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Amici di Tirreno News oggi vi voglio raccontare una vicenda sconcertante che mi ha fatto rabbrividire, che mi ha turbato, disorientato, sconvolto.

Ho provato rabbia, tristezza, turbamento.

Forse non sono riuscito a trovare la parola adatta e vi chiedo scusa.

Può una donna in coma partorire?

Certamente sì.

Lo hanno fatto tante donne assistite da medici molto bravi nei nostri ospedali.

Può una donna in coma avere rapporti sessuali?

Come è difficile rispondere a questa domanda.

Li può avere, però abusare di una donna in coma che giace inerme in un lettino di un ospedale è una cosa ignobile, abominevole.

Nemmeno gli animali farebbero quello che sto per raccontarvi.

Una donna in stato vegetativo da oltre 14 anni, dico 14 anni, ha dato alla luce un bambino di sesso maschile prettamente sano.

Nessuno si era accorto che la donna fosse incinta.

I medici e gli infermieri dell’ospedale dove la donna era ricoverata se ne sono accorti troppo tardi, quando la donna ha iniziato a lamentarsi per le doglie del parto.

E del pancione che si gonfiava sempre di più per nove mesi nessuno del personale se ne è accorto? Questa sconcertante e triste vicenda non si è verificata in Italia, meno male.

Ma in un ospedale di Phoenix in Arizona negli Stati Uniti d’America.

Adesso il Dipartimento della Salute dello Stato di Arizona e la polizia stanno indagando su quanto avvenuto in quell’ospedale.

La Direzione dell’ospedale ora ha preso urgenti e drastici provvedimenti. Nessun medico, infermiere, dipendente maschio può entrare nelle stanze di una paziente donna se non accompagnato da colleghe donne.

A questo punto mi è venuto in mente un antico adagio:- Dopo che hanno stuprato santa……… i monaci hanno costruito una porta in ferro -.

Se questa sconcertante e abietta vicenda si fosse verificata in un ospedale italiano chissà cosa avrebbero scritto i giornali americani, pronti a vedere la pagliuzza negli nocchi degli altri quando nei loro c’è una trave.

Secondo voi chi è stato quel vigliacco, quel mascalzone, quel verme, quel porco, quell’animale che ha abusato di una donna in stato vegetativo immobile in un letto di un ospedale?

La risposta è semplice e non ci vuole il mitico Sherlock Holmes. E’ stato qualcuno dell’ospedale che aveva libero accesso nelle stanze dove c’erano le degenti.

E chi sarebbe questo qualcuno?

Non certo l’Arcangelo Gabriele e neppure lo Spirito Santo, ma un infermiere o un medico.

Basta eseguire al più presto il test del DNA del bambino e poi compararlo con quello di tutti i dipendenti dell’ospedale di sesso maschile.

E’ stata una brutta storia, amici, quella che vi ho raccontato.

L’unica buona notizia è che il bambino è perfetto, sta bene, gode buona salute, non ha bisogno di cure particolari.

La sua mamma, però, non può guardarlo, accarezzarlo, coccolarlo, baciarlo, allattarlo.

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Lasciano la loro bambina di 3 anni senza cibo e la filmano mentre li implora di mangiare.

Il 25enne Miller Costello e la 23enne Brenda Emilie, sono finiti in carcere nello Utah, Stati Uniti, con l'accusa di omicidio e di maltrattamenti ai danni di una bambina molto piccola.

I due avrebbero umiliato e picchiato la loro bambina, costringendola anche alla fame, poi, all'apice del loro sadismo, l'hanno uccisa per liberarsene.

I fatti risalgono al 2017, ma in questi giorni si sta svolgendo il processo a carico della coppia.

La mamma e il papà, che avrebbero dovuto amare e proteggere la bambina, costringevano la piccola Angelina a ogni tipo di abuso e di mostruosità: tra i video mostrati in aula ce n'è uno in cui la bimba piange mentre mangia una fetta di cipolla e sanguina dal naso.

La bambina è chiaramente denutrita e il sangue potrebbe essere stata la conseguenza di percosse.

In altri filmati la piccola vede i genitori mangiare e implora loro del cibo, ma la mamma, come mostrano le immagini, avvicina prima la forchetta alla sua bocca e poi allontanarla con un calcio.

Sul corpo della bimba sono stati trovati diversi lividi e anche molte ferite, che la donna cercava di nascondere con il trucco.

«Hanno lasciato Angelina come una vittima dell'Olocausto uccidendola dopo una vita di torture», hanno dichiarato gli investigatori alla stampa locale, per questo motivo i pm hanno chiesto la pena di morte per la coppia.

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Amici carissimi, quasi ogni mese si spara nelle scuole americane.

Questa volta la strage di alunni si è verificata in Florida in una tranquilla cittadina a nord di Miami.

Ancora una volta a  pochi mesi di distanza  ci dobbiamo occupare della violenza nelle scuole americane.

Le scuole, ormai, non sono più luoghi sicuri.

Questa volta la strage si è verificata in un Liceo (High School) molto affollato di insegnanti e di alunni nella città di Parkland di circa 31 mila abitanti.

L’autore della strage è un ex studente di 19 anni espulso dalla scuola lo scorso anno perché molto violento e pericoloso.

Aveva una passione per le armi.

Evidentemente con questo gesto ha voluto vendicare il suo allontanamento dalla scuola e saldare i suoi conti con i compagni che non l’hanno mai amato e sopportato.

Il killer è entrato nella scuola armato di pistola e di un fucile automatico.

Ha per prima cosa fatto scattare l’allarme antincendio costringendo gli alunni e gli insegnanti ad abbandonare le proprie classi e uscire allo scoperto e poi ha incominciato a sparare all’impazzata.

Poi si è allontanato, mischiandosi agli studenti fatti evacuare e in fuga.

Solo un’ora dopo è stato fermato dalla Polizia.

Le vittime accertate fino ad ora sono 17.

Non è la prima volta che in America succedono tragedie di questo genere.

Ci sono troppe armi in circolazione.

Negli Stati Uniti d’America non c’è giorno che i media si devono occupare di morti e di feriti nelle scuole e fuori.

Ormai è diventata un’abitudine.

Vi ricordate, amici, quello che è successo lo scorso ottobre a Las Vegas?

Un attempato signore di 64 anni ha sparato sulla folla con un’arma da guerra dall’Hotel Mandalay che assisteva al festival musicale “Route 91 Harvest” uccidendo 58 persone e ferendone almeno 800.

E il massacro della Columbine High School non lontano da Denver in Colorado dove due studenti si introdussero nell’edificio armati e aprirono il fuoco su compagni di scuola e insegnanti?

Nella sparatoria rimasero uccisi 12 studenti e un insegnante e feriti 24 studenti.

Ogni volta che succedono cose del genere l’America si interroga e si divide sempre in due:c’è chi denuncia la presenza di troppe armi in libera circolazione e c’è pure chi le difendono.

Quando io mi trovavo in America ero in possesso di una Colt calibro 22 che mi aveva lasciato mio padre.

La tenevo liberamente in casa e nessuno mai mi ha detto niente.

Non c’era bisogno neppure di permesso e neppure sono stato costretto a denunciare alla Polizia il possesso dell’arma.

Quando sono rientrato definitivamente in Italia l’ho regalata a mio zio Antonio Mazzuca che abitava in un paesino minerario della Pennsylvania.

Ci sono troppi giri di affari e quindi il problema delle armi resta intoccabile.

Questo nuovo massacro di San Valentino ( mi ricorda la strage di Al Capone negli anni trenta a Chicago nel Michigan) riapre con forza le polemiche sulla carenza di leggi per limitare l’accesso alle armi..

C’è da segnalare che lo Stato della Florida dove si è verificata la strage è uno degli Stati più permissivi d’America.

Se ne parla solo per pochi giorni dopo le stragi e poi tutto ritorna nella normalità.

E così noi ogni tanto dobbiamo registrare sparatorie nelle scuole, nelle case, nei villaggi, nei parcheggi, nei supermercati.

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La Korea del Nord, secondo quanto scritto dal Washington Post, ha la bomba atomica e potrebbe colpire con i suoi missili balistici intercontinentali gli USA e tutto il resto del mondo. Il Presidente degli Stati Uniti d’America ha paura e teme che la Korea potrebbe colpire gli USA in un prossimo futuro e ha reagito con dure parole:- E’ meglio che la Korea non minacci ulteriormente gli USA, sennò faranno i conti con le fiamme ed una furia che il mondo non ha mai visto prima-.

Soffiano, dunque, i venti di guerra nucleare e la pace del mondo ancora una volta è messa in pericolo come 67 anni fa.

Era domenica il 25 giugno del 1950, l’ultima domenica di un mese sereno, pieno di sole. I campi erano dorati e le spighe di grano ondeggiavano lieve ad ogni leggero soffio di vento. Ho un ricordo molto preciso di quella domenica. Don Giovanni Posa, sacerdote del luogo, aveva da poco terminato di recitare le preghiere della sera e il Santo Rosario. Le strade adiacenti la chiesa brulicavano di folla che tornava a casa dai campi dopo una giornata di duro lavoro. Fu in quel momento che accesi la radio, una Geloso, e appresi dal lettore del Giornale Radio, rete rossa, la notizia dello scoppio della guerra in Corea.

In un punto lontano dell’estremo oriente, che quella sera non sapevo dove fosse, si decidevano i destini del genere umano. La notizia ebbe una immediata e profonda eco sui giornali di tutto il mondo. Nell’annunciare, nei giorni che seguirono, che Seoul, capitale della Corea del sud, era caduta e che Truman, Presidente degli USA, aveva deciso di inviare aiuti militari, molti giornali di allora ebbero a rilevare le pericolose analogie tra ciò che stava avvenendo in Estremo Oriente ed i fatti che precedettero lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Pioveva quel giorno in Corea. Il cielo era coperto. Molti contadini al di sotto del 38° parallelo furono svegliati dalle cannonate delle artiglierie nemiche.

Dopo appena un’ora la radio di Seoul annunciava con toni drammatici che l’esercito nord coreano era già in marcia verso sud. Chiedeva a tutto il mondo libero aiuti per poter arginare e sconfiggere la gigantesca avventura comunista. La pace del mondo era così turbata e messa in pericolo in un punto lontano dell’estremo oriente. Ero turbato e triste anch’io quella sera. Sapevo che l’entrata in guerra dell’America avrebbe portato scompiglio nella mia vita. Le autorità di Polizia Italiane mi negarono il permesso di soggiornare in Italia e le autorità americane mi ordinarono l’immediato ritorno negli USA per andare a servire la patria di adozione.

E così la guerra di Corea che si combatteva intorno al 38° parallelo, fino ad allora conosciuto come una linea geografica, divenne anche la mia guerra. E Seoul, Inchon, Pyonyang, Pannunjon, Pusan divennero nomi famosi che ancora oggi a distanza di oltre 60 anni da quella triste avventura, mi riempiono il cuore di mestizia. Una guerra strana, senza vincitori né vinti, una guerra che si doveva e si poteva evitare. Valeva davvero la pena combattere questa guerra lasciando morire centinaia di migliaia di giovani da ambo le parti, quando ancora in Europa non si erano rimarginate le ferite procurate dalla seconda guerra mondiale? La regina delle immagini, la televisione, allora non c’era in Italia e quindi non ha potuto portare ovunque nelle case degli italiani, come poi invece ha fatto con la guerra nel Vietnam, questo dramma consumato in un remoto angolo del mondo. Questo dramma sconvolse la mia vita. Quando la vita incominciava a sorridermi, quando da poco mi ero affacciato alla soglia del mondo, ecco questa assurda guerra combattuta in un paese lontanissimo dal mio, per distanza, per clima, educazione, sentimenti e religione, sconvolgere e disperdere i miei sogni, i miei affetti, i miei sentimenti. L’anelito alla speranza, ad un avvenire migliore, si disciolse immediatamente come neve al sole. E così un giorno di dicembre di tantissimi anni fa fui imbarcato su una nave da guerra con destinazione Inchon, Korea. Il mattino dello sbarco fu per tutti noi una sgradita sorpresa: colline senza l’ombra di un albero, risaie puzzolenti, paesi tristi, squallidi e completamente distrutti, strade impraticabili, casette bruciate, luoghi tristi e desolati, ponti di fortuna. Restai in Corea 16 mesi e due giorni.. Ormai ero tagliato fuori dalla vita. Mi mancavano le strade, le piazze, i marciapiedi del mio paesello dove potevi incontrare tanta gente. Sentivo nostalgia della folla, di quella che a Cosenza a Corso Mazzini per la fretta ti urtava i gomiti e ti calpestava i piedi, la folla allegra, vociante, indifferenziata. Sentivo nostalgia delle vetrine illuminate dei negozi. Sentivo nostalgia delle belle ragazze, di quelle vere, in carne ed ossa, non di quelle riprodotte sui rotocalchi che a centinaia ci passavamo di mano in mano nel corso della giornata. E sognavo ad occhi aperti tutte le cose che avevo lasciato, anche quelle più futili ed insignificanti, ma che ora, in una buca di terra, per me sembravano le più belle.

Poi, però, i colpi dei mortai e delle mitragliatrici, il rombo degli aerei, i cattivi odori, le tracce di sangue sull’uniforme, allontanavano da me tutti i fantasmi che mi portavo dentro e mi riportavano alla cruda realtà coreana. Ricordavo la spiaggia di Amantea, il bar di Totonno e Minichella, le corse in bicicletta alla Variante e Cannavina, l’ombroso pioppo della piazza principale del mio paese, le frittate della nonna Teresa, la vendemmia, i fichi di Cannavina, le ciliegie di Sangineto, i ceppi ardenti nella notte di Natale. I giorni, le notti, le ore non passavano mai ed erano sempre le stesse. Lo sguardo alle montagne brulle coperte di neve, fisso a quel biancore immobile, mi domandavo come avrei reagito quando sarei ritornato a casa. Ritornai a casa sano e salvo con una piccola ferita alla gamba sinistra. La terribile avventura coreana iniziata 16 mesi prima si era felicemente conclusa. Il momento tanto atteso era finalmente giunto. La sanguinosa guerra coreana trasformatasi in attacchi e contrattacchi era giunta all’epilogo. Più di mille soldati eravamo giunti a Seattle nel luogo dove eravamo partiti 16 mesi prima. E’ stato l’ultimo atto di una grande impresa che aveva sollevato negli USA e nel mondo, nei suoi momenti cruciali, timori, perplessità, angosce, proteste. Sul molo erano schierati marinai in uniforme bianca da parata, un picchetto d’onore ed una fanfara che suonava: Star Spangled Banner, Stars and Stripes forever and America the beautiful.

Col biglietto dell’aereo in mano, col sacco militare sulle spalle mi diressi verso l’aereo che mi avrebbe portato a Pittsburgh. E senza voltarmi indietro salii in fretta la scaletta. Dopo un po’ l’aereo incominciò a rullare sulla pista, si alzò in volo, scomparve in mezzo alle nuvole e anche scomparvero come d’incanto tutti i miei patimenti, le privazioni, i pericoli, le paure, le sofferenza, inghiottite dal nulla, dal niente, dal buio che avevo lasciato dietro di me.

Pubblicato in Basso Tirreno

L'amministra zione Obama vieta la vendi ta di sigarette elettroniche ai minori di 18 anni.

La nuova nor ma, secondo quanto dichia ra dalla Food and Drug Admi nistration, servirà a proteggere i minori dal rischio di sviluppare dipendenza da nicotina.

Varranno le stesse regole in vigore le normali sigarette e i sigari

La stretta entrera' in vigore tra 90 giorni e rappresenta, secondo quanto riferisce il Washington Post, la prima volta che un ente governativo regolamenta prodotti legati al fumo.

Secondo le nuove norme i rivenditori avranno l'obbligo di verificare l'eta' dell'acquirente che vuole acquistare le sigarette elettroniche.

E sara' inoltre proibita la vendita di questi prodotti attraverso distributori automatici.

Da tempo le sigarette elettroniche sono al centro di un dibattito tra chi sostiene che provocano gli stessi danni di una sigaretta e chi invece pensa che rappresentino uno strumento per smettere di fumare.

"Il consumo di sigarette tra i minori di 18 anni e' calato sensibilmente - ha detto il ministro americano della salute Sylvia Burrell - in compenso e' aumentato l'uso di prodotti a base di nicotina. Tutto ciò' sta creando una nuova generazione di americani che sono a rischio dipendenza".

Come era prevedibile, l'industria delle sigarette elettroniche in America e' sul piede di guerra e si ribella alle nuove norme federali che ne vietano la vendita ai minori di 18 anni.

"Sono a rischio migliaia di piccole aziende - ha commentato Gregory Conley, presidente dell'American Vaping Association - e decine di migliaia di posti di lavoro".

Conley ha anche aggiunto che la norma che prevede di regolamentare il prodotto in maniera retroattiva potrebbe avere un costo di milioni di dollari.

Secondo la Food and Drug Administration, le marche di e-sigarette che non si metteranno a regola saranno tolte dal mercato.

Pubblicato in Mondo

gigginoMolti anni orsono, durante una delle prime estati passate lontane dal Mare di Ulisse, mi trovavo a Edmonton, nel nord ovest canadese, alla guida di una Galaxy 500 Ford del 1964 comprata usata per circa 600$.

Era molto bella e grande come erano allora le macchine americane. Nera all’esterno e rossa internamente. Andavo alla ricerca di solitudine. Le immense foreste dei pini canadesi sembravano proseguire all’infinito. Un’attrazione irresistibile.

 

Lasciavo Edmonton percorrendo l’autostrada 43 nord che portava in Alaska, ma non era quella la mia destinazione.

Il luogo che attirava i miei interessi si chiamava Grand Prairie. Una cittadina distante da Edmonton circa 450 km. Uno dei passaggi del cigno trombettiere che è la più grande specie vivente degli uccelli acquatici del mondo, quindi anche il più grande cigno del mondo. Si pensa inoltre che esso sia il più grande uccello originario del Nord America. È chiamato cigno trombettiere perché il suo verso ricorda il suono di una tromba.

La loro apertura alare media è di 2 m. Il nome Grand Prairie deriva dalla sua vicinanza alle grandi praterie del nord  e dell’ovest e ricoprono buona parte della Provincia dell’Alberta.

 

Il giorno dopo ripresi la strada. Direzione nord ovest e mi ritrovai a Peace River. In quello che allora era un piccolissimo paese venni a contatto per la prima volta con alcuni indiani del nord, le loro usanze e riti. La danza del sole, una delle più sacre cerimonie delle popolazioni pellerossa delle Grandi praterie, si svolgeva da quelle parti in località riservata e segreta.

Questo giustificava la numerosa presenza di indiani nel piccolo paese. Così mi spiegava un “Cree” nel suo inglese molto particolare, mentre consumavamo un bibitone di caffè seduti nell’unico coffee shop di Peace River. Gordon Redbird, così si chiamava l’indiano cacciatori di pelli, mi spiegava che la cerimonia non era per tutti e si trattava di un’esperienza di grande impatto emotivo. Finito il litrozzo di caffè mi ritrovai in strada, invitato dal trapper a seguirlo fino a raggiungere una piccola radura in mezzo a betulle, abeti rossi, pioppi e libellule. Uno strano cerchio fatto di arbusti occupava gran parte dello spazio. Nel centro un bel po’ di pietre levigate di fiume. Si trattava di uno spazio  dove gli indiano costruivano la loro “Sweat lodge”, una capanna sudatoria.

 

Un luogo dove mettersi alla prova nel sopportare il calore resistendo al gran desiderio di voler uscire al più presto all’aria aperta. Nella capanna del sudore, si impara a controllare le proprie paure restando dentro fino alla fine della cerimonia. Secondo Gordon, in quel sudario l’uomo affronterebbe il suo grande nemico: se stesso. 

Tutto questo è riaffiorato nella mia mente in una giornata bellissima passata, insieme a due vecchi e carissimi amici Enrico e Mario Potestio, a  Fort Edmonton sulla riva sud del mitico “Saskathewan river” delle Giubbe Rosse e del Grande Blake, l’eroe dei fumetti a strisce di un tempo andato, del fraterno amico Orly.

 

Da Avaaz leggiamo che

Gli USA stanno per immettere nel mercato mondiale la prima carne geneticamente modificata: un salmone mutante che potrebbe spazzare via intere popolazioni di salmoni naturali e minacciare la salute dell'uomo: ma possiamo fermarli ora prima che i nostri piatti si riempiano di questi inquietanti pesci Frankenstein.

Questo nuovo salmone artificiale cresce due volte più veloce di quello naturale e persino gli scienziati non possono prevedere i suoi effetti a lungo termine sulla salute. Nonostante ciò verrà dichiarato sicuro da un punto di vista alimentare sulla base di studi pagati dalle stesse compagnie che hanno creato questa creatura OGM! Fortunatamente negli USA la legge costringe a prendere in considerazione l'opinione pubblica prima di implementare una decisione di tale entità. Un numero crescente di consumatori, ambientalisti e pescatori sta chiedendo al governo di fare marcia indietro sull'approvazione di questo pericoloso pesce. Diamo subito forza a una campagna di sostegno globale per aiutarli a vincere.

La consultazione sta avvenendo proprio in questi giorni e abbiamo una possibilità reale di fare in modo che questo pesce mutante resti fuori dal menù. Firma per fermare il pesce Frankenstein e condividi questo appello con tutti: non appena raggiungeremo 1 milione la nostra richiesta sarà inviata ufficialmente alla consultazione pubblica

La compagnia che ha ottenuto il pesce Frankenstein ha modificato il DNA del salmone per creare un pesce che può diventare adulto ad una velocità incredibile, basta un solo anno. Non solo non conosciamo i suoi effetti a lungo termine sugli uomini, ma se alcuni esemplari o anche solo le loro uova fossero rilasciati in natura, questi super salmoni potrebbero decimare intere popolazioni di salmoni naturali. E, ancora peggio, quando saranno nei supermercati, sarà difficile distinguere il pesce Frankenstein dal salmone naturale e perciò sarà difficile evitarlo.

L'industria delle biotecnologie ha speso centinaia di milioni di dollari per fare pressione affinché i governi approvassero i loro cereali OGM. Il pesce Frankenstein è la loro prossima gallina dalle uova d'oro e potrebbe aprire le porte ad altre carni transgeniche. Ma il governo USA dovrà considerare l'opinione pubblica prima di prendere la sua decisione finale: se riusciremo a colpirli con una gigantesca opposizione globale mentre loro non se l'aspettano, potremo bloccare questa decisione sconsiderata.

Il pesce Frankenstein sta per essere approvato: facciamo in modo che le aziende delle biotecnologie non decidano quello che mangiamo. Aiutaci a costruire un milione di voci per fermare il pesce mutante:

http://www.avaaz.org/it/stop_frankenfish_r/?bZeFmcb&v=21120

I membri di Avaaz hanno collaborato per proteggere il mondo naturale e la nostra catena alimentare da questa pericolosa intromissione. Nel 2010, oltre 1 milione di noi si sono fatti sentire contro il cibo geneticamente modificato in Europa. Riuniamoci ancora per fermare il pesce Frankenstein.

Con speranza, Jamie, Nick, Emma, Dalia, Emily, Paul, Ricken, Wen-Hua e tutto il team di Avaaz

ULTERIORI INFORMAZIONI

La Fda americana dice sì al salmone OGM (La Repubblica)
http://www.repubblica.it/ambiente/2012/12/22/foto/la_fda_americana_dice_s_al_salmone_ogm-49274255/1/

OGM: in arrivo il supersalmone, ma anche gravi pressioni lobbistiche. (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2013/01/04/blogs/underblog/ogm-in-arrivo-il-supersalmone-ma-anche-gravi-pressioni-lobbistiche-deLJZCtQZAW0OUDNznkyrK/pagina.html

Sempre più vicino il salmone OGM - Primo via libera dalla FDA americana (Il Sole 24 Ore)
http://fernandaroggero.blog.ilsole24ore.com/nel-piatto/2012/12/sempre-pi%C3%B9-vicino-il-salmone-ogm-primo-via-libera-dalla-fda-americana.html

Salmone OGM, preoccupati allevatori e pescatori del salmone atlantico (Scienze Naturali)
http://www.scienze-naturali.it/ambiente-natura/salmone-ogm-preoccupati-allevatori-e-pescatori-del-salmone-atlantico

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New York. E’ allarme rosso negli Stati Uniti, dove una vera e propria epidemia influenzale sta mettendo in ginocchio gran parte del Paese.

Il bilancio delle vittime sale di giorno in giorno. Almeno 20 i bambini morti.

L'emergenza riguarda 47 Stati, ma quello più colpito è il Massachusetts, con gli ospedali della capitale Boston oramai a corto di posti letto.

Il virus è uno dei più virulenti, l'H3N2, e colpisce spesso anche chi si era premunito vaccinandosi.

La Federal and Drug Administration (FDA) invita comunque a vaccinarsi se non lo si è ancora fatto, soprattutto per quel che riguarda i piccoli e gli anziani. Le scorte di vaccino - si informa - sono ancora capienti.

Gli esperti del Cdc (il Centro di controllo delle malattie) e del National Institute of Allergy and Infectious Diseases spiegano come si tratti dell'ondata influenzale peggiore che si sia vista negli Usa almeno dall'inizio degli anni 2000. Le previsioni, comunque, fanno ben sperare, visto che il picco dell'ondata influenzale sembrerebbe raggiunto. La situazione, quindi, dovrebbe migliorare nei prossimi giorni. Ma resta critica in molte zone, dove il ceppo influenzale ha cominciato a imperversare già da metà dicembre.

A Boston i casi di influenza sono decuplicati rispetto allo scorso anno. Colpiti anche gli Stati di New York e il District of Columbia, dove si trova la capitale Washington.

Nell'Illinois 24 ospedali hanno dovuto rifiutare nuovi pazienti con sintomi influenzali.

In Pensylvania al 'Leigh Valley Hospital' sono state erette tende all'esterno per organizzare un Pronto Soccorso aggiuntivo.

Nel Maine i casi di influenza sono "significativamente più alti" della norma.

Nel North Carolina non si registravano tanti malati di influenza da dieci anni.

In molte delle zone più colpite le autorità locali hanno anche deciso di chiudere le scuole per evitare che il virus si propaghi ulteriormente. Ed a mettere sotto pressione il sistema sanitario americano in queste ore sono altre due epidemie in circolazione, e non collegate all'influenza H3N2. Si registra infatti una esplosione di casi di pertosse mai vista in 60 anni - spiegano gli esperti - e il diffondersi di una nuova razza di 'norovirus', il cosiddetto 'virus delle crociere' che causa diarrea e vomito intensi.(ANSA

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