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Guaidò chiede all'Italia: "Fate la cosa giusta"

Un invito all'Italia "a fare la cosa giusta", perché "usare la scusa che ci potrebbe essere qualcosa di peggio di questo non è vero", è arrivato dall' autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidò in un'intervista esclusiva al TG2.

All'indomani del voto al Parlamento europeo che lo ha riconosciuto, con una risoluzione non legislativa, come legittimo presidente ad interim del Venezuela, il leader dell'Assemblea nazionale ha commentato l'astensione degli eurodeputati italiani dei partiti di maggioranza come "una probabile mancanza di informazioni".

Meno male che c’è Di Maio!

"Noi non vogliamo arrivare al punto di riconoscere un soggetto che non è stato votato dal popolo come presidente", ha replicato Di Maio.

"In questi anni - sottolinea il capo politico dei Cinque Stelle - siamo stati già scottati da ingerenze di stati occidentali in altri Stati.

"In Venezuela - aggiunge - il cambiamento lo decidono i cittadini, noi siamo dalla parte della pace, della democrazia, dobbiamo creare i presupposti per favorire nuove elezioni".

  Dopo aver ricordato che "il 90% della popolazione vuole il cambiamento, il 90% scommette sulla democrazia", ha detto ancora Guaidò affermando che "c'è un piccolo gruppo che sta assassinando" e ha parlato di "70 giovani assassinati in una settimana dal Faes (le forze speciali di polizia) e 700 persone in carcere, 80 minorenni addirittura bambini".

"Maduro ha perso il controllo del Paese e la popolazione sta soffrendo".

Rispondendo a una domanda riguardo alle dichiarazioni del sottosegretario Manlio Di Stefano, che ha avvisato sul rischio di fare in Venezuela lo stesso errore fatto in Libia, taglia corto: "In Venezuela non è possibile una nuova Libia".

Questo, spiega, "denota scarsa conoscenza" di quanto sta avvenendo in Venezuela, ha aggiunto Guaidò invitando "il sottosegretario a informarsi su quello che sta succedendo adesso" nel Paese.

Adnkronos

(Foto Afp)

Pubblicato in Mondo

Massimo Ruggiero non è più tra noi. Ma è difficile dimenticarlo. Ed ancora più difficile non ricordarlo quando si parla di Amantea e della sua storia, quella storia che scende indietro nei millenni e che arriva alla Temesa ausonica, la Temesa della Principessa del museo di Serra d’Aiello

Alcuni giorni fa ero insieme agli “uomini di Temesa”: Parlo dei fratelli Perri del gruppo Alybas, del prof. Gioacchino Francesco La Torre e del prof. Fabrizio Mollo della Università di Messina, del dr Gregorio Aversa della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, Ufficio di Scalea, del dr Maurizio Cannatà.

Mancava solo Massimo Ruggiero, uno dei pochi amici amanteani che hanno profondamente amato questa terra e la sua storia.

E mi è venuto in mente uno dei momenti più belli delle nostre comuni esperienze .

Eravamo nel fiume Oliva, in alto, sotto l’abitato di Serra d’Aiello, prima della attuale diga, e gli descrivevo che, come conseguenza delle ripetute carestie medievali, i calabresi della costa tirrenica cominciarono a disboscare le colline appenniniche con il risultato dei ripetuti crolli dei versanti e correlato sversamento nelle sottostanti valli fluviali . Da qui la formazione delle brevissime piane tra cui quella di Amantea e di Oliva, appunto.

E gli raccontavo della simulazione dell’arretramento della costa, e di converso delle diverse posizioni temporali della costa tirrenica.

Una prova era la stampa seicentesca che mostrava la attuale piano dell’Oliva invasa dal mare, l’altra il Libro di re Ruggiero edito il 1152 nel quale Al Idrisi parla del porto dell’Oliva

Stava in silenzio ad ascoltarmi mentre gli facevo rivivere la storia all’incontrario con questo straordinario porto che si spostava verso lì’interno fino a giungere sotto l’attuale Serra d’Aiello.

Gli descrivevo le navi romane e greche alla fonda nel porto, ai commercio di ferro per bronzo ma anche di olio e vino, grano e sementi.

Ed azzardai che questa terra fosse la antica Temesa omerica legata alla storia di Ulisse.

Già ma come dimostrarlo?

Ci lasciammo perché lui doveva fare la notte, conducendo uno dei tanti treni della sua vita, quelli che non gli impedivano di pensare ad Amantea ed alla sua antica storia.

Drin, drin. Erano le nove del giorno dopo. Era lui, appena tornato dal servizio, dopo una notte insonne. Al citofono mi disse “Temesa è qui!”.”Sali che ho appena fatto il caffè”

E mi portò gli “Studi Istorici su la magna Grecia e su la Brezia” per Nicola Leoni edito a Napoli il 1862, un testo che aveva trovato e comprato nella “sua” Napoli che spesso raggiungeva per lavoro.

“Leggitelo tutto, soprattutto il capitolo LXXII , i capoversi 801 ed 802”, poi andò a riposare. E lessi:” Cluverio, attenendosi alla tavola peutingeriana, in cui è segnata a X miglia antiche da Clampetia ( Tavola Peutingeriana XXXII) ne riconosce le sue ruine a sud di Amantea, in un luogo detto Torre Loppa( Filippo Cluverio Danzica, 1580 – Leida, 31 dicembre 1622 Italia Antica edito postumo il 1624, pagina ), eccetera, eccetera.

E poi il capoverso successivo:”Non molto lungi da Tempsa sorgeva un tempietto, circondato di olivastri, sacro a Polite, uno dei compagni pretesi di Ulisse”

Compresi, allora, il suo sorriso quando mi porse il testo.

Ecco io l’ho ricordato così, l’altro giorno , felice come il bambino che ha scoperto uno dei primi misteri della vita, felice di condividerlo.

E so che questo sorriso lo accompagna là dove ora si trova. Ciao, Massimo! Temesa è davvero qui!!

Nota finale. Avevo scritto questa storia per poterla leggere una di quelle sere che avremmo dovuto dedicargli, ma che non siamo riusciti ad organizzare . E così ora la affido al sito perché la conoscano tutti!

“…, iam non possum oblivisci meam hanc esse patriam,..)Cicerone

Pubblicato in Cronaca
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