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barboneUn uomo a Palermo cosparge di benzina il giaciglio di un clochard che dormiva sotto i portici del chiostro dei Padri Cappuccini e poi gli da fuoco senza nessuna pietà. Era convinto che quel povero disgraziato fosse l’amante di sua moglie che lo aveva abbandonato. Dio mio come siamo caduti così in basso. Gesti e atti scellerati di questo genere si sono verificati, purtroppo, anche in Calabria. Chi non ricorda il povero Cocò, il nonno e la sua compagna bruciati in macchina? Bruciare vivo un uomo che dorme tranquillamente nel suo giaciglio di fortuna, un uomo mite, buono, che non dava fastidio a nessuno, vuol dire che i cuori degli uomini si sono pietrificati, induriti. Vedere le crude immagini di un uomo che brucia e che grida di dolore ci strappa il cuore. Un gesto così efferato ci riempie di dolore e di rabbia. L’uomo bruciato aveva 45 anni e si chiamava Marcello Cimino e frequentava il centro di assistenza ai poveri dei francescani. Aveva abbandonato la sua casa e le due figlie in seguito alla separazione della moglie. Ogni tanto faceva dei lavoretti abusivi per guadagnarsi da vivere. Quello che è successo a Palermo non fa onore a questa città siciliana e ai siciliani in genere conosciuti in tutto il mondo come persone gentili, affidabili, disponibili, pronti ad aiutare gli altri, solidali con gli ultimi. Ma andando indietro nel tempo mi vengono alla memoria come un flash back cose ancora più terribili e inquietanti, quando i mafiosi scioglievano nell’acido i bambini o quando muravano nel cemento gli uomini del clan avverso. Tutti in città ora fanno l’esame di coscienza. Dapprima si era pensato che il gesto criminale fosse stato compiuto da una banda di ricchi balordi che per gioco, per divertimento danno fuoco ad uomo che dorme tranquillo per terra. Poi ad una banda di ragazzi venuti da fuori, forse ubriachi o in preda alla droga. Ma la tecnologia questa volta è venuta in aiuto alle Forze dell’Ordine e alla Magistratura. Le telecamere nascoste hanno mostrato un uomo che cosparge di benzina Marcello e poi gli da fuoco. Niente, dunque, gioco, niente droga, niente razzismo, niente depravazione, niente gioventù bruciata. Marcello è stato arso vivo da un altro uomo come lui, che conosceva benissimo e che forse stava vivendo gli stessi suoi problemi. Lavorava in una pompa di benzina e per questo si era potuto procurare il secchio bianco e poi riempirlo di benzina. Ho appreso la triste notizia mentre guardavo la televisione e alcuni giornalisti sportivi si accapigliavano discettando di rigori dati o non dati, di Juventus e Milan, di gol in fuorigioco e di arbitri non all’altezza. Poi i titoli di coda. Un uomo è stato bruciato vivo a Palermo. Ho spento la televisione e sono stato preso da un senso di dolore e di colpa. Ancora una volta gli uomini cattivi hanno ucciso un loro fratello, hanno ucciso Nostro Signore. Non l’hanno messo in croce. Peggio hanno fatto. Lo hanno bruciato vivo mentre dormiva. Il Signore ci ammonisce:- Ogni qual volta fate queste cose ad uno solo di questi miei fratelli lo avete fatto a me-. Ma gli insegnamenti del Vangelo, oggi, purtroppo, vengono da tutti ignorati e calpestati. Cominciamo, perciò, almeno noi che ci professiamo cristiani, cattolici, apostolici, romani, a riconoscere subito Gesù in chiunque ci passa accanto e trattiamo ogni prossimo come realmente tratterremmo Gesù.

Pubblicato in Italia

Ancora una volta, a distanza di soli cinque mesi, ci dobbiamo occupare di un crollo di un cavalcavia avvenuto nelle Marche vicino Castelfidardo tra Loreto e Ancona mentre alcuni operai stavano eseguendo lavori sul ponte per l’ampliamento della carreggiata.

 

Ci sono stati due morti, due coniugi Emidio e Antonella Diomede, che viaggiavano su un’auto che stava percorrendo l’autostrada e tre feriti.

 

Erano operai del cantiere, tutti e tre di nazionalità romena.

Le loro condizioni, grazie a Dio, non sono molto gravi, anche se caduti da un’altezza di oltre sette metri sopra le macerie.

Il crollo si è verificato verso le 13, forse per un cedimento di alcuni piloni di sostegno.

C’è tanto dolore e rabbia in questo tragico incidente che avrebbe potuto avere conseguenze peggiori se gli automobilisti che percorrevano l’autostrada non si fossero accorti del pericolo in tempo.

Dolore perché ci sono state due vite spezzate e tre feriti, rabbia perché l’autostrada doveva essere chiusa per questioni di sicurezza mentre si eseguivano i lavori.

 

Provvedimento adottato immediatamente dopo l’incidente che ha mandato letteralmente in tilt la circolazione con ingorghi chilometrici e obbligatorie deviazioni.

Anche cinque mesi fa ci siamo occupati di un altro crollo avvenuto in Provincia di Lecco dove perse la vita un pensionato Claudio Bertini di 68 anni, schiacciato nella sua auto.

Il cedimento di quel cavalcavia allora si verificò al passaggio di un TIR da oltre 108 tonnellate che trasportava bobine di acciaio.

Il crollo del cavalcavia nelle Marche invece è avvenuto perché era in fase di ristrutturazione e si stava provvedendo a innalzarlo per permettere l’ampliamento della carreggiata a tre corsie.

Evidentemente durante la fase di innalzamento qualcosa è andata storta e i piloni che lo reggevano hanno ceduto.

 

Secondo l’Autostrade per l’Italia si è trattato di un tragico incidente non prevedibile “determinato dal cedimento di pile provvisorie su lavori di innalzamento del cavalcavia necessari per ripristinare l’altezza dell’opera rispetto al nuovo livello del piano autostradale”.

Qualche cosa, però, non ha funzionato a dovere, altrimenti il cavalcavia non sarebbe crollato.

E quello che è successo poteva essere evitato.

Bastava chiudere l’autostrada.

E come previsto anche questa volta il Ministro dei Trasporti da Roma ha inviato degli Ispettori per verificare e analizzare quanto è accaduto e perché.

E la Procura ha aperto un’inchiesta.

Si procede per omicidio colposo plurimo a carico di ignoti.

L’inchiesta finirà, come le altre, in una bolle di sapone.

Nessun colpevole.

E sempre le stesse cose.

Ma nel frattempo la gente continua a morire per negligenza di qualcuno nelle nostre autostrade.

E’ un paese che lentamente si sbriciola e va a pezzi.

In questo nostro martoriato Bel Paese colpito regolarmente da alluvioni, terremoti, mareggiate, smottamenti, crolli di cavalcavia, avvengono cose che non dovrebbero succedere.

Pubblicato in Italia

Ancora una volta ci dobbiamo occupare di due gravi episodi che hanno sconvolto la coscienza dei calabresi e non solo.

In una scuola di Oppido Mamertina due insegnanti elementari sono state sospese dall’ insegnamento perché ritenute colpevoli di minacce e schiaffi agli alunni.

Le indagini sono state avviate dai Carabinieri nel mese di novembre dello scorso anno a seguito di diverse segnalazioni pervenute da parte dei genitori degli alunni di una quinta elementare.

I ragazzi e le ragazze quando rientravano a casa mostravano diverse lesioni sul corpo.

Molti di loro si rifiutavano addirittura di ritornare nella propria classe.

I militari dell’Arma hanno installato delle telecamere nascoste nell’aula scolastica dove le insegnanti svolgevano la loro attività di insegnamento e hanno monitorato i maltrattamenti perpetrati ai danni degli alunni.

In diverse occasioni le due maestre sono state filmate mentre percuotevano al volto gli alunni con violenti schiaffi, li maltrattavano, li spintonavano, si rivolgevano loro in modo brusco, li spingevano fuori dall’aula scolastica per essere poi costretti a rientrare in fila indiana.

Il provvedimento di sospensione dell’attività di insegnamento è stato emesso dal GIP presso il Tribunale di Palmi.

Le due maestre coinvolte in questa triste vicenda hanno rispettivamente 49 anni.

E’ mai possibile che nelle nostre scuole si verifichino episodi del genere e che ci siano insegnanti non all’altezza del grave compito che le famiglie e lo Stato hanno loro affidato?

Il guaio vero e serio è che da tantissimi anni non si svolgono più i famosi concorsi magistrali dove davvero avvenivano le selezioni.

L’altro episodio si è verificato sempre in Calabria a Soverato.

Un ragazzo di appena 13 anni è stato travolto da un treno in corsa mentre faceva un selfie con altri due compagni.

E’ morto all’istante. Si chiamava Leandro Celia( vedi foto)

Ha davvero dell’incredibile quello che è successo ieri in questa località calabrese conosciuta in tutta Italia. Il ragazzo è morto perché voleva mettere sullo sfondo un treno in corsa.

Gli altri due amici si sono salvati per miracolo e quando hanno visto il loro amico travolto dal treno si sono dati alla fuga.

Sono stati successivamente rintracciati dai Carabinieri ai quali hanno raccontato per filo e per segno quello che avevano combinato.

Guardate cosa hanno combinato questi ragazzi.

Morire per un selfie.

E’ una cosa assurda, è incredibile, è da pazzi.

E poi per un gioco perché non avevano altro da fare.

Possibile che a tredici anni non abbiano null’altro da fare?

Non sapevano giocare come facevamo noi nelle giornate di sole alla “mazza e allo striglio”?

Non sapevano tirare “lo struommulo” nelle vie e nelle piazze polverose?

Non sapevano tirare quattro calci ad un pallone di pezza come facevamo noi tanti anni fa?

Non sapevano far volare in alto “la cometa” costruita con carta velina come facevamo noi specialmente nei giorni un po’ ventosi?

Purtroppo questi passatempi, questi semplici giochi di una volta sono andati irrimediabilmente perduti.

Ai ragazzi di oggi è rimasto solo la noia, sono rimaste le playstation, i telefonini, le slot machines.

Pubblicato in Calabria

Non manca l’amico Francesco Gagliardi di esprimere il suo pensiero sulla vicenda del fiume Oliva, peraltro, ponendo la domanda “Quid est veritas?”, che tradotta significa “Cosa è la verità?”, ma temendo che la domanda sia destinata a restare senza risposta.

Anche noi sospettiamo che la verità sia lontana e per questo aspettiamo la sentenza, nella speranza che qualcuno parli di Grassullo e del percolato dei rifiuti dell’oliva e del perché per irrigare i terreni di Campora e far bere i camporesi si sia andati a prendere le acque del Savuto e non quelle dell’Oliva.

Eh, sì. La verità va cercata. Se la si vuole conoscere . E dissimulata se non la si vuole conoscere.

E continuiamo a dire grazie a Francesco Gagliardi che la cerca. Non ad altri!

Ecco la nota del nostro amico scrittore :

“La Corte di Assise di Cosenza ieri 6 marzo 2017 ha scritto la parola fine all’annoso problema dell’inquinamento del fiume Oliva.

L’imprenditore Cesare Coccimiglio accusato di disastro ambientale doloso e di avvelenamento delle acque è stato assolto.

E sono stati assolti anche i quattro coimputati proprietari terrieri: Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo.

Per la Corte d’Assise non hanno commesso il fatto. Ora, dunque, se tutti sono stati assolti per non aver commesso il fatto non si può più parlare di veleni nel fiume Oliva e si chiude così, ingloriosamente, una storia lunga diversi anni che ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale i cui risvolti sono ancora misteriosi.

Le vicende dei veleni, della nave spiaggiata, delle navi affondate, dei materiali pericolosi interrati, dei rifiuti tossici e nocivi rinvenuti lungo il corso del fiume Oliva, delle discariche abusive, dei fanghi contaminati, delle acque avvelenate hanno contribuito a distorcere, forse, la realtà.

Bisogna ora aspettare 90 giorni per leggere le motivazioni della sentenza e per capire eventualmente qualche cosa.

Fino ad allora bisogna attenersi ai fatti di cronaca che sono questi:

La nave Jolly Rosso conosciuta con l’appellativo di nave dei veleni, perché trasportava rifiuti tossici, si arenò il 14 dicembre 1990 sulla spiaggia in località Formiciche nel comune di Amantea. Al momento dello spiaggiamento la nave trasportava ufficialmente e sottolineo ufficialmente generi di consumo e tabacco.

Nel frattempo, però, i veleni sotterrati nei territori di Amantea, San Pietro in Amantea, Aiello Calabro e Serra d’Aiello continuano a causare effetti devastanti sulla salute dei cittadini.

Sì, la Corte si è pronunciata, però non ha fatto chiarezza.

Il Sig. Coccimiglio e gli altri quattro coimputati non sono colpevoli.

Ma chi sono allora i colpevoli?

Le scorie radioattive non sono state sotterrate nel territorio dei Comuni sopra menzionati?

Dove sono andati allora a finire? Questo chiede la gente.

Chi ha ucciso e perché il Comandante della Capitaneria di Porto Natale De Grazia?

Nessuno lo saprà mai.

Molte persone hanno perso la vita e non chiedono più nulla se non la verità.

Verità che purtroppo non arriverà mai perché i fatti narrati sono avvolti da tanti misteri.

Quid est veritas?

Ma dove è la verità?

Questa celebre domanda di Pilato, anche per me, è destinata a restare senza risposta.

Di Francesco Gagliardi

Pubblicato in Basso Tirreno

romanzi-di-grand-hotelAnno 1945: Fine della seconda guerra mondiale. L’Italia è allo sfascio, città e fabbriche industriali completamente distrutte. C ‘è molta disoccupazione, carestia e davvero molte famiglie non arrivano alla fine del mese. E proprio alla fine di quell’anno terribile nasce in Italia il primo fotoromanzo. Ma cosa è davvero il fotoromanzo? Oggi con l’avvento della televisione il fotoromanzo ha perso la sua efficacia. Dal vocabolario della lingua italiana il fotoromanzo non è altro che un romanzo raccontato attraverso una serie di fotografie accompagnate da didascalie e da fumetti. Io me li ricordo i primi fotoromanzi perché li trovavo nella sartoria di Orlando Caruso e di ‘Ntonio e Carmela e mi incuriosivano le storielle amorose dei protagonisti. I personaggi erano attori veri e noti al grande pubblico. Il Parroco di San Pietro in Amantea il caro ed indimenticabile Don Giovanni Posa era contrario che noi ragazzi della Gioventù Cattolica frequentassimo le botteghe artigianali dove si leggevano questi tipi di romanzi considerati allora peccaminosi. I primi fotoromanzi furono “Il mio sogno”, “Bolero”, seguito dal “Grand Hotel”. Erano letti per la maggior parte dalle casalinghe, dalle studentesse, dalle operaie, ma soprattutto dalle servette. Siamo ancora nel dopoguerra e c’era in Italia anche un analfabetismo dilagante. Molte persone non sapevano leggere e scrivere. Davanti agli Uffici Postali c’erano sempre delle persone addette che facevano da testimoni alle vecchiette e ai vecchietti che firmavano i documenti opponendo un segno di croce perché non sapevano scrivere neppure il loro nome e cognome. Nell’archivio municipale del mio paese ho trovato un atto firmato con un semplice segno di croce dal consigliere comunale anziano al posto del sindaco del tempo analfabeta. E questi fotoromanzi che in pochi anni hanno invaso le edicole e le case delle famiglie italiane hanno contribuito ad insegnare a leggere a molte ragazze. Le storielle narrate erano semplicissime, le eroine erano quasi sempre povere, ma che facevano sognare la gente semplice di allora che dopo il disastro causato dalla guerra aveva bisogno di sogni. Dai poeti, dagli scrittori, dagli intellettuali questi fotoromanzi sono stati considerati editoria di Serie B, giornali inutili, giornali di serve. Il grande Italo Calvino addirittura scrisse che erano “vaccate immonde”. Ecco perché l’indimenticabile Parroco Don Giovanni Posa era contrario che noi ragazzi leggessimo quei romanzi ritenuti, forse a ragione per quei tempi, impuri, immondi, sudici e corrotti. Ma non aveva capito che la gente umile di allora aveva bisogno di svagarsi, di sognare, di fantasticare, di emozionarsi e di dimenticare almeno per poche ore la fame e la miseria. Tantissimi sono stati i personaggi del cinema, del teatro e della musica che son passati per le pagine dei fotoromanzi. Alcuni di loro, addirittura, hanno iniziato la carriera nel mondo dello spettacolo grazie alla partecipazione in un fotoromanzo. Ora la pubblicazione dei fotoromanzi è in declino. Resiste “Grand Hotel” che riesce a vendere, malgrado la televisione, ancora oltre 100 mila copie settimanali. Il colpo ferale lo hanno sferrato proprio le televisioni pubbliche e private che ad ogni ora del giorno e della notte trasmettono soap opere come Dallas, Santa Barbara, Beautiful, Un posto al sole, Tempesta d’amore, Il Segreto che hanno le stesse trame e le avventure dei fotoromanzi. Quelli li dovevi comprare, poi sfogliare e leggere. Le soap opere trasmesse dalle televisioni le devi soltanto guardare seduti comodamente nella poltrona di casa con il vantaggio che sono gratis e che vanno in onda in qualsiasi ora del giorno. Milioni di italiani seguono questi sceneggiati televisivi. Si vede che ancora oggi a distanza di tantissimi anni dalla fine della guerra c’è tanta gente che ha bisogno di sognare.

Fino ad ieri sapevo che si potesse morire per vecchiaia, per malattia, per incidente, ma non per fatica nei campi.

 

Fino ad ieri, invece oggi so anche che gli uomini e le donne possono anche essere ammazzati per il lavoro eccessivo.

 

Quello che sto per raccontarvi, amici lettori di Tirreno News, non è una storia inventata

o una fake news come si dice oggi, è purtroppo una storia vera.

E’ la storia di una donna di 49 anni, Paola Clemente, (nella foto con il marito) morta di fatica il 13 luglio del 2015 mentre lavorava nei campi di Andria, nella azienda agricola “Perrone”.

Era addetta alle operazioni di acinellatura dell’uva per avere certamente inalato quantità massicce di fitofarmaci.

Toglieva gli acini dell’uva più piccoli.

Lavoro molto faticoso, doveva stare sempre in piedi e con le mani alzate.

Lavorava più di 12 ore al giorno, senza calcolare le due ore per il viaggio di andata e ritorno da casa al posto di lavoro, per 27 euro complessivi.

Salario troppo basso, due euro ad ora.

E’ una vergogna.

Dopo la morte della donna e dopo due anni di indagini finalmente è stata fatta giustizia.

La Procura della Repubblica di Trani aveva aperto una inchiesta e l’altro giorno, finalmente, sei persone sono state arrestate per intimidazione illecita e sfruttamento del lavoro.

E’ stato arrestato il responsabile dell’agenzia interinale per la quale la donna lavorava e i suoi dipendenti, il titolare dell’agenzia di trasporto.

E’ finita agli arresti domiciliari anche una donna di 47 anni che secondo i magistrati reclutava le lavoratrici da spedire nei campi in condizioni disumane.

Venivano sfruttate e pagate come abbiamo visto una miseria.

Erano costrette ad accettare qualsiasi forma di ricatto pur di non perdere il posto di lavoro, perché c’erano il mutuo e le bollette da pagare e i figli da sfamare.

Dice il marito:-

Erano soldi sicuri.

Erano indispensabili.

Ci permettevano di campare-.

Ma c’è di più.

Non solo venivano truffate le donne, ma anche l’INPS, perché nella busta paga c’erano differenze enormi tra i soldi dichiarati e quanto effettivamente percepiti dalle lavoratrici.

Molte giornate lavorative non venivano contabilizzate.

Il compenso pattuito era di 86 euro al giorno, invece ne percepivano solo un terzo.

La storia di Paola apre una finestra sugli schiavi invisibili presenti nel nostro paese.

L’ex datore di lavoro è finito pure lui in manette per sfruttamento, primo caso in Italia, per il reato di caporalato.

Speriamo che da oggi in poi le cose in Italia possano davvero cambiare e restituire dignità a tutti i lavoratori e alle lavoratrici che lavorano nei campi addetti alla raccolta dell’uva, dei pomodori, degli agrumi e degli ortaggi in Puglia come anche nella nostra Calabria specialmente nella Piana di Sibari e di Gioia Tauro.

By Francesco Gagliardi

Pubblicato in Italia

Napoli non è soltanto pizza, sfogliatelle, mandolino, Marechiaro, Posillipo e Mergellina, è anche musica e canzone, e come cantava Pino Daniele è anche mille culure.

 

Un signore di nome Antonio Borrelli a Napoli dal balcone della sua abitazione con microfono e amplificatore intratteneva i turisti e i passanti che transitavano per le antiche vie dei Decumani.

 

Molti si fermavano, lo salutavano, scattavano foto e altri ancora gli lasciavano alcune monetine in un “panariellu” che questo personaggio estroverso napoletano calava dal suo balcone.

I vicini di casa non hanno gradito le performance canore di questo artista perché, secondo loro, disturbava la quiete pubblica, e stanchi dei concerti si sono rivolti alle Forze dell’Ordine.

Il protagonista di questa singolare vicenda è un ex pregiudicato conosciuto nel quartiere in cui vive col soprannome di “ Tonino ‘o Topolino”.

L’artista si è giustificato dicendo che non faceva del male a nessuno, che non disturbava la quiete pubblica, ma che intratteneva i turisti e i passanti con le sue canzoni melodiche soltanto nei giorni di festa e nei fine settimana.

 

Le sue canzoni portavano un po’ di allegria e facevano dimenticare anche per un momento tutte le angustie, le preoccupazioni della vita.

Queste performance lui le ha chiamate “posteggio aereo”, è una sua creazione, e Antonio sapeva usare a pieno questa nuova arte di arrangiarsi che gli permetteva di racimolare qualche spicciolo, che in tempi di crisi e di difficoltà economica, gli permetteva di campare onestamente.

A Natale, addirittura, così ha raccontato, aveva racimolato 50 euro, grazie all’inseparabile “panariellu” che con una cordicella calava dal suo balcone dove la moglie stendeva anche i panni ad asciugare.

Ma ora, dopo la visita delle Forze dell’Ordine, Antonio ha dovuto rinunciare ai suoi spettacoli. Peccato, nu culure e Napule si nne jutu.

Pubblicato in Italia

pd-810x542Il Governatore della Puglia Emiliano dopo tante giravolte finalmente ha deciso: resterà nel Pd e sfiderà Matteo Renzi alle primarie del partito candidandosi a Segretario del Pd.

 

Alla Direzione del Pd ci dovevano essere delle grandi sorprese, invece eccoti Emiliano che fa marcia indietro, ci ripensa, meglio restare nel Pd e continuare a governare la regione Puglia.

Se avesse abbandonato il partito certamente nel Consiglio regionale pugliese ci sarebbero stati degli strascichi, molti non lo avrebbero seguito.

 

Meglio l’uovo oggi, che la gallina domani.

La sua giravolta, però, ha portato degli sconquassi nella compagine dei ribelli e brucia moltissimo agli ex compagni di strada, i quali vanno avanti alla ricerca di un nuovo soggetto politico di centro sinistra che per il momento non ha un nome.

I Ministri Franceschini, Orlando e Delrio tentano di scongiurare la scissione. Sarà una impresa difficile ed impossibile.

 

La strada resta tutta in salita.

Per evitare la scissione Matteo Renzi dovrebbe abbandonare tutte le sue velleità e dovrebbe essere rottamato. Ma Renzi, purtroppo, non vuole lasciare il partito e il potere che ha conquistato in questi anni. I contendenti si odiano, si detestano, si combattono a viso aperto, nei fuori onda se ne ascoltano di tutti i colori, per il dominio di un partito che a poco a poco perde consensi e che considerano di loro proprietà.

Dice bene Alberto Infelise su <La Stampa>: "Forse quando smetteranno di fare la pipì in giro per segnare il territorio torneranno a essere in qualche modo interessanti per gli elettori."

 

E mentre i Deputati e Senatori litigano su tutto il Premier Matteo Renzi vola negli Stati Uniti snobbando la Direzione del suo partito intento a scrivere le regole per il prossimo Congresso.

Dalla California fa sapere che va bene così. La scissione annunciata e strombazzata ora è ancora più debole. Renzi è arcicontento che Emiliano sia rimasto nel Pd, si avranno, così, delle vere primarie molto partecipate.

Gli ex compagni di strada e di merenda del Governatore, però, non hanno gradito la sua giravolta e sono molto arrabbiati e irritati per il cambio di rotta. Ha scombussolato e non di poco i loro piani.

Ma forse è un bene che Emiliano sia rimasto nel Pd e che se ne siano andati Rossi, D’Alema e Bersani e qualche Deputato di provincia.

Renzi li avrebbe rottamati lo stesso non presentandoli candidati alle prossime elezioni politiche. Lo hanno capito e allora per non fare una brutta figuraccia hanno inventato delle scuse puerili e si sono rottamati da soli. Dove andranno nessuno oggi lo sa.

Quanti voti porteranno al nuovo partitino nella prossima competizione elettorale? Pochi voti, direi, non sufficienti per farli ritornare in Parlamento ad occupare le comode poltrone che il vecchio e glorioso partito comunista aveva garantito fino ad oggi. Leggendo i loro nomi sono tutti provenienti da quel partito sconfitto dalla storia. Insufficienti a portare alla Camera e al Senato un numero sufficiente di Deputati e Senatori per essere determinanti per formare un nuovo governo di centro sinistra o di sinistra. E allora tanto valeva restare nella casa madre e combattere Renzi e il renzismo dall’interno.

Ma cosa c’è davvero dietro la scissione del Pd? C’è la lotta per la conquista e la conservazione del potere.

Nelle prossime elezioni elettorali in autunno o nel 2018 con la legge elettorale in vigore il Pd non raggiungerebbe il 40% dei voti, quindi non scatterebbe il premio di maggioranza e perderebbe quasi un terzo degli attuali Deputati. Solo i capilisti sono certi della elezione, gli altri dovranno conquistarsela attraverso una lotta fratricida delle preferenze.

 

Con Matteo Renzi, rieletto al Congresso e non ai gazebo segretario del partito, la minoranza di sinistra avrebbe poche possibilità di farsi ascoltare e ad essa resterebbero soltanto le briciole. Ecco perché, arrivati a questo punto, tanto vale rischiare la scissione.

Ma c’è una bella polpetta avvelenata pronta per gli scissionisti che potrebbe mettere in gravi difficoltà il nuovo soggetto politico appena nato e tutti i voltagabbana che militano nei partitini nati dalle scissioni del partito di Berlusconi: l’innalzamento della quota necessaria per entrare in Parlamento dal 3 al 5%. Sciuollu! Dove andranno Bersani, D’Alema, Alfano, Cicchitto, Bondi, Casini, Fitto e Company? A casa, a casa. Sarebbe davvero bello e l’alba di una nuova primavera.

Pubblicato in Italia

Stamattina attraversando Piazza Bilotti ho avuto una sgraditissima sorpresa.

 

 

In Piazza ho avvistato cumuli di cartoni, coperte e tende improvvisate, rifugio notturno dei clochard.

In passato dormivano sotto i ponti lontano dalla vista dei cittadini cosentini, ora che il freddo notturno si è attenuato un poco dormono all’aperto.

 

Piazza Bilotti è diventata così un dormitorio pubblico.

 

Fino alle ore 11 nessuno ha visto nulla.

Ora il grave problema dei bivacchi si è ripresentato nella sua gravità a pochi metri dai tavolini messi, credo, dall’Amministrazione comunale.

 

Poi, dopo le 11, qualche cittadino ha segnalato il cumulo di cartoni e la tenda e subito è scattato l’intervento del personale preposto per procedere allo sgombero del materiale ingombrante.

Pubblicato in Cosenza

VenerdìSanto2016AmanteaStrano paese è l’Italia. Carissimi amici lettori di Tirreno News, se oggi il Commissario Prefettizio di Amantea emanasse una circolare e inviasse un fax ai parroci delle varie parrocchie comunicando loro che per la Processione del Venerdì Santo che si svolge lungo le vie principali di Amantea dovranno pagare una tassa per occupazione di suolo pubblico come reagirebbero i parroci, i fedeli, i cittadini e i turisti che per l’occasione vengono numerosi ad assistere alla processione delle Varette, del Cristo morto, del Cristo in Croce e della Madonna? Scoppierebbe certamente una rivoluzione e il Commissario sarebbe costretto a lasciare il Municipio in fretta altrimenti sarebbe linciato. Mio padre, originario di Cannavina, emigrato in America all’età di 15 anni, due cose ricordava della sua terra natia: il mercato ortofrutticolo che si svolgeva alla “Chiazza” e la processione del Venerdì Santo. Nel suo portafoglio conservava con cura l’immagine dell’Addolorata. Questo che sto per raccontarvi è successo davvero a Roma, non è uno scherzo o una notizia inventata o come la chiamano oggi “una fake news”. E’ un caso eclatante che farà molto discutere, a Roma e nelle altre città italiane, dove in occasione del Venerdì Santo si svolgono le manifestazioni religiose. Il fatto curioso e strano è accaduto proprio a Roma dove risiede il Santo Padre e precisamente nel IV Municipio, zona Pietralata. Ancora Roma è salita agli onori della cronaca per il putiferio scatenato dalla incredibile e sconcertante notizia. All’improvviso spunta una tassa per le processioni religiose. Fatto senza precedenti violando perfino alcuni articoli della nostra Costituzione e il Concordato tra Stato e Chiesa. Il Comune di Roma chiede per i riti della Via Crucis una tassa di 86 euro più il canone di occupazione. Avete letto bene, amici lettori, la processione del Venerdì Santo che si svolge lungo le vie del quartiere sarebbe una occupazione di suolo pubblico equiparata ai gazebo dei bar.

Don Fabrizio Biffi, parroco di San Fedele da Signoringa a via Masula, con ironia ha risposto al fax arrivato in parrocchia, ma senza rinunciare ad alcune efficaci stoccate:- Non temete e non vi preoccupate perché la nostra parrocchia non farà richiesta per la processione. Ci disturba un po’ relegare una processione del Venerdì Santo ad attività commerciale, con occupazione di suolo pubblico. Anzi vi promettiamo che saremo attenti a non consumare ulteriormente le strade. Dopo le nostre processioni con tutti i danni che fanno le scarpe con il loro attrito,e con le preghiere che pesano sull’asfalto, come potremmo dormire sonni tranquilli? Complimenti, siete riusciti a eliminare il problema. Non facendo processioni, certamente ci saranno meno buche e voi avrete meno spese -. Come risponderebbe Padre Francesco ad una simile provocazione? Rinuncerebbe per quest’anno alla processione del Venerdì Santo per le vie principali di Amantea come sempre si è fatto sin dalla notte dei tempi? Non rinuncerebbe mai. Risponderebbe al Commissario con ironia facendogli notare che la processione religiosa non é assolutamente configurabile come occupazione di spazio pubblico, dato che i fedeli si limitano a percorrere una strada in un dato tempo. E come per tutte le manifestazioni si limiterebbe a darne comunicazione agli organi competenti e che hanno nella Costituzione Italiana una analoga garanzia. Nelle feste parrocchiali che prevedono l’uso di palchi sui sagrati delle chiese o sulle piazze, in questi casi si paga l’occupazione del suolo. Perciò cara Sindachessa e caro Presidente del IV Municipio, mettevi il cuore in pace, perché la Via Crucis si svolgerà regolarmente come previsto e non verrà pagata nessuna tassa per l’occupazione di suolo pubblico.

Pubblicato in Italia
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