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Ci sono i fatti e le interpretazioni. I primi sono lì da vedersi, oggettivi, crudi nella loro nudità; le seconde invece sono per natura personali e Rizzo Stalin cambiano a seconda dei soggetti. Un morto è un morto, un morto innocente è un morto innocente ma c’è chi pensa che – nel caso delle foibe – gli uomini, le donne crivellati di colpi e lasciati cadere mezzi vivi in buche profondissime a morire di inedia, meritassero quella fine. Qualcuno la pensa così, anche nelle civilissime e moderate istituzioni milanesi.

Stalin fu uno dei più feroci dittatori della storia dell’umanità, forse il peggiore per il numero di vittime. In trentun anni di governo col pugno di ferro – anzi d’acciaio (da cui il soprannome) – fece morire fra le 20 e le 60 milioni di persone fra gulag, fucilazioni di massa e la carestia Ucraina, privata di tutto il grano a disposizione.

Josif Džugašvili, questo il suo vero nome, passava le nottate a firmare condanne a morte, cui alla fine aggiungeva un numero in matita rossa (+5.000, +6.000): altre persone che il Kgb doveva fucilare, scegliendole a caso, solo per dimostrare la potenza del Capo supremo.

Ma le interpretazioni, come sempre, differiscono: «61 anni fa moriva. Oggi è un reciproco di Hitler, il suo nome serve a combattere il Comunismo. Il solo suo ricordo fa però tremare i padroni, ha edificato il primo paese socialista, senza di lui il nazismo avrebbe vinto. La sua esperienza non è fallita, è invece fallita la sua revisione. Il suo nome russo si traduce in “acciaio”. STALIN. Terrore dei fascisti e dei falsi comunisti. Onore e Gloria a te!!!».

Così scriveva oggi sulla sua bacheca l’ex deputato (nel senso che non siede più nei banchi di Montecitorio, ma prende il vitalizio di 4.500 euro netti al mese in barba alla solidarietà proletaria), oggi europarlamentare, Marco Rizzo. Ora noi siamo per la libertà di pensiero e di parola, non vogliamo certo una legge Scelba al contrario: Rizzo può vedere la storia come vuole, è libero di idealizzare figure come Stalin, Kim Jong Il (per la cui dipartita espresse dolore e presentò le proprie condoglianze al popolo nordcoreano), Chavez e Maduro. È libero di non vedere la realtà preferendole un feticcio estraneo. Del resto in tanti cercano di sfuggire al mondo: chi con l’alcol e la droga, chi con l’immaginazione e chi con l’ideologia.

Rizzo StalinA farci schifo, semmai, è la generale accettazione di opinioni folli come queste. Chi inneggia a Hitler o a Mussolini viene giustamente stigmatizzato se non deriso nella sua ignoranza. Chi inneggia, oltre a Stalin, a Lenin o Che Guevara – dimenticandosi che il primo diede vita a repressioni sanguinose per mezzo del suo braccio armato, la Čeka mentre il secondo era solito far fucilare gli omosessuali senza alcun motivo – viene graziato. Sì, magari gli si dice che sbaglia ma l’indignazione non arriva da ogni parte.

Specie dalle parti della sinistra moderata – quella che imbarcò Rizzo nella sventurata avventura del secondo governo Prodi – dove, pur con tutti i distinguo, continuano ad esistere morti di serie A e di serie B. di Matteo Borghi da L’intraprendente.

NdR Feticci, idoli che da destra a sinistra diventano dei per un popolo che non accetta le verità.

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Tutti i ministri venezuelani hanno presentato le dimissioni al presidente Nicolas Maduro "per facilitare il rinnovo del governo in questo nuovo anno appena iniziato". Lo ha reso noto lo stesso Maduro su Twitter.

Dietro al gesto c'è l'emozione per l'omicidio dell'ex Miss Venezuela, che ha acuito l'emergenza nazionale su sicurezza ed economia. ''Ringrazio tutti i ministri per lo sforzo e per la lealtà dimostrate in questi tempi di Rivoluzione. Chavez vive! La Patria continua!'', ha aggiunto Maduro sul social network.

L'annuncio del presidente venezuelano - viene sottolineato da più parti - arriva in un momento di grande commozione nazionale, provocata dal recente, brutale assassinio dell'ex regina di bellezza, Monica Spear Mootz, e di suo marito, Thomas Henry Berry, durante una rapina.

L'episodio ha riacceso i riflettori sul tema della sicurezza, una delle maggiori sfide del Paese sudamericano, tra i più violenti del mondo per tasso di omicidi. Esecutivo e opposizione hanno così deciso di unire le forze, aprendo un gabinetto di crisi per predisporre un piano di emergenza contro la criminalità, dilagante.

In nove mesi al potere, Maduro ha poi dovuto fare i conti con un'evidente crisi economica interna, culminata in un'inflazione che ha raggiunto il 56% nel 2013. (ANSA)

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Caracas. Calci, pugni, spintoni, sangue. La seduta di martedì dell’«Asamblea Nacional» in Venezuela si è trasformata in una mega-rissa tra parlamentari .

Una megarissa in pieno Parlamento. Uno scontro figlio delle tensioni crescenti, tra maggioranza e opposizione, dopo le elezioni presidenziali del 14 aprile.

In sostanza entrambi gli schieramenti si accusano reciprocamente di aver dato il via alla scazzottata e non ci sono testimoni esterni: la baruffa è scoppiata durante una sessione a porte chiuse, senza che i media fossero presenti.

Tutto è cominciato quando il presidente dell'assemblea, Diosdato Cabello, ha proibito agli avversari politici di intervenire in aula finché non riconosceranno i risultati ufficiali del voto, vale a dire la vittoria di Nicolas Maduro, successore di Hugo Chavez.

L'opposizione si è ribellata, mostrando anche uno striscione sui banchi. E i due fronti sono venuti alle mani. Alla fine i feriti sono stati oltre una ventina.

Venezuela, rissa tra parlamentari L’opposizione antichavista: «Feriti 7 dei nostri»

E Julio Borges mostrando in viso i segni delle botte (nella foto) ha dichiarato– «Potranno picchiarci, imprigionarci, ucciderci, ma non svenderemo mai i nostri principi». Poi, con un rivolo di sangue dallo zigomo al mento, ha concluso: «Questi colpi ci rendono più forti».

María Corina Machado, della Mesa de la Unidad Democrática, ricorda: «Cabello rideva mentre ci aggredivano e io ero a terra».

Dal canto suo Odalis Monzon, parlamentare del partito al governo, replica che anche lei e altre sue colleghe sono state aggredite: «Oggi, di nuovo – ha detto fiera – mi trovo a dover difendere l’eredità del nostro comandante (Chávez)».

In sostanza l’opposizione dice che la loro colpa sarebbe stata quella di aver dato inizio a una protesta con uno striscione perché gli era stato negato il diritto di parola. Poco prima, infatti, il presidente dell’Assemblea Diosdato Cabello aveva dichiarato: «Finché i membri l’opposizione non riconosceranno l’autorità e le istituzioni della Repubblica, non potranno parlare in quest’aula».

In Venezuela, da quando il 5 marzo è morto il presidente Hugo Chávez (leader per 14 anni), la situazione politica è incandescente: alle elezioni dello scorso 14 aprile ha vinto il delfino di Chávez Nicolas Maduro che ha sconfitto il candidato dell’opposizione Henrique Capriles con uno scarto del solo 1,5%. Capriles e i suoi da allora gridano al broglio e si rifiutano di riconoscere l’esito del voto. Il giorno dopo le presidenziali almeno otto persone sono morte negli scontri tra oppositori e chavisti.

 

Ma un video della zuffa è comparso, poche ore dopo il fatto, su molti siti venezuelani, da El Universal a Noticias 24. Il filmato è stato diffuso in realtà dalla televisione privata pro-opposizione Globovisio che dice di averlo avuto proprio da un parlamentare.

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E’ quanto dice “caracaschronicles.com/”.

Il sito aggiunge poi che secondo alcune fonti ben informate il Presidente del Venezuela Hugo Chavez sarebbe nel piccolo ospedale posto nella base navale dell’isola La Orchila a 160 km a nord da Caracas.

Assieme a lui la famiglia per rimanere unita nelle ultime fasi della sua malattia.

Lo scorso 11 dicembre, il leader bolivariano è stato sottoposto all'Avana alla quarta operazione in 18 mesi contro il cancro.

10 giorni fa è tornato a Caracas ma non si è visto o sentito in pubblico - a parte una foto diffusa qualche giorno fa - dal 10 dicembre. Stando ai bollettini di salute ufficiali, il presidente resta "in fase di recupero", anche se l'evoluzione della sua insufficienza respiratoria "non è favorevole".

Nicolas Maduro, vicepresidente, considerato il delfino di Chavez, ha ammesso oggi che Chavez è impegnato in una "battaglia tremenda per la sua salute e la sua vita" e sta attraversando "una tappa complessa e dura" della sua malattia.

Hugo Chavez sarebbe ormai in fase terminale, con metastasi che avrebbero raggiunto i polmoni e contro cui i medici avrebbero smesso di lottare, riservando al leader bolivariano solo cure palliative.

Il resto della stampa mondiale ,compresi i quotidiani spagnoli ad iniziare da ABC, conferma lo stesso orientamento.

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