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L’operazione Matassa sottende una truffa da 33 milioni di euro

L’operazione Matassa fece luce su un’associazione a delinquere con base a Praia a Mare e ramificazioni in tutta Italia accusata di truffa allo Stato.

Furono arrestate 14 persone.

Nel vortice dell’inchiesta finirono anche i famosi Aquafans di Praia a Mare e Acquapark di Torremezzo di Falconara, sequestrati insieme ad altre 22 società.

 

 

 

Per esse le Fiamme Gialle rilevarono evidenti discrasie dei dati inerenti acquisti e vendite, desunti dalle dichiarazioni annuali Iva, con quelli delle uscite e delle entrate desunte dalle indagini finanziarie, che evidenziavano la inconciliabilità delle stesse.

Dette società, in effetti, avevano saldi dei conto correnti vicini allo zero.

La Finanza aveva evidenziato “un ampio disegno criminoso posto in essere dagli indagati. Il fine era la costituzione, amministrazione e gestione di un gruppo formato da 24 società riconducibili per rapporti di rappresentanza legale, di lavoro e partecipazioni sociali ai medesimi soggetti

L’operazione Matassa è continuata con l’interdizione dalla professione per cinque commercialisti e un ulteriore sequestro di beni per oltre 3 milioni.

Ma chi sono i commercialisti inquisiti?

Eccoli. si tratta di Antonio Perricone, 45 anni, di Paola; Raffaele Rizzo, 58 anni; Lorenzo Guagliano, 46 anni; Ciriaco Monetta, 54 anni (nella foto) e Maria Giuseppina Cardaciotto, 64 anni ambedue di Belvedere Marittimo.

Pubblicato in Alto Tirreno

Incredibile ma vero!

La Procura di Paola entra nella “zona grigia”

Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza, nell’ambito di indagini dirette dal Procuratore della Repubblica di Paola Dott. Pierpaolo Bruni e dalla Dott.ssa Maria Francesca Cerchiara, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare del divieto temporaneo di esercizio della professione di commercialisti

 

e sequestri preventivi per equivalente per oltre 3.450.000,00 euro nei confronti di 5 commercialisti, emessa dal Gip Tribunale di Paola Dott.ssa Maria Grazia Elia.

I reati contestati ai diversi indagati, vanno dal concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici a quello di indebita compensazione di cui agli artt. 3 e 10 quater, co. 2 del D. Lgs. n. 74/2000.

L’attività d’indagine, muovendo dalle risultanze dell’operazione “Matassa”, che aveva portato all’arresto di 14 persone, ha interessato le condotte di 5 commercialisti che, mediante l’apposizione del visto di conformità su fraudolente dichiarazioni IVA, hanno consentito agli appartenenti all’associazione a delinquere la compensazione di fittizi crediti IVA per il pagamento di contributi, imposte, ritenute e cartelle esattoriali.

Le indagini, espletate anche mediante attività tecniche, hanno permesso di appurare il necessario e partecipe concorso dei professionisti al disegno criminoso.

L’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni IVA da parte dei commercialisti è risultata infatti essere indispensabile e necessaria per consentire all’associazione criminale di eludere i divieti e i vincoli posti dal legislatore a contrasto delle compensazioni di crediti IVA inesistenti.

Grazie a tale visto di conformità, i sodali hanno potuto fraudolentemente compensare, con crediti IVA inesistenti, contributi pensionistici i quali venivano valutati come assolti dall’Erario e dall’INPS e ritenuti, pertanto, utili sia alla formazione contributiva pensionistica futura che al conseguimento dell’indennità di disoccupazione.

Le indagini hanno consentito di disarticolare tale sistema fraudolento che vedeva la partecipazione continuativa di professionisti abilitati, impedendo a questi ultimi la reiterazione dei reati ascritti.

Inoltre, è stato emesso un avviso di conclusione indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p., per il reato di calunnia, nei confronti di 3 indagati che attraverso la presentazione di infondate querele e di atti di citazione puntavano a intimidire i militari operanti e ad ostacolare le indagini.

Pubblicato in Paola

Il malaffare dilaga dappertutto.

Scrive Iacchitè:

La corruzione dilaga in tutta la Calabria ma quanto sta accadendo nei centri del Tirreno cosentino va oltre ogni previsione.

Da quando si è insediato a capo della procura di Paola, il magistrato Pierpaolo Bruni, proveniente dalla Dda di Catanzaro e quindi già molto informato sulla marea di reati che si commettono nelle pubbliche amministrazioni, ha portato a termine un numero impressionante di operazioni contro i sindaci di questo singolare Tirreno corrotto.

Sono addirittura otto le amministrazioni sotto inchiesta: Amantea, Guardia Piemontese, Acquappesa, Aieta, Buonvicino, Fuscaldo, Maierà e Belvedere.

E non è ancora finita…”

Che si sappia questa ultima affermazione è la più vera.

Od almeno dovrebbe esserlo.

La comunità tirrenica infatti ha fiducia nella magistratura e spera che le Forze dell’Ordine indaghino con maggiore impegno e maggiore attenzione su tutte le vicende di cui si parla .

Anche quelle minimali ma che segnalano abusi della politica.

A parte droga ed altro!

I finanzieri della Compagnia di Paolahanno eseguito un Decreto di sequestro preventivo, anche per equivalente di beni per un valore pari ad euro 226.522,40, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Paola – dott.ssa Rosamaria Mesiti, su richiesta del Procuratore dott. Pierpaolo Bruni e del Sostituto dott. Maurizio De Franchis, nei confronti di 2 imprenditori residenti nella Provincia di Cosenza, per evasione di imposte sui redditi.

L’operazione è stata denominata “Triangolo”.

Il sequestro, eseguito nei giorni scorsi, ha ad oggetto i saldi attivi di 3 conti correnti, fino a concorrenza dell’importo sequestrato.

Le Fiamme Gialle paolane hanno scoperto un sofisticato meccanismo di c.d. sovrafatturazioni, pari a oltre 800 mila euro, attuato da due imprenditori appartenenti allo stesso nucleo familiare e titolari di tre società operanti nel settore della “Fabbricazione e commercializzazione di prodotti medicali”: due di diritto Italiano e una di diritto Albanese, con sede a Tirana.

Nel dettaglio, quest’ultima società acquistava beni da fornitori Cinesi e Pakistani, i quali spedivano la merce in Italia, con scalo al porto di Gioia Tauro (RC) e destinazione le sedi delle società Italiane, che a loro volta la ricevevano in virtù delle fatture di vendita (gonfiate) emesse nei loro confronti dalla stessa società Albanese.

In sintesi la società Albanese (riconducibile ad uno degli indagati) acquistava dagli stessi fornitori extracomunitari la merce ad un determinato prezzo, che poi provvedeva a rivendere alle due società Italiane (riconducibili ad entrambi gli indagati), ma ad un prezzo pressoché raddoppiato e senza che la merce subisse processi di lavorazione.

Con tali stratagemmi gli indagati traevano un indebito ed illecito vantaggio fiscale, rappresentato dal fatto che annotavano nelle contabilità delle società Italiane e indicavano nelle dichiarazioni presentate ai fini delle imposte sui redditi, l’intero importo delle fatture emesse dalla società Albanese, superiore a quello effettivo e reale, così aumentando i costi e diminuendo la base imponibile da sottoporre a tassazione.

Il complicato meccanismo fraudolento triangolare è stato accertato dai Finanzieri all’esito di un laborioso esame della contabilità delle imprese e delle copie dei supporti informatici acquisiti nel corso delle attività investigative.

Al temine delle indagini sono state denunciate 2 persone per i reati di “Emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti”, le quali con il sequestro disposto dal Tribunale di Paola vengono private di denaro per 226 mila euro.

Pubblicato in Paola

E’ una Amantea fortemente perplessa quella che stamattina ha accolto la notizia che la Cassazione ha annullato, con rinvio, il provvedimento, emesso, i primi di agosto 2017, dal Tribunale della Libertà di Catanzaro, di scarcerazione di Franco La Rupa e Marcello Socievole che erano stati arrestati il 22 luglio del 2017.

Mancavano secondo il Tribunale della Libertà di Catanzaro i gravi indizi di colpevolezza e quindi la necessità delle esigenze cautelari.

Ed in particolare, secondo il collegio cautelare, ma anche secondo gran parte della comunità, Socievole, se fosse stato eletto, avrebbe potuto intervenire sulla decisione riguardante l’affidamento del servizio di gestione dell’asilo comunale ma non sulle determinazioni dell’aggiudicatario della gara.

Ed invece il ricorso del PM Pierpaolo Bruni ed il pronunciamento della Cassazione che ha imposto un nuovo pronunciamento da parte di diversa sezione del Tribunale della Libertà di Catanzaro.

La intera comunità si chiede, comunque, se davvero i due politici amanteani dovranno rientrare in carcere o se, anche, in caso di pronuncia a loro sfavorevole, non sia ritenibile più giusta una pena meno afflittiva.

Ecco cosa scrive Cosenza Channel:

“La procura di Paola ottiene l’annullamento (con rinvio) del provvedimento disposto dal Riesame di Catanzaro nei confronti di Marcello Socievole e Franco La Rupa, precedentemente arrestati dal gip di Paola e poi scarcerati per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza, e quindi, delle esigenze cautelari circa l’inchiesta sul presunto voto di scambio e tentata estorsione ai danni del vice sindaco di Serra d’Aiello e della sua compagna di vita.

La Suprema Corte di Cassazione infatti ha accolto in toto il ricorso avanzato dall’ufficio inquirente, coordinato dal procuratore capo Pierpaolo Bruni, evidenziandone in punta di diritto le motivazioni che hanno portato ad impugnare il provvedimento di scarcerazione del Tdl di Catanzaro.

PRIMA IL RIESAME. Il Tribunale di Catanzaro aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare, argomentando che i consigli e le sollecitazioni rivolte al vice sindaco di Serra d’Aiello da La Rupa, alla presenza e nell’interesse di Socievole, al fine di garantire la prosecuzione del rapporto di lavoro della moglie era insuscettibile di integrare la minaccia costitutiva degli illeciti ascritti in quanto la cessazione o prosecuzione del rapporto non dipendeva né da La Rupa né da Socievole (assessore in pectore del ramo) poiché gli stessi non avevano il potere di interferire o condizionare le scelte della società incaricata della gestione.

In particolare, secondo il collegio cautelare, Socievole, se fosse stato eletto, avrebbe potuto intervenire sulla decisione riguardante l’affidamento del servizio di gestione dell’asilo comunale ma non sulle determinazioni dell’aggiudicatario della gara.

Inoltre, l’ordinanza cautelare aveva messo in dubbio che Fabio Innocenti potesse essersi sentito minacciato dai contenuti del colloquio intercorso con La Rupa e da Socievole sia in considerazione del suo ruolo di vicesindaco di un Comune vicino, in quanto tale consapevole che «“la situazione lavorativa della compagna.. non avrebbe potuto subire ripercussioni negative per effetto di decisioni politiche dell’amministrazione comunale di Amantea”», sia perché, ove effettivamente intimorito, Innocenti avrebbe dato immediata notizia del colloquio alle forze dell’ordine e non al candidato a sindaco del Comune di Amantea, Tommaso Signorelli. Di conseguenza il Tribunale escludeva la ravvisabilità degli estremi di cui all’art. 87 L. 86/1960, ipotizzando la più lieve fattispecie di cui all’art. 86 e disponendo l’annullamento dell’ordinanza».

IL RICORSO DI BRUNI. La procura di Paola, invece, deduceva la violazione di legge e l’illogicità e contraddittorietà della motivazione in quanto il Tribunale del Riesame ha ritenuto che i condizionamenti, i consigli e le sollecitazioni rivolte dagli indagati a Fabio Innocenti non assurgerebbero a minacce idonee ad integrare i delitti ascritti in via provvisoria, trascurando di considerare che – secondo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità – l’idoneità della minaccia deve essere valutata con giudizio ex ante, considerando le circostanze di tempo e di luogo nonché le condizioni e situazioni personali dei destinatari sicché è del tutto incongruo ritenere che la minaccia della perdita del posto di lavoro non possa costituire in un contesto particolarmente disagiato un incisivo strumento di coartazione dell’autodeterminazione della vittima, tenuto conto – nella specie – delle dichiarazioni in tal senso rese sia da Innocenti che dalla moglie.

Secondo la procura di Paola era, inoltre, contraddittorio ed illogico il richiamo dell’ordinanza impugnata alla mancata tempestiva denuncia dell’accaduto da parte di Innocenti giacché questo elemento rafforza la tesi dell’esatta percezione dell’intimidazione dal momento che proprio per timore di ritorsioni il vice sindaco di Serra d’Aiello non segnalò immediatamente l’accaduto alle forze dell’ordine. Infine, la procura di Paola aveva osservato che anche se rispondesse al vero che l’indagato una volta eletto non avrebbe avuto potere d’incidere sulla prosecuzione del rapporto di lavoro della persona offesa, la difforme prospettazione operata nel corso del colloquio registrato e riversato in atti integrerebbe comunque la fattispecie ex art. 87 Dpr 570/60 poiché la disposizione sanziona anche colui che con notizie false, artifizi o raggiri ovvero con qualunque mezzo illecito atto a diminuire la libertà degli elettori esercita pressioni nei loro confronti.

LA CASSAZIONE. Il ricorso merita di essere accolto perché «la minaccia non costituisce l’unica modalità strumentale attraverso la quale può realizzarsi la coartazione degli elettori e rientrava nei poteri del giudice del riesame l’eventuale riqualificazione del fatto sub a), declinato dalla pubblica accusa nel senso dell’uso di minacce onde costringere la Damiano e i familiari a votare in favore di Socievole e della lista elettorale d’appartenenza del medesimo. Infatti, come rilevato dalla procura di Paola, il contestato art. 87 sanziona chiunque usa violenza o minaccia ad un elettore, od alla sua famiglia, per costringerlo a firmare una dichiarazione di presentazione di candidatura o a votare in favore di determinate candidature, o ad astenersi dalla firma o dal voto, o con notizie da lui riconosciute false, o con raggiri o artifizi, ovvero con qualunque mezzo illecito, atto a diminuire la libertà degli elettori, esercita pressioni per costringerli a firmare una dichiarazione di presentazione di candidatura o a votare in favore di determinate candidature, o ad astenersi dalla firma o dal voto».

Per gli ermellini la motivazione del Riesame risulta illogica e contraddittoria, in quanto «esclusa l’idoneità delle minacce – opta in maniera ipotetica per la residuale configurabilità del reato di corruzione elettorale, pur avendo riconosciuto che “non vi è (e non potrebbe esservi) incertezza alcuna, alla luce delle chiare e non suscettibili di diversa interpretazione, dichiarazioni che La Rupa ha rivolto ad Innocenti sul futuro lavorativo della convivente, in punto di interferenza e condizionamento del voto amministrativo che erano chiamati ad esprimere la stessa moglie e i suoi genitori nella competizione elettorale del giugno 2017..”».

Tra le frasi contestate vi è quella in cui marito e moglie si sentono dire che «“è un peccato che tu per votare l’amico, voglio dire fai compromettere il posto di lavoro alla futura moglie tua”… “e tu invece devi fare cinque e uno perché Marcello gli ha dato il posto…. quando siamo in amicizia divido quando per esempio Marcello Socievole deve andare un’altra volta a rinnovare il contratto alla futura moglie tua che dividiamo (…)?”».

In conclusione, analizzando la posizione dell’ex consigliere regionale, la Cassazione evidenzia che «l’affermazione che La Rupa, sponsor della Lista Azzurra, e il coindagato Socievole, candidato destinato in caso di elezione al ruolo di assessore con competenza sui servizi pubblici, non avrebbero avuto in ogni caso potere decisionale in ordine alle sorti del rapporto di lavoro della Damiano è ampiamente contrastata dai contenuti della conversazione registrata e poggia su dati meramente formali che trascurano le massime d’esperienza in relazione alla permeabilità degli appalti di servizi a logiche di potere, soprattutto in ristretti contesti ambientali ad alto tasso di disoccupazione».

Dunque ora un nuovo Riesame per La Rupa, difeso dall’avvocato Gregorio Barba, e Socievole, difeso dall’avvocato Nicola Carratelli. (Antonio Alizzi)

Posted Antonio Alizzi by Redazione Cosenza Channel venerdì, 23 novembre, 2018

Pubblicato in Politica

Anche gli arresti per droga cominciano da nord!

Operazione della Procura di Paola contro il traffico di droga. Sono otto in tutto le misure cautelari. La droga veniva “importata” dalla Campania e da Cetraro.

 

 

Documentate oltre 300 cessioni di coca, hashish e marijuana

È in corso dalle prime luci dell’alba una vasta operazione antidroga condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Cosenza nei territori dell’Alto Tirreno Cosentino.

I militari della Compagnia di Scalea, supportati da carabinieri delle Compagnie di Paola e San Marco Argentano e da unità antidroga del Nucleo Cinofili di Vibo Valentia, stanno dando esecuzione a un provvedimento cautelare emesso dal gip presso il Tribunale di Paola, Maria Grazia Elia, su richiesta del procuratore della Repubblica, Pierpaolo Bruni, e del sostituto procuratore Antonio Lepre, nei confronti di otto soggetti, ritenuti responsabili di spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini, condotte dalla Stazione Carabinieri di Praia a Mare e coordinate dalla Procura della Repubblica di Paola, hanno permesso di accertare l’operatività di fiorenti e autonome piazze di spaccio di cocaina, hashish e marijuana, nei comuni di Praia a Mare e Tortora, documentando, attraverso prolungate attività di intercettazione e mirati servizi di osservazione, oltre 300 cessioni di stupefacente, approvvigionato dagli indagati nell’area metropolitana di Napoli e nel comune di Cetraro.

L’operazione, denominata “Piazza Pulita”, ha portato all’arresto di cinque soggetti, tre dei quali tradotti nella casa circondariale di Paola, due sottoposti alla misura degli arresti domiciliari, mentre tre sono i soggetti colpiti da misure cautelari dell’obbligo e/o divieto di dimora.

Pubblicato in Alto Tirreno

Amantea a sud con la inchiesta Apa Multiservizi.

E non è certamente finita!.

C’è molto altro da portare alla luce!

Buonvicino a nord con la inchiesta "Appalto Amico!

 

Anche a Buonvicino il tribunale del Riesame ha deciso la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari per tutti e tre gli indagati.

Parliamo di Gennaro Marsiglia, responsabile dell'area finanziaria, e della moglie Chiara Benvenuto, ex presidente della cooperativa Artemisia, assistiti dall'avvocato Alessandro Gaeta.

E di Andrea Biondi, assistito dall'avvocato Amerigo Cetraro.

Andrea Biondi è il responsabile della cooperativa che si occupa di assistenza ai diversamente abili. La richiesta di revisione è stata presentata al tribunale del Riesame da parte degli avvocati che attendevano anche la decisione del Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Paola Mesiti.

La seconda sezione penale del tribunale di Catanzaro ha deciso.

Per Gennaro Marsiglia è stata indicata l'abitazione di Aieta, con il divieto, per l'indagato di comunicare con qualsiasi mezzo con persone diverse da quelle con lui conviventi.

E' stato permesso a Gennaro Marsiglia di raggiungere l'abitazione con mezzi propri.

Stessa decisione è stata presa per Andrea Biondi che ha raggiunto l'abitazione di Maierà.

Come è noto, il Gip, nel disporre l'arresto dei tre indagati, aveva espresso la sussistenza di “gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in relazione alle fattispecie delittuose ipotizzate a loro carico dal Pm, per come descritte nella provvisoria imputazione”.

L'ambito di indagine è “l'affidamento di plurimi servizi alla Cooperativa Sociale Artemisia, rispettivamente, da parte del Comune di Buonvicino tra l'anno 2009 e l'anno 2017, e da parte del Comune di Maierà tra l'anno 2015 e l'anno 2017; nell'aggiudicazione del servizio assistenza scolastica per persone diversamente abili da parte del Comune di Buonvicino alla ditta “Biondi Sco, società cooperativa sociale arl nell'anno 2017”.

Il Gip Mesiti aveva accolto la richiesta del Pubblico ministero di custodia cautelare in carcere ritenendo che una misura meno afflittiva avrebbe potuto generare “interferenze mediate”.

Nel corso della conferenza stampa, il Procuratore Pierpaolo Bruni, alla guida della procura di Paola, aveva affermato: «La situazione era reiterata nel tempo.

I fatti partono dal 2009 e arrivano all'attualità, con una sorta di monopolio da parte di operatori economici.

Ma vi sono state anche delle condotte di occultamento delle reali situazioni di gestione e amministrazione della cooperativa, perché probabilmente ci si era resi conto che non era più possibile proseguire l'attività come si era fatto in precedenza.

Si tratta – aveva detto Bruni –di condotte allarmanti poiché è del tutto evidente che, chi non ha cointeressenze, collusioni, amicizie, in determinati ambienti “deviati” della pubblica amministrazione non riesce a lavorare; è fuori dal mercato, probabilmente anche fuori dalla Calabria».

Pubblicato in Paola

Il silenzio della politica del Tirreno cosentino viene rotto dalla forte voce della CGIL

«Dove c’è reato amministrativo, di qualsiasi entità esso sia, c’è decadimento morale ed etico.

C’è violazione di legge e della buona condotta amministrativa,

 

c’è ripiegamento e asservimento a interessi criminali mafiosi e massonici, c’è la rottura del patto tra amministratori ed elettori ma pure, c’è la violazione dei diritti del mondo del lavoro, c’è il danno arrecato alle buone imprese rispettose di leggi e Contratti, c’è la violazione dei diritti dei cittadini troppe volte deprivati di servizi pubblici adeguati a standard di qualità ed efficienza ed ai costi sopportati dalla fiscalità locale».

E’ quanto hanno detto Giuseppe Guido, segretario generale Cdlt-Cgil del Pollino, Sibaritide, Tirreno e Mimma Iannello, responsabile Cgil dell'area del Tirreno affermando: «Sosterremo ogni misura tesa ad accrescere la cultura della prevenzione nella Pubblica amministrazione e ogni azione della magistratura finalizzata a perseguire quanti, nel pubblico come nel privato, usano le risorse pubbliche per arricchimento illecito o per oliare la macchina del consenso elettorale o di carriere personali.

Allo stesso tempo, la Cgil incoraggerà e sosterrà le buone pratiche amministrative che sanno fare virtù di ogni risorsa pubblica nell’interesse collettivo del mondo del lavoro, dei cittadini e delle loro comunità».

In sostanza sembra una risposta a chi e quanti stanno scientemente sottovalutando la forte innovazione dell’azione del procuratore Bruni.

Per i sindacalisti della CGIL, invece, occorre aggredire ogni forma di corruzione, ogni potere e interesse mafioso.

«La Cgil, saluta positivamente le ultime dichiarazioni del Procuratore capo, Pierpaolo Bruni, in merito alla volontà della Procura di Paola di contrastare ogni illecito amministrativo affiancando l’azione della magistratura ad un gruppo specializzato di professionisti capace di stanare ogni forma di malaffare e collusione consumato nella lotta contro la pubblica amministrazione».

Pubblicato in Alto Tirreno

Beni per oltre 33 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza di Cosenza nell'ambito dell'operazione Matassa, coordinata dalla Procura di Paola,

che ha smantellato un'associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato ed alla commissione dei reati fiscali.

Quattordici le misure cautelari eseguite (12 in carcere e due ai domiciliari di donne con figli minori).

Tra i beni sequestrati due parchi acquatici, ville, auto, società e opere d'arte.

Il sistema era basato su società, tutte fittizie, operanti nei settori della pubblicità, dell'immobiliare o delle ricerche di mercato e consulenza amministrativa che creavano crediti falsi da utilizzare a compensazione per il pagamento di contributi e imposte.

Diecimila i modelli F24 analizzati per ricostruire il meccanismo, molti con importi di 0,1 centesimo per evitare il blocco delle procedure di compensazione, attraverso l'utilizzo dell'home banking.

Un’associazione a delinquere che sarebbe stata finalizzata alla truffa ai danni dello Stato ed alla commissione di reati di natura fiscale.

Questo quanto scoperto dagli uomini della Guardia di Finanza del Comando provinciale di Cosenza che hanno eseguito 14 arresti – 12 in carcere e 2 ai domiciliari – ma anche alcuni sequestri preventivi per un ammontare di circa 33 milioni di euro.

Le misure di custodia cautelare così come quelle di prevenzione patrimoniale sono state disposte dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola, la cui Procura sta coordinando le relative indagini.

L’attività della Guardia di Finanza è mirata principalmente nell’area del medio e alto Tirreno cosentino ma anche nell’area urbana di Cosenza, specie Castrolibero e Rende.

Coinvolti livelli imprenditoriali con ramificazioni anche in altre regioni d’Italia, in particolare l’Emilia Romagna.

Il fine principale degli associati, uniti dal medesimo disegno criminoso, era quello di creare meccanismi fraudolenti di evasione fiscale e di precostituirsi un elevato imponibile previdenziale quale base per il trattamento pensionistico.

Milioni di euro di false retribuzioni per milionarie (vere) pensioni a carico dello Stato.

Le persone per cui è stata disposta la custodia cautelare in carcere sono:

Maurizio Ruggerini, 64 anni residente a Castrolibero;

Carlo Alberto Ruggerini, 39enne residente nel Modenese;

Raffaele Mazzotti, 66enne nato a Tortora ma residente a Praia a Mare;

Maurizio Sentimenti, 69enne residente nel Modenese;

Agostino Francesco De Luca, 49enne nato a Chicago e residente a Rende;

Eugenio Cannataro, 36enne di Rende;

Francesca De Luca, 50enne di Castrolibero;

Alessandro Albano, 39enne di Lagonegro;

Giuseppe Bruzzese, 58enne di Praia a Mare;

Luca Pavani, 52enne nato nel Ferrarese e residente a Praia a Mare;

Alda Mazzola, 57enne del Mantovano;

Concetta Imparato, 48enne nata a Napoli e residente a Praia a Mare.

Arresti domiciliari, invece, per Tatiana Ruggerini, 43 anni di Modena, e Rosanna Ursini, 33enne nata nel Cuneese e residente a Rende.

Pubblicato in Alto Tirreno

Ci ha provato prima l’allora pm della DDA di Catanzaro Pierpaolo Bruni ma il gip distrettuale di Catanzaro nel dicembre del 2016, aveva già negato l’arresto di Orlandino Greco ed Aldo Figliuzzi.

Poi ci ha provato Gratteri, ma il TDL di Catanzaro, il 26 ottobre scorso, ha deciso di rigettare l’arresto per il consigliere regionale.

Ora Gratteri non ci sta, e propone appello in Cassazione.

E Gratteri ritenta per la terza volta.

Non c’è due senza tre, allora.

Il consigliere regionale Orlandino Greco e l’ex vicesindaco di Castrolibero Aldo Figliuzzi sono accusati dalla DDA di Catanzaro di aver intrallazzato con diversi mafiosi che in cambio di denaro e posti di lavoro, si adoperavano per gli stessi procacciandogli voti sul territorio di Castrolibero.

I due sono accusati da diversi pentiti tra cui i Foggetti.

Ma perché viene da chiedersi i Foggetti sono credibili nel caso di Greco e Figliuzzi e non lo sono per altri politici chiamati in correità sempre dagli stessi pentiti

O Gratteri tenta di accreditare questi pentiti per Greco e Figliuzzi nella speranza che inizi il filone della loro credibilità anche per gli altri politici?

Gratteri ha altre carte da giocare o vuole vincere la partita con le stesse carte della prima mano?

Forse è arrivato il momento di svelare l’identità di Mister X?

Ha calcolato il rischi il procuratore della DDA che un giudizio negativo della Cassazione potrebbe significare la caduta di una pietra tombale su tutto il lavoro, fin qui svolto, dalla DDA di Catanzaro, sulla masso/mafia cosentina.

Al contrario se la Cassazione dovesse dargli ragione inizierebbe la stagione dei blitz contro la masso/mafia di Cosenza

Insomma tra pochi mesi( febbraio?) la sentenza della Cassazione per capire quale sarà il destino, non solo di Greco e Figliuzzi , ma, forse, dell’intero sistema Giustizia in Calabria.

Pubblicato in Cosenza
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