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Fascicolo aperto sulla decisione assunta da ArcelorMittal di recedere dal contratto di fitto finalizzato all'acquisto del complesso aziendale

La Procura di Milano ha aperto un fascicolo sulla decisione assunta da ArcelorMittal di recedere dal contratto di fitto finalizzato all'acquisto del complesso aziendale ex Ilva. In particolare, il procuratore capo di Milano Francesco Greco <ravvisando - si legge in una nota stampa

- un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessità economico-produttive del paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale, ha deciso di esercitare il diritto/dovere di intervento, previsto dall'ultimo comma dell' art.70 del codice di procedura civile nella causa di rescissione del contratto di affitto d'azienda promossa dalla società ArcelorMittal Italia contro l'Amministrazione Straordinaria dell'Ilva>.

Il procuratore Greco ha così invitato il coordinatore del secondo dipartimento (quello che si occupa delle delicate inchieste su corruzione, politica e Pubblica amministrazione) Maurizio Romanellia studiare le modalità dell'intervento che sarà seguito dai pubblici ministeri Stefano Civardi e Mauro Clerici, già titolari del procedimento relativo alla bancarotta della società Ilva.

Il procuratore Greco ha inoltre proceduto all' iscrizione di un fascicolo a modello 45 (fatti non costituenti notizie di reato) per verificare la eventuale sussistenza di ipotesi di reato con conseguente delega al Nucleo di Polizia Economia e Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano per gli accertamenti preliminari.

I commissari straordinari dell’Ilva hanno depositato tramite i propri legali un ricorso urgente ex articolo 700 al tribunale civile di Milano per chiedere un provvedimento che impedisca ad ArcelorMittal di spegnere gli impianti. La Procura di Milano ha deciso di intervenire anche in questo procedimento.

Proprio stamattina ArcelorMittal Italia e ArcelorMittal Energy avevano comunicato al Governo e alla prefettura di Taranto, il piano di «sospensione» dell’esercizio dello stabilimento di Taranto e delle centrali elettriche.

Lagazzettadelmezzogiorno

Pubblicato in Italia

Frequentavo l’Istituto Magistrale a Cosenza e studiando la rivoluzione francese per la prima volta sentii accostare il nome di Maria Antonietta, l’ultima regina di Francia, alle brioches.

Il popolo protestava, era in rivolta perché aveva fame e chiedeva pane.

Ma pane non ce ne era abbastanza per sfamare il popolo.

 

 

Allora lei, la regina, così disse:- Se non hanno pane che mangino brioches -.

Per aver pronunciato questa frase, la regina, che poi venne decapitata, restò celebre nella storia di Francia.

Denota, però, una totale insensibilità verso i bisogni del proprio popolo.

E certamente, oggi, anno 2019, resterà nella storia italiana la frase pronunciata da una parlamentare italiana, di Lecce, la Senatrice Barbara Lezzi, addirittura ex Ministro del Governo Conte 1.

L’acciaieria di Taranto è in crisi, l’ex ILVA sta per chiudere, gli operai sono in rivolta, il Governo e i partiti politici cercano di risolvere la grave situazione che si è creata in seguito all’abbandono di Arcelor Mittal.

Sono a rischio oltre 10 mila posti di lavoro.

Ma per la Senatrice Lezzi non c’è nessun problema. L’acciaieria chiude?

Ci sono altre strade da percorrere.

Prima gli operai lavoravano il ferro e l’acciaio, ora si dedicheranno alla coltivazione delle cozze. Che bella trovata!

Nessuno fino ad oggi ci aveva pensato e tutti ignoravano che Taranto era bagnato dal mare.

C’è voluta la mente illuminata di questa donna leccese che prima di essere eletta senatrice era impiegata in una azienda di forniture per orologi.

Maria Antonietta come Barbara Lezzi.

Tutte e due hanno sfidato il senso del ridicolo.

Al popolo francese affamato dategli brioches diceva Maria Antonietta.

Alle decine e decine di migliaia di lavoratori italiani che perderanno il posto di lavoro così dice oggi Barbara Lezzi:- Che coltivino cozze -.

Che disastro, amici, aver mandato al Parlamento gente come la Signora Lezzi.

Ma oltre alle cozze ci sono altre idee strampalate di un altro Deputato, anche lui pugliese, grillino, l’On. Gianpaolo Cassese:- Trasformiamo Taranto in una città verde con la creazione di parchi tematici e di centri di alpinismo -. Alpinismo, amici.

Avete letto bene.

Ma Taranto si trova nelle Puglie non nel Trentino Alto Adige. Ma all’alpinismo avrebbe potuto aggiungere anche piste da sci.

A Taranto nevica in abbondanza tutto l’anno.

A questo punto invito la Senatrice Lezzi e l’On. Cassese ad andare nelle fabbriche di Taranto a spiegare agli operai dell’ex ILVA queste loro geniali soluzioni.

Prima di entrare in fabbrica farebbero bene ad andare da un notaio a fare testamento.

Pubblicato in Italia

La multinazionale dà seguito a quanto detto durante la presentazione della trimestrale, quando il presidente e ceo Lakshmi Mittal aveva spiegato che di fronte alla contrazione della domanda il colosso sarebbe rimasto "concentrato sulle nostre iniziative per migliorare le prestazioni e la nostra priorità è ridurre i costi". Dal 23 novembre stop a tre altoforni tra Cracovia e Dabrowa Gornicza, spenta anche una fornace vicino a Chicago e addio all'acciaieria di baia di Saldanha

Liquidazione in Sudafrica, stop alla produzione in Polonia e negli Stati Uniti. ArcelorMittal è in fuga non solo da Taranto, ma anche da Cracovia e Dabrowa Gornicza, Indiana Harbor e baia di Saldanha. Una raffica di chiusure e spegnimenti di altoforni è stata annunciata dal colosso dell’acciaio negli ultimi giorni. Dando seguito a quanto detto durante la presentazione della trimestrale, quando il presidente e ceo Lakshmi Mittal aveva spiegato che di fronte alla contrazione della domanda la multinazionale sarebbe rimasta “concentrata sulle nostre iniziative per migliorare le prestazioni e la nostra priorità è ridurre i costi, adattare la produzione e concentrarci per garantire che il flusso di cassa rimanga positivo”. Tradotto: fermare la produzione in diverse parti del mondo, dopo un primo rallentamento in primavera, e l’addio all’ex Ilva, una ‘zavorra’ sui conti secondo Moody’s che ha avvisato ArcelorMittal del rating a rischio se non si perseguirà, velocemente, all’addio all’acciaieria italiana.

Così nel giro di pochi giorni sono arrivate tre mosse, oltre a quella su Taranto, per passare dalle parole ai fatti. In Polonia l’azienda ha bloccato la produzione nei tre altoforni a Cracovia e Dabrowa Gornicza, dando seguito a quanto aveva già previsto in primavera quando alla fine vennero fermati gli altoforni nelle Asturie. La multinazionale si è detta “costretta a interrompere temporaneamente le operazioni primarie” dal 23 novembre. Un blocco a tempo indeterminato: si ripartirà “quando le condizioni del mercato miglioreranno” a sufficienza.

“Le nostre tre fornaci – ha spiegato l’ad di ArcelorMittal Polonia, Geert Verbeeck – stanno al momento lavorando al loro minimo tecnico, quindi non possiamo ridurre ulteriormente i volumi di produzione. Dal momento che la situazione del mercato dell’acciaio continua a deteriorarsi e le previsioni restano cupe, purtroppo non abbiamo altra scelta”. La sovrapproduzione mondiale si attesta attorno alle 400 milioni di tonnellate e, secondo Eurofer, la domanda di acciaio in Europa è attesa in calo del 3,1% nel 2019, contro le previsioni precedenti di una flessione dello 0,4%. Tutto a causa di dazi e crisi del settore automotive. Le rassicurazioni di Verbeeck sull’occupazione non hanno convinto i sindacati polacchi. Per Krzysztof Wójcik, leader di Nszz, si tratta del “martedì nero del nostro centro siderurgico” e ha quindi lanciato un appello al premier Mateusz Morawiecki, nonché alle autorità regionali, per salvaguardare gli 800 posti di lavoro e i livelli salariali.

Se in Polonia, almeno nelle intenzioni, ArcelorMittal parla di una fermata legato ai cicli del mercato, in Sudafrica ha invece deciso di liquidare il suo stabilimento nella baia di Saldanha entro il primo trimestre del 2020. Con un comunicato stampa diffuso dai media locali, la compagnia ha dichiarato che l’acciaieria “sta subendo gravi perdite finanziarie che si prevede continueranno per il prossimo futuro”, perciò intraprende “una liquidazione condotta a condizioni normali delle attività commerciali legate alle operazioni siderurgiche”. Secondo ArcelorMittal, il siderurgico – nel quale sono occupate circa 1.000 persone – “ha perso il proprio vantaggio strutturale in termini di costi per competere efficacemente sul mercato di esportazione” a causa, in primis, “della materia prima e dei prezzi regolamentati”.

Ma i tagli della famiglia Mittal toccano anche il mercato statunitense. La multinazionale ha deciso di spegnere uno dei tre altoforni nell’impianto di Indiana Harbour, vicino a Chicago., zona già colpita dalla chiusura di un altoforno di US Steel all’inizio del 2019. La decisione di ArcelorMittal, a sentire l’azienda, non comporterà licenziamenti, ma è dettata dalla fine del ciclo di vita della fornace che avrebbe bisogno di “investimenti significativi” per la ristrutturazione. L’ipotesi di ammodernamento verrà presa in considerazione solo nel caso in cui la domanda dovesse essere tale da richiedere un intervento.

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Pubblicato in Mondo

bocconcini-ciliegine Cosa c’è di meglio, in un viaggio, di scoprire il lato naturale, culturale e gastronomico di un luogo? Ecco le Murge, la patria dei prodotti caseari pugliesi.

Fuse, al forno, fritte, crude, le scamorze sono così versatili da poter essere abbinate con estrema facilità per creare piatti gustosi e semplici da realizzare: le troviamo in tutte le declinazioni qui nelle Murge, il vero cuore pulsante dell’artigianato caseario pugliese. Un luogo stupendo, che unisce ad una cultura e ad una natura uniche una tradizione gastronomica ancora, per fortuna, molto radicata al territorio.

Benché esista anche una parte di Murgia costiera, la maggior parte dell’area si sviluppa all’interno, su un altopiano collinare che comprende le provincie di Barletta-Andria-Trani, di Bari, di Taranto e di Matera, sconfinando quindi in Basilicata.

Per una volta non è il mare ad attirare i visitatori nella zona, ma la bellezza di una terra brulla e carsica, che ha fatto della sua genuinità e tradizione dei veri e propri punti di forza. E i prodotti caseari rappresentano l’emblema di questa tradizione: scamorze, burrate, mozzarelle sono in grado di produrre un’economia di mantenimento basata sulla fama che nel tempo hanno acquisito. Chi viaggia in Puglia lo fa per stimolare non solo il senso della vista, ma anche quello del gusto, esaltato da sapori unici ed inconfondibili.

Tra grotte e castelli, le Murge da scoprire

Tra una degustazione e l’altra, le Murge offrono spettacoli paesaggistici che mettono in risalto la bellezza di un territorio che va vissuto e scoperto per essere apprezzato in pieno. Qui, tra cieli tersi e terra arsa dal sole troviamo attrazioni sia naturali che realizzate dall’uomo.

Tra le prime annoveriamo Castel del Monte, con la sua particolare pianta ottagonale, custode, secondo alcune leggende, del tesoro di Federico Barbarossa.

A Gravina in Puglia c’è invece una sontuosa cattedrale romanico-barocca di Santa Maria Assunta.

La maggior parte dell’attenzione è concentrata sui trulli di Alberobello, le famose costruzioni in pietra a forma conica, un simbolo della Puglia.

Dal punto di vista naturalistico, le Murge offrono paesaggi ampi ed estesi, con zone collinari che si alternano a territori aridi e affascinanti, con gli ulivi a fare da sfondo. Il Parco Naturale Terra delle Gravine protegge il patrimonio paesaggistico e naturalistico tipico della zona.

Infine, forse la più bella attrazione naturale, sicuramente la più visitata: le grotte di Castellana, con le sue suggestive formazioni calcaree che danno vita a vere e proprie sculture.

La Puglia è in grado di stupire in ogni suo aspetto, dal mare alla collina, con una costante comune: la cucina prelibata, che fa dei prodotti caseari come scamorze, mozzarelle, burrate, giuncate, ecc. una vera e propria eccellenza italiana, esportata in tutto il mondo.

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Con un drone alcuni malavitosi hanno tentato ieri sera di consegnare a detenuti nel carcere di Taranto due microtelefoni cellulari completi di cavetto di ricarica usb e un quantitativo di droga.

L'apparecchio è però caduto ed ha attirato l'attenzione di un agente della Polizia penitenziaria, che ha dato l'allarme.

Lo denunciano i sindacati Osapp e Sappe.

Secondo il segretario generale dell'Osapp, Leo Beneduci, «come sempre, in fatto di tecnologia, la criminalità organizzata è al passo con i tempi a differenza dell'Amministrazione Penitenziaria» che e ai «livelli del secolo scorso sia le proprie dotazioni in ausilio del servizio sia il proprio bagaglio di aggiornamento professionale».

Federico Pilagatti, segretario generale Sappe, spiega che «l'ingegnoso piano prevedeva anche il diversivo di fuochi artificiali fatti esplodere all'esterno del carcere, mentre il piccolo drone veniva guidato nel posto giusto, attraverso la fiammella di un accendino che il detenuto aveva acceso dalla finestra della cella».

Pubblicato in Italia

Per capire bene la gravità del dato sarebbe come se ad Amantea ci fossero 765 ammalati di tumore accertati!

Il dato non è inventato ma diffuso dall’associazione ambientalista Peacelink.

Un numero l’associazione ha ricavato analizzando i dati sull’esenzione dal ticket sanitario per “malattie tumorali” (codice: 048), riconosciuta a 8.916 individui su 191.848 residenti (dato ultimo Censimento).

In particolare, sottolinea Peacelink:

-Nel distretto sanitario 3, che comprende i quartieri più vicini all’area industriale (quartiere Tamburi, Paolo VI, Città Vecchia e parte del Borgo), c’è un malato di cancro ogni 18 abitanti. Per la precisione 4328 malati su 78mila abitanti.

Migliora, ma non di molto la diffusione nelle altre zone di Taranto: nei quartieri più lontani dal polo industriale si registra 1 caso di tumore ogni 26 abitanti. ( ad Amantea sarebbero 529)

La cosa grave è che si tratta di numeri stimati al ribasso perché non comprendono i possibili casi di tumori latenti (non ancora manifestatisi) o non diagnosticati.

Avere un situazione aggiornata sui tumori è quindi possibile con i sistemi informatici in rete.

Chiediamo per questo al comune di Amantea di chiedere e diffondere i dati dei tumori nel nostro comune.

E’ un dato indispensabile per spingere l’amministrazione sanitaria a dotarsi in fretta di strumenti di rilevazione più rapidi ed efficaci.

Ed ancora, è un dato indispensabile per il formarsi di un sistema sanitario di base necessario e capace di dare risposta ai recenti allarmi su pandemie tumorali, o , se si tratta di allarmismi, a dare maggiore serenità alla comunità amanteana

Peraltro il proposto accertamento permetterà di evidenziare anche la zonizzazione per quartiere dei tumori, eccetera.

Giuseppe Marchese

Pubblicato in Primo Piano

Pressioni e minacce di licenziamento ai dirigenti che non si dimostravano propensi a favorire l’Ilva. È il nuovo terremoto giudiziario che questa mattina si è abbattuto su Taranto e ha travolto la politica locale. All’alba di oggi, infatti, la Guardia di finanza ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del presidente della provincia Gianni Florido (nella foto con Vendola), dell’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva e dell’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, già detenuto dal 26 novembre scorso. Arresti domiciliari invece per l’ex direttore generale della provincia di Taranto e attualmente in servizio nella provincia di Lecce, Vincenzo Specchia. Le ipotesi di reato contestate dalla procura ionica nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente svenduto” vanno dalla concussione per induzione alla tentata concussione per costrizione.

I quattro, secondo le accuse, avrebbero esercitato direttamente o indirettamente, pressioni sui dirigenti dell’amministrazione provinciale perché si adeguassero ad “assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti dell’Ilva”. Nell’ordinanza firmata dal gip Patrizia Todisco, gli investigatori documentano le pressioni nei confronti dell’ex dirigente del settore ecologia Luigi Romandini “colpevole” di aver negato le autorizzazioni in materia ambientale allo stabilimento e finito così al centro di “pressioni reiterate nel tempo accompagnate da minacce di licenziamento, dall’invito a presentare le dimissioni, da minacce di trasferimento ad altro incarico” e infine anche di “pretestuose riorganizzazioni dell’ufficio” che in realtà avevano come unico scopo quello di “influire sui poteri del dirigente”. L’obiettivo era di costringere Romandini a firmare “a vista” tutte le richieste formulate dall’azienda anche facendo a meno di “un esame approfondito delle pratiche”. In particolare il presidente Florido e l’ex assessore Conserva avrebbero caldeggiato la concessione dell’autorizzazione richiesta dall’Ilva per l’uso della discarica di rifiuti speciali nella “Cava Mater Gratiae”. Un via libera che avrebbe permesso all’azienda di smaltire i rifiuti prodotti nel ciclo di lavorazione ottenendo così un significativo vantaggio economico.

Una discarica nella quale, come già mostrato da ilfattoquotidiano.it, l’azienda stoccava anche sacche contenenti amianto accanto a scorie di lavorazione ancora fumanti. Pressioni vane, però, perché Romandini non solo decise di non firmare quelle autorizzazioni, ma dopo il suo trasferimento in un altro ufficio dell’amministrazione denunciò tutto alle fiamme gialle guidate dal maggiore Giuseppe Dinoi. Una rimozione che Girolamo Archinà commentò pochi giorni dopo dicendo “abbiamo tolto una peste… e ne abbiamo tre di pesti” perché anche il successore di Romandini, il dirigente Ignazio Morrone, si mostrò altrettanto riottoso nei confronti della grande industria. Secondo quanto emerso dalle indagini, Gianni Florido (presidente della provincia al suo secondo mandato e presidente del Partito democratico di Taranto) si interessa personalmente alle vicende che riguardano l’Ilva. Parla al telefono direttamente anche con Fabio Riva, interviene su assessori e sull’operato dei dirigenti. “Circostanze – scrive il gip Todisco – che confermano il sollecito, premuroso, fattivo e perdurante interessamento del Florido in soccorso delle esigenze di natura economica della proprietà dell’Ilva”.Francesco Casula

Articolo integrale su Ilfattoquotidiano di oggi 15 maggio 2013

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