………… QUESTA E’ LA POLITICA CHE VOGLIAMO!”

FIRMATO:

AMMINISTRAZIONE COMUNALE AMANTEA (Sindaco Monica Sabatino), Presidente del Consiglio Ermelinda Morelli, l’Assessore all’Ambiente Antonio Rubino, l’Assessore al Bilancio Sergio Tempo, l’Assessore all’Urbanistica Gianluca Cannata, l’assessore a Scuola/Sanità Emma Pati, ed i Consiglieri Giusy Osso, Caterina Ciccia, Elena Arone, Alessandro Salvatore, Franco Chilelli;
Gruppo consiliare Insieme per la Città   (Sante Mazzei, Miriam Bruno), -                                                   Gruppo consiliare M5S (Francesca Menichino);                                                                                              Gruppo consiliare Nuova Primavera – Spirito Libero (Sergio Ruggiero);                                                    WWF (Francesco Saverio Falsetti e Michele Parise), C.G.I.L. (Massimiliano Ianni), BORGO CHIANURA (Antonio Cima), L’AQUILONE (Alessandro Garritano e Bonavita Felice), CONSIGLIO DI FRAZIONE Campora S.G. (Enzo Garritano), ALTERNATIVA (Ottaviano Di Puglia), LEGA NAVALE (Arch. Saverio Magnone), VIVO ALTERNATIVO (Francesco  Reale e Vincenzo Bruno), CITTADINANZA PRO-ATTIVA (Guglielmo Garritano), PRO-LOCO Campora (Vittorio Mendicino), A.I.C.S. Gianluca Vltri, L’AQUILONE Luciano Guido, ASSOCIAZIONE ARTIGIANI (Fioravante Spina), SCUBA ADVENTURE CLUB (Francesco Gaudio), THE CONVENT CENTRE (Diana Bruni), FARE AMBIENTE (Aurelio Longo), SPI/CGIL (Salvatore Amendola), CONDOMINIO LE MANDRELLE (Stefano di Benedetti), ISCA HOTEL (Salvatore Malito), HOTEL LA SCOGLIERA (Pasquale Suriano). 
Amantea 19-09-2014

Pubblicato in Politica

coricaPerviene e pubblichiamo comunicato congiunto Amministrazione Associazioni tutela la scogliera di Corica

In riferimento alla tutela dello Scoglio di Coreca l’Amministrazione Comunale di Amantea, nell’incontro tenuto nella sala consiliare lunedì 8 settembre, si è espressa nella direzione delle Associazioni ambientaliste. All’incontro erano presenti in rappresentanza dell’Ente il Sindaco Monica Sabatino, il Vicesindaco Giovanni battista Morelli, l’Assessore all’Ambiente Antonio Rubino, l’Assessore al Porto Gianluca Cannata, l’Assessore all’Istruzione Emma Pati ed i Consigleri Giusy Osso, Caterina Ciccia ed Elena Arone. Dopo i ringraziamenti al Sindaco da parte delle Associazioni per la disponibilità, Falsetti (WWF) a nome di tutti, ha manifestato la vicinanza all’Architetto Debora Gallina (presente in sala) che solo perché firmataria della relazione paesaggistica è stata destinataria di insulti su Facebook e per strada – noi vogliamo un dialogo rispettoso e, possibilmente, costruttivo ogni forma di violenza non ci appartiene. Quindi sono stati esposti le motivazioni che hanno portato le Associazioni a chiedere quest’incontro. “Non  possiamo accettare un intervento così impattante, andare ha rompere l’ecosistema del sito con una sorta di “muraglia” che, pur se forse valida tecnicamente, obbrobriosa e devastante visivamente. Siamo disponibili a valutare solo proposte poco invasive tuonano in coro. Pienamente d’accordo con  le Associazioni gli Amministratori sull’idea di politiche volte alla tutela ma sempre nel rispetto del territorio che tutti vogliamo salvaguardare”.La volontà dell’amministrazione comunale di Amantea coincide con quanto richiesto dai rappresentanti delle Associazioni, quindi si concorda un Consiglio Comunale Straordinario per sabato 13 settembre 2014 con un unico punto all’O.d.G.,per dare risposte alle Associazioni che chiedono la sospensione del progetto di almeno sei mesi e, nel frattempo lavorare insieme per trovare soluzioni alternative. L’Architetto Gallina ha spiegato che la sua relazione si concretizza in un riempire delle caselle rispondendo a delle domande precise,  dove per un’area non soggetta a vincoli ambientali le risposte sono state obbligate. Il Sindaco Sabatino ritiene  fondamentale ripensare il territorio in un’ottica nuova, che possa vederlo tutelato nel rispetto delle regole imposte dal bello, e questo si può fare solo con una Democrazia Partecipata, che è tra le priorità di questa Amministrazione a ribadito. Cima (Borgo Chianura) ricorda a tutti che il coinvolgimento dei portatori di interesse quali Associazioni, Cittadini,Esperti ecc. è una prassi che, se utilizzata, fa certamente onore all’Amministrazione. Per tutti la tutela dello Scoglio di Coreca passa per la riqualificazione dell’intero litorale, sono da ripensare tutti gli interventi radenti che tanti danni hanno provocato, mettendo in ginocchio un territorio che per sua inclinazione naturale poteva e doveva fare del mare il suo punto di forza.L’auspicio dunque è che, nel prossimo Consiglio Comunale di sabato 13 prossimo - maggioranza ed opposizioni – votino all’unanimità di sospendere l’intervento previsto dalla Regione Calabria, cercando, unitamente al mondo associativo ed alla Città, proposte valide nel rispetto che il territorio merita. Questo processo di condivisione sinergica può solo fare bene a tutti, intanto continuiamo a registrare nuove adesioni di Associazioni che si aggiungono alle ragioni del “NO” al progetto.

Firmato: AMMINISTRAZIONE COMUNALE AMANTEA (il Sindaco Monica Sabatino, il Vicesindaco Giovanbattista Morelli, l’Assessore all’Ambiente Antonio Rubino, l’Assessore al Porto Gianluca Cannata ed i Consiglieri Emma Pati, Giusy Osso, Caterina Ciccia ed Elena Arone, WWF (Francesco Saverio Falsetti e Michele Parise), C.G.I.L. (Massimiliano Ianni), Borgo Chianura (Antonio Cima), L’Aquilone (Alessandro Garritano e Bonavita Felice), Consiglio di Frazione Campora S.G. (Enzo Garritano), Alternativa (Ottaviano Di Puglia), Lega Navale (Arch. Saverio Magnone), Vivo Alternativo (Francesco  Reale e Vincenzo Bruno), Cittadinanza Pro-Attiva (Guglielmo Garritano), PRO-LOCO Campora (Vittorio Mendicino), A.I.C.S. Gianluca Vltri, L’AQUILONE Luciano Guido, ASSOCIAZIONE ARTIGIANI (Fioravante Spina), SCUBA ADVENTURE CLUB (Francesco Gaudio). 

Pubblicato in Politica

E’ sempre più frequente vedere autocarri che spargono diserbanti sui cigli delle strade.

Sono dell’Anas, delle province ed dei comuni

L’effetto è di vedere seccare l’erba ai lati delle strade.

Viene fatto per garantire la migliore visibilità della carreggiata e della stessa segnaletica

Normalmente, quando c’erano i “cantonieri” si usava la tecnica dello sfalcio, oggi che occorre risparmiare in costo di lavoro si appalta l’irrorazione dei diserbanti.

Ma che cosa contiene questo diserbante?

Nella maggior parte dei diserbanti in commercio il principio attivo presente è il gliphosate, una sostanza che, nonostante rientri nella gamma di prodotti fitosanitari autorizzati sia a livello nazionale che europeo, secondo autorevoli studi scientifici, condotti per esempio dal Mit di Cambridge, dalla Université de Caen e dalla University of Washington, può provocare a lungo termine effetti dannosi anche sugli esseri umani.

«È proprio l’esposizione cronica – spiega l’oncologa Patrizia Gentilini - a creare maggiori rischi di tossicità per la salute, e quello che emerge è una maggiore incidenza di tumori del sangue, alterazioni al sistema endocrino, disfunzioni ormonali e danni sui meccanismi di neurotrasmissione cerebrale».

Ora secondo il decreto legislativo 194/1995 un prodotto fitosanitario può essere autorizzato solo se “non produce effetti nocivi, in maniera diretta o indiretta, sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee”.

Eppure è proprio nelle schede di sicurezza dei diserbanti a base di gliphosate che viene riportato che: “Può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico”.

Inoltre dal rapporto Ispra del 2013 tra le sostanze più rilevate nelle acque superficiali c’è appunto il gliphosate, inquinante che in Lombardia è stato ritrovato quasi sempre in concentrazioni superiori ai limiti Standard di Qualità Ambientale (Sqa)

Abbiamo fatto una ricerca scoprendo che:

Gli animali esposti ai diserbanti contenenti glifosate hanno mostrato: anoressia, ipersalivazione, letargia, vomito e diarrea. I sintomi persistono per 2 – 24 ore seguenti l’esposizione. I segni clinici appaiono dopo 30 minuti fino a 2 ore dopo l’ingestione. Gli animali possono mostrare eccitabilità e tachicardia all’inizio, seguite da atassia, depressione e bradicardia. Casi severi possono portare al collasso e alle convulsioni.

Il Servizio Veterinario di informazione per gli avvelenamenti di Londra ha registrato 150 casi di cani esposti al glifosate principalmente dopo avere ingerito erba di recente trattata con glifosate.

Di questi circa 40% non ha mostrato segni clinici, 45% ha mostrato segni da deboli a moderati e 15% sono stati classificati gravi.

In Francia al Centro Nazionale di informazioni Tossicologiche Veterinarie sono stati riportati 31 casi di intossicazione di animali domestici, di questi 25 erano cani e 4 gatti: Il vomito si è verificato entro 1-2 ore dall’ingestione nel 61% dei casi, ipersalivazione nel 26% dei casi e diarrea nel 16% dei casi. Il glifosate è stato trovato nelle urine di persone esposte alle irrorazioni di glifoste.

La Monsanto ha tenuto per anni nascosti i dati per cui dopo 28 giorni dal “trattamento” si ottiene un livello di degradazione biologica pari al solo 2%.

Per non meno di 15 giorni animali come cavalli, bovini, ovini, cani, gatti, tartarughe... non devono entrare nelle aree trattate e per ancora più tempo si consiglia di non consumare frutti di alberi nelle cui vicinanze siano stati fatti trattamenti con il glifosate.

Il professor Séralini, docente all'Università di Caen, membro della Commissione di ingegneria biomolecolare francese ha condotto numerosi esperimenti sul Roundup e spiega, nel novembre 2006, che gli erbicidi a base di glifosate sono dei “killer di embrioni” e all'esposizione a questi prodotti è associato un rischio maggiore di aborto tardivo. Altissime concentrazioni di erbicida sono inoltre state misurate nelle urine degli agricoltori degli USA nei giorni seguenti alle irrorazioni nei campi. Intossicarsi è quindi più facile di quanto si pensi.

La Monsanto è stata condannata per pubblicità menzognere: il diserbante Roundup non è biodegradabile, è nocivo per l’ambiente e per la salute

Un ottimo diserbante naturale:

Miscelare 5 litri d’acqua, 1 kg circa di sale ed 1,5 litri di aceto.

Irrorare

La questione è stata sollevata da Giuseppe Ruperto autore della foto, rappresentante della Coldiretti di Nocera Terinese, socio del WWF che ha scritto quanto di seguito:

WWF: LIMITARE L’USO DI DISERBANTI AI BORDI DELLE STRADE.

La necessità di eliminare la vegetazione che rende difficoltoso il transito automobilistico , finalizzata a garantire l’incolumità degli automobilisti, non deve comportare l’uso di sostanze chimiche che possono risultare pericolose per l’ambiente e per l’uomo.

Sono infatti sempre più numerose le segnalazioni di privati cittadini, provenienti da diverse parti della regione, preoccupati per la diffusione di diserbanti ai bordi delle strade, anche in vicinanza di luoghi frequentati e non distanti dai centri abitati.

Tale pratica non risparmierebbe ad esempio i bordi delle strade in prossimità di fontane pubbliche, e costituisce un pericolo per chi, in quei luoghi, è solito raccogliere piante selvatiche per usi alimentari.
Segnalazioni e testimonianze in tal senso sono giunte dalla provincia di Cosenza, da quella di Catanzaro (in particolare nel tratto costiero che comprende i comuni di Gizzeria, Falerna e Nocera Terinese), nonché da alcuni comuni dell’hinterland vibonese.

Sotto accusa, in particolare, sono i “neonicotinoidi”, componenti del “glyphosate” che, contrariamente alle rassicuranti dichiarazioni delle multinazionali , sarebbero tra i responsabili della scomparsa delle api e di altri utilissimi insetti impollinatori : ad esempio, basterebbero pochi nanogrammi delle sostanze presenti nei glifosati, per provocare la morte di metà degli insetti esposti, oltre a causare la perdita dell’orientamento e l’incapacità di ritrovare l’alveare.
Inoltre la parte polverizzata causerebbe dei danni alla preziosa fauna delle siepi e degli alberi posti in prossimità dell’area di intervento, senza sottovalutare il pericolo della penetrazione e della permanenza di tali sostanze nel terreno.

Un altro aspetto da non sottovalutare sono i danni che le particolari macchine utilizzate per la riduzione della vegetazione ai bordi delle strade arrecano indiscriminatamente ad alberi arbusti che invece svolgono una funzione ornamentale.

Tali macchine spesso spezzano e strappano arbusti e rami di alberi anche quando basterebbe un po’ di accortezza per salvare un Oleandro in piena fioritura, una Robinia, un Olmo ecc..
E’ poi singolare il fatto che , mentre si usano decespugliatori e macchine decespugliatrici per tagliare le cosiddette “erbacce”(spesso lasciate ai bordi delle strade a seccare e quindi con il pericolo che possano rappresentare il combustibile ideale per pericolosi incendi), nessuno si preoccupa di eliminare quelle autentiche discariche nastriformi che si osservano ai bordi delle strade e nelle piazzole di sosta, dove cartacce, lattine , bottiglie e l’immancabile plastica, accompagnano per chilometri gli spostamenti in auto dei calabresi , uno dei tanti segni di inciviltà da offrire a chi viene in vacanza in questa regione. WWF Calabria  

Pubblicato in Campora San Giovanni

guardia-costieraIl Capo del Compartimento Marittimo di Vibo Valentia Marina, C.F. (CP) Paolo MARZIO, nell’ambito delle disposizioni impartite dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, ha convocato per la serata di ieri una riunione presso la Sala Consiliare del Comune di Amantea, ove sono stati invitati i titolari degli stabilimenti balneari, il responsabile della sezione WWF di Belmonte, il rappresentante del parco marino regionale “Scogli di Isca”, il presidente della cooperativa pescatori San Rocco, i titolari di licenza di pesca e il referente del club subacquei di Amantea.

Alla riunione, organizzata grazie alla collaborazione dell’Amministrazione Comunale di Amantea, e tenuta dal Tenente MUSMECI della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina e dal Maresciallo De Caria Titolare della Guardia Costiera di Amantea, hanno partecipato con grande interesse tutti i rappresentanti degli enti invitati.

Presso la Sala Consiliare del Comune di Amantea a fare gli onori di casa il Sindaco neo-insediato Dott.ssa Monica Sabatino, che ha partecipato alla riunione prendendo atto delle problematiche rappresentate in previsione di un programma esecutivo per l’estate ormai alle porte che possa tentare di soddisfare le richieste dei balneari presenti.

Sono state richiamate tutte le Ordinanze del Capo del Compartimento Marittimo che disciplinano le varie attività lungo il litorale costiero, con particolare riferimento all’Ordinanza balneare nr.16/2012, l’Ordinanza nr.11/2009 relativa alla Zona di Tutela Biologica litorale prospiciente Amantea, l’Ordinanza nr.23/2010 relativa alle modalità di svolgimento delle attività subacquee, l’Ordinanza nr.22/2010 che disciplina ai fini della sicurezza marittima la navigazione da diporto e l’Ordinanza nr.08/2011 relativa all’esercizio della pesca marittima professionale, tutte prontamente consultabili sul sito www.guardiacostiera.it, digitando comandi periferici Capitaneria di Porto di Vibo Valentia, nonché gli aspetti riguardanti il codice della nautica da diporto.

In particolare si è cercato di invitare i fruitori del mare a comunicare con tempestività eventuali comportamenti pericolosi per la salute e l’incolumità pubblica, suggerendo di contattare immediatamente la sala operativa della Guardia Costiera di Vibo Valentia Marina, tramite il numero gratuito per le emergenze in mare 1530, al fine di far intervenire prontamente sia i mezzi nautici che le pattuglie della Guardia Costiera che opereranno quotidianamente sul territorio durante tutto il periodo estivo nell’ambito dell’operazione complessa “MARE SICURO” 2014, disposta come ogni anno dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto.

Tutti i partecipanti oltre a gradire l’iniziativa e l’incontro alla vigilia dell’inizio della stagione balneare, hanno ringraziato i militari della Guardia Costiera per l’attività quotidianamente svolta, assicurando il proprio contributo per il regolare e sicuro andamento della stessa.

Nei prossimi giorni, si legge nella nota stampa, il veloce battello pneumatico GC 353 della Guardia Costiera di Vibo Valentia Marina, sarà nuovamente rischiarato ed operativo nel porto di Amantea per le attività di vigilanza di polizia marittima, ed opererà con equipaggi addestrati al salvamento nuoto e al primo soccorso sanitario, nell’ambito dell’operazione “Mare Sicuro” che avrà il suo start operativo il 23 giugno e si concluderà il 7 settembre 2014.-

Pubblicato in Primo Piano

Continuano gli incontri de "La Nuova Primavera" con le associazioni presenti sul territorio.
Dopo aver individuato, a quanto sembra, il Candidato a Sindaco delle prossime elezioni di Maggio, Sergio Ruggiero, la delegazione capitanata dallo stesso Ruggiero incontra le associazioni "CEAM WWF Scogli d'Isca", "Trio Italia Ambiente e Salute" ed il Comitato "Natale De Grazia".

 

“In data 14 marzo 2014 si è tenuto l’ incontro tra una delegazione della lista “La Nuova Primavera” e l’Associazione CEAM WWF “Scogli d’Isca”, il Comitato “Natale De Grazia” e l’Associazione “Trio Italia Ambiente e Salute”. All’incontro hanno partecipato il Responsabile del WWF Franco Falsetti, una rappresentanza del Comitato “Natale De Grazia” costituita da Alfonso Lorelli, Michele Muoio e Fabrizio Suriano, e il Responsabile di “Trio Italia Ambiente e Salute” Egidio De Luca.

La delegazione della lista “La Nuova Primavera”, che ha incontrato le predette associazioni era costituita da Gianfranco Suriano, Mario Pizzino, Biagio Miraglia, Giovanni Aloe e Sergio Ruggiero.

Molti interessanti gli aspetti e le problematiche, relative all’ambiente, al territorio e alla tutela della salute dei cittadini, affrontate nel corso della riunione.

Si è parlato, in primis, della gravissima situazione riguardante il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti che, purtroppo, sta causando anche nel nostro comprensorio disagi pesantissimi ai cittadini. Su questa annosa problematica tutte e tre le associazioni hanno evidenziato il fatto che i futuri amministratori di Amantea e Campora San Giovanni dovranno operare al fine di evitare che i già gravissimi inconvenienti potrebbero tramutarsi in un’emergenza igienico-sanitaria per la collettività, con nefaste conseguenze per il nostro territorio, già martoriato da note vicende che hanno riguardato, il fiume Oliva e la ben nota Jolly Rosso definita come la nave dei veleni. Tale eventuale evenienza annullerebbe la capacità del comprensorio di attrarre visitatori e turisti.

Altro motivo di forte preoccupazione - tra l’altro condivisa da tutti i presenti - ha riguardato la realizzazione della discarica nel Comune di Lago in località Giani. Tale intervento, così come evidenziato in tutti gli interventi, risulta essere in netta controtendenza rispetto alle modalità di raccolta differenziata dei rifiuti attuate nel nostro Comune. Si è auspicato, inoltre, che il sistema di raccolta differenziata dovrà essere realizzato in modo spinto e con tecnologie all’avanguardia ed ecosostenibili.  

Altri temi trattati riguardano il problema del dissesto idrogeologico, problematica collegata direttamente alla salvaguardia e valorizzazione delle molteplici bellezze naturali del nostro comprensorio che potrebbe rivelarsi utile anche ad alleviare il problema occupazionale; la riscoperta delle tradizioni alimentari di nicchia con la valorizzazione e commercializzazione dei nostri prodotti tipici; il deficit riguardante il controllo, da parte dell’Ente Comune, al fine di prevenire gli abusi e i delitti edilizi che dovrà essere colmato con una riorganizzazione della macchina comunale.

Più specificatamente, in merito alla valorizzazione del corallo nero presente nei fondali del nostro mare a poca distanza dalla costa in prossimità degli scogli d’Isca, si è evidenziato che nonostante, gli impegni assunti ai vari livelli istituzionali, anche regionali, l’iniziativa posta in essere dall’Associazione “Trio Italia Ambiente e Salute” in collaborazione con altre associazione si è arenata. Tale progetto dovrà essere necessariamente sostenuto in quanto possibile volano di sviluppo per l’economia di tutto il nostro territorio.       

Quindi, nel rispetto delle reciproche posizioni ed autonomie, da questo incontro e dal dialogo generato gli esponenti della Nuova Primavera hanno ricevuto interessantissimi spunti utili a migliorare le condizioni socio-economiche e, soprattutto, ambientali di tutto il comprensorio e di quelli dei paesi limitrofi, quale nuovo modello di sviluppo dell’intero nostro comprensorio.

Fiumefreddo Bruzio. Si svolgerà il 22 agosto al Castello di Fiumefreddo Bruzio (Cs), dalle ore 18.30, il convegno “Per non abboccare; acqua bene comune, criticità del mare, consumo responsabile”, il terzo appuntamento con il ciclo di convegni, iniziato il 29 giugno, diretto a sensibilizzare e informare la popolazione calabrese sugli effetti della corretta alimentazione e delle conseguenze benefiche sulla salute, sul territorio e sull’ambiente che ne derivano. L’iniziativa è promossa dall'associazione “Le Donne Scelgono”, in collaborazione con il Comune di Fiumefreddo Bruzio, il Comitato De Grazia e Slow Fish. E' quanto si legge in una nota stampa ufficiale di presentazione diramata il 18 agosto 2013 e che riportiamo integralmente. Obiettivo del convegno è affrontare il delicato e attuale argomento della tutela delle acque, della salvaguardia dell’ambiente marino, delle politiche idonee a proteggere l’ecosistema e dell’educazione del consumatore.

La salute - spiega la nota stampa - è legata all’ambiente in cui viviamo, al cibo di cui ci nutriamo, alle acque che utilizziamo comprese le acque marine. Le acque, come il cibo, sono dei beni comuni e devono essere tutelate. Il mare rappresenta il terminale di molti contaminanti (diossine, pesticidi, Pcb, metalli pesanti, veleni e rifiuti tossici) utilizzati nell’ambiente terrestre; contaminazioni che arrivano da fiumi, da scarichi di tubi, condotte spesso illegali, dall’inefficiente funzionamento degli impianti di depurazione e da traffici illegali. Il mare, un patrimonio di inestimabile valore, è quotidianamente aggredito da inquinamento e da attività economiche e industriali  non sostenibili che hanno determinato lo scarico a mare di scorie inquinanti. Le condizioni degli ecosistemi marini oggi sono molte critiche. Gli allevamenti di pesce, in particolare quelli intensivi, creano problemi: distruzione degli ecosistemi, inquinamento, uso di antibiotici. Tali problematiche minacciano seriamente il mare, la sua balneazione e la qualità del pescato. Il degrado delle acque potabili e marine può comportare rischi notevoli per la salute. Le acque scarseggiano, come i pesci; in qualità di consumatori dobbiamo cominciare a ridurre il consumo di acqua, a chiederci come tutelare l’acqua, se le falde acquifere siano inquinate, quanta acqua si utilizza per un pasto a base di carne ed uno a base di verdure e quanta acqua si consuma per una crostata della nonna e una dannosa merendina di tipo industriale. Come consumatori di pesce dobbiamo orientarci verso il pesce azzurro, fresco, di stagione e pescato vicino casa.

Questi argomenti saranno al centro del convegno, a cui intervengono: Vincenzo Aloise, sindaco di Fiumefreddo Bruzio, Daniela Andreani, presidente dell’associazione “Le Donne Scelgono”, Massimo Benedetti, promotore dell’associazione “Le Donne Scelgono”, Silvio Greco, presidente Slow Fish, Gianfranco Posa, del Comitato De Grazia, Nicola Cantasano, del Wwf. Modera Tonino Chiappetta, giornalista.

 

 

Pubblicato in Basso Tirreno

Il TAR accoglie il ricorso di Italia Nostra ed annulla il decreto regionale 10303 del 23 agosto 2011 del dirigente generale della Regione con il quale era stato dato parere favorevole di compatibilità ambientale. “Italia Nostra”, rappresentata dall'avvocato Marcello Nardi, aveva proposto ricorso contro Regione Calabria e Comune. Il Tar aveva già riconosciuto la validità delle osservazioni, e con l'ordinanza n. 487/12 del 15 settembre 2012 aveva sospeso il provvedimento impugnato rinviando all'udienza del 17 maggio 2013 per la trattazione nel merito. Di seguiti per una lettura approfondita il testo integrale della sentenza:

N. 00837/2013 REG.PROV.COLL. N. 00445/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 445 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da Italia Nostra Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Marcello Nardi, domiciliata presso la Segreteria del Tribunale;

contro

- la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, non costituita in giudizio;

- il Comune di Scalea, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Sangiovanni, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale;

nei confronti di

- C.E.M. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Sergio Como e Giovanni Spataro, domiciliata presso la Segreteria del Tribunale;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

W.W.F. Onlus, Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Spinelli, domiciliata presso la Segreteria del Tribunale;

per l’annullamento

del decreto n. 10303 del 23 agosto 2011 del Dirigente Generale della Regione Calabria, con cui è stato espresso parere favorevole in merito alla compatibilità ambientale del progetto per i lavori di realizzazione del porto turistico “Torre Talao” nel Comune di Scalea;

e, con ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento

del verbale della seduta conclusiva della conferenza di servizi del 3 gennaio 2012, di approvazione del progetto definitivo dei lavori di realizzazione del porto turistico;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Scalea e di C.E.M. S.p.a.;

Visto il ricorso per motivi aggiunti proposto dalla ricorrente;

Vista l’ordinanza n. 487 del 15 settembre 2012, con la quale è stata accolta l’istanza cautelare proposta da parte ricorrente;

Visto l’atto di intervento del W.W.F Onlus, Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella pubblica udienza del 17 maggio 2013 il Cons. Giovanni Iannini ed uditi i difensori delle parti, come da verbale;

Vista l’ordinanza n. 631 del 30 maggio 2013;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con atto in data 3 febbraio 2012 Italia Nostra Onlus proponeva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il decreto n. 10303 del 23 agosto 2011 con cui il Dirigente Generale del Dipartimento Politiche dell’Ambiente, sulla scorta del parere del Nucleo VIA - VAS- IPPC, aveva espresso parere favorevole, con prescrizioni, in ordine alla compatibilità ambientale del progetto per i lavori di realizzazione del porto turistico “Torre Talao” nel Comune di Scalea.

A fondamento del ricorso l’Associazione ricorrente deduceva:

1.1 Eccesso di potere per carenza di istruttoria, falsità di presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti; Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 1, 22, comma 3, 26, commi 1 e 5, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e dell’art. 97 Cost.

1.1.1 Secondo la ricorrente:

- il progetto definitivo redatto dal concessionario per la progettazione e l’esecuzione dell’opera, che contempla un porto a bacino interno con 510 posti barca, ha operato lo stravolgimento del progetto su cui si era espresso il Consiglio comunale di Scalea con la delibera del 26 febbraio 2003, che prevedeva un porto a moli convergenti della capienza di 320 posti barca;

- sul progetto di porto a moli convergenti di minore capienza sono stati predisposti dal consulente Prof. Paolo De Girolamo la relazione illustrativa, lo studio meteomarino, lo studio dell’impatto delle opere portuali sulla dinamica costiera e lo studio dell’inserimento ambientale paesaggistico;

- l’Ufficio del Genio Civile per le Opere Marittime di Reggio Calabria, nel parere reso in data 14 marzo 2003 sul progetto preliminare a moli convergenti, ha suggerito di supportare i successivi affinamenti del progetto mediante adeguato modello fisico in scala adeguata (c.d. prova in vasca), in modo da rendere conto delle interferenze del porto con il trasporto solido longitudinale e degli effetti indotti a monte e a valle delle opere;

- l’ATI CEM, nel redigere il progetto definitivo, non si è preoccupata della prova in vasca, nonostante fosse stata già prescritta;

- l’Ufficio del Genio Civile per le Opere Marittime di Reggio Calabria, in un nuovo parere del 7 maggio 2009, ha mantenuto la prescrizione di supportare il progetto con adeguato modello fisico, anche al fine di valutare gli effetti indotti dalla deviazione del canale Tirello;

- il modello matematico richiamato dall’Ufficio del Genio Civile per le Opere Marittime è quello predisposto dal Prof. De Girolamo per “un porto scavato a terra con imboccatura del tipo a moli convergenti” molto più piccolo e molto meno sporgente in mare;

- la notevole differenza esistente tra un porto con moli convergenti che sporgono 80 metri e una diga foranea lunga 300 metri parallela alla costa, che sporge 200 metri dalla spiaggia, avrebbe reso necessario rifare ex novo i calcoli;

- le prevista deviazione e “tombatura” del canale Tirello stravolgerebbe equilibri tra elementi naturali armonizzati nel corso dei secoli;

- l’Autorità di Bacino della Regione Calabria, in un parere reso nella conferenza dei servizi del 15 maggio 2009, ha imposto la deviazione a nord della darsena di un altro canale parallelo al Tirello, denominato Sallegrino (o Sellerino);

- il progetto definitivo per la realizzazione del porto è approdato al Nucleo VIA della Regione Calabria in assenza dei dati per valutare gli aspetti più importanti dell’impatto ambientale correlato alla costruzione del porto, quali la variante progettuale per deviare il Sallegrino, uno studio matematico predisposto in relazione alle soluzioni di cui al progetto definitivo e la prova in vasca;

- in conseguenza il giudizio VIA è stato reso in assenza del dato più rilevante, costituito dall’impatto del porto sulla costa;

- l’illegittimità della valutazione espressa non è esclusa dalla prescrizione impartita dal Nucleo, per la quale: “al fine di determinare il reale impatto delle opere di progetto sulla dinamica costiera, dovrà essere sviluppato, a supporto del modello matematico utilizzato in fase progettuale, un adeguato modello fisico che permetta di rendere conto delle interferenze del porto con il trasporto solido longitudinale e degli effetti indotti a monte e a valle delle opere stesse”; ciò in quanto l’art. 26, comma 5, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 dispone che “il provvedimento contiene le condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti”;

- è erronea e illogica altra prescrizione del Nucleo VIA, secondo cui: “qualora i risultati di tale modello fisico, previa verifica e controllo da parte dell'Arpacal, si discostino dalle previsioni del modello matematico, le nuove necessarie valutazioni progettuali dovranno essere sottoposte a valutazione di impatto ambientale”; ciò in quanto il modello matematico è relativo al progetto preliminare a moli convergenti del 2003, totalmente differente rispetto a quello definitivo adottato nel 2008.

1.1.2 Il porto dovrebbe sorgere nei pressi delle grotte di Torre Talao esistenti ai piedi della rocca, che costituiscono il più importante complesso musteriano della Regione.

Il rilievo planoaltimetrico, richiesto dalla relazione geologica costituente parte integrante del parere reso dalla soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria di Reggio Calabria, non avrebbe dovuto essere oggetto di ulteriore prescrizione con la VIA, ma avrebbe dovuto far parte dei documenti che il Nucleo VIA avrebbe dovuto esaminare ai fini della valutazione. In assenza di esso non sarebbe dato sapere quale sia l’esatta consistenza della Rocca, che è ricoperta alla base da materiale che dovrà essere asportato e dragato e presenta un piano di campagna sopraelevato di 4/5 metri rispetto al livello del mare.

1.1.3 Il progetto della CEM non terrebbe conto di quanto imposto dall’Autorità di Bacino nel parere del 15 maggio 2009, che ha evidenziato la necessità di deviare il canale Sallegrino, ipotizzando un percorso a monte dell’opera portuale in zona di sopraflutto.

1.2 Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà. Violazione e falsa applicazione dell'art. 26, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006.

La ricorrente richiamava l’art.. 26, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, per il quale la VIA “sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta, e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell’impianto”.

Tale previsione implicherebbe che la valutazione di impatto ambientale deve essere effettuata in relazione ad un progetto completo ed aderente alle prescrizioni fornite. Il decreto oggetto di impugnazione sarebbe intervenuto in relazione ad un progetto che non prevede la deviazione del canale Sallegrino, pur imposta dall’Autorità di Bacino e che non è supportato da adeguato modello fisico (prova in vasca), secondo le indicazioni dell’Ufficio del Genio Civile per le Opere Marittime.

L’Associazione ricorrente concludeva chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.

2. In data 6 aprile 2012 la controinteressata CEM S.p.a. notificava all’Associazione ricorrente atto di opposizione ai sensi dell’art. 10 del DPR 24 novembre 1971 n. 1199, ai fini della trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale.

La ricorrente si costituiva innanzi al Tribunale ai sensi dell’art. 48 c.p.a.

Si costitutiva in giudizio la controinteressata CEM, che nel controricorso deduceva l’infondatezza delle argomentazioni dell’Associazione ricorrente. Essa negava che l’aumento dei posti barca, necessario al fine di assicurare la redditività dell’investimento, anche a causa della perdita dei finanziamenti pubblici, importasse una stravolgimento del progetto.

Il riferimento alle prescrizioni relative all’effettuazione di prove con adeguato modello fisico sarebbe frutto del travisamento del concetto tecnico espresso dal Genio Civile per le opere marittime in merito all’incertezza propria dei modelli matematici. Sottolineava la controinteressata che l’effettuazione di tali prove su modello fisico è stata rimandata al momento antecedente l’esecuzione dei lavori, per evitare inutili esborsi, data la possibilità di modifiche.

La controinteressata chiedeva, pertanto, il rigetto del ricorso.

La Regione Calabria non si costituiva in giudizio.

3. Con atto notificato al Comune di Scalea, alla CEM e alla Regione Calabria, l’Associazione ricorrente proponeva motivi aggiunti, estendendo l’impugnazione al verbale del 3 gennaio 2012 della seduta conclusiva della conferenza di servizi relativa all’approvazione del progetto definitivo del porto e chiedendo la concessione di misure cautelari.

Deduceva la ricorrente:

3.1 Violazione dell’art. 14 ter, comma 2, della legge n. 241/1990 e degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 del DPR n. 509/1997.

Alla conferenza di servizi non avrebbe partecipato la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Regione Calabria, competente ad esprimere il parere in quanto l’intervento progettato necessita del parere di più soprintendenze di settore.

L’Agenzia del Demanio, cui, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto essere richiesta la concessione demaniale, non sarebbe stata invitata a partecipare alla conferenza di servizi relativa all’approvazione del progetto preliminare e, anche nell’ambito del procedimento relativo all’approvazione del parere definitivo, non avrebbe reso alcun parere.

Non sarebbe stato invitato, inoltre, l’Ufficio del Territorio del Ministero dell’Economia e Finanze, la cui partecipazione è prevista dal DPR n. 509/1997, che disciplina il rilascio delle concessioni demaniali marittime.

3.2 Violazione dell’art. 14 ter, comma 6 bis, della legge n. 241/1990, dell’art. 97 Cost., eccesso di potere per abnormità dell’azione amministrativa.

Alla conferenza di servizi non avrebbero partecipato numerosi enti ed uffici.

Il procedimento sarebbe stato chiuso anche se il progetto non prevede la deviazione del canale Sellegrino e in assenza degli studi idrogeologici dei canali Tirello e Sellegrino, pur imposti dall’Autorità di Bacino. Inoltre non sarebbero state effettuate le prove su modello fisico.

3.3 Violazione dell’art. 14 bis, commi 5 e 6, della legge n. 241/1990 e dell’art. 5, comma 5, del DR n. 509/1997.

Lo stravolgimento del progetto definitivo rispetto al progetto preliminare implicherebbe la violazione delle regole procedimentali per la concessioni demaniali marittime, articolate sull’approvazione in sequenza dell’uno e dell’altro progetto.

3.4 Violazione degli artt. 1, 6 e 7 della l.r. n. 23/1990.

Alla luce delle previsioni della l.r. n. 23/1990, che prevede le misure minime di salvaguardia in relazione ai territori costieri, zone di interesse archeologico, torri costiere, castelli e cinte murarie, nel luogo in cui dovrebbe essere collocato il porto sarebbero consentiti solo interventi di manutenzione e restauro.

Le previsioni della legge regionale, sottolineava la ricorrente, prevalgono su quelle degli strumenti urbanistici.

4. Con ordinanza n. 487 del 15 settembre 2012 veniva accolta l’istanza cautelare proposta da parte ricorrente.

5. Si costituiva, quindi, il Comune di Scalea, producendo numerosi documenti e chiedendo il rigetto del ricorso.

Spiegava, inoltre, intervento il W.W.F. Onlus, Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature, in posizione adesiva rispetto alla ricorrente Italia Nostra, riprendendo le argomentazioni già svolte da quest’ultima e sottolineando la grave violazione delle norme comunitarie, non essendo stato valutato l’impatto dell’opera sul vicino sito di interesse comunitaria (S.I.C.) Fondali Isola di Dino - Capo Scalea.

Le parti producevano ulteriori memorie.

Nella memoria di replica la controinteressata CEM S.p.a., fatte le proprie deduzioni riguardo all’eccezione della ricorrente relative alla tardività del deposito di relazione tecnica di parte, formulava una serie di eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.

6. Alla pubblica udienza del 17 maggio 2013, sentiti i difensori delle parti, la causa veniva trattenuta per la decisione.

 

Nella camera di consiglio del 17 maggio 2013 il Collegio, sulla base del disposto del 3° comma dell’art. 73 c.p.a., rilevata d’ufficio, dopo il passaggio in decisione della causa, una questione non sollevate dalle parti, riservava la decisione e invitava le parti a presentare memorie vertenti su l’unica questione indicata, nel termine di quindici giorni. La questione atteneva, in particolare, all’ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti a causa della possibile qualificazione del verbale della seduta conclusiva della conferenza di servizi quale atto endoprocedimentale, non autonomamente impugnabile ed alla correlata necessità di sottoporre ad impugnazione il provvedimento finale dell’opera sottoposta a VIA, esibito dalla difesa del Comune di Scalea, nonché la connessa questione riguardante le conseguenze dell’eventuale inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti sull’ammissibilità o procedibilità del ricorso introduttivo avente ad oggetto l’impugnazione del decreto di compatibilità ambientale.

Le parti producevano memorie nei termini fissati.

Nella camera di consiglio del 20 giugno 2013 il Collegio scioglieva la riserva, decidendo la causa.

DIRITTO

1. Con deliberazione n. 178 del 2 settembre 2002 la Giunta comunale di Scalea assegnava all’Ufficio tecnico il compito di redigere un progetto preliminare per la costruzione di un porto turistico in località Torre Talao.

Il Responsabile dell’Ufficio tecnico, a sua volta, affidava al prof. Paolo De Girolamo l’incarico di effettuare gli studi e le analisi per valutare la fattibilità del progetto.

Il tecnico incaricato, effettuati gli studi necessari, consegnava al Comune la documentazione tecnica elaborata, costituita da relazione illustrativa, studio meteomarino, studio dell’impatto delle opere portuali sulla dinamica costiera e studio dell’inserimento ambientale paesaggistico.

Con deliberazione n. 4 del 26 febbraio 2003 il Consiglio comunale di Scalea approvava la proposta di realizzazione di un porto a moli convergenti della capienza di circa 320 barche, con il sistema della concessione di costruzione e gestione, per la durata massima di trenta anni, ai sensi degli artt. 19 e 20 della legge n. 109/1994 e dell’art. 84 del D.P.R. n. 554/1999.

Seguiva la conferenza di servizi volta all’acquisizione degli atti di competenza delle varie autorità in ordine al progetto preliminare, che, ricevuta la qualificazione di studio di fattibilità, veniva approvato con prescrizioni.

Veniva, quindi, avviato procedimento di evidenza pubblica volto all’affidamento della concessione, che si concludeva con la determinazione del 9 ottobre 2007 con cui veniva disposta l’aggiudicazione in favore dell’ATI CEM S.p.a. e Ing. Ferrara Raffaele della concessione di progettazione, costruzione e gestione del porto turistico. La durata della gestione veniva fissata in 90 anni, in conformità a quanto previsto dalla deliberazione del 9 novembre 2004 del Consiglio comunale, che, sulla scorta di una relazione aggiuntiva allo studio di fattibilità, aveva approvato la modificazione del termine originario, fissato in 30 anni.

Il contratto di concessione veniva stipulato il 3 giugno 2008.

Con delibera n. 113 del 9 settembre 2008 il Consiglio comunale di Scalea approvava il progetto definitivo predisposto dall’ATI aggiudicataria, che prevede la realizzazione di un porto a bacino, anziché a moli convergenti, con diga foranea prospiciente il porto, con capienza di 510 barche.

In data 15 maggio 2009 aveva luogo presso il Comune di Scalea la prima seduta della conferenza di servizi finalizzata all’acquisizione degli assensi delle autorità preposte alla cura dei diversi interessi pubblici coinvolti.

L’11 settembre 2009 il Comune trasmetteva il progetto definitivo al Dipartimento Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria, ai fini della valutazione di compatibilità ambientale.

Il Nucleo VIA - VAS - IPPC della Regione Calabria, nella seduta del 27 luglio 2011, esprimeva parere favorevole.

Con decreto n. 10303 del 23 agosto 2011 il Dirigente Generale della Regione Calabria, preso atto del parere del Nucleo VIA - VAS- IPPC, esprimeva parere favorevole in merito alla compatibilità ambientale del progetto per i lavori di realizzazione del porto turistico “Torre Talao” nel Comune di Scalea.

Avverso tale decreto Italia Nostra Onlus proponeva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, successivamente trasposto in sede giurisdizionale.

Il 3 gennaio 2012 aveva luogo la seduta conclusiva della conferenza di servizi per l’approvazione del progetto definitivo dei lavori di realizzazione del porto turistico. Il relativo verbale era oggetto di impugnazione da parte di Italia Nostra Onlus, mediante ricorso per motivi aggiunti.

Con determinazione n. 27/LP del 22 maggio 2012 il Responsabile del Servizio Lavori Pubblici del Comune di Scalea prendeva atto dell’esito della conferenza di servizi, delle prescrizioni degli enti ed uffici intervenuti, da recepire nel progetto esecutivo da predisporre a cura della concessionaria, e della conclusione del procedimento della conferenza di servizi. Seguiva la pubblicazione ai sensi del comma 10 dell’art. 14 ter della legge n. 241/1990 nel Bollettino regionale, oltre che in un quotidiano a diffusione nazionale.

2. La controinteressata ATI CEM, rilevato che il ricorso è stato portato all’esame del giudice amministrativo a seguito di trasposizione di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha eccepito l’inammissibilità del gravame proposto innanzi al Capo dello Stato, destinata a riflettersi sul giudizio incardinato innanzi all’organo giurisdizionale.

Essa osserva che la controversia oggetto del presente giudizio rientra tra quelle concernenti procedure di affidamento di pubblici lavori, contemplate dall’art. 120, 1° comma, c.p.a., per le quali è prevista unicamente la proposizione di ricorso giurisdizionale innanzi al tribunale amministrativo regionale competente, con esclusione della possibilità di proporre ricorso straordinario al Capo dello Stato.

L’eccezione è priva di fondamento.

La controversia oggetto del presente giudizio non concerne una procedura di affidamento di pubblici lavori, ma riguarda esclusivamente atti inquadrabili nel procedimento attinente all’approvazione del progetto definitivo di un’opera pubblica.

Una procedura di affidamento vi è stata, ma si è conclusa con l’aggiudicazione definitiva della concessione in favore dell’odierna controinteressata.

La portata delle previsioni di cui agli artt. 119, 1° comma, lett. a) e 120, 1° comma, c.p.a., che fanno riferimento a procedure di affidamento di lavori pubblici, servizi e forniture, non può essere dilatata al punto da ricomprendervi anche ogni fatto giuridicamente rilevante conseguente all’affidamento, essendo chiaro, anche in base alla ratio legis, che le norme intendono riferirsi esclusivamente ai procedimenti finalizzati all’affidamento e non ad altre attività successive all’affidamento stesso.

Deve, pertanto, considerarsi ammissibile la proposizione di ricorso straordinario avverso l’atto oggetto del presente giudizio, con conseguente possibilità di trasposizione innanzi all’organo giurisdizionale.

Né maggior consistenza ha, invero, l’ulteriore rilievo della controinteressata, volto ad affermare la riconducibilità della fattispecie alle procedure di occupazione e di espropriazione di aree per l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, con conseguente dimezzamento dei termini processuali. Il rilievo è stato avanzato al fine di superare l’eccezione dell’associazione ricorrente volta rimarcare la tardività della produzione di una relazione tecnica di parte in ordine all’utilizzo del modello matematico, avvenuta oltre il termine dei quaranta giorni precedenti l’udienza,

Il fatto che l’approvazione di un progetto definitivo di opera pubblica possa implicare dichiarazione di pubblica utilità non comporta che, in ogni caso, debba procedersi all’acquisizione di beni di proprietà dei privati.

D’altra parte, se anche, in ipotesi, siano previsti atti ablativi dell’altrui proprietà, ciò non determina l’attrazione di ogni possibile controversia nell’area delle espropriazioni, a prescindere dall’oggetto della stessa.

In conseguenza, deve disporsi lo stralcio dagli atti di causa della relazione tecnica, prodotta l’8 aprile 2013, oltre il termine sopra indicato.

3. Altra eccezione delle parti resistenti attiene all’autonoma impugnabilità del decreto con cui è stata dichiarata la compatibilità ambientale dell’opera di cui si tratta.

Si sostiene che la valutazione attinente all’impatto ambientale ha una valenza unicamente endoprocedimentale, con la conseguenza che le relative determinazioni possono essere oggetto di censura solo in sede di impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento.

L’eccezione è infondata.

Le procedure di V.I.A. si inseriscono all’interno del procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, ma sono pur sempre dotate di autonomia. Esse, infatti, sono dirette a tutelare un interesse di carattere generale quale quello attinente all’ambiente. La relativa valutazione ha carattere di definitività ed è già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali, con conseguente immediata impugnabilità degli atti conclusivi da parte dei soggetti interessati alla protezione di quei valori e, segnatamente, da parte delle associazioni aventi tra i propri scopi la tutela ambientale (ex plurimis, TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 15 marzo 2013 n. 713; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 4 giugno 2012 n. 1177).

Il carattere di autonomia del procedimento in questione e l’immediata impugnabilità del provvedimento conclusivo di esso è, del resto, oggi agevolmente desumibile dal disposto dell’art. 27 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, che prevede che “Il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale è pubblicato per estratto, con indicazione dell’opera, dell’esito del provvedimento e dei luoghi ove lo stesso potrà essere consultato nella sua interezza, a cura del proponente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale ovvero nel Bollettino Ufficiale della regione, per i progetti di rispettiva competenza. Dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ovvero dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati”.

4. Come anticipato nell’esposizione in fatto, dopo il passaggio in decisione della causa è stata adottata ordinanza n. 631 del 30 maggio 2013, con la quale è stato sollecitato il contradditorio delle parti, mediante il deposito di memorie, su una questione rilevata d’ufficio, attinente all’ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, a causa della possibile qualificazione del verbale della seduta conclusiva della conferenza di servizi quale atto endoprocedimentale, non autonomamente impugnabile ed alla correlata necessità di sottoporre ad impugnazione il provvedimento finale dell’opera sottoposta a VIA, esibito dalla difesa del Comune di Scalea. Questione che coinvolge anche la connessa problematica riguardante le conseguenze dell’eventuale inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti sull’ammissibilità o procedibilità del ricorso introduttivo avente ad oggetto il decreto di compatibilità ambientale.

Ciò in base al disposto dell’art. 73, 3° comma, c.p.a., che, sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 101 c.p.c., nel testo novellato dalla legge n. 69/2009, prevede che: “Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest’ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie”.

La problematica attiene all’ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, che è teso ad impugnare il verbale della seduta conclusiva della conferenza di servizi, volta ad acquisire gli atti di assenso da parte delle amministrazioni cui è affidata la cura dei vari interessi coinvolti dalla costruzione dell’opera in questione.

L’art. 14 ter della legge n. 241/1990, al comma 6 bis prevede che “All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui ai commi 3 e 4, l’amministrazione procedente, in caso di VIA statale, può adire direttamente il Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; in tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza...”.

Risulta dalla norma ora richiamate che all’esito della conferenza di servizi l’amministrazione procedente - nel caso di specie il Comune di Scalea - deve adottare una determinazione motivata sulla base delle posizioni prevalenti espresse in seno alla conferenza di servizi, che sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso di competenza delle amministrazioni partecipanti ovvero invitate a partecipare ma risultate assenti.

Si è detto che il 3 gennaio 2012 ha avuto luogo la seduta conclusiva della conferenza di servizi per l’approvazione del progetto definitivo dei lavori di realizzazione del porto turistico e che il relativo verbale è stato impugnato da parte di Italia Nostra Onlus, mediante ricorso per motivi aggiunti.

Il problema che si pone è se il verbale della seduta conclusiva della conferenza di servizi possa costituire oggetto di impugnazione ovvero se il gravame debba essere necessariamente diretto avverso la successiva determinazione, assunta con atto in data 22 maggio 2012, pubblicato ai sensi del comma 10 dell’art. 14 ter della legge n. 241/1990.

L’associazione ricorrente, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 73, 3° comma, c.p.a., ha evidenziato che il carattere meramente endoprocedimentale del verbale della conferenza di servizi deve essere negato a seguito dell’abrogazione del comma 9 dell’art. 14 ter, che prevedeva l’adozione di un provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva, dando luogo ad una struttura dicotomica dell’istituto della conferenza di servizi.

In sostanza, secondo l’associazione ricorrente, essendo venuta meno la necessità di adottare un provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva, l’impugnazione dovrebbe essere diretta avverso il verbale conclusivo, che avrebbe perso il carattere endoprocedimentale.

Osserva il Collegio che la conferenza di servizi in precedenza era caratterizzata da una struttura “dicotomica”, in quanto la fase conclusiva era articolata in due fasi: una prima, consistente nella determinazione conclusiva della conferenza e una seconda coincidente con l’adozione del provvedimento finale da parte dell’autorità procedente.

La giurisprudenza si è pronunciata in diverse occasioni sul rapporto tra la prima e la seconda fase, con riferimento, in particolare, al quesito se riconoscere valenza lesiva già all’atto conclusivo della prima fase, con conseguente onere di immediata impugnazione o se collegare tale effetto solo al provvedimento finale.

Nel periodo precedente all’entrata in vigore della legge 11 febbraio 2005 n. 15 e in base all’assetto delineato dalla legge sul procedimento amministrativo, nel testo novellato dalla legge 24 gennaio 2000 n. 340, si era affermato il carattere immediatamente lesivo della determinazione conclusiva della conferenza di servizi. Questo sulla base del disposto del comma 2 dell’art. 14 quater della legge n. 241/90 che, nel disciplinare l’ipotesi del dissenso espresso in sede di conferenza, prevedeva espressamente che la determinazione conclusiva avesse un carattere immediatamente esecutivo, nonché del disposto del comma 7 dell’art. 14 ter della stessa legge, secondo cui la determinazione conclusiva della conferenza era immediatamente impugnabile da parte dell'amministrazione dissenziente.

Con l’entrata in vigore della legge n. 15/2005, il quadro normativo è risultato profondamente modificato e la giurisprudenza ha dovuto prendere atto di significative novità. Innanzi tutto, l’esplicita abrogazione della previsione normativa di cui al comma 2 dell’art. 14 quater della legge n. 241/90, concernente il carattere immediatamente esecutivo della determinazione conclusiva dei lavori della conferenza. Tale abrogazione sarebbe significativa di “una piana voluntas legis volta al superamento del carattere di autonoma impugnabilità della suddetta determinazione” (Cons. St., sez. VI, 11 novembre 2008, n. 5620). Altro elemento rilevante l’abrogazione della previsione che consentiva alle amministrazioni dissenzienti di impugnare direttamente e immediatamente la determinazione conclusiva della conferenza di servizi (comma 7 dell’art. 14 ter). Infine, soprattutto, il nuovo comma 9 dell’art. 14 ter, che rimetteva all’amministrazione procedente il compito di emettere un provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6 bis dello stesso articolo, nel quale essa doveva tenere conto delle posizioni prevalenti, e non quantitativamente maggioritarie, espresse in sede di conferenza di servizi.

Alla luce della modifica introdotta a livello normativo il provvedimento finale è stato considerato come espressione di un autonomo potere rimesso all’autorità procedente, non legato da un nesso di presupposizione/consequenzialità automatica con le determinazioni della conferenza e, quindi, non soggetto ad un effetto caducatorio automatico derivante dall’eventuale invalidità delle determinazioni assunte in sede di conferenza (Cons. St., sez. VI, 31 gennaio 2011222 n. 712).

Da qui la configurazione di una struttura dicotomica dell’istituto in questione, per la quale il provvedimento finale non assume una valenza meramente riepilogativa e dichiarativa delle determinazioni assunte in sede di conferenza, ma costituisce autonomo momento costitutivo delle determinazioni conclusive del procedimento.

La giurisprudenza ha ritenuto che il legislatore, nel delineare la struttura bifasica cui si è fatto riferimento, ha inteso far sì che, all’esito dei lavori, debba sopraggiungere pur sempre un provvedimento conclusivo di competenza dell’autorità procedente, destinato ad assumere una valenza esoprocedimentale ed esterna, nonché un effetto determinativo della fattispecie e incidente sulle situazioni degli interessati.

Il tessuto normativo ha subito ulteriori modifiche a seguito delle modificazioni introdotte in materia dall’art. 49 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni in legge 30 luglio 2010 n. 122.

Il comma 9 dell’art. 14 ter, come si è detto, configurava l’atto finale del procedimento come un provvedimento necessariamente conforme alla determinazione di conclusione della conferenza di cui al comma 6 bis..

Tale comma è stato abrogato dal d.l. n.78/2010, di talché la determinazione finale rappresenta il momento terminale della conferenza e assume, in conseguenza, valenza provvedimentale e autonoma potenzialità lesiva di posizioni giuridiche soggettive ed è suscettibile, quindi, di immediata impugnazione. Tanto è vero che il comma 6 bis dell’art. 14 ter, nel testo riformulato, assegna ora alla determinazione motivata di conclusione del procedimento il ruolo di sostituire, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti.

È alla luce di tale quadro normativo che va valutata la problematica affrontata in questa sede, attinente al ruolo da assegnare alla determinazione n. 27/LP del 22 maggio 2012 del Responsabile del Servizio Lavori Pubblici del Comune di Scalea e alla necessità di impugnare tale atto in luogo del verbale della seduta conclusiva della conferenza di servizi, gravata dall’associazione ricorrente con motivi aggiunti.

Ritiene il Collegio che la configurazione di tale determinazione quale unico atto aggredibile in sede giudiziaria implicherebbe un sostanziale ritorno ad una struttura bifasica del modulo procedimentale in questione, che risulterebbe, tuttavia, in contrasto con l’attuale assetto normativo quale delineato dalle modifiche intervenute nel 2010, che, con l’abrogazione del comma 9 dell’art. 14 ter, ha esplicitamente escluso un’autonoma fattispecie provvedimentale successiva alla conclusione della conferenza di servizi.

Pur dovendosi rilevare uno scarso coordinamento fra norme quali risultanti a seguito della novella del 2010, che determina, indubbiamente, non pochi dubbi a livello interpretativo, la conclusione cui sembra potersi giungere è che la determinazione in questione ha una funzione meramente riepilogativa dell’andamento del procedimento relativo all’approvazione del progetto definitivo ed è finalizzata essenzialmente alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione e sugli organi di stampa, così come previsto dal comma 10 dell’art. 14 ter.

Che le cose stiano in questi termini è confermato dal fatto che già nel verbale della conferenza di servizi, impugnato con motivi aggiunti, si specifica che alla luce dei pareri espressi si chiude favorevolmente la conferenza di servizi e si approva il progetto definitivo del porto turistico. D’altra parte, la determina n. 27 del 22 maggio 2012, come sottolinea l’associazione ricorrente, si limita ad effettuare una ricostruzione del procedimento e a dare atto della necessità di procedere alle forme di pubblicazione previste dalla legge.

Il Collegio, pertanto, ritiene che l’atto oggetto di impugnazione con motivi aggiunti possa assumere il ruolo di elemento determinativo della fattispecie, incidente sulle situazioni giuridiche degli interessati.

5. La controinteressata ha sollevato un’ulteriore eccezione, relativa alla mancata notificazione del ricorso per motivi aggiunti a tutti i soggetti che hanno preso parte alla conferenza e hanno concorso all’emanazione degli atti gravati.

L’eccezione non ha fondamento.

Il principio espresso dalla giurisprudenza è che il gravame deve essere notificato, non a tutti i soggetti che hanno partecipato alla conferenza, ma alle Amministrazioni che, nell’ambito della conferenza, hanno espresso pareri o determinazioni che la parte ricorrente avrebbe avuto l’onere di impugnare autonomamente, se gli stessi fossero stati adottati al di fuori del peculiare modulo procedimentale in esame (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 12 marzo 2013 n. 1406).

Nel caso di specie le censure non sono dirette a contestare il contenuto di atti di amministrazioni intervenute nella conferenza, diverse da quelle già evocate in giudizio, giacché, per converso, tali atti sono richiamati, sotto più aspetti, a sostegno delle tesi di parte ricorrente. Non si tratta, quindi, di atti che la parte avrebbe avuto onere di impugnare se assunti al di fuori del modulo procedimentale della conferenza di servizi.

6. Passando all’esame del merito, deve partirsi dal primo motivo di ricorso, con il quel l’associazione ricorrente deduce i vizi di eccesso di potere per carenza di istruttoria, falsità di presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 1, 22, comma 3, 26, commi 1 e 5, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e dell’art. 97 Cost.

Le argomentazioni della ricorrente sono volte, sostanzialmente, ad affermare che il provvedimento della Regione Calabria relativo alla compatibilità ambientale dell’opera è intervenuto in assenza di alcuni degli elementi indispensabili ai fini di un’adeguata istruttoria.

La rilevata carenza istruttoria discenderebbe, innanzi tutto, dalla profonda differenza tra il progetto definitivo approntato dalla concessionaria, in relazione al quale è intervenuta la valutazione di impatto ambientale, e il progetto di porto in relazione al quale erano stati effettuati gli studi da parte del tecnico incaricato dal Comune di Scalea ed era stato elaborato il modello matematico relativo agli effetti sulla costa della costruzione dell’opera.

Il progetto iniziale, sottolinea la ricorrente, era quello di un porto a moli convergenti, con una capienza di 320 posti barca, mentre quello delineato nel progetto della concessionaria è un porto a bacino interno con 510 posti barca e diga foranea di 300 metri. Aggiunge che sul progetto di porto a moli convergenti di minore capienza sono stati predisposti dal consulente prof. De Girolamo la relazione illustrativa, lo studio meteomarino, lo studio dell’impatto delle opere portuali sulla dinamica costiera e lo studio dell’inserimento ambientale paesaggistico e che l’Ufficio del Genio Civile per le Opere Marittime di Reggio Calabria, nel parere reso in data 14 marzo 2003 sul progetto preliminare a moli convergenti, ha suggerito di supportare i successivi affinamenti del progetto mediante adeguato modello fisico in scala adeguata (c.d. prova in vasca). Ciò proprio al fine di rilevare le interferenze del porto con il trasporto solido longitudinale e degli effetti indotti a monte e a valle delle opere.

La stessa ricorrente soggiunge che la prescrizione di effettuare la prova in vasca, ribadita nel 2009 dall’ Ufficio del Genio Civile per le Opere Marittime, non è stata eseguite dall’ATI CEM, ai fini della redazione del progetto definitivo.

Il progetto sottoposto al Nucleo VIA non terrebbe in considerazione la prescrizione dell’Autorità di Bacino della Regione Calabria che ha imposto la deviazione a nord della darsena di un altro canale parallelo al Tirello, denominato Sallegrino (o Sellerino). La valutazione di compatibilità sarebbe stata espressa senza tenere conto di tale aspetto.

Quanto sopra, implicherebbe, innanzi tutto. il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, in quanto il Nucleo VIA della Regione Calabria si sarebbe pronunciato in assenza dei dati per valutare gli aspetti più importanti dell’impatto ambientale correlato alla costruzione del porto, quali la variante progettuale per deviare il Sallegrino, uno studio matematico predisposto in relazione alle soluzioni di cui al progetto definitivo e la prova in vasca. Importerebbe anche la violazione dell’art. 26, comma 5, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 che dispone che “il provvedimento contiene le condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti”.

Le censure succintamente richiamate sono fondate.

È incontroverso che gli studi predisposti dal Prof. De Girolamo, tecnico incaricato dal Comune di Scalea, riguardano il progetto di un porto a moli convergenti con 320 posti barca. Si tratta, in particolare, dello studio meteomarino, dello studio dell’impatto delle opere portuali sulla dinamica costiera e dello studio dell’inserimento ambientale paesaggistico.

Risulta, altresì, che non sono stati elaborati studi del genere rispetto al porto di cui al progetto definitivo e che non è stato approntato alcun modello fisico, né in relazione al porto di cui al primo progetto, né in relazione al porto di cui al progetto definitivo.

Osserva il Collegio che non può dubitarsi che gli studi effettuati hanno riguardato il progetto di un porto del tutto diverso rispetto a quello delineato nel progetto definitivo, sia dal punto di vista della tipologia che dal punto di vista delle dimensioni. Un porto a moli convergenti con 320 posti barca il primo, un porto a bacino con diga foranea e con 510 posti barca il secondo.

È un dato di comune esperienza che, tra le problematiche più rilevanti che devono essere affrontate nella elaborazione di un progetto di porto, vi sono quelle relative all’impatto delle opere portuali sulla dinamica delle coste, al fine di evitare fenomeni quale quello di interrimento. Tale impatto deve costituire oggetto di approfondito studio, da condurre in parallelo con altri studi attinenti anche all’ambiente meteomarino.

È, ugualmente, un dato di comune esperienza, rispondente, peraltro, a un criterio logico, che lo studio dell’impatto dell’opera sulle coste non può essere condotto, per così dire, in astratto, rispetto a opere portuali in qualunque modo eseguite, ma deve essere elaborato con riferimento ad un progetto di porto, con determinate caratteristiche, dal punto di vista della tipologia e delle dimensioni.

Alla luce di ciò appare esatto quanto affermato dall’associazione ricorrente, che rimarca che il parere di compatibilità ambientale è stato reso in assenza di uno degli elementi più rilevanti nell’ambito della valutazione da compiere a cura del Nucleo di valutazione, vale a dire lo studio sull’influenza dell’opera da realizzare sull’ambiente costiero. Il Nucleo, infatti, si è pronunciato sul progetto senza disporre di quel minimo di dati necessari per esprimere una valutazione in ordine agli aspetti ora richiamati. Gli unici dati disponibili erano quelli desumibili dagli studi e dal modello matematico elaborati in relazione al porto a moli convergenti, che, per quanto detto, non erano utilizzabili rispetto al diverso progetto di porto a bacino con 510 posti barca.

È esatto quanto rileva il Comune a proposito del fatto che la valutazione favorevole di impatto ambientale non implica l’assenza di qualsiasi impatto sull’ambiente; ma è anche esatto che per esprimere una valutazione è necessario disporre dei dati essenziali e, nel caso di specie, dei dati relativi all’impatto sull’ambiente costiero.

Non può valere a rimediare l’evidente carenza istruttoria il fatto che nel parere si specifichi che “al fine di determinare il reale impatto delle opere di progetto sulla dinamica costiera, dovrà essere sviluppato, a supporto del modello matematico utilizzato in fase progettuale, un adeguato modello fisico che permetta di rendere conto delle interferenze del porto con il trasporto solido longitudinale e degli effetti indotti a monte e a valle delle opere stesse”.

Questo in quanto, innanzi tutto, si fa riferimento ad un modello matematico non utilizzabile poiché riguardante un diverso progetto. D’altra parte, non appare ammissibile che, in sede di valutazione di impatto ambientale, si rinvii la determinazione del reale impatto dell’opera ad un momento successivo alla realizzazione di un adeguato modello fisico.

Come osserva l’associazione ricorrente, l’art. 26 del d.lgs. n. 152/2006 prevede che il provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale deve contenere le condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti e deve, pertanto, fissare tutte le condizioni inerenti alle modalità di attuazione del progetto, senza possibilità di rimandare a successive operazioni l’acquisizione di dati che tali condizioni servono a fissare, soprattutto allorché, come nel caso di specie, si tratti di dati di importanza basilare.

Ritiene, quindi, il Collegio che sussista anche la violazione della norma ora richiamata

Ugualmente fondati i rilievi della ricorrente relativi al fatto che il progetto su cui si è espresso il Nucleo Via non contempla la deviazione del canale Sallegrino (o Sellerino), pure imposta dall’Autorità di bacino della Regione Calabria. Il relativo parere è stato reso, quindi, in relazione a un progetto diverso rispetto a quello da realizzare, che non prevede un’opera importante sotto il profilo ambientale, quale la deviazione di un canale.

Anche sotto questo aspetto, il provvedimento impugnato risulta affetto dai vizi sopra individuati.

Ne discende l’illegittimità del decreto n. 10303 del 23 agosto 2011 del Dirigente Generale della Regione Calabria, oggetto di impugnazione con il ricorso introduttivo, che deve essere, pertanto, annullato.

 

Considerato il carattere assorbente delle censure esaminate può prescindersi dall’esame delle ulteriori censure mosse avverso tale provvedimento.

7. Con motivi aggiunti parte ricorrente ha esteso l’impugnazione al verbale del 3 gennaio 2012 relativo alla seduta conclusiva della conferenza di servizi, con il quale l’Amministrazione procedente ha sancito la chiusura favorevole della conferenza di servizi, disponendo l’approvazione del progetto definitivo.

Dell’autonoma impugnabilità di tale atto si è detto in precedenza.

Ritiene, innanzi tutto, il Collegio che la valutazione impatto ambientale assuma un ruolo tale nell’ambito del procedimento di approvazione del progetto definitivo, che eventuali illegittimità che affliggano il relativo provvedimento siano destinate a riflettersi in via automatica sui successivi atti.

Ma, al di là di questo aspetto, risulta comunque fondata, come già rilevato in sede di ordinanza cautelare, la censura, di cui al primo motivo del ricorso per motivi aggiunti, con la quale si rileva che, in violazione dell’art. 14 bis della legge n. 241/1990 e degli artt. 3, comma 2 e 5 comma 2 lett. f) del DPR n. 509/1997, l’Agenzia del Demanio non è stata posta in condizione di esplicare un’effettiva partecipazione al procedimento.

Risulta dagli atti che l’Agenzia ha rimarcato di non potersi esprimere sul progetto definitivo, in quanto l’invio di esso non è stato preceduto dall’invio del progetto preliminare.

La norma che viene in considerazione è quella di cui al comma 3 dell’art. 5 del DPR n. 509/1997, che dispone che le domande di concessione, complete degli allegati, sono inviate agli enti invitati alla conferenza almeno novanta giorni prima della data di convocazione, al fine di consentire ai medesimi l’espletamento delle procedure necessarie alla compiuta e definitiva espressione delle rispettive competenze. Ed è questo l’adempimento di cui l’Agenzia ha lamentato l’omissione, facendo presente di non potere esprimere parere sul progetto definitivo, senza avere esaminato i precedenti atti del procedimento.

Il fatto, rimarcato dalle parti resistenti, che oggi è lo stesso Comune a rilasciare la concessione è ininfluente, giacché, come si desume dalla nota del 29 dicembre 2011 del Direttore della Filiale della Calabria dell’Agenzia del Demanio, ciò che è mancato è stato l’invio del progetto preliminare alla stessa Filiale, che in conseguenza non ha potuto esprimersi su di esso, nonostante l’espressa previsione normativa.

L’inosservanza della norma richiamata determina l’illegittimità dell’atto impugnato con motivi aggiunti, che deve essere, pertanto, annullato. Restano assorbiti i motivi non esaminati.

8. In conclusione il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti sono fondati e devono essere accolti, con conseguente annullamento degli atti con gli stessi impugnati.

La complessità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) accoglie il ricorso e i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Pubblicato in Alto Tirreno

Scrive Francesco Saverio Falsetti (Resp.le C.E.A.M. WWF “Scogli di Isca”) e noi pubblichiamo:

“La missione del WWF è quella di contrastare la devastazione dell'ambiente naturale del pianeta e di contribuire alla costruzione di un futuro in cui l'uomo possa vivere in armonia con la natura. A questo scopo il WWF si batte focalizzato su sei temi prioritari di interesse globale: l'acqua, le specie in pericolo, i pericoli legati agli agenti chimici tossici, il cambiamento climatico, le foreste, gli oceani e le coste.

Nella tutela di quest’ultime si inquadra il porto di Amantea vista la scelta infelice del sito per almeno tre motivi:  

a.         il porto di Amantea è costruito in mare aperto, pertanto a rischio insabbiamento;

b.         la costruzione del porto ci ha portato via le ultime dune che storicamente hanno           caratterizzato i nostri arenili e che rappresentavano un pregio ambientale;

c.         l’inevitabile erosione costiera a sud della struttura.

Il “Grazie Filippo” usato la volta scorsa voleva solo sottolineare il senso di gratitudine che mi è venuto spontaneo per riconoscere la valenza del tuo dire ed è stato usato per dare una impronta amicale e di condivisione ad un problema serio che si chiama porto di Amantea. Non certo perché ritengo il WWF depositario di qualunque verità, sono consapevole di essere solo un cittadino facente parte un’Associazione che, pur se con nobili fini, può solo sensibilizzare ma difficilmente risolvere così grandi problematiche.                                      

Mi scuso con te per il fatto di ignorare i tuoi scritti sulle tematiche territoriali e sul porto, della quale qualora fosse possibile, ti chiedo di farne dono di una copia al WWF al fine di inserirli nella piccola biblioteca allestita presso il C.E.A.M. WWF “Scogli di isca” di Belmonte.    

Sono da sempre un fautore del “meglio tardi che mai” ma sono altrettanto convinto che una denuncia per disastro ambientale presunto all’epoca, magari a firma delle Associazioni e dei Partiti politici che allora avevano un peso considerevole sarebbe stata più incisiva di una denuncia per disastro ambientale oggi. Visto che nè le nostre denuncie nè i tuoi lavori sono riusciti a far desistere i nostri rappresentanti politici dal realizzare il porto di Amantea in tutta la sua “bruttura”.                                                                                                                  

Nel sottolineare che nel mio vivere quotidiano esistono i termini rispetto ed apprezzamento ma non insulto e visto che apprezzi il paesaggio mi piacerebbe averti all’Escursione nel Fiume Veri di Belmonte Calabro che il WWF insieme ad altre associazioni del territorio organizza domenica 21 luglio prossimo, potrebbe essere una maniera per conoscerci. L’occasione è gradita per inviare cordiali ed amichevoli saluti.

(Pace fatta) Francesco Saverio Falsetti (Resp.le C.E.A.M. WWF “Scogli di Isca”)

Riceviamo e pubblichiamo la risposta di Filippo Vairo al WWF ed in particolare al responsabile Falsetti.

“Sono anni che mi occupo di questioni territoriali di Amantea e, dunque, anche del Porto, con articoli, saggi e almeno due libri. Senza dimenticare che nel programma del PSI, di cui ero segretario, per le elezioni comunali del 17 aprile 1977, proposi per la prima volta il Porto Canale di Catocastro e, quando constatai che per gli equilibri dell’allora maggioranza consiliare la struttura si voleva fare a Campora, proposi il Porto Canale di Oliva. Tanto per dire che, mentre il WWF si confrontava al suo interno, a me capitava di battagliare all’esterno.

Perciò, ti potevi risparmiare quella velenosa frecciata sulla mia (assai presunta, anzi falsa) indifferenza sulla materia, giacché i fatti dimostrano esattamente il contrario, com’è facile desumere anche dalla lettura di almeno due delibere consiliari.

Così come ti potevi risparmiare quell’incipit di Grazie Filippo, come se io avessi scritto per il WWF o il WWF, con tutto il rispetto, fosse il depositario delle tavole della legge, quando invece e più prosaicamente ho scritto contro l’Amministrazione Comunale ed a favore dell’intera cittadinanza, compreso il WWF.

Non per polemica, ma giusto per precisare. Per il resto pace e amici. Come prima.

L’ultima questione da chiarire è che quando parlo di denuncia mi riferisco ad una denuncia penale per disastro ambientale. Denuncia che, qualora costretto, invierò alla Procura della Repubblica di Paola e, se del caso, al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri competenti.

La mia iniziativa, dunque, non è soltanto un fatto politico, né il solito “temino” fatto a casa, ma qualcosa di più serio e consistente.

Quel che mi fa piacere è che si è aperto un dibattito sull’argomento. Sono tantissimi gli accessi sul sito e tanta gente mi ha fermato per strada per avere notizie ulteriori.

Resto in attesa di un invito del WWF, associazione meritoria e degna di ogni considerazione, per esprimere la mia personale opinione sul Porto, ma anche sul Piano Strutturale in forma Associata e sul Piano Strutturale Comunale, ancorché sulle più importanti questioni paesaggistico-ambientali. Perché se c’è qualcuno che lo deve fare più degli altri non è certamente un’individualità responsabile, quale mi considero, ma un’associazione nata apposta come il WWF.

Un amichevole saluto che, se interpretato al contrario, mi vedrebbe costretto a replicare ancor più precisamente, giacché non è rara l’accusa di arroganza che mi viene rivolta, quanto invece si tratta più banalmente di una reazione ad un insulto gratuito.”  

 

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