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Con la Sentenza n. 4175/2019 il TAR del Lazio, sezione territoriale di Roma, ha annullato l’Ordinanza Sindacale n. 624/2018 del Comune di Tivoli (RM).

Nelle relative motivazioni sono state avvalorate delle tesi, secondo le quali il suddetto Decreto è carente di determinatezza, motivazione e mostra lacunosità nella connessa istruttoria.

Difatti nel testo del documento in esame, si può notare che i comportamenti vietati non sono ben descritti ed inquadrati nella tutela di gravi e non semplici, pericoli che minacciano la sicurezza urbana, come il semplice abbigliamento ed atteggiamento di chi presumibilmente si prostituisce, che possono essere riportati anche a situazioni ed intenzioni estranee al sesso a pagamento. Inoltre, si può denotare la mancanza di una giustificazione per adottare in via eccezionale e temporanea un provvedimento in contrasto a problematiche, le quali appaiono in questo caso ordinarie e permanenti e la sola e semplice data di scadenza, iscritta nel relativo testo, non può essere giustificativa per un atto obbligatoriamente contingibile ed urgente, il quale risulta oltretutto valido su tutto il territorio del rispettivo Comune.

Viene oltretutto citato, ai sensi della Sentenza della Corte Costituzionale n. 115/2011, che i provvedimenti sindacali in questione devono rispettare lo Stato di diritto, quando questi pongono dei divieti, anche se i connessi poteri vanno a tutelare beni e valori, ovverosia, le citate interdizioni devono avere dei limiti d’applicazione od addirittura non poter essere applicate per nulla, se queste violano i diritti fondamentali dei cittadini.

Si menziona di seguito il testo della suddetta Ordinanza Sindacale.

Pubblicato il 28/03/2019

N. 04175/2019 REG.PROV.COLL.

N. 15466/2018 REG.RIC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 c.p.a. ,

sul ricorso numero di registro generale 15466 del 2018, proposto dall’Associazione Radicale Certi Diritti e dal Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute – Onlus organizzazione non lucrativa di utilità sociale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati D. C., C. F., G. C., con domicilio eletto presso lo studio dei primi in (omissis) e domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Tivoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E. I., M. R., D. S., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F. F. in (omissis) e domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- dell'ordinanza contingibile e urgente n. 624 del 06.11.2018, con la quale il Sindaco del Comune di Tivoli ha ordinato che, a decorrere dal 15/11/2018 e fino al 15/06/2019, su tutto il territorio comunale, sia fatto divieto (i) "a chiunque, sulla pubblica via e su tutte le aree soggette a pubblico passaggio del territorio del Comune di Tivoli di contattare soggetti dediti alla prostituzione, concordare prestazioni sessuali a pagamento, consentire la salita sui propri veicoli per le descritte finalità, eseguire manovre pericolose o di intralcio alla circolazione stradale, ivi compresa la sosta e/o fermata al fine di porre in essere i comportamenti delineati" e (ii) "a chiunque di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco a offrire prestazioni sessuali a pagamento, assumendo atteggiamenti, modalità comportamentali ovvero indossare abbigliamenti o mostrare nudità che manifestino, inequivocabilmente, l'intenzione di adescare o di esercitare l'attività di meretricio" e con la quale è stato stabilito per la violazione della predetta ordinanza l'importo del pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 500,00;

- di ogni atto presupposto, connesso ovvero consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Tivoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2019 la dott.ssa B. B. e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto esposto dalle parti nel ricorso introduttivo e negli scritti difensivi;

Premesso che:

- con il ricorso introduttivo del presente giudizio l’Associazione Radicale “Certi Diritti” ed il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute – Onlus organizzazione non lucrativa di utilità sociale, premesse esplicitazioni, con unite allegazioni a supporto, in merito alla propria legittimazione ed all’interesse ad agire, hanno adito questo Tribunale per l’annullamento del provvedimento in epigrafe indicato, adottato dal Sindaco del Comune di Tivoli ai sensi dell’articolo 54 del D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (di seguito TUEL), con il quale, in ragione dell’asserita sussistenza di esigenze di incolumità pubblica e sicurezza urbana, sono stati disposti specifici divieti, dettagliatamente indicati, a valere su tutto il territorio comunale per il periodo 15 novembre 2018 - 15 giugno 2019, con espressa comminatoria, per la violazione dei divieti medesimi, della sanzione pecuniaria pari ad euro 500,00 (cinquecento/00);

- la difesa di parte ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, contestando la sussistenza dei presupposti alla base dell’adozione dell’ordinanza impugnata, nonché censurando l’indeterminatezza delle condotte vietate e sanzionate, la carenza e lacunosità dell’istruttoria, l’assenza di un adeguato substrato motivazionale, la violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, la lesione dei diritti e delle libertà fondamentali in violazione dell’art. 2 Cost., la violazione dei principi di legalità e tipicità degli illeciti amministrativi, con prospettazione anche di profili di illegittimità costituzionale dell’art. 54 comma 4 bis TUEL, ove interpretato nel senso di legittimare il Sindaco all’esercizio del potere extra ordinem, anche per finalità di perseguire la prostituzione in quanto tale, senza, tra l’altro, considerazione alcuna delle condizioni di sfruttamento, ordinariamente sussistenti, degli individui che esercitano tale attività;

- il Comune di Tivoli si è costituito in giudizio per resistere al gravame, sollevando eccezioni preliminari di inammissibilità sia per carenza delle fondamentali condizioni dell’azione sia in relazione alla proposizione del ricorso in forma collettiva, concludendo, nel merito, per il rigetto del ricorso in quanto infondato;

- alla camera di consiglio del 13 febbraio 2019, fissata per la conclusione della fase cautelare, il Collegio ha valutato sussistenti i presupposti per la definizione della presente controversia con sentenza in forma semplificata, provvedendo agli avvisi ed adempimenti prescritti in conformità alle previsioni dell’art. 60 c.p.a.;

Ritenuto che:

- l’eccezione di inammissibilità per carenza delle condizioni dell’azione non merita accoglimento;

- per univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni specifiche) spetta al Giudice verificare, caso per caso, la ricorrenza di un interesse, idoneo a radicare legittimazione processuale, in capo ai soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni e comitati, i quali devono comunque risultare sufficientemente differenziati e qualificati, rispetto agli interessi dei singoli associati ovvero alla generalità dei consociati di un determinato territorio, perché ad essi, appunto, possa riconoscersi il potere di agire legittimamente in giudizio;

- dall’analisi della documentazione versata in atti dalla parte ricorrente e, segnatamente, dai rispettivi statuti, emerge che sia l’associazione che il comitato perseguono specifiche finalità di promozione dei diritti e tutela delle persone e, in specie delle donne, coinvolte nel fenomeno della prostituzione, nonché di salvaguardia della sfera di autodeterminazione sessuale, attraverso iniziative, di sovente congiunte ed estese a tutto il territorio nazionale, che includono anche “l’assistenza legale e la presentazione in giudizio”;

- i sopra indicati elementi associati alle ulteriori evidenze in atti consentono di rilevare la sussistenza di un interesse diffuso, connotato da autonomo rilievo, di cui viene dedotta e allegata la lesione attraverso l’adozione dell’ordinanza impugnata, la cui protezione rientra tra le finalità statutarie delle ricorrenti, connotate da stabilità sul piano organizzativo e operativo ed operanti su tutto il territorio nazionale;

- il contenuto prescrittivo e sanzionatorio dell’ordinanza, riguardato ai fini della verifica in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione, evidenzia, in particolare, una diretta afferenza con le finalità di protezione e tutela perseguite dall’associazione e dal comitato, come reso evidente, tra l’altro, dalla formulazione – ampia e, per le ragioni di seguito esposte, del tutto generica – della prescrizione che pone il divieto, per chiunque e su tutto il territorio comunale, di assumere “atteggiamenti” ovvero “modalità comportamentali” suscettibili non già di denotare l’esercizio bensì di manifestare “l’intenzione” di esercitare il sex work (espressamente: “comportamenti diretti in modo non equivoco a offrire prestazioni sessuali a pagamento, assumendo atteggiamenti, modalità comportamentali ovvero indossare abbigliamenti o mostrare nudità che manifestino, inequivocabilmente, l'intenzione di adescare o di esercitare l'attività di meretricio”), con comminatoria, in caso di inosservanza, della sanzione pecuniaria di euro 500,00 (cinquecento/00), con carattere di generalità e, dunque, astrattamente, anche nei confronti delle vittime dei fenomeni di tratta e di sfruttamento;

- del pari infondata si palesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo sollevata dalla difesa dell’amministrazione comunale;

- per consolidata giurisprudenza, ai fini della ammissibilità del ricorso collettivo, occorre che vi sia una identità di posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti e che non vi sia una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di alcuni ricorrenti sarebbe incompatibile con l’accoglimento delle istanze degli altri (Cons. Stato, Sez. IV, 5 ottobre 2018, n. 5719; 6 giugno 2017, n. 2700);

- nel processo amministrativo, dunque, la proposizione del ricorso collettivo è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall'assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l'accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell'identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 363; 29 dicembre 2011, n. 6990);

- nel caso che ne occupa deve rilevarsi la sussistenza dei sopra indicati presupposti, emergendo una piena convergenza degli interessi perseguiti dall’associazione e dal comitato ricorrenti attraverso la pretesa azionata nel presente giudizio, risultando, peraltro, generiche le deduzioni articolate sul punto dalla difesa dell’amministrazione comunale;

- il ricorso è, nel merito, manifestamente fondato;

- prioritarie ed assorbenti si palesano le deduzioni dirette a contestare l’assenza dei presupposti alla base dell’adozione del provvedimento impugnato, la lacunosità dell’istruttoria e la carenza di motivazione;

- le condotte vietate e sanzionate vengono descritte nel provvedimento impugnato con un insufficiente grado di determinatezza, come reso evidente dal rilievo riconnesso anche ad “atteggiamenti”, a “modalità comportamentali” ed all’abbigliamento e, dunque, a condotte ed a profili che ineriscono alla sfera delle stesse modalità di espressione della personalità e che possono risultare in concreto non lesive di interessi riconducibili alla sicurezza urbana in quanto non dirette in modo non equivoco all’esercizio dell’attività riguardante le prestazioni sessuali a pagamento;

- a fronte di tale ampia e generica descrizione delle condotte sanzionate l’indiscriminata estensione dei divieti su tutto il territorio comunale non trova supporto nell’accertamento di situazioni specifiche riferibili all’esigenza di tutela della sicurezza urbana, dovendosi evidenziare che l’ordinamento vigente non consente la repressione di per sé dell’esercizio dell’attività riguardante le prestazioni sessuali a pagamento e ciò a prescindere dalla rilevanza che tale attività possa assumere sotto altri profili, autonomamente sanzionabili, per le modalità con cui è svolta o per la concreta lesione di interessi riconducibili alla sicurezza urbana;

- in particolare, la sussistenza di “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana” è solo formalmente evocata, non essendo sufficienti a sorreggere la determinazione adottata affermazioni di principio in ordine alla circostanza che il fenomeno della prostituzione su strada “sta assumendo caratteri di notevole diffusione sul territorio comunale” ovvero giudizi di valore di carattere etico e morale in assenza evidenze istruttorie fondate su elementi concreti ed attendibili atti a denotare la sussistenza del presupposto della concreta minaccia agli interessi pubblici tutelati dell’art. 54, commi 4 e 4 bis del TUEL e della eccezionalità e gravità del pericolo;

- le ordinanze contingibili e urgenti di competenza del Sindaco quale ufficiale del Governo costituiscono strumenti apprestati dall'ordinamento per fronteggiare situazioni impreviste e di carattere eccezionale, per le quali sia impossibile o inefficace l'impiego dei rimedi ordinari, e si presentano quindi quali mezzi di carattere residuale, espressione di norme di chiusura del sistema, i cui tratti distintivi sono costituiti dall'atipicità, dalla valenza derogatoria rispetto agli strumenti ordinari, dalla particolare qualificazione sia della minaccia sia del pericolo;

- la documentazione prodotta in giudizio dalla difesa dell’amministrazione denota, invero, l’esiguità della istruttoria svolta, essenzialmente incentrata su segnalazioni anonime e sulla riscontrata presenza di persone dedite alla prostituzione nello svincolo di Tivoli del Casello dell’autostrada A24 e il Mausoleo dei Plauzi, senza evidenza alcuna circa la obiettiva e concreta sussistenza di situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica o per la sicurezza, come comprovato anche dai verbali di contestazione della violazione dell’ordinanza impugnata;

- nello specifico, una parte consistente dei verbali di contestazione inerisce a condotte sostanziatesi nell’indossare abbigliamenti succinti atti ad adescare clientela, senza esplicitazione del nesso di interrelazione tra il “mezzo” e il “fine” e, cioè, delle modalità attraverso le quali si è ritenuto di inferire dall’abbigliamento, qualificato in assenza di specificazioni descrittive, l’“intenzione” dell’adescamento di clientela;

- in ogni caso non è dato comprendere né altrimenti emerge dalla documentazione in atti la sussistenza del presupposto della concreta minaccia agli interessi pubblici tutelati dalla disposizione del TUEL sopra richiamata, non integrati dal mero riferimento al “buon costume” ed alla “pubblica decenza”, pure espressamente indicati nell’ordinanza impugnata;

- il Collegio, inoltre, pur rilevando la palese tardività delle produzioni documentali dell’ente resistente del 14 febbraio 2019, ritiene di evidenziare, a maggiore chiarimento, nonché al fine di una esaustiva disamina della vicenda contenziosa anche nella prospettiva di orientare l’operato dell’amministrazione, che alcun rilievo può essere riconnesso alla notizia stampa estrapolata da internet, sia per la provenienza della fonte, sia tenuto conto della circostanza che la notizia riportata è successiva all’adozione dell’ordinanza impugnata, sia alla luce del relativo contenuto che individua nella città di Catania quella di destinazione dell’attività illecita oggetto dell’indagine penale, mancando una specifica interrelazione con le finalità enunciate nel provvedimento gravato. Ciò senza considerare che i fenomeni criminali correlati allo sfruttamento della prostituzione ineriscono a profili di carattere strutturale da contrastare attraverso gli strumenti ordinari all’uopo previsti dall’ordinamento;

- come chiarito, infatti, anche dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 115 del 2011) “deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se «temporalmente delimitate» (ex plurimis, sentenze n. 127 del 1995, n. 418 del 1992, n. 32 del 1991, n. 617 del 1987, n. 8 del 1956) e, comunque, nei limiti della «concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare» (sentenza n. 4 del 1977)”;

- nella fattispecie, anche ove si ritenesse di escludere una preordinazione della delimitazione dell’efficacia della misura al fine di assicurare il rispetto solo formale del sopra indicato carattere della temporaneità, non è dato rinvenire alcun giustificativo in ordine all’estensione del periodo indicato nel provvedimento (15 novembre 2018 - 15 giugno 2019) e ciò pure nella prospettiva, evidenziata dal difensore della resistente amministrazione nell’udienza camerale, di una asserita sperimentazione dell’efficacia della misura medesima, restando, comunque, indimostrate le concrete e gravi esigenze riferite all’incolumità pubblica ed alla sicurezza urbana;

- la stessa giurisprudenza costituzionale ha rimarcato “l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto” (cfr. C. Cost. n. 115 del 2011, cit.), non essendo sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore e ciò, in specie, ove divieti ed obblighi imposti impongano, in maggiore o minore misura, restrizioni alla sfera dei diritti e delle libertà individuali;

- del pari fondate si palesano le deduzioni dirette a contestare la violazione del principio di proporzionalità, stante la già evidenziata ampiezza ed indeterminatezza delle condotte vietate, l’indiscriminata estensione dei divieti a tutto il territorio comunale, la diretta incidenza su diritti e libertà individuali, con previsione della irrogazione di una sanzione pecuniaria in misura fissa e generalizzata che, come correttamente rilevato da parte ricorrente e comprovato anche dai verbali di contestazione prodotti dall’amministrazione, è suscettibile di dispiegare la propria portata afflittiva essenzialmente sulle vittime della catena criminale;

- in conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso merita accoglimento, con assorbimento delle residue deduzioni, e per l’effetto l’ordinanza impugnata va annullata;

- le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Tivoli al pagamento delle spese di lite in favore di parte ricorrente, liquidate complessivamente in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:

E. S., Presidente

B. B., Consigliere, Estensore

O. F., Consigliere

Pubblicato in Italia

Il sindaco ha emanato la ordinanza n 82 del 27 luglio 2019 diretta alla Omnia Baby di Massali Giovanni & c , proprietaria al 50% dell’edificio pericolante sito in Via Margherita denominato Palazzo Florio, ed alla Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, proprietaria del restante 50%, oltre che alla G.E.F.A di Abbate & c sas( proprietario del solo sub 10).

La ragione della ordinanza poggia sulla relazione della squadra dei VV.FF del 18 luglio scorso, dalla quale emerge la necessità di:

-Mettere in sicurezza;

-Ripristinare la agibilità dei luoghi;

-Compiere idoneo transenna mento fisso;

-Fare eseguire le opere d’assicurazione alle fabbriche pericolanti;

-Realizzare tettoie di protezione.

Il sindaco ricorda che il fabbricato è stato già interessato da transennamento fisso lungo via Margherita atteso(??) la pericolosità per la pubblica e privata incolumità derivante dal cattivo stato di deterioramento(????????) di detto immobile, oltre che (per) dare decoro alla via principale della città.

Proprio per dare decoro il transennamento è stato inutilmente pitturato( una vera e propria pinacoteca), ma anche con tale accortezza l’ immobile è rimasto egualmente pericoloso.

Ma pur tuttavia il sindaco ha ordinato ai suddetti di eseguire le opere definitive ,da farsi entro 10 giorni dalla data di notifica della ordinanza ,alfine di evitare crolli e distacco di materiale vario e, nelle more, la presentazione di un progetto per il risanamento conservativo dell’edificio di che trattasi.

Il sindaco inoltre ha disposto che la mancata esecuzione della ordinanza comporterà oltre che la applicazione dell’art 650 del codice penale anche la esecuzione d’ufficio a spese dei proprietari intimati.

“Finalmente” ci è stato detto da chi ci ha segnalato la preziosa ordinanza sindacale n 134 del 30.11.2018 a firma Mario Pizzino e che ha dato il via alla rimozione di uno dei più grandi tetti di amianto della città.

 

 

 

 

Una ordinanza che ci era sfuggita e per questo molto bene ha fatto il nostro anonimo collaboratore a segnalarcela

Parliamo dell’immobile sito in Via della Libertà n 23.

Non l’unico certamente, ma comunque uno dei principali punti di pericolo della comunità locale.

Non solo per la sua entità, ma, anche, per la sua ubicazione in una delle aree urbane più frequentate, prossima al mercato ortofrutticolo

Ora esiste la speranza che anche altri edifici in similari( se non in peggiori) condizioni diventino oggetto della attenzione dell’ Ufficio di Igiene Pubblica del distretto Tirreno dell’Asp di Cosenza e dei sindaci. come è stato per Amantea .

Intanto i nostri complimenti all’ Ufficio di Igiene Pubblica, all’Ufficio tecnico Lavori pubblici ed al sindaco di Amantea per l’avvio del procedimento di attenzione ai veri pericoli della città con l’augurio che non ci si fermi.

Pubblicato in Primo Piano

Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa:

“Ci rivolgiamo di nuovo al lettore non troppo distratto, per onore di chiarezza e verità.

Dopo le nostre giustificate lamentele riguardanti la disattenzione dell’Ente rispetto al rischio idraulico ad Acquicella,

dopo avere spalato fango per ben tre volte nelle ultime settimane, abbiamo raccolto la piena disponibilità del Sindaco e dell’assessore Ianni Palarchio i quali, in prima battuta, hanno emesso una Ordinanza finalizzata al ripristino e manutenzione dei fossi di guardia su tutto il territorio Comunale.

Aggiungiamo che, all’esito di ulteriori contatti, su invito dei suddetti Amministratori, data l’urgenza e la particolarità della situazione di cui parliamo, stiamo fornendo ulteriori e specifiche elaborazioni ai fini di una Ordinanza specifica mirata a risolvere efficacemente le compromissioni del sistema idraulico di Camoli inferiore che hanno causato le alluvioni di maggio, del 20 e 21 agosto, e tutte quelle precedenti, alcune delle quali veramente disastrose.

Accogliamo dunque con soddisfazione la disponibilità di Pizzino e di Ianni Palarchio a procedere con la dovuta urgenza e determinazione, atteso peraltro che la questione va avanti oramai da circa venti anni, aggiungendo che l’auspicato riordino del sistema idraulico di Camoli inferiore assume carattere di imprescindibilità considerato che riguarda un’area interessata da un movimento franoso noto all’Istituzione.

Esprimiamo pertanto la speranza che l’intervento incida effettivamente e induca chi di dovere a:

•          Ripristinare i fossi di guardia preesistenti e comunque opportuni, secondo la planimetria che Noi di Acquicella sud abbiamo elaborato all’esito di recenti incontri tra proprietari di terreni e persone interessate;

•          Realizzare cunette con griglie all’incrocio tra fossi e stradelle in modo da consentire una facile manutenzione degli apprestamenti;

•          Manutenere i fossi di guardia come imposto dalla Legge e dal buon senso;

•          Mantenere desta l’attenzione circa il rischio idraulico che incombe su Acquicella sud;

•          Integrare i sistemi di sicurezza idraulica, in riferimento alle diffuse tecniche di coltivazione ove queste richiedano approcci adeguati.”

NdR.

La correttezza ed onestà del comunicato stampa sono assolute.

Lo sono quando ricordano che si tratta di una questione che va avanti di oltre venti anni. Forse di più, secondo quanto è nella mia memoria, e che sottolinea una disattenzione totale della politica degli ultimi 4 lustri almeno e che oggi emerge più fortemente od è avvertita più intensamente.

Ma, se ci è lecito ricordarlo, questa disattenzione è assoluta se si evidenzia che il problema viene affrontato con una ordinanza!

Perché non il classico regolamento di Polizia Rurale?

E poi il comune ha mai avuto un regolamento di Polizia Rurale?

No. Ve lo dico io. Ed infatti non ha nemmeno mai avuto un vigile dedicato esclusivamente alle zone collinari e di campagna magari per contestare i contadini quando sversano terra nelle cunette o nei fossi di scolo tra i poderi o quando non li puliscono.

Che serve emanare una ordinanza se nessuno poi la fa rispettare?

Caro Sergio è tempo di cambiare tante cose, forse tutto!

Giuseppe Marchese

Pubblicato in Amantea Futura

Parliamo della ordinanza n 31 del 7 maggio 2018 ( quanto scritto nel testo dello 05.07.2018 è un evidente refuso) avente a testo” Divieto permanente di sosta per accampamenti e “campeggia” abusivi di roulotte, caravan, camper, e simili nel territorio comunale di Amantea”

Una ordinanza sindacale a doppia firma, essendo stata firmata sia dal vicesindaco Andrea Ianni Palarchio- quale assessore all’igiene e sanità- , sia dal sindaco Mario Pizzino.

L’amministrazione comunale , in via preliminare, ricordache nel territorio comunale non esistono zone pubbliche attrezzate per le finalità indicate in premessa, zone, cioè, dotate di servizi igienici, acqua potabile, energia elettrica, tali da consentire il regolare svolgimento della vita quotidiana nel rispetto delle norme igieniche sanitarie.

Sempre nell’ordinanza si legge che la sosta dei  predetti veicoli, comporta serie problematiche sia sotto l’aspetto igienico sanitario che sotto quello della sicurezza pubblica che sotto quello del decoro urbano.

E così l’amministrazione volendo evitare disagio alla popolazione residente e detrimento del decoro cittadini, ha emanato la ordinanza di divieto permanente di sosta per accampamenti e campeggi abusivi di roulotte, caravan, camper, e simili.

Ovviamente è stata richiamata la possibilità della applicazione della fattispecie penale di cui all’art. 650 C.P. oltre alle altre violazioni che dovessero essere riscontrate.

E sempre ovviamente sarà applicata sanzione accessoria dello sgombero dal territorio comunale delle roulotte, caravan, camper, e simili e necessariamente l’obbligo di pulizia integrale dall’area occupata.
Il comune ha timore che possano essere effettuati scarichi di residui organici, di acque chiare da cucina e docce ed altri reflui.

Non solo, ma esiste anche il timore che questi grossi veicoli possano rendere impraticabile la pulizia del suolo, permettendo l’accumulo di rifiuti nella parte sottostante gli stessi.

E quando la loro allocazione è sul lungomare rendere indisponibili parcheggi per cittadini e turisti.

Possibile il ricorso gerarchico al Prefetto od il ricorso al Tar Calabria nel qual caso potrebbero emergere illegittimità correlate all’uso della ordinanza e non del regolamento( vedi, tra l’altro, la sentenza n 575 del 13.04.2017 del Tar Toscana. Firenze.

Pubblicato in Campora San Giovanni

Nessun comunicato ufficiale ma un elemento indiretto dal quale, però, si può desumere che, anche, nel 2018 il carnevale ci sarà.

Sia ad Amantea che a Campora San Giovanni.

E questo elemento è una ordinanza firmata personalmente dal sindaco Pizzino.

Parliamo della ordinanza n 4 del 30 gennaio 2018.

E proprio nelle prime righe della ordinanza si legge che “ nei giorni 12 e 13 febbraio 2018 si svolgeranno i tradizionali festeggiamenti in occasione del carnevale con sfilate di carri allegorici, gruppi in maschera, spettacoli musicali e di intrattenimento che interesseranno le principali strade e piazze di Amantea centro e di Campora san Giovanni”.

L’ordinanza poi continua con la considerazione che “per lo svolgimento del suddetto evento è prevista la interruzione al traffico dei due centri urbani il che renderà difficile se non impossibile raggiungerli da parte degli studenti e dei docenti e del restante personale scolastico, trattandosi in gran parte di persone provenienti sia dalle contrade e frazioni di Amantea sia da altri paesi”

Ed infine conclude l’ordinanza sostenendo che “ per quanto esplicitato si tiene necessario disporre per i suddetti giorni 12 e 13 febbraio la chiusura di tutte le scuole statali di ogni ordine e grado di Amantea e della frazione Campora sg al fine di evitare la insorgenza di disagi per gli studenti e per tutto il personale ed eliminare situazioni di pericolo e/o intralcio allo svolgimento della manifestazioni”

Personalmente restiamo fortemente sorpresi.

Dobbiamo cioè ritenere che i “tradizionali festeggiamenti del carnevale” si svolgeranno di mattino cioè quando gli studenti vanno a scuola o ne escono donde le supposte difficoltà, ma qualcuno è in grado di spiegarci, per esempio, come il carnevale possa incidere sulla accessibilità del Liceo scientifico posto sulla SS18 delle colline di Amantea raggiungibile da nord, da est e da sud senza entrare in Amantea e nemmeno nel centro( Corso Italia) di Campora SG ?

Comunque sia abbiamo, così, la certezza che il carnevale si farà!

Ed ancora la certezza che ci saranno ” sfilate di carri allegorici”, quindi più di uno!

Non solo, ma, almeno, nella ordinanza si assicura che ci saranno “ gruppi in maschera, spettacoli musicali e di intrattenimento”; una manifestazione in grande, allora!

Evidentemente sono stati trovati da qualche parte i soldi per fare un grande carnevale!

Bene , molto bene!.

Ma questo vuole dire che stiamo uscendo dalla crisi finanziaria?

Quello che non capisco è che anche sabato 10 alle ore 16.00( come lunedì 12, sempre alle ore 16.00) in quel di Campora SG ci sarà la sfilata dei carri allegorici ma l’ordinanza per il 10 febbraio non prevede la interruzione delle attività scolastiche!

Come mai?.Spiegatecelo, per favore! Grazie!

Non solo, ma ad oggi 3 febbraio non troviamo né una delibera , né una determina che indichi le spesa da fare e ne assuma il relativo impegno finanziario.

Come mai?.Spiegatecelo, per favore! Grazie!

E’ stata pubblicata la delibera n 65 del 14 novembre 2017, quella con la quale la Giunta ha deciso di costituirsi in giudizio davanti al TAR per resistere nella causa promossa da Manfredi Ginevra.

Si tratta, come ben noto, di una casa popolare che è stata recuperata all’ente comune con ordinanza, n 73 del 19.7.2017 emessa dal responsabile dell’ufficio urbanistica.

Perché diciamo che nessuno le legge?

Semplice.

In nessuna parte della delibera è stato indicato il nome dell’avvocato incaricato della difesa del comune.

Perché questo mistero?

Scelta o dimenticanza?

Crediamo dimenticanza, anche perché nella delibera leggiamo che il legale “ si è reso disponibile all’incarico stesso per un compenso di euro 500….”

Segnaliamo, però, una cosa positiva quale è quella che questa delibera non ci sembra che rechi le solite “farfalle” ortografiche.

Ovviamente la delibera dovrà essere integrata.

Non vorremmo, però, che questo possibile ritardo incida sulla difesa.

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Leggiamo che il prefetto di Cosenza “in considerazione degli elementi di conoscenza che fanno ritenere quale possibile causa del fenomeno di inquinamento delle acque marine lo svuotamento abusivo degli autospurgo nelle ore notturne, al termine di una Riunione Tecnica di Coordinamento delle Forze dell’Ordine, al quale hanno preso parte anche le Capitanerie di Porto di Corigliano Calabro e di Vibo Valentia, ha adottato una ordinanza di divieto di circolazione, su tutto il territorio della provincia, per i veicoli adibiti allo spurgo di pozzi neri o condotti fognari, nel periodo compreso tra il 10 luglio e il 15 settembre 2017, dalle ore 22.00 alle ore 6.00. Tanto in considerazione della circostanza che l’aumento considerevole della presenza turistica nelle zone costiere, unitamente alla eventuale non fruibilità del litorale marino, qualora inquinato, potrebbero dar luogo a manifestazioni di protesta con conseguenti turbative dell’ordine pubblico”.

Ma si può emanare una ordinanza sulla base di un “ritenuto possibile”?

Ed ancora, si può emanare una ordinanza sulla base della eventualità di turbative dell’ordine pubblico indotte dalla non fruibilità del litorale marino, qualora inquinato?

Ma davvero si suppone che la fogna immessa di notte nelle acque fluviali sia avvertibile all’indomani sulle spiagge a sud della foce?

Ma come si fa a distinguere la fogna immessa dagli auto spurgo da quella immessa dai pozzi neri e dalle reti dei comuni non muniti di depuratori e con depuratori non funzionanti?

Ma scherziamo?

Non è piuttosto un “dagli agli untori” di manzoniana memoria?

E poi perché signor Prefetto non dispone ben più rigidi controlli sugli autospurgo- sia di giorno che di notte- da parte delle Forze dell’ordine ?

O meglio ancora perché non si impone un controllo satellitare degli auto spurgo che girano per la nostra provincia, così da sapere in ogni istante dove sono?

Con tutto il rispetto Eccellenza ma se queste ordinanze fossero o fossero state efficaci come mai il mare sarebbe ancora e sempre inquinato?

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Era il 2007 quando il funzionario dell’ufficio tecnico a seguito di specifico accesso in via Carceri constatò il grave stato di pericolo del manufatto alle famiglie Frangione, Perciavalle e Morelli ed intimò con ordinanza n 63 dell’11 luglio del medesimo anno la ristrutturazione, demolizione e, nelle more, la adozione di tutte le misure atte a ridurre lo stato di rischio per la pubblica e privata incolumità ed in caso di inottemperanza oltre alla denuncia ex 650 del C.P. la conseguente esecuzione in danno da parte del comune, successivamente eseguita.

Successivamente si ebbe il crollo di una parte del manufatto a latere di quello dei Frangione.(vedi foto).

In prosieguo si è constatato che altri manufatti dei signori Aiello, Amato, Guido ed eredi Mazzotta presentano condizioni di precarietà e di pericolo.

Peraltro la zona da anni è inibita al pubblico uso.

Da qui la emanazione della ordinanza n 132 del 28 settembre 2016 pubblicata il 3 0ttobre 2016 con la quale si è’ intimato ai proprietari di mettere in sicurezza le strutture murarie ed i ruderi dei medesimi fabbricati e la esecuzione ad horas, da ultimare nel periodo di 7 giorni, degli interventi atti ad eliminare lo stato di pericolo denunciato.

L’ordinanza prevede la esecuzione diretta da parte del comune degli interventi imputati ai privati con addebito di spese ai sigg Aiello Ignazio, Amato Vittorio, Guido Michel e Nicola, Mazzotta Gino e Francesca.

Evidentemente la urgenza è dettata dal recente evento tellurico occorso lo scorso 24 agosto e che ha distrutto diversi paesi dell’Italia centrale determinando centinaia di morti.

E’ di tutta evidenza che manufatti che da anni sono in stato di fortissimo pericolo di crollo sarebbero i primi a cadere.

Ed allora la decisione della ordinanza di demolizione a cura e spese di privati in un termine temporale impossibile da rispettare, così che il comune si vedrà costretto alla esecuzione diretta a spese dei proprietari.

Successivamente alla detta esecuzione, finalmente, dopo anni, si potrà garantire l’accesso ad una parte antica e straordinariamente interessante del Centro storico.

Parliamo di quella parte di Catocastro che permette l’accesso all’area della Chiesa di San Nicola dell’Eremo, e dell’antico forno dei fratelli Antonio e Giacomo Gracchi, sconosciuti alla gran parte degli amanteani ed a tutti i turisti, pochi o tanti che siano.

E parliamo di quella parte che procede lungo le vecchie Carceri messe in sicurezza dai recenti ed incompleti lavori.

Salvo che anche qui l’amministrazione non apponga cancelli inibitivi dell’accesso come in altre parti del centro storico.

E poi…….

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Non sappiamo se a Nocera Terinese sia la prima volta, quello che  è ben strano che l’acqua del locale acquedotto possa essersi “naturalmente” inquinata da carburante.

Eppure è successo. Ed attualmente il Sindaco di Nocera ha vietato l'uso dell'acqua potabile.

 

Gli abitanti di alcune frazioni hanno denunciato la presenza di diesel nella propria rete di distribuzione dell’acqua potabile.

 

La situazione è stata fatta presente già nella serata del 27 settembre 2016 da alcuni cittadini, i quali

hanno raccolto campioni di acqua che presentavano già all’esame olfattivo e visivo, una evidente presenza di sostanza oleosa e dal forte odore di carburante.

 

E’ probabile che il carburante, non trovandosi libero in natura, (ndr magari lo fosse) deve essere stato versato in uno dei serbatoi della cittadina Catanzarese.

 

Da qui l’opportuna ordinanza emanata stamattina dal sindaco Fernanda Gigliotti che ha vietato l’uso dell’acqua potabile a fini alimentari.

L’ordinanza è stata trasmessa al Comando Polizia Municipale, al Comando della Stazione dei Carabinieri ed alla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, per opportuna conoscenza e per

quanto di rispettiva competenza.

Il fatto è di una gravità assoluta.

 

Basti pensare che l’articolo 439 codice penale “Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari” stabilisce che “Chiunque avvelena acque destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.

Se, poi, dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l’ergastolo”

Viene così da chiedersi chi possa essere così pazzo da fare una cosa del genere.

Alla procura ed agli investigatori di indagare.

 

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