Da oltre due mesi l’INPS subisce attacchi politici e mediatici riguardo i tempi
di erogazione delle prestazioni Covid decise dal Governo. Che qualcosa non
abbia funzionato, almeno all’inizio, è fuori discussione. Tuttavia l’attività
dell’Istituto non può essere giudicata solo per la disgraziata giornata del 1°
aprile, quando il sito dell’INPS non ha retto all’impatto della concentrazione di
domande di sussidio di 600 euro.
In questi due mesi sono stati erogati milioni di assegni di sostegno al reddito
senza che si registrasse un rallentamento nella liquidazione delle altre
prestazioni ordinarie. Le lavoratrici ed i lavoratori dell’Istituto hanno lavorato
senza sosta ben oltre il normale orario di lavoro per assicurare la continuità
amministrativa dell’Istituto. Quasi 28.000 dipendenti, collegati per lo più con
apparecchi informatici personali, hanno affrontato diligentemente prevedibili
difficoltà di collegamento, considerato che nessuno si sarebbe mai aspettato
di gestire un numero di lavoratori così ampio in smart working.
Cos’è che non ha funzionato, allora, visto che sull’INPS si è concentrato un
fuoco di polemiche e di accuse per presunti, colpevoli ritardi, nell’erogazione
delle prestazioni Covid? Nelle ultime settimane l’attenzione si è concentrata
sulla cassa integrazione e si è imputata all’INPS la responsabilità di non aver
pagato l’assegno a tanti lavoratori ancora in attesa. Se tanti lavoratori
autonomi non hanno potuto percepire i 600 euro di assegno è dovuto ad una
compilazione della domanda errata oppure semplicemente perchè non ne
avevano diritto. Codici fiscali errati, iban bancari sbagliati, dati anagrafici
incompleti, una miriade di errori che hanno complicato e rallentato l’attività
istituzionale, con un aggravio di lavoro che si protrarrà nelle prossime
settimane attraverso la lavorazione dei cosiddetti ricicli. Ci si lamenta perché i
lavoratori non percepiscono l’assegno della cassa integrazione, ma si
conoscono i passaggi burocratici che devono essere seguiti per arrivare alla
liquidazione della prestazione? Ancora oggi diverse Regioni devono
trasmettere all’INPS un certo numero di decreti di autorizzazione della cassa
integrazione. E questo è solo uno dei passaggi burocratici necessari prima di
arrivare a liquidare l’assegno al lavoratore. E’ necessario che l’azienda
presenti il mod. SR41 e molte imprese tardano a compilare il modulo perché
aspettano di verificare se hanno l’opportunità d’impiegare il personale
dichiarato in cassa integrazione, dal momento che la retribuzione e la cassa
sono ovviamente incompatibili. Questo procura un danno al lavoratore, che
aspetta di ricevere l’assegno e non sa che il ritardo è magari dovuto al suo
datore di lavoro. L’INPS ha praticamente terminato la liquidazione di tutto
quello che poteva essere liquidato, ma i lavoratori interessati alle misure
varate dal Governo sono talmente tanti che quelli ancora in attesa di risposta
rappresentano una moltitudine.
La USB ritiene che vada fatto ogni sforzo possibile per informare
correttamente i cittadini sulle reali responsabilità dei ritardi nell'erogazione
delle prestazioni Covid, attraverso comunicati stampa e gli altri mezzi di
comunicazione ed informazione di cui l'Istituto è dotato per il rapporto con il
cittadino, come: telefono provinciale, contact center, servizi di app, utilizzo
della posta elettronica, piattaforme per videoconferenze, ecc..
COORDINAMENTO REGIONALE USB Pubblico Impiego INPS
Reggio Calabria 5 giugno 2020