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Amici, il Governo sta per approvare alcune riforme che dovrebbero cambiare, secondo il M5S e la Lega, la vita di alcune famiglie italiane se decidessero di fare il terzo figlio.

Nell’ultima bozza di Bilancio circolata ieri, oltre alla conferma del reddito di cittadinanza e alla flat tax, è spuntata, a sorpresa, la cessione di terre da coltivare alle famiglie che decidessero di fare il terzo figlio tra il prossimo anno e il 2020.

Una misura adottata per favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali e la crescita demografica attraverso il sostegno alle famiglie.

Quali sarebbero i terreni da dare alle famiglie?

Quei terreni di proprietà dello Stato e quei terreni in stato di abbandono specialmente nelle Regioni del Sud.

Saranno concessi gratuitamente per un periodo non inferiore a 20 anni.

Ma c’è di più. Per i nuclei familiari è prevista anche una agevolazione per l’acquisto della prima casa nelle vicinanze dei terreni eventualmente assegnati, ossia mutui per 200 mila euro per la durata di 20 anni a tasso zero.

Terreni incolti da diversi anni e terreni abbandonati nei nostri paesi ce ne sono tantissimi e sarebbe davvero bella cosa se ci fossero famiglie disponibili a ritornare nei campi, a seminare come si faceva una volta grano e granturco, a coltivare patate, fagioli, melanzane, pomodori, cavoli e i vigneti, i ficheti, gli uliveti della Variante, di Cannavina, di Camoli, di Colongi, di Gallo, di Sant’Elia, etc.

I nostri vini erano rinomati e i nostri fichi erano richiesti da Marano e Colavolpe.

Non molto tempo addietro le numerose famiglie calabresi abitavano nelle turre di campagna e vivevano soltanto di agricoltura e le terre erano fiorenti.

Poi, vuoi per la scarsa natalità, per il calo dei matrimoni, per l’invecchiamento della popolazione, per l’emigrazione dei giovani in cerca di fortuna all’estero, i terreni sono stati abbandonati specialmente quelli collinari e al posto dei rigogliosi vigneti, ficheti, uliveti ci sono cresciute spine e calavruni.

Ora il Governo si è accorto che in Italia, specialmente nelle Regioni del Sud, ci sono moltissimi terreni incolti e abbandonati e che la popolazione di anno in anno sta decrescendo.

E allora per incrementare la demografia darà la terra gratis a chi ne farà richiesta ma alle famiglie con almeno tre figli a carico.

Le terre ci sono, purtroppo. Mancano, però, le famiglie con tre figli.

Dove sono le famiglie oggi disposte ad avere un terzo figlio se a malapena riescono a sbarcare il lunario con uno o due figli a carico?

E dove sono le famiglie che desiderano ritornare alla terra?

I giovani hanno lasciato la loro terra e non sono più disposti, facendo enormi sacrifici, a ritornare alle origini.

Non dovevano partire. Non li dovevamo fare partire. Purtroppo sono partiti.

E ogni anno 16 mila giovani calabresi vanno via, partono. Lasciano casa e famiglia alla ricerca di opportunità che qui non trovano e forse di una vita migliore.

Altri giovani sono rimasti, studiano, si laureano. E poi?

Alla fine, come hanno fatto i loro coetanei, partono anche loro e non hanno nessuna voglia di ritornare.

Ma ritorniamo alle reali intenzioni del Governo adottate per la crescita demografica attraverso il sostegno alle famiglie.

Mi è venuto alla mente un famoso slogan di Benito Mussolini:- Un popolo ascende in quanto sia numeroso -.

Per questo motivo il fascismo ha incoraggiato in tutti i modi l’aumento della popolazione tassando i celibi e premiando chi faceva figli. E così istituì i premi di natalità.

Molte famiglie del mio paese beneficiarono di questi premi.

E ora, a distanza di 90 anni, essendo l’Italia in fase di decrescenza demografica, oltre che di crisi economica, il Governo in carica tenta di rivisitare il premio di natalità di Mussoliniano memoria con dei provvedimenti che non porteranno nessun beneficio perché non ci sono in Italia coppie che vogliono più figli.

Pubblicato in Belmonte Calabro

Amici, questo che sto per raccontarvi non è una fake news come potrebbe apparire a prima vista. Anche a Roma dopo Torino aprirà una casa di appuntamenti con escort e gigolò al silicone..

Di cosa realmente si tratta?

Sono delle sexy bambole al silicone e la capitale d’Italia all’ombra del Colosseo e del Cupolone diventerà la seconda città italiana ad offrire questo servizio ai turisti e ai cittadini romani che ne faranno richiesta.

Circa un mese fa la casa di appuntamenti di LuminDolls era stata aperta a Torino, poi fatta chiudere perché non a norma.

La notizia dell’apertura anche a Roma di una casa di appuntamenti con sexy doll ha fatto molto scalpore.

Ma di cosa veramente si tratta?

Non ci sono bambole gonfiabili, né sex robot, ma bambole vere ad altezza naturale al silicone che riproducono alla perfezione le fattezze delle donne.

Con queste si può fare regolarmente sesso.

Il costo è di euro 80 per mezz’ora.

Stiamo davvero impazzendo.

Con 80 euro possiamo fare l’amore con una bambola.

Cosa siamo costretti a leggere e a scrivere nell’anno del Signore 2018!

Eppure quando è stata aperta la casa di LuminDolls a Torino è stata presa d’assalto dai clienti con prenotazioni anche da altre città italiane.

I responsabili di questa casa di piacere garantiscono l’anonimato e la massima discrezione.

La società che gestisce queste case di appuntamento non è italiana ma spagnola e prima di Torino aveva aperto altre case delle bambole erotiche anche a Mosca.

Ma le case d’appuntamento, i famosi bordelli come volgarmente chiamati, in Italia secondo la legge Merlin non sono proibite?

I bordelli non sono stati chiusi nel lontano 1958?

Certo che sono stati chiusi ed è severamente proibito aprirli.

Allora le case delle bambole erotiche aperte in Italia si possono chiudere?

Qualcuno dice di no, perché nelle case di appuntamenti non ci sono donne che si prostituiscono, ma soltanto bambole al silicone.

Bambole che addirittura si possono comprare liberamente su Amazon.

Quale è la vostra fantasia?

Una segretaria sexy?

Una calda infermiera?

Una spinta studentessa?

Ce le hanno tutte.

Le loro sexy bambole sono pronte per piacervi e per venire incontro ai vostri vividi sogni.

Pubblicato in Italia

violinoUna bambina di 5 anni, facente parte di una famiglia con la passione della musica, si stava esibendo col suo violino a Nonantola, cittadina del modenese di circa 16 mila abitanti, durante il mercato. Era insieme al suo papà. Sono arrivati due Vigili Urbani e hanno multato il papà della bambina di 100 euro perché aveva infranto il regolamento comunale in vigore che vieta l’accattonaggio. Sul verbale rilasciato dai Vigili c’era scritto:-Raccoglieva questua nella pubblica via recando disturbo ai passanti-. Ma una bambina che suona il violino reca davvero disturbo ai passanti? Esagerato. Ma veniamo ai fatti. La bambina e il suo papà, che fra l’altro è un professore di lingua straniera, si erano messi a suonare il violino come sempre hanno fatto e avevano messo per terra una custodia di un violino aperta in modo che i passanti, se volevano buttare qualche monetina, lo potevano fare comodamente. La bambina e il suo papà non sono dei mendicanti, non sono degli accattoni, non chiedono l’elemosina per mestiere Non recavano danno e fastidio a nessuno. Sono degli artisti di strada che mettono a disposizione per i passanti il loro talento, offrono qualcosa a qualcuno gratuitamente, senza nulla chiedere. Se poi qualcuno vuole lasciare una offerta perché gradisce la loro musica non c’è nulla di male, è un gesto gratuito. Non fanno accattonaggio. Suonano il violino, e suonare, non è un fatto socialmente dannoso e fastidioso. Tutt’altro. Portano un po’ di gioia ed allegria, e noi, oggi, ne abbiamo davvero bisogno, visto le cose come stanno andando in Italia e nel mondo. E quando si trovano per le vie, nelle piazze, al mercato, si trovano in questi posti non per chiedere l’elemosina, ma per suonare Non sono dei mendicanti o camuffati come tali,che vanno in giro per delinquere. Non l’hanno pensato così i due zelanti Vigili che hanno applicato alla lettera il vecchio regolamento comunale. Anche a me capita quasi ogni giorno camminando lungo Corso Mazzini a Cosenza, la via principale della città, incontrare tantissimi artisti di strada. C’è una ragazza davanti la Prefettura che suona magistralmente il suo violino, un ragazzo che suona la chitarra e canta in lingua inglese le più belle canzoni che hanno allietato diverse generazioni e c’è finanche un prestigiatore che con le sue prestidigitazioni allieta grandi e piccini. Non fanno accattonaggio. Nessun Vigile è mai intervenuto, perché non danno fastidio a nessuno, non chiedono l’elemosina. Mettono per terra un cappello, la custodia della chitarra, un cestino, e i passanti se gradiscono la loro musica e le loro perfomance lasciano qualche monetina. Il fatto della multa alla bambina ha suscitato non pochi malumori sul Web. Non prendiamocela con gli artisti di strada, prendiamocela con gli accattoni veri, con quelli che sfruttano i bambini, con quelli che, fingendosi storpi, insistentemente e fastidiosamente chiedono l’elemosina, sfruttando la credibilità e la bontà altrui. La bambina, di un talento formidabile, e il suo papà stavano regalando della buona musica ai passanti senza chiedere nulla in cambio. Ma c’è il regolamento. Ma cambiamolo. Voi, amici miei, cosa ne pensate?

Pubblicato in Italia

Un gruppo di ragazzi bianchi ha preso di mira un loro coetaneo e l’hanno coperto con la schiuma di una bomboletta spray al grido:- Sei un ragazzo nero, ora ti facciamo diventare bianco -. La vicenda si è verificata in un paesino della provincia di Bari e la vittima è un bambino di 8 anni, nato in Italia, che frequenta la scuola elementare, figlio di una mamma italiana e di un papà livoriano. Il bambino stava andando a casa di un professore per il doposcuola quando si imbatte in un gruppo di ragazzi che lui conosceva e frequentava che con lo spray si divertivano ad imbrattare le auto parcheggiate lungo la strada. Cercò di farli desistere. La reazione è stata violenta, non è stata quella che per lui era lecito aspettarsi. Non solo non hanno smesso di imbrattare le auto ma hanno incominciato ad apostrofarlo in dialetto barese:- Sei nero, ora ti facciamo diventare bianco -. Coperto di schiuma, tutto tremante e spaventatissimo, si è rifugiato presso lo studio della madre poco distante dal luogo dell’accaduto. La mamma ha cercato di tranquillizzarlo. Non ha denunciato l’accaduto. Ha una attività professionale e ha voluto in questo modo tutelare se stessa e suo figlio. Anche in passato si è verificato un altro episodio che definirei razzista più che bullismo. Questa volta però siamo in un’aula scolastica. Il bambino, come abbiamo visto, è nero e ha i capelli molto ricci. E in prima elementare i compagni, per questa sua particolarità, con le forbici tagliavano alcuni ciuffetti di capelli. La mamma ne ha parlato con la maestra e la risposta che ha avuto è stata davvero sconcertante:- Ne ha tanti di capelli, gli cresceranno -. Il bambino è stato costretto a cambiare scuola. Ora frequenta un’altra scuola in un altro paese vicino. Adesso va meglio, tranne l’episodio di pochi giorni fa.

Pubblicato in Italia

Amici carissimi di Tirreno News. Tutti sappiamo che per accedere alla cabina elettorale ed esercitare il diritto di voto durante le elezioni amministrative, regionali o nazionali, devi presentare al Presidente del seggio la tessera elettorale.

Depositata la scheda nell’urna dopo aver votato, il Presidente oppone sulla tessera un timbro e dice ad alta voce :- Il signor…. ha votato -.

Se non hai la tessera elettorale che il Comune ti ha rilasciato non puoi esercitare il tuo diritto al voto. La tessera elettorale, dunque, è indispensabile che può essere, in caso di perdita, rinnovata.

Tanto è vero che l’ufficio elettorale rimane sempre aperto durante le operazioni di voto.

Ma perché sono stato costretto a fare questo cappello?

Per farvi sapere una strana iniziativa presa da un sacerdote. Hai la tessera? Puoi fare la santa comunione.

Non hai la tessera?

Non puoi fare la cresima.

Volete andare in Paradiso?

Fatemi vedere la tessera a punti.

Strana Italia.

E strana iniziativa presa da un sacerdote don Angelo Fontana nella sua parrocchia di Lunate Caccivio in provincia di Como.

Per i ragazzi che frequentano la sua parrocchia è indispensabile la tessera a punti se vorranno accedere ai sacramenti. E questo vale per i genitori.

Hai la tessera?

Puoi accostarti ai sacramenti.

Non hai frequentato almeno per 2/3 le attività della parrocchia?

Non potrai neppure ricevere il sacramento della Cresima.

Questa insolita iniziativa escogitata dal Parroco ha creato parecchia agitazione e qualche sarcasmo.

I bambini, forse, l’hanno presa come un gioco.

Alla fine della Santa Messa i parrocchiani si mettono in fila e presentano al parroco una grande tessera sulla quale il curato oppone un timbro, così come alle lezioni di catechismo.

Timbro dopo timbro, chi avrà collezionato almeno i 2/3 delle presenze potrà iscriversi alla catechesi, ricevere la santa comunione, ricevere il sacramento della Cresima. Don Angelo è rimasto sorpreso per il clamore suscitato e per le valanghe di critiche ricevute da parte dei genitori dei ragazzi, ma lui difende la sua lodevole iniziativa. –

Questa tessera vuole aiutare i ragazzi ad avvicinarsi alla parrocchia attraverso il gioco.

Se qualcuno la vede come una cosa fiscale allora non andiamo da nessuna parte-.

Volete andare in Paradiso? Sì, ma con la tessera a punti.

Pubblicato in Italia

Riceviamo e pubblichiamo

“Padre Rocco Predoti dopo aver letto il mio articolo pubblicato su Tirreno News ieri 20 settembre alle ore 11,15 :- Contrordine!

Padre Giuseppe non sarà trasferito in San Pietro in Amantea - con la massima celerità alle ore 14,31 ha voluto informare tutta la comunità che a Padre Giuseppe è stato chiesto di prestare servizio a Palmi in quanto la comunità di lì necessitava un frate.

Cosa che ha accettato di buon grado-. Mistero risolto.

Ma io mi domando e dico:-Ma la comunità di San Pietro in Amantea non necessita di un frate, di un sacerdote?

Evidentemente anche nella chiesa ci sono parrocchie di Seria “A” e parrocchie di seria “B”.

Già Palmi è una cittadina, San Pietro in Amantea un paese piccolo, piccolo, e poi come avrebbe fatto padre Giuseppe a raggiungere la parrocchia se non ha la patente di guida e non possiede una macchina?

Ma non aveva accettato Padre Giuseppe di buon grado il trasferimento nella parrocchia di San Bartolomeo Apostolo di San Pietro in Amantea?

Abbiamo capito. Padre Giuseppe non verrà più a San Pietro, ha accettato una migliore sistemazione. E’ venuto meno, però, ad uno dei tre voti francescani:l’obbedienza.

E ora chi verrà a San Pietro in Amantea? Nessuno.

Ma forse io vi svelerò ancora una volta il secondo mistero.

Don Giovanni non ha lasciato la parrocchia il 15 settembre come aveva disposto l’Arcivescovo Mons. Nolé. Don Giovanni non lascerà la parrocchia neppure dopo aver celebrato il matrimonio il 22 settembre e la Santa Messa nella contrada Gallo il 29 settembre in onore di San Michele Arcangelo.

Non lascerà la parrocchia neppure dopo aver celebrato la Santa Messa del 30 settembre in Parrocchia.

Quando allora andrà via? Resterà ancora in mezzo a noi, così dicono, fino al 15 ottobre.

Ma non doveva andare in Argentina e non aveva il biglietto d’aereo in tasca? Mistero!

Valli a capire i monaci ed i preti.

Mi sa che la sua permanenza in San Pietro in Amantea durerà ancora a lungo e molti parrocchiani che gli girano intorno saranno felici e contenti.

La prorogratio sarà dal 15 settembre al 15 ottobre e poi al 15 novembre e poi al 15 dicembre e così via.

Ma se non voleva lasciare la parrocchia di San Pietro in Amantea perché non lo ha detto al Vescovo il 26 luglio quando sono uscite le nuove nomine ed i trasferimenti?

Da questa vicenda sia il Vescovo, sia i frati cappuccini di Amantea, sia il parroco di San Pietro ne sono usciti con le ossa rotte.

Hanno fatto una pessima figura. E adesso attendo altre puntuali e tempestive note.

Francesco Gagliardi”

Pubblicato in Belmonte Calabro

Quando le acque del mare sono inquinate scatta il divieto di balneazione perché possono determinare nell’uomo patologie di natura infettiva, infiammatoria, allergica e disturbi di vario genere.

 

 

 

Il divieto di balneazione è una prescrizione diretta ai bagnanti che è volta a tutelare e proteggere la loro salute, quindi non è un consiglio ma una prescrizione di legge e chi la viola subisce una sanzione pecuniaria molto rilevante.

Le multe per il mancato rispetto del divieto di balneazione possono, infatti, arrivare a superare i mille euro. State , dunque, attenti, amici miei, quando troverete dei cartelli con su scritto

“Divieto di balneazione”.

Allontanatevi dalla spiaggia e andate a fare il bagno in un altro posto.

Detto questo, ora, carissimi amici, vi voglio raccontare di un divieto di balneazione davvero curioso.

Le acque del mare non sono inquinate, tutt’altro.

Sono limpidissime.

E’ un fatto curioso e più unico che raro, avvenuto in Bretagna dove il Sindaco di una cittadina marittima, Landevennec, ha vietato ai cittadini di bagnarsi nel limpido mare non perché il mare fosse inquinato, ma per la presenza in mare di un delfino in calore il quale aveva assunto comportamenti davvero strani spaventando i bagnanti.

La scorsa settimana addirittura ha perfino sollevato una donna dall’acqua tenendola per diverso tempo sul naso.

Come tutti sappiamo i delfini sono animali molto socievoli, molto curiosi, educati e rispettosi, si avvicinano all’uomo e alle imbarcazioni e hanno tanta voglia di giocare.

Ma questa vicenda del delfino in calore che vi ho raccontato, davvero curiosa, e non solo, è tutta da ridere. Un delfino in calore o un qualsiasi altro animale se è in calore va alla ricerca di un partner della stessa specie, non di una persona.

Ma questa volta un delfino ha fatto una eccezione.

E per colpa di un delfino, star dell’intera regione, il primo cittadino si è visto costretto a emanare il divieto di balneazione, il nuoto e le immersioni.

Pubblicato in Mondo

Carissimi amici di Tirreno News. La tragedia del Raganello che ha colpito un piccolo paese arberesh della nostra provincia di Cosenza per quattro giorni ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale. Tutti gli inviati speciali delle maggiori testate televisive e dei giornali nazionali sono piombati come falchi a Civita, in questo borgo antichissimo, uno dei borghi più belli d’Italia, e hanno contribuito raccontando, a volte distorcendola, la verità della tragedia.

Ho seguito con la massima attenzione il triste evento e anche io, come del resto tutti gli italiani, sono rimasto attonito e malissimo nell’apprendere che 10 persone che con spensieratezza in un assolato giorno di agosto volevano trascorrere un giorno di vacanza in una località bellissima, affascinante, meravigliosa, hanno trovato la morte.

La maggior parte di loro erano turisti e villeggianti provenienti da altre regioni italiane che soggiornavano in luoghi di villeggiatura lungo le coste del mare Tirreno della Provincia di Cosenza. Avevano lasciato le spiagge assolate del nostro mare, avevano lasciato la combustione del traffico delle nostre strade e si erano recati a Civita, che fa parte del Parco Nazionale del Pollino, nelle Gole del Raganello, e con bambini al seguito, prendevano il sole e camminavano tranquilli nel greto del piccolo fiume dove l’acqua è bassissima e accarezza dolcemente le gambe.

Ma per una tragica fatalità del destino crudele una cascata di acqua anomala li ha travolti e 10 di loro sono morti annegati e sbattuti violentemente contro i massi del fiume.

Addirittura alcuni di loro sono stati trovati e recuperati ad oltre tre chilometri di distanza dal luogo della tragedia avvenuta a monte del Ponte del Diavolo, ora reso tristemente famoso.

Fino all’altro ieri, tanti, molti italiani ignoravano il Ponte e le Gole del Raganello.

Ignoravano le bellezze dei nostri piccoli paesi bagnati dal Mare Tirreno e dal Mare Jonio, le nostre terre ricche di foreste e di montagne, profumate dai fiori di arancio, gelsomino, ginestra e mirtillo, con chiese e castelli ricchi di storie e di leggende.

Ora tutti parlano della tragedia di Civita e fanno benissimo.

Ma io voglio ricordare Civita che ebbi il piacere di visitarla alcuni anni fa con gli amici della Provincia Cosenza non per la triste vicenda che l’ha colpita, ma per le sue bellezze naturali, per il suo paesaggio meraviglioso, per le sue casette caratteristiche, le case di Kodra, dalla curiosa forma umana; per i suoi vicoletti incantati; per i caratteristici comignoli,veri e propri capolavori artistici. Ogni casa ne esibisce uno diverso dalla forma capricciosa.

Hanno la funzione non solo di aspirare il fumo dai camini, ma anche di tenere lontano gli spiriti maligni; per la roccia maestosa ed imponente “La Timpa del Demanio” alta più di 800 metri che mi ha colpito appena entrato nel borgo; per le Gole famosissime e frequentatissime da chi vuole fare sport estremo e perché no, anche per l’antico e caratteristico ponte medievale in pietra soprannominato Ponte del Diavolo.

E poi per gli abitanti del luogo molto cordiali ed accoglienti; per i costumi che indossano; per la lingua dei loro padri che ancora parlano; per i balli e i canti caratteristici che ebbi modo di apprezzare ultimamente a Cosenza in Piazza Fera in occasione di una festa annuale dove si erano riuniti per l’occasione tutti i Comuni calabresi di lingua arberesh.

Ora la Magistratura indaga, ma cosa vuole indagare.

A chi vorrà attribuire la morte dei 10 villeggianti e amanti della natura che in un giorno di agosto hanno trovato la morte nelle Gole del Raganello?

Alle Gole del Raganello, all’acqua che si è ingrossata, alla pioggia dei giorni scorsi, all’imprudenza dei villeggianti?

O forse al Sindaco della cittadina che non ha fatto sapere il comunicato emesso dalla Protezione Civile?

La tragedia si poteva evitare si sono domandati in molti.

E’ stata una fatalità,una triste fatalità.

Contro la natura che quel giorno assolato di agosto si è manifestata con la sua forza dirompente non si poteva fare nulla. Sono stati davvero sfortunati quelli che hanno perso la vita.

Pubblicato in Calabria

Il nostro amico Francesco Gagliardi ci scrive di una pietosa storia umana

Una mamma inglese 4 anni fa ha perso un figlio giovanissimo malato di tumore al cervello e spesso si reca al cimitero per depositare alcuni fiori sulla sua tomba e recitare alcune preghiere.

Passava giorni interi a piangere davanti alla sua tomba.

Direte: Che c’è di strano? Nulla.

E’ consuetudine che molti di noi spesso ci rechiamo al cimitero a salutare parenti ed amici scomparsi, ai quali abbiamo voluto bene.

Però a questa mamma sconsolata ed afflitta per la perdita del figlio giovane è. capitato qualcosa di strano, di eccezionale.

Ogni qual volta si reca al cimitero un pettirosso si avvicina e le fa compagnia, le sta accanto.

Prima si è posato sul piede della signora , poi sulle sue mani, guardandola fisso negli occhi.

La signora lo ha filmato con il suo cellulare.

E’ scoppiata a piangere. “Ecco il segno che aspettavo da Jack”, così si chiamava il figlio morto.

Lo ha postato su facebook che ha avuto fino ad oggi milioni di visitatori.

La signora ha interpretato questo particolarissimo incontro come un piccolo segno d’amore e della presenza del figlio, capace di andare ben oltre la morte.

E’ un segno dal cielo?

Sono tante le storie, le leggende, i simboli legati a questo minuscolo uccellino che oggi si vede in giro sempre meno dalle nostre parti.

Il pettirosso è il simbolo della vita che sopravvive anche nel freddo dell’inverno e forse per questo che da sempre ha emozionato l’uomo.

Ci è stato raccontato che fu questo piccolo uccellino che impietositosi strappò dalla testa del Cristo morente sulla Croce una spina che le causava tanto dolore.

Una goccia di sangue macchiò il suo petto.

Da allora il petto dell’uccellino è diventato rosso vivo. Gesù, morente sulla Croce, per ringraziarlo, decise di lasciargli quel segno rosso.

Una vecchia tradizione popolare poi ci dice che se vediamo un pettirosso dietro una finestra chiusa significa che l’inverno con freddo e neve è imminente.

Per i cristiani è il pettirosso che accompagna le anime nel regno dei morti.

Pubblicato in Mondo

X agosto, la chiesa festeggia San Lorenzo.

Noi mortali ricordiamo questo giorno famoso perché è il giorno delle stelle cadenti.

Ma di stelle cadenti ce ne stanno tutto l’anno, solo che durante l’inverno e le altre stagioni è difficilissimo vederle.

Alziamo quindi, amici di Tirreno News, oggi 10 agosto, in questa notte magica,lo sguardo verso il cielo per assistere allo spettacolo delle stelle cadenti ed esprimiamo ad occhi chiusi dei desideri.

Si avvereranno? Non lo so di sicuro.

Io, quando ero bambino, guardando le stelle che cadevano ho espresso tantissimi desideri.

Alcuni si sono avverati, altri no.

Anche oggi ogni anno milioni di persone si organizzano e si danno appuntamento sulle spiagge, in collina, in montagna, lontani dai luoghi luminosi, per assistere come facevo io quando ero un bambino allo straordinario spettacolo delle stelle cadenti.

Ma non sono stelle che cadono ci dicono gli astronomi ed è bene precisare.

Quelle che si vedono sono uno sciame di detriti originato da una cometa che penetrando nell’atmosfera a grandissima velocità bruciano e nel cielo lasciano quella caratteristica scia.

Questo giorno del 10 agosto lo ha reso famoso un grande poeta italiano, Giovanni Pascoli, il quale per ricordare il padre Ruggero, ucciso quando ancora lui era piccolino, da una persona rimasta ignota, mentre tornava a casa della sua famiglia con il calesse portando in dono alle figlie due bambole e che ora lo aspettano invano, ha intitolato una delle sue poesie più belle proprio 10 agosto.

Il poeta paragona la morte del padre a quella di una rondine, uccisa senza motivo, mentre tornava al suo nido portando nel becco un insetto, la cena dei suoi rondinini.

Il padre portava in dono due bambole alle due figlie che lo stavano aspettando e venne ucciso, la rondine portava nel becco un insetto ai suoi rondinini che pure loro la stavano aspettando perché avevano fame e venne uccisa.

Il poeta prende spunto dalla notte di San Lorenzo quando le stelle cadono più abbondantemente e lo trasforma in un pianto del cielo che vuole ricordare ogni anno la morte del padre.

Per Giovanni Pascoli le stelle che cadono non sono altro che lacrime del cielo sulla malvagità degli uomini. San Lorenzo, io lo so perché tanto / di stelle per l’aria tranquilla/ arde e cade, perché sì gran pianto / nel concavo cielo sfavilla.

Pubblicato in Belmonte Calabro
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