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Praticamente quasi uno studente su tre va a studiare fuori regione

Circa il 32 per cento ( 31,8%) degli universitari calabresi ha scelto un Ateneo del Centro-nord.

 

 

 

Praticamente quasi 23mila giovani (22.959 esattamente) sono andati via dalla Calabria e difficilmente vi farà ritorno.

Nel corso degli ultimi 15 anni duecentomila studenti meridionali hanno preso la valigia e hanno scelto Università del Centro-nord per laurearsi.

A questi dati , come detto, cui la Calabria ha contribuito in maniera significativa.

Nel solo anno accademico 2016-2017 oltre un quarto dei 685mila studenti del sud Italia iscritti all’università risulta immatricolato in un Ateneo del Centro-nord.

Un fenomeno dunque che impoverisce il territorio nell’immediato e ne determina in prospettiva un maggiore arretramento tteso che gran parte di quei laureati resterà poi a lavorare e dunque ad arricchire altre regioni lontane dai paesi d’origine.

Giovani “egoisti” sembra dire il direttore Svimez, Luca Bianchi, in una nota dell’associazione quando sostiene che «È evidente che la perdita di una quota così rilevante di giovani ha, già di per sé, un effetto sfavorevole sull’offerta formativa delle università meridionali.

Ben più gravi, tuttavia, sono le conseguenze sfavorevoli che derivano dalla circostanza che, alla fine del periodo di studio, la parte prevalente degli studenti emigrati non ritorna nelle regioni di origine, indebolendo le potenzialità di sviluppo dell’area attraverso il depauperamento del capitale umano».

«Precisamente – sottolinea Bianchi – la perdita di una quota così rilevante di giovani ha due implicazioni:

-una minore spesa per consumi privati espressa dai residenti (in diminuzione) all’interno dell’area; -una minore spesa per consumi collettivi afferenti al capitolo istruzione.

In altre parole, la perdita di questo stock di giovani implica che nel Sud vi sia una minore spesa privata per consumi e un’altrettanta inferiore spesa per istruzione universitaria da parte della P.A. (che in Contabilità nazionale va sotto la voce consumi collettivi)».

Questa fuga di cervelli dalle regioni meridionali provoca, in termini di impatto finanziario, una perdita complessiva annua di consumi pubblici e privati di circa 3 miliardi di euro.

Per fortuna, poi, la Svimez spiega che alla base di questa fuga di cervelli ci sarebbe «la cronica debolezza della domanda di lavoro» che caratterizza le regioni meridionali come la Calabria.

Anche riteniamo noi!

Insomma la sede universitaria viene scelta con relazione alle opportunità di lavoro offerte dalle regioni sede delle università scelte.

Ed allora la domanda: “ Ma perché si sarebbe dovuto restare in Calabria e poi aumentare lo stuolo di disoccupati? O diventare emigranti dopo la laurea?

Pubblicato in Calabria

Ci fu un tempo in cui il Venezuela era l’Eldorado.

 

Tante le navi che partivano con a bordo migliaia di italiani di tutte le regioni, calabresi compresi.

Ora gli aerei riportano nelle antiche patrie gli immigrati di un tempo.

 

Scappano dal Venezuela. Scappano se possono. Scappano se hanno conservato il passaporto italiano. E per fuggire chiedono anche aiuto alla Patria.

Se il Venezuela fosse vicino avremmo migliaia di barconi pieni di centinaia di migliaia di profughi di rientro.

 

E non potendo verso l’Italia o la Spagna od altro paesi europei si avviano verso la vicina Columbia od il più lontano Cile.

Nel solo Friuli sono ritornati circa 15mila persone, discendenti compresi.

 

In Calabria non si hanno stime( figurarsi) ma se l’ emigrazione di ritorno è come quella di Amantea sono ben più di decine di migliaia.

Hanno fame. Sono ammalati e non trovano medicine, medici ed ospedali.

 

La Sanità.

Sta facendo il giro del mondo in questi ultimi giorni, la foto del reparto di maternità di un ospedale della città di Barcelona nel Nord del Venezuela.

Ha destato l’indignazione sui social network e i media di tutto il mondo quell’immagine dei neonati ancora ricoverati nell’ormai famosissimo reparto.

Invece che nelle solite cullette con le sbarre di fronte al finestrone dal quale i parenti si divertono ad indovinare le somiglianze, i bambini a Barcelona, dormono dentro scatole di cartone.

 

Nell’ultimo anno le immagini che son arrivate fino a noi del Venezuela non ci hanno raccontato cose belle.

Tutt’altro. Ci hanno abituati a vedere e a pensare a quella terra come un Paese alla completa deriva, povero, se non poverissimo, e preda di una crisi ormai irreversibile.

Quello che un tempo era stato rifugio e terra promessa per molti europei in cerca di fortuna e una vita migliore, è oggi invece una trappola senza via di scampo.

Dopo le code ai supermercati, il razionamento del cibo e la mancanza di medicinali, arriva anche il collasso del sistema sanitario con le strutture totalmente impossibilitate a curare i malati e del tutto impreparate ad accogliere nuove vite.

Le tristi immagini che in queste ore si susseguono sui social, ci arrivano soltanto grazie alla disperazione dei medici, impotenti spettatori del tracollo del Paese.

Mentre il presidente Maduro discute con l’opposizione e continua a gridare al complotto internazionale guidato dai colossi economici, la popolazione allo stremo è costretta a rovistare nei cassonetti in cerca di cibo.

Quasi il 90% dei cittadini venezuelani salta regolarmente i pasti perché semplicemente non può permettersi di mangiare tutti i giorni.

Il governo ovviamente continua a tacere, con il presidente Maduro trincerato nella sua impopolarità e nel suo totale fallimento, tuttora ancora restio a chiedere aiuto alle organizzazioni internazionali e umanitarie.

Perché ormai si tratta di crisi umanitaria e nient’altro.

Non è più una crisi politica, non si può più parlare di fallimento dello Stato, né di crisi del governo. Adesso in Venezuela è soltanto emergenza.

Secondo alcune stime, che non potranno mai essere molto precise dato il silenzio più totale di tutte le istituzioni governative, l’inflazione dovrebbe essere al momento al 700%.

L’entità della crisi che attraversa il Venezuela può essere più facilmente colta se si pensa che da mesi il Paese, unico membro occidentale dell’OPEC, importa il petrolio dagli Stati Uniti.

Arrivati dunque ad un punto di non ritorno, le speranze di recuperare il Paese da una fine certa sono sempre meno.

La Fame

La gente è talmente magra che migliaia di cittadini venezuelani attraversano il confine con la Colombia per acquistare cibo e medicinali non più disponibili nei negozi e tra le distribuzioni pubbliche organizzate dai chavisti in Venezuela.

I prodotti di primo consumo scarseggiano sempre più e le misure adottate da Maduro già l'anno scorso, la chiusura delle frontiere per controllare e reprimere il contrabbando di prodotti sovvenzionati dallo Stato, hanno solo aggravato il malcontento della popolazione.

A metà luglio scorso in soli 2 giorni 130.000 persone hanno attraversato il confine con la Colombia.

Riso, fagioli, zucchero, farina di mais, lenticchie, carta igienica e sapone: è questo l'oro che i venezuelani riportano a casa alla chetichella dalla Colombia.

Un fatto che non accade da pochi giorni ma da mesi, anche se mai con numeri così massicci.

La violenza.

Nel Paese la violenza è a livelli inimmaginabili: supermercati ed empori hanno ricevuto tutti, almeno una volta, la visita di qualche saccheggiatore e la devastazione da tempo è passata a danno dei privati cittadini.

La lotta per la sopravvivenza, in Venezuela, non è più solo in coda ma anche per strada: rapimenti lampo dei più abbienti, violenza e una paura che pervade le fasce più basse della popolazione.

“La gente è incattivita, saccheggia i camion che trasportano il cibo e sempre più spesso durante quelle interminabili file si arriva alle mani”.

Alcuni giorni fa diversi malviventi hanno fatto irruzione nel Centro Italiano Venezuelano di Caracas come era già successo a Casa d’Italia di Maracay

I malviventi dopo essere riusciti a rubare solo un televisore ed aver maltrattato alcuni impiegati sono stati messi in fuga dal servizio di vigilanza dell’istituzione e l’intervento opportuno di “Polibaruta”.

Stando alle prime versioni raccolte dalla Polizia, che avrebbe arrestato 6 delinquenti implicati nel blitz, pare che ad agire sia stata una banda integrata da una dozzina di malviventi.

L’inflazione.

Al mercato «tutto costa al prezzo del dollaro, per comprare un biglietto verde ci vogliono 1.100-1.200 bolivares e uno stipendio in media è di 40mila bolivares al mese.

Ecco un altro motivo perché ora è sempre più difficile andarsene».

 

A peggiorare ulteriormente la situazione l'aggiornamento arrivato dal Fondo Monetario Internazionale; l'inflazione dovrebbe aumentare fino ad massimo del 1600% nel 2017.

Le contestazioni a Maduro

Recentemente Maduro faceva jogging in una strada di Isla Margarita Margarita, la più grande delle isole di Nueva Esparta, quando è stato contestato in strada ed è dovuto scappare via inseguito da centinaia di persone.

Auguri Venezuela!

Pubblicato in Mondo
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