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Prodi passa dalla mortadella alle sardine “arriganate”

Ma la cosa strana è che anche il senatore a vita Mario Monti, il “tassatore folle” degli italiani, si schiera con le sardine.

Non avevamo dubbi. Non ci stupisce più. Era chiaro l’esito della sua scelta politica.

Accecato anche lui dall’avversione contro la destra italiana, ormai in maggioranza, fa la scelta più logica.

 

 

”Le guardo con molto interesse queste sardine. Mi sembra che stiano dando gambe e voce ad esigenze molto elementari di una società che però nella politica italiana sono state abbastanza dimenticate, cioè che si ragioni e si parli delle cose in modo pacato, che chi governa se possibile non sia totalmente privo di competenze.

Queste le parole di Mario Monti, senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, ad Agorà Rai Tre, sul movimento delle sardine.

Andrebbe in piazza con le sardine? «Sì, non lo escludo».

E Monti continua col suo delirio anti-sovranista. “E’ molto facile terrorizzare il pubblico, gli elettori con considerazioni vere, il più delle volte con considerazioni del tutto infondate. Per spaventare e poi prendere il voto pretendendo di avere difeso qualcuno da qualche minaccia che non c’è mai stata”.

Queste le parole di Mario Monti, senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, ad Agorà Rai Tre, sul Mes. Ma tutto ciò non è vero. Come ha chiarito recentemente Giulio Tremonti, che di economia se ne intende.

”È una catena di errori e orrori fondamentali”.

Quindi invita l’Italia a non firmare. “Sospendere il tutto, discutere sul futuro dell’Europa, rinviare la discussione sul futuro delle banche. L’Europa è una casa comune, non una banca comune”. Lo stop alla revisione, sostiene ancora, “non comporta niente”.

L’Italia, continua Tremonti, ha pagato più degli altri e parla del Mes come “galleria di orrori fabbricata da élite di tecnici e da gente interessata, abbiamo pagato più degli altri.

Devono smetterla”, conclude.

Pubblicato in Italia

Successe con Berlusconi, il 9 novembre 2011, ed il 12 Berlusconi si dimise: proprio per questo il suo partito non dovrebbe parlare!

Il 12 novembre 2011 gli subentrò Monti e lo spread si mantenne altissimo..

 

 

Scese solo con il Decreto Salva-Italia (guarda caso)che recava provvedimenti in materia fiscale e previdenziale (la famosa legge Fornero).

Il decreto ebbe però l’effetto di stemperare la tempesta finanziaria, con lo spread che il 5 dicembre scese a 374 punti.

Poi risalì fino a quota 500 punti.

Piano, piano cominciò a calare nei mesi successivi.

Chi parlò allora? Buh!

Ed allora il silenzio, oggi, sarebbe onesto,logico, corretto ed auspicabile; tanto per non essere falsi, ipocriti e pagliacci!

Ecco a voi un articolo che ne parla e reca un’analisi dell’andamento del differenziale durante i passati governi.

“Lo spread torna a spaventare l’Italia mentre il governo Conte è pronto a indossare l’elmetto e andare allo scontro frontale con Bruxelles: dopo una sostanziale bocciatura del Def da parte della Commissione Europea, la maggioranza carioca non intende fare passi indietro difendendo le scelte prese nell’imbastire il fondamentale documento.

Un muro contro muro questo tra il governo Lega-Movimento 5 Stelle e l’Unione Europea che ha agitato i mercati, con il differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi che è tornato pericolosamente a salire.

Ma da cosa dipende l’oscillazione dello spread Btp-Bund? Per capire al meglio cosa può incidere in negativo o in positivo, abbiamo analizzato il suo andamento nei momenti più significativi di questa Seconda Repubblica, per capire quali avvenimenti hanno determinato le mosse del differenziale nell’uno e nell’altro senso.

Lo spread quando è nato l’Euro

Il 1 maggio del 1998 l’Italia venne ufficialmente inserita nel novero dei primi paesi che avrebbero utilizzato la Moneta Unica. Non fu semplice però rientrare nei rigidi parametri comunitari, tanto che nel 1996 il primo governo Prodi dovette ricorrere al Contributo straordinario per l’Europa, meglio noto come Eurotassa, ovvero un’imposta basata su cinque aliquote progressive (fino al 3,5%) sul reddito annuo lordo.

Il 1 gennaio del 2002 quando entrò ufficialmente in circolazione l’Euro, lo spread tra Germania e Italia era a 27 punti. Alla guida del paese allora c’era Silvio Berlusconi, per quello che era il suo secondo governo dopo la breve esperienza del 1994.

Durante questa legislatura, che durò fino al 2006 con tanto di rimpasto di governo un anno primo della scadenza, lo spread ha sempre mantenuto un andamento stabile per poi scendere a 17 punti quando a maggio il paese è tornato al voto.

Grazie a una coalizione dell’Ulivo formato monstre, da Rifondazione fino all’Udeur di Mastella, Romano Prodi vinse le elezioni e diede vita al suo secondo governo che durò fino a gennaio 2008. Quando il professore si dimise, lo spread era a quota 40 punti.

Voto anticipato e nuovo largo successo per Silvio Berlusconi che, l’8 maggio 2008, giurò insieme al suo governo quando lo spread era a 45 punti. In quel periodo però scoppiò la crisi economica che contagiò il mondo intero.

La crisi

La crisi economica globale, tra le tante conseguenze, portò anche a un progressivo aumento dello spread. Quando l’8 aprile 2009 il governo Berlusconi approvò il Decreto Anticrisi, il differenziale era arrivato a quota 122 punti.

Il provvedimento portò a un progressivo calo tanto che a inizio 2010 si era scesi a 86 punti. Oltre agli scenari economici internazionali, in casa nostra il governo iniziò a traballare per la rottura tra Berlusconi e Fini.

Quando l’ex Presidente della Camera il 30 luglio 2010 decise di abbandonare il Popolo delle Libertà e di fondare Futuro e Libertà, garantendo comunque il sostegno al governo Berlusconi, lo spread era a quota 128 punti.

Era il periodo quello anche del cosiddetto Rubygate che coinvolse l’allora Presidente del Consiglio, con Silvio Berlusconi che il 21 dicembre 2010 venne indagato dalla Procura di Milano. Quando il 30 dicembre il suo governo approvò la legge di Bilancio, lo spread era a 186 punti.

Nei primi mesi del 2011 lo spread fu altalenante anche se rimase tutto sommato costante. Quando però a inizio estate per il centrodestra arrivò una pesante sconfitta alle amministrative, considerando anche le vicende processuali del premier, il differenziale a luglio passò da 183 a 354 punti.

L’estate 2011 fu quindi una sorta di picco della crisi, con l’Italia complice anche la difficile situazione politica interna che venne inserita nei PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), acronimo dei paesi che erano in difficoltà.

Con l’addio di Mario Draghi a Bankitalia e la bocciatura di Standard & Poor’s sui conti nostrani, ad agosto 2011 lo spread per la prima volta sfondò il tetto dei 300 punti, toccando l’apice dei 389 punti il 4 agosto.

Quello fu il momento in cui Jean Claude Trichet e Mario Draghi, presidente uscente e quello in pectore della BCE, mandarono una dura lettera al governo italiano indicando delle misure da adottare per evitare la bancarotta del paese: in quel momento entrò sulla scena politica Mario Monti, da molti indicato come l’unico in grado di risolvere questa crisi.

Gli ambienti del centrodestra quindi parlavano di un tentativo di rovesciamento del governo da parte dei “poteri forti”. A settembre però quando si dovette imbastire la Manovra, lo spread riprese a galoppare arrivando anche a quota 397 punti anche perché arrivò l’annunciato downgrade da parte di Standard & Poor’s.

La pressione dell’Europa così aumentò sempre più tanto che il 26 ottobre Silvio Berlusconi cedette e, anche lui con una lettera, promise che il suo governo avrebbe adottato misure per aumentare l’età pensionabile e la flessibilità nel mondo del lavoro.

La maggioranza però ormai era allo sbando e il 9 novembre 2011 lo spread toccò il suo record: 574 punti. Il 12 novembre quindi, dopo l’approvazione della Manovra, Berlusconi si dimise e il 16 novembre prese il via il governo Monti.

Dal governo Monti a quello Lega-5 Stelle

Caduto sotto i colpi dello spread, il governo Berlusconi lasciò il passo a quello dei tecnici presieduto da Mario Monti. Il 4 dicembre 2011 il Consiglio dei Ministri varò il Decreto Salva-Italia, con provvedimenti in materia fiscale e previdenziale (la famosa legge Fornero).

Il decreto ebbe però l’effetto di stemperare la tempesta finanziaria, con lo spread che il 5 dicembre scese a 374 punti. Dopo un fiammata fino a quota 500 punti, nei mesi successivi il differenziale iniziò a calare.

Quando il 24 e 25 febbraio 2013 l’Italia tornò alle urne, lo spread era sceso a 293 punti. Con la nascita del governo Letta, continuò la discesa tanto che il 1 gennaio 2014 il differenziale faceva segnare quota 216 punti.

Arrivato Renzi al governo nel febbraio 2014, quando il 26 maggio il Partito Democratico alle elezioni europee ottenne il 40% lo spread fece segnare 156 punti, continuando a calare progressivamente nei mesi seguenti.

Con l’introduzione del Jobs Act e l’approvazione della Manovra, il 31 dicembre 2015 lo spread arrivò a 96 punti. Il 5 dicembre 2016, giorno delle dimissioni di Matteo Renzi dopo la sconfitta referendaria, il differenziale era a 165 punti.

L’instabilità politica del paese che ne derivò, nonostante l’avvio del governo Gentiloni, riportò a febbraio 2017 lo spread a quota 200 punti. Quando il 23 dicembre però venne approvata la legge di Bilancio, il differenziale era tornato a 148 punti.

Si è arrivati così alle ultime elezioni politiche del 4 marzo 2018 con lo spread che faceva segnare 131 punti. Nonostante il sostanziale pareggio, l’asticella è rimasta pressoché stabile fino a metà maggio.

Tra il 28 e il 29 maggio, giorno in cui in pratica si è fatto il governo Conte, lo spread è balzato da quota 233 a 289 punti. Dopo questo forte rialzo, il differenziale è rimasto stabile per tutta l’estate fino all’arrivo di settembre e del Def da dover imbastire.

Le rassicurazioni del ministro dell’Economia Giovanni Tria hanno fatto da pompiere e lo spread così è sceso fino a 233 punti. Quando però il Def è stato ufficializzato, ecco che il differenziale ha ripreso la sua corsa tornando sopra il muro dei 300 punti.

Vedendo e analizzando questa sorta di “storia dello spread”, si può notare come in fondo ci siano delle analogie tra quello che accadde nell’autunno del 2011 e quello che sta avvenendo in questi giorni.

Al momento comunque la situazione è preoccupante ma non grave. Ad incendiare la situazione però (come avvenne con Berlusconi) potrebbe essere il responso delle agenzie di rating atteso per fine ottobre.

In caso di un declassamento, il governo Lega-Movimento 5 Stelle potrebbe trovarsi a far fronte a una nuova impennata dello spread: nel 2011 Berlusconi alla fine si piegò all’Europa e accettò l’arrivo dei tecnici, difficile però immaginare che Salvini e Di Maio possano decidere di comportarsi nell’eventualità allo stesso modo.

Da https://www.money.it/andamento-spread-Italia-ultimi-governi Alessandro Cipolla 12 Ottobre 2018 - 10:19

Pubblicato in Mondo

Il 23 maggio 2001 Bossi era già stato condannato per vilipendio della bandiera dal giudice di Cantù per alcune frasi pronunciate nel comizio del 26 luglio del 1997 a Cabiate (Como), durante la festa della Padania.

Nel suo intervento, Bossi si riferì alla bandiera tricolore che sventolava su una scuola vicina, affermando, tra l'altro: "Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il c...”

Ed ecco la seconda condanna.

Questa volta per per vilipendio al Capo dello Stato Napolitano e del presidente del Consiglio..

Una condanna a 18 mesi.

E’ la condanna che il tribunale di Bergamo ha inflitto al leader storico della Lega Nord Umberto Bossi per le sue parole pronunciate contro Giorgio Napolitano e Mario Monti dal palco della festa ‘Bèrghem frecc’ ad Albino il 29 dicembre 2011.

Quella sera, intorno alle 22, durante il suo comizio al raduno invernale del Carroccio, Bossi aveva accennato il gesto delle corna con la mano destra mentre parlava di Napolitano, definendolo ‘terùn‘.

Dopodiché aveva fatto battute di natura sessuale nei confronti dell’allora primo ministro Monti.

Il comizio era stato filmato e poi trasmesso sia da televisioni sia su Youtube, e molti cittadini (oltre un centinaio) da tutta Italia avevano presentato denuncecontro Bossi: alcuni di loro sono anche stati sentiti come testimoni nel corso del processo a Bergamo.

Pubblicato in Italia

Ieri sera Massimiliano Latorre , uno dei due marò trattenuti in India, ha avuto un malore ed è stato ricoverato in ospedale.

Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, è volata stanotte in India per « accertarsi di persona delle condizioni di salute di Latorre ed essere vicina ai nostri fucilieri e alle loro famiglie».

Latorre, avrebbe reagito bene alle prime cure dei medici del reparto di neurologia dell’ospedale di New Delhi. 

 Il fratello Alessandro Girone ha dichiarato all’Ansa nel pomeriggio «Massimiliano ha avuto un ictus in una zona profonda del cervello. La situazione è abbastanza seria». 

La figlia di Latorre ha scritto su Facebook : «Che bella notizia... Mio padre ha l’ischemia. Purtroppo le belle notizie non ci sono mai, solo notizie del ****. Ma voi Italia di merda fateli stare lì un altro po’!.Italia mi fai schifo», aveva scritto in un post successivamente rimosso.

Fortemente arrabbiata ha anche scritto:  «Sapete solo offendere i maró , sapete solo sputare sui vostri fratelli italiani e nonostante un militare sta male state li ad offendere e chiamare assassino. I veri assassini e ignoranti siete voi che scrivete e pensate questo. SIETE UN POPOLO IGNORANTE ! Allora se succede qualcosa alle vostre famiglie o a voi non correte dai carabinieri, polizia visto che ce li avete a morte con l arma. Mi fate pena persone senza cuore . Ora capisco xk dio si prende le persone buone xk hanno cuore e su vuole solo gente che sappia amare l altro.
Ora chiunque disprezza e offende mio padre vi denuncio ! Così la smettiamo! »

<iframe src="https://s-static.ak.facebook.com/connect/xd_arbiter/W2xi4Tmu0YA.js?version=41#channel=f3beb3656e40be8&amp;origin=http%3A%2F%2Fwww.lastampa.it" style='border-bottom-style:none;border-bottom-width:medium;border-left-style: none;border-left-width:medium;border-right-style:none;border-right-width: medium;border-top-style:none;border-top-width:medium' tabindex=-1 title="Facebook Cross Domain Communication Frame" aria-hidden=true id="fb_xdm_frame_https" scrolling=no allowtransparency=true name="fb_xdm_frame_https" frameborder=0> Il ministro degli Esteri Federica Mogherini , appena informata del malore che ha colpito Latorre, ha espresso alla famiglia la vicinanza sua e del governo. «Sono vicina a Massimiliano Latorre cui auguro con tutto il cuore di rimettersi al più presto.Come è sempre stato in questi mesi, seguiamo ogni giorno il caso dei due fucilieri di Marina con l’obiettivo di riportarli in Italia: per il governo è una priorità»

Mogherini è stata in queste ore in contatto con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, rende noto infine la Farnesina 

Ci piace ricordare le dimissioni dell’allora ministro Terzi si dimise perché “Contrario al loro ritorno in India”.

Era il 26 marzo 2013.

Secondo Terzi, l’accusa nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone «non è mai davvero stata suffragata da prove e testimonianze attendibili» mentre i due fucilieri «negano ogni addebito». 

Per questo Terzi 15 giorni prima aveva dichiarato: “I due marò restano in Italia” perché «New Delhi ha violato i trattati internazionali»

Nella lettera scriveva «Il governo italiano ritiene che sussista una controversia con l’India e per questo Roma punta ad un accordo «in sede internazionale».

Il ministro della Difesa Di Paola invece, in accordo con Monti, alla Camera dichiarava : «Voglio salvare l’onore del Paese, la Farnesina non ha agito in modo autonomo trattenendoli in Italia. Ho agito nel rispetto di una decisione collegiale che mi ha lacerato emotivamente, ma le decisioni collegiali del governo si rispettano e si onorano».

Chissà se qualche giornalista romano riesce a sentire i 3 protagonisti della storia appena ricordata? Ovviamente oltre a Renzi!

Ed a Renzi chiedere la adozione di misura economiche contro l’India!

Ed agli Italiani suggerire di boicottare i prodotti indiani!

Amantea 1.9.2014 Giuseppe Marchese

Pubblicato in Italia

Davvero l’Italia è il paese dei balocchi. Sentite questa. Si parla di TARES, acronimo di “tassa sui rifiuti e altri servizi”.Un pasticciaccio di Monti di cui non si capisce nemmeno la natura. Infatti la TARES “possiede una doppia natura di tassa e insieme di imposta: in quanto volta a coprire i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti avviati allo smaltimento è una tassa, mentre in quanto volta a coprire – tramite una maggiorazione della tariffa - i costi relativi ai cosiddetti “servizi indivisibili” dei Comuni, appare come un’imposta”.

Come noto la Tares decorre già dal 1 gennaio 2013 e siccome ancora i comuni non hanno normato in materia di aliquota di prelievo per i servizi si è deciso di spostare il pagamento della prima rata ad aprile, in coincidenza con la seconda rata.

Invero, sin dall’inizio i Comuni avevano tentato di ottenere un rinvio al 2014, ma senza riuscirci.

In commissione ambiente al Senato invece si era tentato di differire l’inizio della tassazione al 1 luglio, , una richiesta bocciata senza appello dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama perché avrebbe comportato un buco nelle entrate, senza adeguata copertura. Si è così deciso per un semplice slittamento della prima delle quattro rate.

Federambiente protesta per «il miope accordo raggiunto in Parlamento che rischia di devastare, fino a un possibile default, le molto precarie condizioni finanziarie delle imprese di igiene ambientale: il rinvio a luglio dell’emissione delle bollette significa incassare a settembre o a ottobre, lasciando per dieci mesi le aziende senza le coperture economiche necessarie».

Più che soddisfatto, invece, il relatore, D’Alì, che sottolinea: «Con il differimento un governo che dovesse insediarsi ai primi di aprile, così come previsto nel nostro calendario politico-parlamentare, avrebbe tutto il tempo eventualmente per adottare in termini di urgenza ma anche di pacata discussione parlamentare, un provvedimento utile a diminuire l'incidenza della Tares sui bilanci familiari e soprattutto restituire alla Tares la sua natura di tariffa».

Non sappiamo se ridere o piangere

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“Monti è più insidioso di Berlusconi, ed è preoccupante che il Pd strizzi l’occhio al premier, preoccupa quel che il partito di Bersani potrebbe fare stringendo accordi con Monti, che vuole continuare a servire i grandi poteri economici e finanziari europei”.

Lo ha detto, ai microfoni di Radio Anch’io, il leader di Rivoluzione civile Antonio Ingroia.

”Non mi sento affatto alleato di Berlusconi -aggiunge Ingroia-. Se dovesse arrivare un pareggio la responsabilita’ non la porteremmo noi, ma il centrosinistra, che non ha risposto all’appello al dialogo che io ho subito fatto”.

“Il Pd – sottolinea Ingroia - ha continuato a guardare dall'altra parte, dalla parte di Monti. Forse i sondaggi recenti stanno preoccupando il Pd ma potrebbe essere troppo tardi”

“Io sono stato duro con Bersani, perche’ in un momento in cui potevano esserci prospettive, lui, rifiutando di rispondere al mio appello, ha di fatto detto di no”., spiega il leader di Rivoluzione civile.

“Noi vogliamo ricontrattare il Fiscal compact, Monti vuole continuare a servire i grandi poteri economici europei.”

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