
Amantea 25 aprile 2016. Anche se il tempo non ha ac compagnato con favore la manifestazione e se la stessa si è svolta in un luogo non agevole, la presenza di Amanteani ed ospiti di Amantea non è stata di poco conto.
Una presenza sorretta dalla curiosità di vedere la vecchia chiesa e dalla voglia di riappropriarsene.
In molti ci siamo arrampicati sulle pendici del castello per ammirare i ruderi ristrutturati della chiesa trecentesca di San Francesco d’Assisi.
Purtroppo, almeno al momento, la unica strada di accesso è la vecchia via San Francesco quella che parte da Via Indipendenza ed arriva esattamente ai ruderi della chiesa medievale.
Quanto prima però - e l’assessore Tempo si è impegnato ad attendervi prima possibile- sarà riaperta la più agevole via che passando a lato del palazzo Mirabelli porta alla chiesa ed anche al castello.
Ma, invero, la stradetta percorsa stamattina è realmente pregevole sia sotto l’aspetto paesaggistico, che sotto quello storico, che sotto quello culturale.
Lungo il percorso, ripreso ed addirittura in talune parti rimodulato, si snodano i resti di 4 antiche grotte rupestri che costituiscono, con quella bellissima lato sud , il cuore dei primi insediamenti degli eremiti ed in prosieguo dei monaci basiliani.
Ce ne sono altre ma sono , al momento, inaccessibili e riteniamo inopportuno parlarne.
Diverse le sorprese, alcune positive, altre un po’, o molto meno.
Ne avevamo già scritto ma ci sembra opportuno ricordare che gli scavi hanno permesso di conoscere meglio come era la chiesa francescana.
E soprattutto il suo orientamento est ovest con apertura ad occaso.
Gli scavi non sono stati completati ed i resti della chiesa sono ancora riversi sul suo impiantito.
Né sono stati rimossi i grossi massi di pietra caduti o scivolati per via del crollo dalla soprastante collina e che coprono gran parte dell’abside.
Un app però realizzato grazie al volo di un drone ed alle vecchie foto e stampe ha permesso ai tecnici di ricostruire la chiesa nei suoi volumi e nelle sue principali facciate.
Un lavoro pregevole ed ancora da apprezzare.
Ovviamente i tecnici per permettere l’accesso ai ruderi hanno realizzato una gradinata che non è mai esistita.
Essa va intesa come un elemento necessario per quanto storicamente anomalo
D’altro canto il vero accesso – come tanto altro, invero- continua a restare un mistero.
Un mistero dove siano finite le colonne del chiostro ,colonne di cui resta solo un mozzicone.
Un mistero l’accesso alle celle dei monaci.
Un mistero la fine dei pavimenti.
E così la chiesa di San Francesco continua a restare avvolta nel mistero sia sotto il profilo storico che architettonico
Nessuno che provi a spiegarci cosa ci fosse sotto l’attuale chiesa prima della sua costruzione, la stessa data di costruzione ( esistono varie ipotesi ma nessuna documentata), la logica della nascita delle tombe nella roccia esterne alla chiesa, dei gradini di accesso alla torre, eccetera.
Soprattutto il rinvenimento della testa del dio sole rinvenuta da me e dal buon Massimo Ruggiero , perfettamente simile a quella presente nella chiesa di San Bernardino ed ora ivi deposta.
Nessuna tutela infine delle immagini presenti nel chiostro e da me segnalate alla soprintendenza di Cosenza.
Aspettiamo comunque le due relazioni storiche ed archeologiche che dovranno corredare gli atti di colludo.
Proprio per rimediare a queste carenze suggeriamo all’amministrazione comunale di “viaggiare alta” e per esempio di invitare a completare gli studi sulla chiesa, almeno, coloro che nel tempo di essa si sono interessati.
Parlo dei docenti della II università di Napoli, del professor G Vannini, del Dr E. Donato, della d.ssa Cristina Tonghini, della d.ssa Adele Bonofiglio dei Beni Culturali e di quanti altri essa ritenga.
Giuseppe Marchese
I carabinieri mettono a segno un altro colpo.
L’accertamento che la coltivazione di Marijuana ad Amantea non è mai cessata.
Ci fu un tempo in cui questa pianta veniva coltivata nelle zone periferiche di campagna o nelle zone cittadine marginali e perfino nelle case di abitazione.
Parliamo di produzione destinata allo smercio.
Ed oggi se ne trova anche per un probabile uso personale.
Non molto in verità ; parliamo di dieci/venti piantine cresciute in casa, al sicuro dalle intemperie e di cui occorreva aspettare solo la crescita più rigogliosa possibile.
Ma il diavolo ci ha messo le corna e la produzione non è andata in porto.
Infatti i Carabinieri di Amantea in una delle loro continue azioni di controllo del territorio, di quelle che da qualche tempo vengono condotte dai militi della locale caserma, ora guidata dal maresciallo Cerza, sono arrivati nella abitazione di N.M. ( N è il nome) abitante in una zona agricola lontana dagli abitati di Amantea e Campora SG e lì hanno scoperto queste piantine, ovviamente, sequestrandole e successivamente destinandole alla distruzione.
N. M. è un utilizzatore abituale, così che è facile intuire le vere generalità.
Sud paese quasi incolpevole che altrove cercai. Tu, autentica terra della fantasia dove il poeta è compreso e l’anfitrione viene accolto come al tempo d’Ulisse.
La prima tappa del viaggio di Enea è la Tracia, dove appare un terribile prodigio: i rami di mirto, che l’eroe strappa per ricoprire di fronde l’altare degli dèi, sanguinano.
Questi sono i rami gemmati dalle frecce che hanno trafitto Polidoro, il giovane figlio di Priamo ucciso e depredato dal suo infido ospite, il re Polimestore.
I Troiani lasciano allora la Tracia e si recano a Delo, dove consultano l’oracolo di Apollo.
L’oracolo indica loro di cercare “l’antica madre”.
Essi allora si recano a Creta, la terra natia del loro progenitore Teucro. Giunti nell’isola, iniziano a costruire la nuova città, ma un cattivo presagio (una pestilenza) e gli dei Penati apparsi in sogno ad Enea rivelano che non è Creta l’antica madre, ma l’Italia, la terra d’origine del loro capostipite Dardano.
Nell'antica colonia achea di Kroton insieme al culto di Eracle, fondatore mitologico della città, e di Apollo, ispiratore della fondazione stessa, era molto sentito il culto di Hera Lacinia. Pochi chilometri più a sud della città, sul promontorio Lacinio, sorgeva il grande santuario dedicato ad Hera Lacinia, tra le più grandi aree sacre di tutto il mondo ellenico. Moglie e sorella di Zeus e regina tra gli dei, Hera veniva venerata come dea protettrice dei pascoli anzitutto, delle donne, della fertilità femminile, della famiglia e del matrimonio.
Nel VI secolo a.C. venne eretto un maestoso tempio dorico a 48 colonne, facente parte del monumentale Santuario di Hera Lacinia, che già prima era esistente e venerato in tutto il mondo greco. Nello stesso periodo il leggendario Milone, eroe olimpionico ritenuto figlio di Eracle, fu nominato sacerdote del tempio di Hera Lacinia in segno dell'assoluta devozione che la città di Kroton aveva nei confronti del santuario e della dea venerata. Il santuario, uno dei più grandi e certamente più famosi di tutta la Magna Grecia, divenne subito il principale luogo di culto del versante ionico, meta di viandanti e navigatori provenienti da ogni dove pronti a pagare pegni votivi pur di ingraziarsi la potente dea.
“Siamo sul suolo della Magna Grecia. Non ti dirò : ‘Scopriti ed inchinati’. Fa come vuoi; poiché anche qui, come su ogni posto del mondo sul quale sia passato l’uomo, è sparso odio, orgoglio, invidia, rivalità, spirito di distruzione. …Ma, se vuoi, fermati qui, su queste rovine e sosta in silenzio…..Poiché questo fu un mondo in cui gli Dei non avevano vergogna di essere uomini ed i filosofi, gli artisti, gli atleti di essere Dei.”
Gigino A Pellegrini & G el Tarik