Lamezia Terme. Operazione Crisalide. 52 fermi da parte della Dda contro altrettanti indagati ritenuti affiliati alla cosca "Cerra-Torcasio-Gualtieri
Lo sapevano di essere nel mirino degli inquirenti e che a breve sarebbero stati arrestati e per questo motivo si erano dati da fare per raccogliere soldi.
Al centro dell'inchiesta Antonio Miceli, 26 anni, ritenuto il reggente del clan Torcasio dopo che l'operazione “Chimera”, eseguita sempre dai carabinieri, avevano fatto finire in carcere e condannare capi e gregari della cosca Torcasio – Cerra – Gualtieri.
Del resto lo scrivono nero su bianco i carabinieri nell'informativa finita sul tavolo del pm della Dda Elio Romano.
I colloqui in carcere consentivano di accertare che la cosca Torcasio - Cerra – Gualtieri, a seguito delle intervenute carcerazioni, riusciva, tempestivamente, a riorganizzarsi affidando la gestione degli affari illeciti a gruppo di giovani emergenti che per come accertato dall’attività tecnica intercettiva, facenti capo Nicola Gualtieri, 23 anni (già indagato nell’ambito dell’operazione “Chimera) e ad Antonio Miceli, marito di Teresa Torcasio quest’ultima nipote diretta della capostipite Teresina Cerra.
Secondo quando emerge dalle indagini, dunque, Miceli era consapevole che prima o poi sarebbero arrivati gli arresti.
Emblematica in questo senso una intercettazione ambientale del 5 aprile 2017 captata nell'auto di Miceli in cui gli investigatori ascoltano la conversazione avvenuta tra Miceli, Antonio Saladino (tra i fermati e ritenuto persona di fiducia di Miceli) e un minore.
Una conversazione considerata di fondamentale interesse investigativo.
Miceli: «E ho capito... però ci servono, capì... 4000 euro io non te li posso lasciare tra le mani tutto questo tempo, perchè da qua ad una settimana ci arrestano a tutti... quindi vedi di raccogliere soldi pure tu, che pure a te arrestano... matematico, che me lo ha detto uno... con tutti i nomi... quindi tra oggi e domani dobbiamo raccogliere più soldi... dobbiamo chiudere il conto... pomeriggio ti vengo a prendere e ci andiamo a fare un giro insieme».
Saladino: «Se ti arrestano, chi li raccoglie questi soldi? Ma me lo dici... me lo vuoi dire come fai a saperlo?».
Miceli: Me lo ha detto uno della Procura. Matematico, 46 persone»
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I carabinieri di Catanzaro hanno arrestato, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia, 52 affiliati alla cosca di ‘ndrangheta “Cerra – Torcasio - Gualtieri” attiva nella piana di Lamezia.
Sono tutti ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, traffico illecito di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi ed esplosivi, estorsione, danneggiamento aggravato, rapina.
Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, Miceli avrebbe spinto per l’acquisto di un grosso quantitativo di esplosivo da utilizzare per commettere danneggiamenti: “.... tra oggi e domani ... mi fa sapere quanto vogliono. Gli ho detto tu bloccali tutti ... che ... facciamo Falcone e Borsellino a Lamezia ...”.
Il messaggio, dunque, è quello di una cosca capace di acquisire esplosivo in quantitativi imponenti. Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha evidenziato: «Si stavano preparando a creare un clima di terrore perché avevano già comprato ed erano arrivate a Lamezia armi da guerra, oltre che esplosivo».
Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha evidenziato: «Si stavano preparando a creare un clima di terrore perché avevano già comprato ed erano arrivate a Lamezia armi da guerra, oltre che esplosivo».
Questi i nomi dei fermati:
Antonio Miceli,
Nicola Gultieri inteso "Nicolino",
Giuseppe Grande "U pruppo",
Vincenzo Grande,
Daniele Grande,
Teresa Torcasio,
Antonio Domenicano,
Mattia Mancuso,
Danilo Fiumara,
Luca Salvatore Torchia,
Ottavio Muscimarro,
Paolo Strangis,
Rosario Muraca,
Domenico De Rito inteso "Tutu'",
Alessio Morrison Gagliardi,
Emmanuel Fiorino,
Fortunato Mercuri,
Carloalberto Gigliotti,
Vincenzo Brizzi,
Michele Grillo,
Alessandro Gualtieri,
Claudio Vescio inteso "caio",
Vincenzo Strangis,
Alex Morelli detto "ciba",
Antonio Torcasio detto "pallella",
Davide Cosentino,
Ivan Di Cello detto "Ivanuzzu",
Alfonso Calfa detto "paparacchiu",
Pino Esposito,
Smeraldo Davoli,
Antonio Perri detto "Totò,
Antonio Muoio,
Giuseppe De Fazio,
Antonio Mazza,
Antonio Saladino detto "birricella",
Antonio Franceschi,
Massimo Gualtieri,
Vincenzo Catanzaro,
Antonio Francesco,
De Biase Giuseppe Costanzo,
Antonio Gullo,
Guglielmo Mastroianni,
Antonio Paola "satabanco",
Antonello Amato,
Daniele Amato,
Flavio Bevilacqua,
Salvatore Mazzotta,
Concetto Franceschi,
Saverio Torcasio,
Maurizio Caruso.
Avvisi di garanzia a tre politici lametini. Si tratta di Giuseppe Paladino, attuale vicepresidente del Consiglio comunale, Pasqualino Ruberto e Giovanni Paladino
Proprio per approfondire i legami tra ambienti politici di Lamezia Terme e la criminalità organizzata questa mattina i carabinieri hanno effettuato alcune perquisizioni.
L'ipotesi è quella di una influenza della cosca sulle ultime elezioni comunali.
Giovanni Bombardieri, ha parlato dei «rapporti tra le cosche e alcuni referenti politici in relazione alle ultime elezioni comunali a Lamezia, svoltesi nel 2015. Siamo riusciti, tra a monitorare l’incontro tra i vertici della cosca e un candidato che per paura di essere riconosciuto si presenta nel quartier generale del gruppo criminale tenendo sempre il cappuccio della felpa sulla testa».
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