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ZUCCHEROAmici, anche le bustine da zucchero fanno scoppiare un finimondo nel nostro bel paese. Parlo delle normali confezioni che usiamo quando in un bar decidiamo di sorbirci una bella tazzulilla e cafè. Addirittura è stata coinvolta una nota e storica azienda bolognese ed è intervenuta nientepopodimeno che il Presidente dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), Carla Nespolo. E’ scoppiata la guerra e i partigiani hanno preso i fucili e si sono rifugiati in montagna? Niente di tutto questo. Ma cosa è davvero successo che è intervenuto il Partito Democratico e si è scomodato finanche il Sindaco di Bologna? Cose che succedono soltanto in Italia per colpa di un esercente di un Bar, Bar Nerini, lungo gli Stradelli Guelfi, appena fuori Bologna. Il titolare del locale, sui tavoli e sul bancone, oltre alle normali e comuni bustine di zucchero, metteva altri tipi di bustine che aveva comprato a Predappio come souvenir con il volto di Mussolini e con gli slogan che ci facevano recitare a memoria finanche nelle scuole durante il periodo fascista e che trovavamo scritte sui libri di testo e nei muri delle case con indelebile inchiostro di china: “Molti nemici molto onore”, “Libro e moschetto fascista perfetto”, “E’ l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende”, “Credere, obbedire e combattere”. Il caso, dopo che è stato segnalato dalla stampa locale e addirittura dal giornale nazionale “la Repubblica”, ha costretto la nota azienda di caffè Filicori Zecchini di dissociarsi nettamente annunciando la volontà di troncare ogni rapporto commerciale con il locale. Ma il fascismo è morto e seppellito da 70 anni. Possibile che una bustina di zucchero possa far risvegliare rigurgiti fascisti? E’ stata una furbizia del titolare del bar per attirare evidentemente qualche avventore. Apologia del fascismo hanno chiamato questa furbizia commerciale! Ma per favore, scherciamoci sopra, beviamoci un bel caffè e se non vogliamo usare la bustina di zucchero con l’effige del Duce usiamo le altre bustine che sono sul bancone. Purtroppo alcuni clienti quelle bustine di zucchero con i tristi slogan fascisti non le hanno gradite. Una giovane signora è entrata nel locale per prendere un caffè e quando ha visto quelle bustine con la faccia del Duce ha scosso la testa ed è andata via. Il Proprietario del bar si difende:- La mia è stata soltanto una goliardata. Non faccio propaganda. Il mio lavoro è soltanto fare caffè -.

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Con l’accusa di corruzione, Gerardo Mario Oliverio, potrebbe da questo momento passare alla storia politica della Regione Calabria come il politico di professione che ha seppellito in un secondo, l’intero patrimonio e l’eredità morale, etica, culturale e politica della sinistra calabrese, tenacemente costruita da un popolo di braccianti, operai, donne, contadini poveri, giovani coraggiosi, intellettuali e militanti, antifascisti e democratici, in un lungo, lunghissimo secolo e mezzo di lotta di classe, talvolta anche sanguinosa e durissima, in cui si è temprata un’orgogliosa differenza ideale e sociale dagli agrari, dai mafiosi, dai clericali, dai qualunquisti, dai delinquenti e dagli affaristi, purtroppo miseramente perduta e indegnamente gettata nel fango.

Infrangendo le ‘regole sacre’ di quella che un tempo veniva propugnata da Togliatti, Longo, Natta, Amendola, Napolitano, Berlinguer la supremazia, il primato della diversità comunista, pur appartenuto al ceppo di quella sinistra prima stalinista e poi progressista, Oliverio ne avrebbe purtroppo calpestato i valori fondamentali dimenticando le proprie origini e il proprio passato da cui pure ha ricavato ingenti quanto evidenti benefici personali.

Si sarebbe tentati di paragonarlo ad un piccolo Lula italiano, affetto da una sindrome brasiliana, forse per via della sua biografia ‘elettrica’, per via del fatto che egli fu ed è stato sempre consigliere e assessore regionale, amministratore comunale, parlamentare di lungo corso, legato alla vicenda industriale della Sila e degli impianti Enel che in quelle lande dominano da oltre centro anni, manomettendo l’ambiente, deviando il corso dei fiumi, costruendo dighe, sempre attento allo stretto rapporto tra agricoltura, pataticoltura e bacini idroelettrici silani, esattamente quasi travolto da un prevedibile destino, la cui mano invisibile lo ha scaraventato nello scandalo per corruzione della Vallata dell’Inferno, stesso ambito geo-politico-energetico, pittoresco in cui far cadere in trappola quest’ultimo tracotante presidente della Regione Calabria.

Ma si potrebbe anche figurativamente assimilarlo a una sorta di piccolo Mussolini, per come anche lui con la pelata, si ritrova ristretto e confinato nel ridotto di una sua Salò, dalle più modeste dimensioni di una frazione comunale più prosaicamente denominata Palla Palla.

In realtà, dando per a priori che la magistratura non fa politica, e che quindi l’azione della Legge resta sempre e comunque avulsa dagli schemi della politica, succede quasi sempre e ovviamente che lo schema della politica si appropri a suo modo e per i propri fini delle conclusioni oggettive e soggettive postulate dal teorema penale.

Per cui se all’imputazione della Procura Antimafia di Catanzaro, Oliverio continuerà a opporre una personale quanto logicamente dovuta resistenza di chi si dichiara e si professa innocente, questa nuova situazione ha posto un problema di coscienza e di responsabilità istituzionale non solo a lui, che certamente non si dimetterà, quanto all’intera compagine che lo sostiene dentro e fuori il Consiglio Regionale, dal Presidente del Consiglio Regionale ai membri dei gruppi consiliari che ne compongono la maggioranza in assemblea, e che sembrano oggi far parte di un vero e proprio branco di struzzi stabulanti nell’aula di Palazzo Campanella.

Per non dire del Partito Democratico della Calabria con sede a Lamezia e comandi a Cosenza che, in quanto soggetto politico usurpato, strumentalizzato e offeso da una cricca di ‘briganti’ della politica, una sorta di banda dei quattro alla cinese, la stessa che ha rubato il cuore e lo stemma alla sinistra calabrese laica, progressista, cattolica, socialista, democratica, ambientalista, popolare, repubblicana ecc., non ha ancora sciolto riserve e dettato la linea al novello Ragionier “Corrotto” che finirebbe a memoria a far da pari a Don Ciccio Mazzetta, al secolo Francesco Macrì, sindaco democristiano di Taurianova, tratteggiato dal decano collega Pantaleone Sergi nella prosa implacabile di un reporter di classe:

   “… lo inchiodarono, facendogli trascorrere i primi 39 giorni in carcere, il procuratore di Palmi, Agostino Cordova, e il sostituto Francesco Neri, che gli contestarono ben 48 capi d’ imputazione. Da tempo don Ciccio ha ingaggiato un braccio di ferro con la magistratura di Reggio e provincia. I magistrati erano andati a indagare tra le carte del comune, dell’ex amministrazione ospedaliera, dell’Usl, del Comitato provinciale caccia e dell’Antimalarico provinciale che Macrì aveva presieduto, dell’Istituto professionale di Stato dove avrebbe dovuto insegnare francese. Sono scaturite tante inchieste e diversi processi. Un commerciante reggino lo accusò di pretendere la tangente su ogni acquisto. Da qui il nome Ciccio Mazzetta, con cui lo indicano anche i carabinieri”.

Già, è proprio così. La storia del regionalismo, la storia della Regione Calabria, la storia della politica calabrese si riscrive continuamente quasi uguale a se stessa, improvvisamente, tumultuosamente.

Da Iacchite - 31 dicembre 2018

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terrenoAmici, il Governo sta per approvare alcune riforme che dovrebbero cambiare, secondo il M5S e la Lega, la vita di alcune famiglie italiane se decidessero di fare il terzo figlio. Nell’ultima bozza di Bilancio circolata ieri, oltre alla conferma del reddito di cittadinanza e alla flat tax, è spuntata, a sorpresa, la cessione di terre da coltivare alle famiglie che decidessero di fare il terzo figlio tra il prossimo anno e il 2020. Una misura adottata per favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali e la crescita demografica attraverso il sostegno alle famiglie. Quali sarebbero i terreni da dare alle famiglie? Quei terreni di proprietà dello Stato e quei terreni in stato di abbandono specialmente nelle Regioni del Sud. Saranno concessi gratuitamente per un periodo non inferiore a 20 anni. Ma c’è di più. Per i nuclei familiari è prevista anche una agevolazione per l’acquisto della prima casa nelle vicinanze dei terreni eventualmente assegnati, ossia mutui per 200 mila euro per la durata di 20 anni a tasso zero. Terreni incolti da diversi anni e terreni abbandonati nei nostri paesi ce ne sono tantissimi e sarebbe davvero bella cosa se ci fossero famiglie disponibili a ritornare nei campi, a seminare come si faceva una volta grano e granturco, a coltivare patate, fagioli, melanzane, pomodori, cavoli e i vigneti, i ficheti, gli uliveti della Variante, di Cannavina, di Camoli, di Colongi, di Gallo, di Sant’Elia, etc. I nostri vini erano rinomati e i nostri fichi erano richiesti da Marano e Colavolpe. Non molto tempo addietro le numerose famiglie calabresi abitavano nelle turre di campagna e vivevano soltanto di agricoltura e le terre erano fiorenti. Poi, vuoi per la scarsa natalità, per il calo dei matrimoni, per l’invecchiamento della popolazione, per l’emigrazione dei giovani in cerca di fortuna all’estero, i terreni sono stati abbandonati specialmente quelli collinari e al posto dei rigogliosi vigneti, ficheti, uliveti ci sono cresciute spine e calavruni. Ora il Governo si è accorto che in Italia, specialmente nelle Regioni del Sud, ci sono moltissimi terreni incolti e abbandonati e che la popolazione di anno in anno sta decrescendo. E allora per incrementare la demografia darà la terra gratis a chi ne farà richiesta ma alle famiglie con almeno tre figli a carico. Le terre ci sono, purtroppo. Mancano, però, le famiglie con tre figli. Dove sono le famiglie oggi disposte ad avere un terzo figlio se a malapena riescono a sbarcare il lunario con uno o due figli a carico? E dove sono le famiglie che desiderano ritornare alla terra? I giovani hanno lasciato la loro terra e non sono più disposti, facendo enormi sacrifici, a ritornare alle origini. Non dovevano partire. Non li dovevamo fare partire. Purtroppo sono partiti. E ogni anno 16 mila giovani calabresi vanno via, partono. Lasciano casa e famiglia alla ricerca di opportunità che qui non trovano e forse di una vita migliore. Altri giovani sono rimasti, studiano, si laureano. E poi? Alla fine, come hanno fatto i loro coetanei, partono anche loro e non hanno nessuna voglia di ritornare. Ma ritorniamo alle reali intenzioni del Governo adottate per la crescita demografica attraverso il sostegno alle famiglie. Mi è venuto alla mente un famoso slogan di Benito Mussolini:- Un popolo ascende in quanto sia numeroso -. Per questo motivo il fascismo ha incoraggiato in tutti i modi l’aumento della popolazione tassando i celibi e premiando chi faceva figli. E così istituì i premi di natalità. Molte famiglie del mio paese beneficiarono di questi premi. E ora, a distanza di 90 anni, essendo l’Italia in fase di decrescenza demografica, oltre che di crisi economica, il Governo in carica tenta di rivisitare il premio di natalità di Mussoliniano memoria con dei provvedimenti che non porteranno nessun beneficio perché non ci sono in Italia coppie che vogliono più figli.

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I dittatori di ogni tempo( tanto più oggi, evidentemente) hanno bisogno delle piazze nella quali raccogliere le folle da affascinare ma anche delle quali nutrirsi politicamente.

E così gli stadi, le chiese, le piazze sono state, sono e saranno, l’anello di congiunzione tra chi vuole dominare e chi vuole essere dominato, il ponte tra il dittatore ed il popolo, tra l’uomo forte e gli uomini deboli, il campo da brucare sotto l’occhio vigile del pastore aiutato dai suoi cani .

E chi vuole governare, comandare, disporre, usare il popolo ha bisogno delle piazze.

Perfino un imbonitore televisivo come Berlusconi

Ed allora la “piazza” è intoccabile. E diventa, forse mai come oggi, il punto di equilibrio tra le masse politicamente orientate e socialmente disorientate.

La piazza la vuole da destra, il centro destra, il centro sinistra, la sinistra, per raccogliere e governare il popolo di destra, di centro destra, di centro sinistra, di sinistra.

Non più e soltanto , quindi, la massa, quella raggiungibile con la televisione, quella fatta di due milioni di persone davanti ad un milione di televisioni ma che sono incapaci di trasmettersi emozioni, di stancarsi in piedi , di agitare bandiere identificative e da cui sentirsi perfino protetti .

Abituiamoci allora al prossimo invadente uso delle piazze sperando che non avvenga quello che avvenne agli inizi del secolo scorso auspice l’introvabile “Psicologia delle Folle” di Gustav Le Bon al quale si abbeverarono sia Lenin che Hitler e che fu una vera miniera d’oro anche per Mussolini, un libro che fornì le basi teoriche per realizzare il totalitarismo, lasciando ad altri il compito di applicarle usando piazze e folle!

Non si illuda nessuno in Italia di inibire l’uso delle piazze, anche se fu in una piazza che si raccolse la folla che scelse Barabba al posto di Cristo!

Basta soltanto un burattinaio o le grida dei gladiatori.

Giuseppe Marchese

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I Racconti

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