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Troika e UE hanno ucciso la Grecia: +40% di suicidi, Hiv, tubercolosi, malattie mentali. Sanità distrutta

La crisi greca esplode nel 2009: all’epoca come primo ministro si è appena insediato George Papandreou del Pasok, figlio di Andreas che risulta capo dell’esecutivo tra gli anni Ottanta e Novanta e protagonista della vita politica successiva alla caduta dei colonnelli. In quei drammatici mesi dell’autunno del 2009, scoppia la “bolla”.

Il governo dichiara di aver trovato bilanci falsificati, di conseguenza il debito appare molto più grave di quanto fino a quel momento si pensa.

E già, come dimostrano le due elezioni anticipate in tre anni vissute dal paese e le tensioni sociali scoppiate ad Atene nel dicembre 2008, la situazione in Grecia non sembra rosea di suo prima degli annunci sul deficit da parte di Papandreou.

A quel punto scattano i piani della cosiddetta “troika”: Ue, Fmi e Bce impongono riforme radicali alla Grecia, in cambio di prestiti per un valore di miliardi di Euro.

È l’inizio del caos.

Il rapporto del Consiglio d’Europa

Quello che avviene da allora è sotto gli occhi di tutti.

Vengono imposti piani di austerità che prevedono tagli enormi nella spesa pubblica.

Per un paese già in recessione è una mazzata micidiale.

Crolla il potere d’acquisto, crolla il commercio, ad Atene molti negozi sono costretti alla chiusura, la Grecia va subito in ginocchio.

Vengono licenziati diversi impiegati pubblici, viene tagliato lo stipendio a chi rimane, anche nel privato i salari crollano.

Per non parlare poi delle privatizzazioni dei servizi e dei settori più importanti dell’economia ancora in mano allo Stato.

A livello politico questo comporta il crollo dei due principali partiti, ossia Pasok di centro sinistra e Nuova Democrazia di centro destra, e la vittoria nel 2015 della sinistra radicale con Tsipras.

Nel luglio di quell’anno un referendum boccia l’ennesimo piano di austerità, migliaia di greci festeggiano in piazza il risultato e sembra preludio dell’uscita di Atene dall’Euro.

Ma in realtà un nuovo piano, molto simile a quello bocciato, viene poi approvato ed il paese continua con le sue sofferenze.

La domanda di tanti in Europa in questi anni è: qual è la situazione reale in Grecia?

Il paese è per davvero così disastrato oppure ci sono alcuni segnali positivi?

Per rispondere, nei primi mesi del 2018 viene attivata la commissione diritti umani del Consiglio d’Europa.

L’Ente, nonostante il nome, nulla ha a che vedere con Bruxelles e le istituzioni comunitarie: si tratta di un organismo che valuta il rispetto dei valori e dei diritti umani nel vecchio continente.

A capo di questa commissione vi è Dunja Mijatović, la quale fino allo scorso 4 giugno assieme ai suoi colleghi gira la Grecia in lungo ed in largo per vedere in che situazione vive la popolazione. 

Pochi giorni fa vi è la pubblicazione del rapporto. 

I dati che emergono sono allarmanti: sanità al collasso, istruzione non più garantita, tasso di suicidi aumentato del 40%, numero dei senzatetto quadruplicato dal 2008 al 2016. 

È lo specchio di un paese devastato, colpito, con una società che vive un momento paragonabile a quello del periodo bellico. In poche parole, la risposta alle domande sopra poste è drammaticamente semplice: la Grecia è in ginocchio.

Sanità ed istruzione elementi non garantiti

Il popolo greco viene descritto come estremamente depresso, insicuro e sotto stress.

Gente che prima del 2008 non ha mai manifestato segni di squilibrio mentale, si ritrova a convivere con patologie tali da costringere spesso le autorità al trattamento obbligatorio.

Ci sono giovani che non hanno nemmeno i soldi per emigrare, padri di famiglia passati in pochi anni dalla classe media a non avere più nulla, nemmeno cibo per i propri figli.

Ci sono anche donne costrette a prostituirsi per poter sopravvivere, quartieri nelle grandi città diventati estremamente degradati.

Ma ci sono poi altri dati che rendono la situazione ancora più agghiacciante.

Il consiglio d’Europa riscontra infatti casi di Hiv e tubercolosi in grande aumento. Sembra quasi essenziale a questo punto specificare che tale reportage della commissione non proviene da un paese del terzo mondo, bensì da uno appartenente all’Eurozona.

La Grecia fino al 2004 ospita le Olimpiadi, costruisce centri commerciali, si illude di essere a pieno titolo tra i paesi più avanzati. Ma adesso si riscopre terribilmente surclassata dalle imposizioni della troika.

Ed impossibilitata a guardare al futuro con ottimismo.

Questo perché la stessa istruzione appare non garantita. I fondi destinati a questo settore sono quelli che risultano tra i più colpiti dall’ascia e dalla scure dei piani di austerità.

Molti insegnanti sono stati licenziati o messi in pre pensionamento, chi è riuscito a rimanere all’interno del mondo della scuola deve fare turni più lunghi con paghe molto più misere.

La qualità dell’istruzione, si legge nel rapporto, appare incredibilmente compromessa. E la stessa cosa si può dire della sanità. I fondi destinati al servizio sanitario nazionale sono diminuiti almeno del 50% dal 2009. 

Molti ospedali sono chiusi, in tanti mancano le medicine.

Diversi pazienti affetti da tipologie gravi rischiano di non potersi curare perchè non più coperti dal sistema sanitario oppure perché impossibilitati a raggiungere gli unici centri di eccellenza rimasti nelle grandi città.

In Grecia il senso di umanità e solidarietà tanto propagandato dall’Europa, quella di Bruxelles e Francoforte, si è perso da tempo.

I piani di austerità sono finiti, ma non c’è un elemento da cui poter ricominciare.

Tabula rasa, deserto economico: ecco la Grecia post troika.

E non è un caso che ad attivarsi sia proprio la commissione sui diritti umani del Consiglio d’Europa.

Quel che è stato compiuto in questi anni non è solo una questione economica ma, per l’appunto, coinvolge i basilari principi dei diritti dell’uomo.

di Mauro Indelicato

Ndr Riflettete gente, riflettete! Questa è l’Europa. Questo è Juncker e Moscovici!

E Non è tutto!

Segue nei prossimi giorni.

Pubblicato in Mondo

fameHa fatto molto scalpore la notizia apparsa sui giornali che una anziana signora sviene mentre era in un supermercato di Padova perché malnutrita e che non mangiava piatti caldi da diverse settimane. Siamo a Padova e non in Calabria e una anziana signora di 76 si aggira tra gli scaffali alla ricerca di cibo in scatola e scatolette. All’improvviso sviene e cade per terra. In suo aiuto interviene un medico che anche lui si trovava nel supermercato che stava facendo la spesa. Dopo pochi minuti, però, l’anziana signora si riprende e racconta al medico e al personale del supermercato accorso che mangia poco e non ha neppure i soldi per riscaldarsi durante questo crudo inverno. Nell’appartamento in cui vive ha chiuso il gas e non può più scaldare il cibo e cucinare, quindi è costretta a nutrirsi di cibo freddo e in scatola. Il fatto è successo alcuni giorni fa al supermercato della catena Alì, nel popoloso quartiere dell’Arcella di Padova. Appena ripresa conoscenza il medico ha incominciato ad interrogarla e la signora ha raccontata questa triste storia. Vive da sola in un appartamento della periferia della città con la pensione minima che non le consente di pagare le bollette del gas per la cucina e per il riscaldamento. E’ costretta a dormire al freddo e a indossare molti indumenti di lana. E siccome i soldi non bastano è costretta a mangiare soltanto cibo freddo in scatola che l’ha molto indebolita. Dopo l’intervento del medico l’anziana signora è stata accompagnata all’ospedale di Padova. E’ stata visitata dai medici del pronto soccorso e poi dimessa. Sono stati allertati il Comune di Padova e i servizi sociali i quali il giorno successivo hanno fatto sapere che conoscono molto bene la situazione della signora anziana, la quale, da sempre, ha rifiutato l’aiuto che le veniva offerto. Ma i vicini di casa che ben conoscono la signora hanno detto che è totalmente autosufficiente, ha i soldi per cucinare e riscaldarsi, ma è così tirchia che tiene la casa fredda e non cucina perché vuole risparmiare. Qual è la verità? Il Comune di Padova segue la situazione e sta studiando come offrirle un aiuto. Anche nel mio paese, e parlo di alcuni anni fa, vivevano alcune persone che sembravano in miseria. Nei paesi tutti si conoscono e quindi tutti hanno cercato di aiutarle portando in dono cibo e indumenti. Quando sono morte, però, abbiamo appreso che avevano depositato nell’Ufficio Postale migliaia di lire in libretti intestati ai figli che lavoravano all’estero.

Pubblicato in Italia

Il presidente del venezuela, Nicolás Maduro, e la presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente del venezuela, Delcy Rodriguez , hanno trovato la soluzione alla fame del popolo venezuelano.

Nei prossimi mesi approderanno nei porti venezuelani 600 mila tonnellate di grano.

Il grano sarà macinato nei mulini venezuelani e trasformato in pasta di vari tipi e distribuita nei negozi.

Proprio per dare seguito a queste intenzioni il governo venezuelano aprirà grandi mulini e grandi pastifici

Inutile allora importare pasta dall’Italia.

Ecco cosa scrive il giornalista Fabrizio Verde su Hispantv:

«Oggi si apre un nuovo capitolo nelle relazioni strategiche tra Russia e Venezuela», ha dichiarato Delcy Rodriguez in riferimento al rafforzamento dell’alleanza commerciale tra i due paesi che permetterà l’approdo nei porti venezuelani di circa 600 mila tonnellate di grano nei prossimi mesi

La presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente, Delcy Rodriguez, ha dato risalto al rafforzamento delle relazioni tra Venezuela e Russia, in una fase delicata dove Washington tiene sotto tiro il governo di Caracas.

«Oggi si apre un nuovo capitolo nelle relazioni strategiche tra Russia e Venezuela», scrive attraverso Twitter l’ex ministro degli Esteri di Caracas, in riferimento al rafforzamento dell’alleanza commerciale tra i due paesi che permetterà l’approdo nei porti venezuelani di circa 600 mila tonnellate di grano nei prossimi mesi.

Delcy Rodriguez ha evidenziato che le spedizioni di grano russo rappresentano solo una delle prime azioni dell’Operazione Antibloqueo implementata dal governo del presidente Nicolás Maduro, per contrastare il ‘bloqueo imperiale’, imposto dall’amministrazione Trump.

Con l’obiettivo di rovesciare il legittimo governo popolare e socialista in Venezuela, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha imposto una serie di sanzioni volte a colpire l’economia venezuelana: si proibisce l’acquisto di bond emessi dal governo venezuelano e l’impresa petrolifera statale PDVSA, così come la distribuzione di dividendi al paese bolivariano.

In ogni caso, la dirigente venezuelana ha sottolineato che il «Venezuela non è solo» e può contare sull’appoggio della comunità internazionale che permetterà alla Rivoluzione Bolivariana di contrastare efficacemente le ingiustificate e illegali sanzioni imposte dagli Stati Uniti.

Sanzioni che colpiranno il popolo venezuelano, già segnato da mesi di violenza golpista di un’opposizione spalleggiata e foraggiata da Washington.

A fare eco alla presidente dell’Assemblea Costituente Rodriguez, interviene il vicepresidente Tareck El Aissami, il quale sottolinea come il governo Maduro sia riuscito a materializzare importanti accordi, oltre a poter contare su un crescente appoggio internazionale.

Perché la comunità internazionale, a differenza di quanto cerca di far credere qualche pennivendolo di provincia in Italia, non è composta esclusivamente da Washington e i suoi paesi satellite.

Siamo contenti visto che in Venezuela ancora ci sono centinaia di migliaia di Italiani!

Pubblicato in Mondo

Ci fu un tempo in cui il Venezuela era l’Eldorado.

 

Tante le navi che partivano con a bordo migliaia di italiani di tutte le regioni, calabresi compresi.

Ora gli aerei riportano nelle antiche patrie gli immigrati di un tempo.

 

Scappano dal Venezuela. Scappano se possono. Scappano se hanno conservato il passaporto italiano. E per fuggire chiedono anche aiuto alla Patria.

Se il Venezuela fosse vicino avremmo migliaia di barconi pieni di centinaia di migliaia di profughi di rientro.

 

E non potendo verso l’Italia o la Spagna od altro paesi europei si avviano verso la vicina Columbia od il più lontano Cile.

Nel solo Friuli sono ritornati circa 15mila persone, discendenti compresi.

 

In Calabria non si hanno stime( figurarsi) ma se l’ emigrazione di ritorno è come quella di Amantea sono ben più di decine di migliaia.

Hanno fame. Sono ammalati e non trovano medicine, medici ed ospedali.

 

La Sanità.

Sta facendo il giro del mondo in questi ultimi giorni, la foto del reparto di maternità di un ospedale della città di Barcelona nel Nord del Venezuela.

Ha destato l’indignazione sui social network e i media di tutto il mondo quell’immagine dei neonati ancora ricoverati nell’ormai famosissimo reparto.

Invece che nelle solite cullette con le sbarre di fronte al finestrone dal quale i parenti si divertono ad indovinare le somiglianze, i bambini a Barcelona, dormono dentro scatole di cartone.

 

Nell’ultimo anno le immagini che son arrivate fino a noi del Venezuela non ci hanno raccontato cose belle.

Tutt’altro. Ci hanno abituati a vedere e a pensare a quella terra come un Paese alla completa deriva, povero, se non poverissimo, e preda di una crisi ormai irreversibile.

Quello che un tempo era stato rifugio e terra promessa per molti europei in cerca di fortuna e una vita migliore, è oggi invece una trappola senza via di scampo.

Dopo le code ai supermercati, il razionamento del cibo e la mancanza di medicinali, arriva anche il collasso del sistema sanitario con le strutture totalmente impossibilitate a curare i malati e del tutto impreparate ad accogliere nuove vite.

Le tristi immagini che in queste ore si susseguono sui social, ci arrivano soltanto grazie alla disperazione dei medici, impotenti spettatori del tracollo del Paese.

Mentre il presidente Maduro discute con l’opposizione e continua a gridare al complotto internazionale guidato dai colossi economici, la popolazione allo stremo è costretta a rovistare nei cassonetti in cerca di cibo.

Quasi il 90% dei cittadini venezuelani salta regolarmente i pasti perché semplicemente non può permettersi di mangiare tutti i giorni.

Il governo ovviamente continua a tacere, con il presidente Maduro trincerato nella sua impopolarità e nel suo totale fallimento, tuttora ancora restio a chiedere aiuto alle organizzazioni internazionali e umanitarie.

Perché ormai si tratta di crisi umanitaria e nient’altro.

Non è più una crisi politica, non si può più parlare di fallimento dello Stato, né di crisi del governo. Adesso in Venezuela è soltanto emergenza.

Secondo alcune stime, che non potranno mai essere molto precise dato il silenzio più totale di tutte le istituzioni governative, l’inflazione dovrebbe essere al momento al 700%.

L’entità della crisi che attraversa il Venezuela può essere più facilmente colta se si pensa che da mesi il Paese, unico membro occidentale dell’OPEC, importa il petrolio dagli Stati Uniti.

Arrivati dunque ad un punto di non ritorno, le speranze di recuperare il Paese da una fine certa sono sempre meno.

La Fame

La gente è talmente magra che migliaia di cittadini venezuelani attraversano il confine con la Colombia per acquistare cibo e medicinali non più disponibili nei negozi e tra le distribuzioni pubbliche organizzate dai chavisti in Venezuela.

I prodotti di primo consumo scarseggiano sempre più e le misure adottate da Maduro già l'anno scorso, la chiusura delle frontiere per controllare e reprimere il contrabbando di prodotti sovvenzionati dallo Stato, hanno solo aggravato il malcontento della popolazione.

A metà luglio scorso in soli 2 giorni 130.000 persone hanno attraversato il confine con la Colombia.

Riso, fagioli, zucchero, farina di mais, lenticchie, carta igienica e sapone: è questo l'oro che i venezuelani riportano a casa alla chetichella dalla Colombia.

Un fatto che non accade da pochi giorni ma da mesi, anche se mai con numeri così massicci.

La violenza.

Nel Paese la violenza è a livelli inimmaginabili: supermercati ed empori hanno ricevuto tutti, almeno una volta, la visita di qualche saccheggiatore e la devastazione da tempo è passata a danno dei privati cittadini.

La lotta per la sopravvivenza, in Venezuela, non è più solo in coda ma anche per strada: rapimenti lampo dei più abbienti, violenza e una paura che pervade le fasce più basse della popolazione.

“La gente è incattivita, saccheggia i camion che trasportano il cibo e sempre più spesso durante quelle interminabili file si arriva alle mani”.

Alcuni giorni fa diversi malviventi hanno fatto irruzione nel Centro Italiano Venezuelano di Caracas come era già successo a Casa d’Italia di Maracay

I malviventi dopo essere riusciti a rubare solo un televisore ed aver maltrattato alcuni impiegati sono stati messi in fuga dal servizio di vigilanza dell’istituzione e l’intervento opportuno di “Polibaruta”.

Stando alle prime versioni raccolte dalla Polizia, che avrebbe arrestato 6 delinquenti implicati nel blitz, pare che ad agire sia stata una banda integrata da una dozzina di malviventi.

L’inflazione.

Al mercato «tutto costa al prezzo del dollaro, per comprare un biglietto verde ci vogliono 1.100-1.200 bolivares e uno stipendio in media è di 40mila bolivares al mese.

Ecco un altro motivo perché ora è sempre più difficile andarsene».

 

A peggiorare ulteriormente la situazione l'aggiornamento arrivato dal Fondo Monetario Internazionale; l'inflazione dovrebbe aumentare fino ad massimo del 1600% nel 2017.

Le contestazioni a Maduro

Recentemente Maduro faceva jogging in una strada di Isla Margarita Margarita, la più grande delle isole di Nueva Esparta, quando è stato contestato in strada ed è dovuto scappare via inseguito da centinaia di persone.

Auguri Venezuela!

Pubblicato in Mondo

Pubblicato da poche ore l’avviso della convocazione del prossimo consiglio comunale .

La data è il 9 settembre un giorno prima della scadenza fissata per legge.

Infatti entro il 10 settembre 2014 i Comuni devono approvare e inviare alle Finanze le delibere Tasi.

E così il consiglio è convocato per

1)La determinazione delle aliquote della IMU per l’anno 2014. Conferma aliquote in vigore per il 2013.

2) La determinazione delle aliquote e delle detrazioni componente TASI anno 2014.

3) La addizionale comunale IRPEF 2014. Conferma aliquote in vigore per il 2013.

Ricordiamo ai nostri lettori che:

-entro il 16 ottobre 2014 dovranno pagare la Tasi i contribuenti che non hanno versato l’acconto Tasi e possiedono immobili in Comuni che hanno deciso le aliquote entro il 10 settembre (gli altri pagano tutto a saldo). Da qui la urgenza di fissare le aliquote.

- entro il 1 dicembre 2014deve avvenire ilpagamento della seconda rata dell’acconto 2014 per Irpef, Ires, Iral , addizionali e cedolare secca.

- entro il 16 dicembre 2014 i contribuenti devono pagare il saldo e il conguaglio di Imu e Tasi.

Anche per il prossimo consiglio comunale non ci sarà la diretta streaming fortemente voluta ( lo ricordiamo) da GB Morelli ed Antonio Rubino , e recentemente anche dal M5S, ma solo perché non è stato ancora modificato il regolamento che la vieta!

Sarebbe stato importante che i cittadini amanteani avessero avuto ( ed abbiano in futuro) la possibilità di ascoltare direttamente gli interventi dei consiglieri di maggioranza e di minoranza sulle tasse da pagare all’ente locale e di conseguenza sul loro utilizzo.

Nessuna sala consiliare potrebbe permettere questo diritto a tutti i cittadini salvo che il consiglio non si tenesse in una pubblica piazza dotata di opportuna amplificazione.

Per questo auspichiamo che a breve si effettui la diretta streaming

Come precisato dai politici sopra richiamati si tratta di attuare nei fatti un principio di democrazia.

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