Stavo pericolosamente riflettendo su tutte le denunce, fatte nei mesi precedenti alle ultime elezioni, riguardanti gli esempi di mala amministrazione. Fermarsi e pensarci ha un suo significatoe consiste, secondo me, nel fatto che esse vanno nel senso della moralità popolare: per la collettività penso che sia alquanto inammissibile che dei dirigenti amministrativi, quali essi erano, incluso chi li sosteneva, fossero privi di moralità.
Questo perché la collettività è sempre stata portata a credere veramente che essi agivano in suo nome, dato che a loro veniva affidato, attraverso il voto liberal-democratico, i pieni poteri amministrativi.
Quindi, la stessa collettività pensava che essi rappresentassero legittimamente i loro elettori. Se questi risultavano essere dei disonesti emergeva una bella contraddizione tra moralità e legittimità. Due elementi, questi, che infatti dovrebbero essere indivisibili.
Coro: Chi è colui che la rupe/ profetica di Delfi
disse avere compiuto delitti indicibili fra tutti/ con mani sanguinarie?
E’ tempo per lui di muovere,/ fuggendo, piede più gagliardo
che i destrieri veloci come procella./ Armato contro lui si scaglia
con fuoco e con fulmine il figlio di Zeus,/ e terribili insieme seguono/ i fati infallibili.
Il problema è che la collettività lavoratrice non riesce a vedere il proprio ruolo di “creatore” di movimento delle masse, di una rivolta necessaria. Probabilmente manca la capacità di ragionare, di analizzare le varie problematiche sociali e di arrivare ad una fusione di rivolte d’origine diversa in quanto vi sono variegate classi sociali che subiscono diverse forme di oppressione.
E’ evidente che ogni oppressione provoca inevitabilmente una resistenza, una ribellione, stimola cioè la creazione di un certo numero di valori. Il ruolo di una parte della collettività, cosciente della insoddisfazione generale e dal modo di gestire il potere in maniera cosiddetto“democratico”, deve essere quello di produrre un “linguaggio comune” comprensibile a tutti i componenti delle varie classi, in quanto tutte subiscono, anche se in misura diversa, questa o quella oppressione e abuso.
Oggi, dopo un po’ di acqua passata sotto i ponti, i vecchi capetti, di questa cittadina del Sud, non godono più della fama di un tempo, e sono guardati con qualche sospetto da una bella fetta di cittadinanza, che li ritengono – in parte anche a “ragione” – esageratamente truffaldini e privi di etica.
Ciononostante, rimane senza ombra di dubbio un passo fondamentale, dopo le ultime elezioni comunali, proporre tutta una serie di riflessioni che, negli ultimi decenni, dopo la fine della politica, stavano attraversando il Meridione, e per una volta non più solo a livello accademico, ma anche del sentire comune di tutta la “società” , se così possiamo chiamarla, degli pseudo-intellettuali di provincia e non solo.
Ho il terrore di venire a contatto con essi proprio come se fossero bestie feroci. Solo ora ne ho piena coscienza, a cominciare nel ricordare più adeguatamente ciò che ho provato l’altro giorno, quando tenevo in mano un ciottolo da spiaggia. Era una specie di nausea dolciastra, ciò che aggrediva le mie narici e proveniva da un profondo solco nel terreno bagnato dall’Ulisse!
Gigino A Pellegrini & G elTarik