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brusBrusca e i tre indagati per la strage della funivia del Mottarone sono liberi.

La notiziadella scarcerazione di Giovanni Brusca, quello della strage di Capaci e di aver sciolto nell’acido un bambino, il piccolo Giuseppe Di Matteo,, e dei tre imputati per la strage della funivia del Mottarone, ha scatenato la reazione di alcuni Magistrati, dei politici, dei familiari delle vittime e maggiormente dei semplici cittadini. La libertà per Brusca, dopo aver scontato 25 anni di carcere, colui che il 23 maggio 1992 azionò il telecomando della strage di Capaci dove persero la vita il Giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre ragazzi della scorta, ha lasciato indignata la vedova di uno della scorta. L’uomo che ha distrutto la sua famiglia ora è un uomo libero, è ritornato nella sua casa. Cosa racconterà al nipotino? L’uomo che ha ucciso il nonno è libero, mentre il nonno che riposa in pace in un cimitero si rivolta nella tomba. Invita tutta la Sicilia a scendere in piazza. Ma nessuno scenderà in piazza né in Sicilia, né altrove. La gente, i politici ed i ragazzi delle scuole si fanno vedere e sentire soltanto il 23 maggio di ogni anno per ricordare quel triste giorno. Poi tutto ritorna come prima. Ma la gente semplice è indignata. Chi si macchia di stragi del genere non dovrebbe tornare in libertà, dovrebbe marcire nelle patrie galere per espiare fino all’ultimo giorno della sua vita le proprie colpe. Dovrebbe stare in galera a vita perché ha fatto piangere troppa gente, ha distrutto la vita di tante persone, ha compiuto delitti efferati che difficilmente potranno essere dimenticati. Come può la mamma e il papà del piccolo Matteo perdonare Brusca? Ha prima strangolato il bambino, innocente, solo perché figlio di un pentito di mafia, e poi lo ha fatto sciogliere nell’acido. Non è questa la giustizia che gli italiani si meritano, ha commentato un politico. Ma anche la libertà degli imputati della strage della funivia del Mottarone è sulle prime pagine di tutti i giornali nazionali. E’ una vergogna hanno titolato a carattere di scatola in prima pagina. Sì, è davvero una vergogna. Per colpa loro sono morte 14 persone e fatto un danno incalcolabile al nostro paese, oggi che si stava riprendendo dopo il lungo lockdown. E’ un affronto per le vittime innocenti che volevano trascorrere un giorno all’aria aperta in montagna, invece hanno trovato la morte perché qualcuno ha manomesso i freni della cabinovia. E la scarcerazione di Brusca è anche un affronto non solo per le vittime delle stragi, ma anche per tutti i servitori dello Stato che hanno dato e danno la loro vita per la Patria; per tutti coloro che ogni giorno lottano, combattono le mafie e difendono la nostra libertà e la nostra democrazia; per i familiari delle vittime che ancora oggi, malgrado siano trascorsi diversi anni, non conoscono la verità delle stragi. Solo Maria Falcone, la sorella del Giudice fatto saltare in aria, pur dicendo di essere addolorata, ha accolto la notizia con queste parole:- La legge va rispettata -. E la Legge dice che sono stati applicati i benefici previsti per i collaboratori “affidabili”. Evidentemente, per i Magistrati, Giovanni Brusca è stato un collaboratore affidabile, quindi è stato premiato con la libertà anticipata. Santino Di Matteo, il papà del bambino rapito e poi fatto sciogliere nell’acido, è amareggiato. Brusca conosceva il suo bambino, giocava alla Play Station con lui, eppure lo ha fatto uccidere senza pietà. Ora Brusca è libero e il papà non potrà neppure depositare un fiore sulla tomba del suo bambino, non potrà piangere sulla sua tomba, accarezzare e baciare la fotto sulla tomba, mentre Brusca da oggi in poi passeggia per le vie del paese, può andare al bar a chiacchierare con i paesani e sorbire un buon caffè. Si augura di non doverlo incontrare mai, non sa che cosa potrebbe fare.

Pubblicato in Italia

Ieri 19 luglio Amantea ha dimostrato di essere viva.

 

E lo ha fatto con semplicità, ma, insieme, con forza.

Nel pomeriggio con una cerimonia di un gruppo di amici di Falcone e Borsellino che hanno assistito alla posa di un mazzo di fiori, sulla nuda terra, simbolo del luogo dove anche gli eroi giacciono, come da 25 anni i due magistrati, da parte di un giovanottino che ha voluto dedicare a Paolo Borsellino la sua tesina di licenza di scuola media.

Uno dei pochi, se non l’unico nella nostra cittadina.

 

Si chiama Umberto De Luca ed era insieme al fratellino più piccolo (vedi prima foto)

In serata con una cerimonia ben più importante organizzata dall’amministrazione comunale di Amantea che ha porto ai due eroi un altro mazzo di fiori.

 

Una cerimonia molto partecipata, presentata da Enzo Giacco e durante la quale sono stati recitati passi relativi ai due celebrati eroi.

Poi in serata su RAI 1 il pregevolissimo docufilm firmato da Attilio Bolzoni, scritto da Salvo Palazzolo, Emilio Fabio Torsello, Diana Ligorio, che ci ha tenuto incollati allo schermo per quasi un ora, ricordando quei dolorosi momenti per le famiglie e l'Italia tutta intera.

Un film che ha emozionato e che è stato il programma più visto di mercoledì 19 luglio 2017.

 

Un film che ci impone di chiederci il perché del sacrificio di questi due Guerrieri, ed ancora se esso sia stato vano o meno.

Guerrieri che tutti vorremmo fossero ancora qui con noi per avere oggi un Italia migliore.

Di questo straordinario documento filmico è indimenticabile la frase del fratello di Paolo il quale ha ricordato che il Giudice Paolo Borsellino aveva fretta e continuava a ripetere a colleghi e familiari “Non ho tempo, no rimane poco tempo”.

 

Il magistrato era perfettamente consapevole che il suo destino era segnato e diceva “La domanda è quando mi ammazzeranno, non se mi ammazzeranno”.

Eppure è andato incontro alla morte forte della fede che lo ha sempre assistito , emulo di quel Cristo che takuni dimenticano.

Non solo i colleghi di Caltanissetta, che stavano per interrogarlo, ed ai quali avrebbe fatto i nomi dello Stato colluso, ma anche gli uomini di Cosa Nostrasapevano delle confidenze del suo amico Giovanni Falcone.

Cosa Nostra era a conoscenza di quell'appuntamento, delle tante cose che Paolo Borsellino avrebbe detto ai magistrati di Caltanissetta.

 

Del resto era stato proprio a preannunciarlo, un mese esatto rima della sua morte, il 19 giugno 1992, nell'atrio della Biblioteca Civica di Palermo, in un convegno organizzato da Micromega per rendere onore alla memoria di Giovanni Falcone.

"Quindi- proseguì il magistrato- io questa sera debbo astenermi rigidamente - e mi dispiace, se deluderò qualcuno di voi - dal riferire circostanze che probabilmente molti di voi si aspettano che io riferisca, a cominciare da quelle che in questi giorni sono arrivate sui giornali e che riguardano i cosiddetti diari di Giovanni Falcone.

 

Per prima cosa ne parlerò all'autorità giudiziaria, poi - se è il caso - ne parlerò in pubblico.

Posso dire soltanto, e qui mi fermo affrontando l'argomento, e per evitare che si possano anche su questo punto innestare speculazioni fuorvianti, che questi appunti che sono stati pubblicati dalla stampa, sul "Sole 24 Ore" dalla giornalista - in questo momento non mi ricordo come si chiama...  -  Liliana Milella, li avevo letti in vita di Giovanni Falcone.

Sono proprio appunti di Giovanni Falcone, perché non vorrei che su questo un giorno potessero essere avanzati dei dubbi".

E Borsellino andava fermato.

Vogliamo chiudere ricordando le più belle parole che Borsellino aveva letto il giorno della celebrazione dei funerali di Falcone, parole indimenticabili: “La lotta alla mafia (primo problema morale da risolvere nella nostra terra, bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale , anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità”.

Stasera noi non ci saremo.

 

Ecco il testo della nota del M5s:

“Oggi è il 19 luglio, un giorno che a noi adulti fa venire la pelle d’oca.

Nel 1992 non erano nati i diciottenni di oggi ed erano appena nati i venticinquenni.

Noi che l’abbiamo vissuto che dovere abbiamo nei loro confronti?

 

Il nostro dovere morale è quello di far conoscere a questi giovani chi era Paolo Borsellino e cos’è successo il 19 luglio.

Quanti di noi conosciamo a fondo la vita di quest’uomo eroe, del suo grande amico Giovanni Falcone, del suo mentore Rocco Chinnici, degli uomini di scorta eroi invisibili e cosa abbia realizzato il pool antimafia?

Non è certo con queste poche righe che riusciremo ad esprimere il rigore morale, la giustizia, il rispetto per la vita, il lavoro come missione, cosa sia il coraggio, e cosa un uomo possa realizzare attraverso la forza della coerenza.

 

Non ci riusciremo, e così ci limitiamo a ricordare.

Paolo Borsellino era un uomo, che nella vita ha fatto quello che c’era da fare, ha fatto il suo dovere al quale il suo cuore non sapeva sottrarsi, un uomo che il 19 luglio del 1992 è stato ucciso insieme alla sua scorta, così come altri magistrati eroi prima di lui.

Perché abbiamo il dovere morale di ricordare? Perché la vita è una continua lotta tra il bene e il male e ogni momento si decide da che parte stare.

 

Noi abbiamo deciso di stare dalla parte del bene e della giustizia perché la nostra indole non ci permette altro.

E stare da questa parte implica dire le cose come stanno e rifiutare l’ipocrisia e le linee d’ombra, che prima ti confondono, poi ti spingono ad accettare il compromesso, poi inevitabilmente ti portano dalla parte sbagliata.

Per noi oggi commemorare Borsellino, una persona uccisa dalla mafia e non solo, che la mafia ha denunciato e combattuto, significa sentire profondamente dentro noi stessi di appartenere al pensiero e all’agire di quella persona, significa cercare attraverso la nostra piccola quotidianità di mettere in pratica quelle idee, di essere coerenti con quanto si pensa, si dice e si fa.

Quando però l’azione non corrisponde alle parole pronunciate e di facciata, allora c’è qualcosa che non va, allora si genera ipocrisia.

È da questa che noi oggi prendiamo le distanze, non dalla commemorazione alla quale siamo stati invitate, ma da quell’ipocrisia che abbiamo già denunciato nel primo consiglio comunale.

Il 26 gennaio 1989 Borsellino diceva: “L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati.” E per mafia si intende chi condiziona la libertà dei cittadini e il regolare andamento delle funzioni pubbliche, con metodi fondati su omertà, silenzio, intimidazione e violenza.

Ancora Borsellino diceva: “La lotta alla mafia (…) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità.”

Stasera alle ore 21 l’amministrazione comunale ci ha invitato ad una cerimonia in Piazza Falcone e Borsellino. Ma noi non ci saremo!

Prendendo atto della correttezza istituzionale dell’invito che ci è stato rivolto e di cui ringraziamo, ci vediamo però costrette, in virtù dell’attualità e delle considerazioni espresse, a disertare la manifestazione prevista per questa sera, perché prendendo come esempi questi uomini eroi e facendo politica in prima persona, siamo chiamate ad una coerenza profonda e autentica che non possiamo e non vogliamo tradire.

La memoria di Paolo Borsellino e degli uomini della scorta caduti in via D’Amelio 25 anni fa, per tenere fino all’ultimo alta la fiaccola della legalità, va onorata, ricordata e perseguita.

Lo faremo nelle prossime settimane con la presenza di parlamentari della commissione antimafia, rivolgendoci soprattutto a voi giovani, a voi che rappresentate il futuro della comunità , a voi che tra qualche anno sarete la nostra classe dirigente per continuare a ricordare i gesti e le parole di quegli uomini eroi che sono morti anche per noi.

Il minimo che possiamo fare è avere il coraggio di scegliere da che parte stare.

“La paura è umana, ma combattetela con coraggio!”

#ilcoraggiodicambiare #M5s #amantea5stelle

Pubblicato in Politica

Ciclo staffetta itinerante 25 giugno 2017 – 19 luglio 2017

Dal prossimo 25 giugno e sino al 19 luglio 2017 si svolgerà la ciclo staffetta itinerante.

Una importante iniziativa nazionale promossa, nell’ambito del progetto “L’Agenda Ritrovata”,

dall’Associazione Culturale Orablù che vuole ricordare e testimoniare che esiste un Paese che non ha dimenticato quanto accaduto ai magistrati Falcone e Borsellino e ai tanti uomini dello Stato che hanno perso la vita a difesa dei principi di legalità e giustizia, pilastri di un sistema di convivenza civile e democratico.

Dichiarazione di Gianfranco Suriano

Segretario Regionale UNITA’ SINDACALE Falcri-Silcea - CALABRIA

<< Anche la nostra Organizzazione Sindacale ha voluto fortemente sostenere tale importante e significativa iniziativa di sensibilizzazione sui temi della legalità e della giustizia, traendo spunto da quanto accaduto ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

“L’Agenda Ritrovata” è un progetto che va sostenuto in quanto tiene sempre vivo il comune sentimento di chi ritiene che non possa esserci sviluppo sociale ed economico in una società che dimentica il sacrificio fatto da tantissimi uomini dello Stato a difesa del vivere civile e per il mantenimento di un “Sistema Paese” democratico, giusto e solidale.

La ciclo staffetta partirà il prossimo 25 giugno da Ivrea e terminerà il 19 luglio a Palermo e farà tappa anche in Calabria.

Precisamente il 12 luglio a Rossano Calabro (CS),

il 13 luglio a Fiumefreddo Bruzio (CS) e

il 14 luglio a Pizzo Calabro (VV).

Unità Sindacale, proprio in occasione dei 25 anni da tragici eventi che hanno interessato i due magistrati e gli uomini della loro scorta, vuole mostrare quanto più possibile sensibilità verso i temi della legalità e della giustizia e, pertanto, invita anche i cittadini calabresi, oltre alle proprie Iscritte e ai propri Iscritti, a partecipare agli eventi promossi sui territori percorsi dalla ciclo staffetta de “L’Agenda Ritrovata”. >>  

Pubblicato in Campora San Giovanni
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