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L’Italia non è speciale.

E’ sola!

E la sentenza della Corte Europea di Strasburgo ne è la palese ed ultima dimostrazione

La Corte ha chiesto all’Italia di rivedere l’ergastolo ostativo.

Vuole che si perdoni chi ha ucciso con efferatezza decine e centinaia di persone in nome del “buonismo” e del “perdonismo”.

Nella sentenza della Cedu infatti lo Stato viene invitato a riformulare la normativa che prevede l'ergastolo ostativo in modo da non tener conto esclusivamente della mancanza di collaborazione con la giustizia.

Dal 22 ottobre la situazione potrebbe registrare un'accelerazione: la Corte Costituzionale è chiamata a decidere se la norma è legittima o meno.

Per il presidente emerito della Consulta Valerio Onida, che ha fatto parte del collegio di difesa di Viola, il carcere duro è «incostituzionale: bisogna che il legislatore modifichi la norma, se non lo facesse permarrebbe una violazione strutturale della Convenzione europea e si aprirebbe la strada a nuove condanne».

Una vergogna.

All’Italia non viene riconosciuto il dovere di combattere la mafia secondo le modalità che solo l’Italia può determinare!

Ed ecco cosa dice Gratteri.“È stata demolita la lotta alle mafie”.

’ durissimo il giudizio del procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, dopo la sentenza con la quale la Corte Europea di Strasburgo ha chiesto.

Per un magistrato che da anni lotta in prima linea contro la ‘ndrangheta, la sentenza è illogica e irrazionale, “perché un boss non smette mai di essere tale, per cui l’idea che un giorno possa comunque uscire dal carcere diventa, comunque, la prospettiva per tornare a essere un capo a tutti gli effetti, mantenendo in maniera sempre più forte i contatti con l’esterno”.

Rispondendo alle domande dell’Agi, Gratteri non esprime dubbi: “Con questa decisione passa l’idea che si possa commettere qualunque crimine, tanto prima o poi potrai uscire dalla galera, conservando la caratura criminale che deriva dalla forza di non collaborare, ma di chiudersi nell’omertà assoluta”.

Rischia di scomparire, dunque, a parere del magistrato, un punto cardine nella lotta alle mafie: “Il regime del 41 bis e quello dell’ergastolo hanno rappresentato fino ad oggi – ha affermato il procuratore Gratteri – la garanzia che il boss sarebbe rimasto in carcere senza poter più esercitare il suo potere, anche per questo molti di essi hanno deciso di collaborare, cosa che adesso rischia di non avvenire più”.

Gratteri è preoccupato per gli effetti che potranno esserci non solo in Italia: “I mafiosi tireranno ora un grande sospiro di sollievo, perché quello espresso dalla Corte di Strasburgo è un principio devastante per il nostro sistema antimafia che – ha aggiunto - non può essere paragonato o uniformato a quello di altre realtà perché qui ci sono specificità assolutamente diverse”.

Pubblicato in Mondo

Nei giorni scorsi la sesta sezione della Corte europea composta da J.C. Bonichot (relatore), facente funzione di presidente di sezione, A.Arabadjiev e C.G.Fernlund, giudici, avvocato generale: M. Szpunar, cancelliere: A.Calot Escobar, ha pronunciato una sentenza sulle tariffe dell’acqua.

 

In sostanza una cittadina europea si è rifiutata “di pagare la parte fissa compresa nel prezzo del suo consumo di acqua” ed ha adito la Corte europea relativamente alla “interpretazione della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag.1).”

 

Il giudice “nazionale” adito in prima istanza dalla cittadina europea del rinvio ha ritenuto che il consumatore debba pagare soltanto per il proprio consumo di acqua in funzione di quanto viene letto sul suo contatore e che corrisponde alla parte variabile della sua fattura. Secondo detto giudice, la normativa nazionale applicabile «non è stata armonizzata» con la direttiva 2000/60 per quanto riguarda la determinazione del prezzo e le modalità di pagamento dell’acqua.

 

Sulla scorta di tali circostanze, il Tribunale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte europea le seguenti questioni pregiudiziali:

a)Come venga calcolato, in base al diritto dell’Unione, il prezzo dell’acqua fornita che viene fatturato per ciascun appartamento di un immobile ad uso abitativo o per ciascuna casa singola.

b)Se i cittadini dell’Unione paghino le fatture relative ai loro consumi di acqua pagando unicamente per i consumi effettivamente rilevati sul contatore, oppure se essi paghino anche ulteriori componenti o voci tariffarie».

La Corte ha richiamato come l’articolo 174 del trattato disponga che “la politica ambientale della Comunità deve contribuire a perseguire gli obiettivi della salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente [e] dell’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, [e] dev’essere fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”.

Sempre la Corte ha richiamato l’articolo 9 della direttiva 2000/60, intitolato «Recupero dei costi relativi ai servizi idrici», il quale, nel suo comma 1), dispone quanto segue:

«1.Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base all’allegato III e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga”.

La Corte ha ricordato, quindi, che le tariffe possono/devono “recuperare i costi dei servizi idrici” e che i costi debbano essere certificati in una apposita analisi economica.

La Corte ancora ricorda che l’allegato III della direttiva 2000/60, intitolato «Analisi economica», riporta “riporta informazioni sufficienti e adeguatamente dettagliate (tenuto conto dei costi connessi alla raccolta dei dati pertinenti) al fine di effettuare i pertinenti calcoli necessari per prendere in considerazione il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, di cui all’articolo 9, tenuto conto delle previsioni a lungo termine riguardo all’offerta e alla domanda di acqua nel distretto idrografico in questione e, se necessario, le stime del volume, dei prezzi e dei costi connessi ai servizi idrici.

Ovviamente deve essere data possibilità all’utente di riscontrare la esattezza della analisi economica anche in uscita e quindi di valutare quanti per le varie tipologie siano i contatori ed i consumi.

In sostanza secondo la Corte “ gli strumenti che permettono di raggiungere l’obiettivo assegnato di provvedere affinché le politiche dei prezzi dell’acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente sono rimessi alla valutazione degli Stati membri. In tale contesto, non si può negare che la fissazione del prezzo dei servizi idrici sulla base del volume di acqua effettivamente consumato costituisce uno dei mezzi idonei ad incentivare gli utenti ad utilizzare le risorse in maniera efficiente”.

Ma che è vero che “non risulta né dall’articolo 9 della direttiva 2000/60 né da nessun’altra disposizione di quest’ultima che il legislatore dell’Unione abbia inteso opporsi a che gli Stati membri adottino una politica di tariffazione dell’acqua che si fondi su un prezzo di quest’ultima richiesto agli utenti comprendente una parte variabile connessa al volume d’acqua effettivamente consumato e una parte fissa non correlata a quest’ultimo”.

Una possibilità quindi offerta allo stato, non ai comuni.

In conclusione la Corte europea (Sesta Sezione) ha dichiarato:

La direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale preveda che il prezzo dei servizi idrici fatturato al consumatore comprenda non soltanto una parte variabile calcolata in funzione del volume di acqua effettivamente consumato dall’interessato, ma anche una parte fissa non correlata a tale volume.

Ma resta fermo che ( punto 26 della sentenza) “Risulta in proposito dalle pertinenti disposizioni della normativa nazionale in discussione nel procedimento principale che quest’ultima tiene conto del principio del recupero integrale dei costi connessi alla disponibilità e alla tutela dell’acqua, nonché alla costruzione, alla gestione e alla manutenzione dei sistemi di approvvigionamento idrico. Dette disposizioni prevedono, in particolare, che la parte fissa del prezzo dei servizi idrici sia intesa, in particolare, a coprire i costi afferenti alla manutenzione delle opere municipali di approvvigionamento idrico, nonché all’analisi e al mantenimento della salubrità dell’acqua potabile”.

Come è stata calcolata dal comune di Amantea la parte fissa?

Toc, toc. C’è qualche consigliere di maggioranza o minoranza ( o partito o simile) che vuole preoccuparsi di capire se il comune sta operando correttamente?

Se c’è si faccia avanti. Noi siamo pronti ad accompagnarlo in questa nobile azione!

Pubblicato in Politica

L’installazione di contatori elettrici a un’altezza inaccessibile in un quartiere densamente popolato da Rom è atta a costituire una discrimi nazione fondata sull’origine etnica quando gli stessi contatori sono installati in altri quartieri a un’altezza normale.

 

Il problema nasce in Bulgaria

In quel paese la CHEZ RB, praticamente gemella della nostra Enel nei quartieri ad alta concentrazione Rom, fa installare i contatori elettrici su pali di cemento ad una altezza di 6-7 metri per evitare manomissioni e allacci abusivi, mentre nelle altre zone del paese i contatori sono piazzati ad altezza d’uomo (1,70 m).

Secondo la Corte di giustizia Europea siamo in presenza di una disparità di trattamento che rappresenta una discriminazione fondata sull’origine etnica.

In sostanza la corte europea di giustizia è stata chiamata in causa dalla sig.ra Nikolova che gestisce un negozio di alimentari nel quartiere di «Gizdova mahala» nella città di Dupnitsa (Bulgaria). In tale quartiere risiedono prevalentemente persone di origine rom.

La Corte europea rileva, in primo luogo, che il principio della parità di trattamento si applica non solo alle persone aventi una determinata origine etnica, ma anche a quelle che, pur non appartenendo all’etnia, subiscono insieme alle prime un trattamento meno favorevole o uno svantaggio particolare a causa di una misura discriminatoria.

Comunque la Corte sottolinea che la tutela della sicurezza della rete di trasporto dell’elettricità

nonché il corretto rilevamento del consumo di energia elettrica costituiscono obiettivi legittimi che

possono, in linea di principio, giustificare una tale differenza di trattamento.

Tuttavia, è inoltre necessario che la CHEZ RB riesca a dimostrare che sui contatori elettrici del quartiere interessato sono sta ti effettivamente commessi abusi e che tale rischio continua a sussistere tuttora.

Pur riconoscendo che la prassi contestata costituisce un mezzo adeguato per realizzare tali obiettivi,

la Corte precisa tuttavia che il giudice bulgaro dovrà esaminare se esistano altre misure appropriate

e meno restrittive per risolvere i problemi riscontrati

Sempre secondo la Corte europea anche supponendo che le azioni illegali nelle zone popolate da Rom siano dimostrate, una prassi di questo tipo è sproporzionata rispetto al duplice obiettivo di garantire la sicurezza e il rilevamento adeguato del consumo energetico.

NdR.La soluzione potrebbe essere quella di allacciare i contatori senza far pagare i consumi. Si eviterebbero anche le fulminazioni derivanti dagli allacci abusivi!

Speriamo che la sentenza della Corte Europea non venga applicata in Italia per gli allacci abusivi alla rete di illuminazione delle piccole e grandi città abbassando la linea in modo da facilitare gli allacci!

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