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Cosenza. Gli agenti hanno notificato all’uomo un’ordinanza di misura cautelare in carcere.

L’uomo, T.H. di 30 anni, di nazionalità marocchina ma domiciliato a Cosenza, è accusato di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, lesioni e violenza privata

 

nei confronti della propria convivente e madre dei suoi due figli, entrambi minori, davanti ai quali spesso, picchiava la donna.

Era spesso ubriaco e le violenze ripetute erano da lui ‘giustificate’ dallo stile di vita ritenuto “troppo occidentale”.

Per questo la picchiava lasciandole anche i segni delle percosse che avvenivano spesso davanti agli occhi dei figlioletti di un anno e 4 anni, costretti ad assistere a quelle violenze inaudite contro la madre.

T.H. inoltre, sempre attraverso minacce, costringeva la donna a violenze fisiche e psicologiche, e anche sessuali.

La vittima fino ad oggi, non era mai riuscita a denunciare quanto subito proprio perchè minacciata di morte dal compagno violento.

E’ stato grazie all’esperienza degli agenti della Questura di Cosenza e al loro intervento che l’uomo è stato fermato.

Indagini e attività info investigative hanno consentito di assicurarlo alla giustizia.

L’uomo inoltre è ritenuto dagli inquirenti un soggetto incline ad una visione “integralista” e recidivo a compiere anche reati come spacciare droga in zone frequentate da minori.

Ndr Rimandatelo in Marocco e date una mano al resto della famiglia.

Pubblicato in Cosenza

Sette persone (tre in carcere, tre agli arresti domiciliari e una con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) sono state raggiunte stamani da altrettante misure cautelari con l’accusa di far parte di un gruppo di spacciatori.

 

 

 

Il blitzè scattato all’alba da parte degli uomini della polizia che stanno dando esecuzione all’ordinanza emessa dal Gip del tribunale locale su richiesta della procura della Repubblica.

Agli indagati vengono contestati, a vario titolo, la detenzione e cessione di cocaina, marijuana e l’estorsione.

Nel corso dell’attività di indagine sono stati effettuati diversi riscontri e sequestrate delle sostanze stupefacenti.

L’indagine, ha preso avvio dalla denuncia sporta da una “madre coraggio“, stanca delle continue vessazioni a cui era sottoposta dal figlio tossicodipendente, ricoverato presso una casa di cura. Dall’attività investigativa è emerso che la maggior parte degli indagati aveva messo in atto un sistema di “spaccio” collaudato operando soprattutto dalle rispettive abitazioni seppur alcuni di loro fossero agli arresti domiciliari.

Per conoscere i nomi dei destinatari delle misure cautelari occorrerà attendere la conferenza stampa da parte della questura e della procura, in programma in mattinata.

Cosenza 19 ottobre 2018

Pubblicato in Cosenza

Stamattina con una coincidenza sorprendente Amantea è stata presidiata dalle Forze dell’ordine.

Parliamo dell’elicottero della Guardia di Finanza che ha sorvolato per circa una mezzoretta il territorio amanteano.

 

Un sorvolo che vedeva a terra anche alcune pattuglie.

Impossibile sapere le ragioni di questa presenza.

Ma, nel mentre, dobbiamo dare atto che anche la Brigata di Amantea sta conducendo approfondite indagini, alcune delle quali hanno già dato primi buoni risultati mentre altre sono in corso e per le medesime la città attende con speranza che vengano coperti e denunciati i comportamenti illeciti.

Insieme, ci sono state segnalate la presenza di diverse auto della Polizia con relativi equipaggi.

Certamente non si tratta di agenti che scendono ad Amantea per prendere il caffè o il cappuccino ed il cornetto( per quanto buoni).

Anche per la Polizia impossibile sapere le ragioni di questa presenza.

Il tutto fa seguito a stretti controlli che vengono esercitati quotidianamente dai carabinieri della locale caserma.

Alcuni cittadini ci hanno sentito per avere cognizione di possibili evoluzioni delle indagini.

Spiacenti mi è facile dire che non so nulla!

Pubblicato in Primo Piano

L’intervento degli agenti della polizia ha impedito che si perpetrasse la violenza sessuale.

L’uomo aveva sottratto la borsa alla sua vittima prima di aggredirla

 

 

 

 

Gli uomini della Squadra Volante della Questura di Crotone, sabato notte, hanno tratto in arresto un cittadino pakistano, M. J. S. H., di 26 anni, senza fissa dimora, con l’accusa di tentata violenza sessuale e tentata rapina aggravata.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gli agenti, a seguito di una segnalazione, sono giunti in via Miscello da Ripe a Crotone dove hanno trovato l’uomo che prendeva a calci e pugni una donna riversa a terra nel tentativo di prendergli la borsa.

La donna avrebbe riferito di essere stata afferrata con violenza dal 26enne il quale, nel contempo, le intimava di dargli i soldi.

A questo punto, l’uomo avrebbe strattonato la donna afferrandola dai capelli e dalle braccia nell’intento di portarla all’interno di un’area non visibile dalla strada.

I tentativi di violenza sessuale si sarebbero ripetuti e la donna sarebbe stata afferrata dalla gola e costretta a subire atti di palpeggiamento nelle parti intime.

L’arrivo delle volanti ha impedito che si concludesse la violenza in atto.

L’uomo è stato subito bloccato dagli agenti mentre la donna, una cittadina polacca, in lacrime urlava che l’uomo voleva violentarla e rubarle la borsetta, come confermava anche un testimone presente all’aggressione.

Subito trasportata, con l’ambulanza del 118, all’ospedale di Crotone, alla vittima veniva diagnosticato un trauma cranico minore e ferite al gomito e contusioni multiple guaribili in 7 giorni.

Al termine delle operazioni di rito, su richiesta dell’Autorità giudiziaria, l’aggressore è stato trasferito al carcere di Crotone.

Pubblicato in Crotone

Aveva tentato di rubare un’auto e capi di vestiario che vi erano all'interno.

Per questo motivo il personale del commissariato di Lamezia ha identificato e denunciato H.M. pregiudicato di anni 26, nato in Marocco ma residente a Lamezia.

L’uomo, insieme ad altra persona, aveva dapprima tentato di rubare un’auto parcheggiata nelle vie della Città e poi aveva prelevato del vestiario che si trovava nella stessa auto, di proprietà di una donna lametina.

Infatti il Personale del Commissariato ha acquisito la denuncia della donna, la quale aveva trovato l’auto forzata e non aveva trovato all’interno della stessa i capi d’abbigliamento che vi aveva lasciato.

La donna nell’immediatezza ha cercato di ricostruire i fatti.

Anche attraverso la visione delle immagini dell’impianto di videosorveglianza esistenti in zona, il personale della Squadra Volante e della Polizia Scientifica, ha identificato il 26enne che aveva, unitamente ad altro, tentato di rubare l’auto ed asportato il vestiario, che, a seguito di perquisizione nei suoi confronti, è stato rinvenuto.

H.M. è stato denunciato in attesa di determinazioni da parte dell’A.G.

Pubblicato in Lamezia Terme

San Ferdinando La polizia ha sgomberato a San Ferdinando, un capannone industriale dismesso da anni e che nel tempo è stato occupato da centinaia di migranti che stazionano nella Piana di Gioia Tauro per cercare un impiego nei campi per la raccolta degli agrumi.

In inverno ci vivevano anche in 500 persone.

Il dispositivo è scattato dopo che l’autorità giudiziaria ha disposto la restituzione del manufatto ai proprietari, una famiglia di Gioia Tauro coinvolta in passato in inchieste giudiziarie che avevano portato anche al sequestro del capannone industriale.

Dopo l’assoluzione dalle accuse a loro contestate, l’autorità giudiziaria ha disposto la restituzione del bene, che nel frattempo è diventata la dimora di centinaia di immigrati.

Un capannone che d’inverno, nei mesi della raccolta delle arance e dei mandarini, arrivava a ospitare anche fino a 500 migranti.

Allo sgombero del manufatto, nel quale vivevano circa duecento immigrati, si è arrivati dopo una serie di mediazioni avviate dal commissariato di polizia di Gioia Tauro per convincere i migranti a spostarsi in un’area attrezzata con tende nei pressi della nuova tendopoli di San Ferdinando.

Le operazioni, alle quali hanno partecipato anche reparti operativi della Polizia di Stato, si è svolta senza alcun incidente.

Il capannone è stato quindi chiuso e recintato per evitare che venga nuovamente occupato.

Poveri migranti!.

Adesso non possono nemmeno occupare un capannone per giunta inutilizzato?

Ma che Italia è questa?

Prima li fa venire, poi non gli da né un lavoro, nè una casa e se occupa un capannone li sfratta!

Chi li ha fatti venire ha grandi responsabilità!

Pubblicato in Calabria

“Lamezia Terme – Gli agenti del Commissariato di Polizia di Lamezia Terme hanno denunciato un 28enne originario della Nigeria per minacce, resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di fornire le proprie generalità.

 

 

In particolare, la squadra volante del Commissariato è intervenuta in seguito ad una chiamata alla Centrale con la quale era stato segnalato una persona che infastidiva i clienti in ingresso ed in uscita di un supermercato di Lamezia.

Gli agenti intervenuti all'ingresso del supermercato, hanno tentato di identificare il O.B., che si sarebbe rifiutato di fornire le proprie generalità e li avrebbe minacciati.

Il 28enne nigeriano, O.B., è stato accompagnato in ufficio, identificato e denunciato alla locale Procura della Repubblica di Lamezia”.

Poveri migranti!.

Ora nemmeno l’elemosina possono chiedere?

Ed allora che cosa devono fare?

Ma siamo certi che il giovane nigeriano non incontrerà nessun problema.

Siccome si tratta del suo unico lavoro forse i giudici lo assolveranno.

Lo hanno fatto con uno spacciatore figurarsi per minacce, resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di fornire le proprie generalità!.

Pubblicato in Lamezia Terme

Cosenza – "Catturare Luigi Abbruzzese era per noi una priorita', perche' riteniamo che adesso abbiamo congelato l'operativita' della sua cosca di 'ndrangheta, in ascesa nel cosentino".

 

 

Lo ha detto il procuratore Nicola Gratteri, che dirige la Dda di Catanzaro, nel corso della conferenza stampa seguita all'arresto del latitante Luigi Abbruzzese, 29 anni.

"E' una cosca che ha avuto il 'permesso' - ha detto Gratteri - di trattare direttamente con i cartelli colombiani per il traffico di droga.

E' stata un'indagine lunga e laboriosa, che ci ha impegnato per un anno e mezzo e questo la dice lunga su come si sia mimetizzato".

Il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto ha aggiunto che "da tempo ho sollecitato la cattura di Abbruzzese, che ho sempre ritenuto importante, perche' gli zingari hanno dimostrato di sapersi sedere a tavoli importanti, trattando con il sudamerica e l'est europeo e stavano impiantando una raffineria a Cassano, infatti abbiamo trovato circa 80 chili di sostanze stupefacenti".

"Sappiamo che era tornato da poco in Italia, dopo essere stato a lungo in Germania - ha detto Luberto - ma la nostra polizia non ha avuto molta collaborazione da quella tedesca, che e' concentrata sui fatti di terrorismo".

"Con lui abbiamo arrestato i due zii della sua convivente - ha aggiunto - e abbiamo trovato denaro in contanti, per circa 4 mila euro, e due pistole".

Capo Mobile Cosenza: “Abbruzzese anello relazioni mafie”

"Non ci siamo avvalsi di nessuna forma di apporto confidenziale, ma abbiamo fatto un'indagine del tutto tradizionale” ha affermato il capo della Squadra mobile di Cosenza, Fabio Catalano. "Riteniamo che la cattura di Luigi Abbruzzese, figlio di Francesco, detto "Dentuzzo", dia un grande respiro al territorio - ha detto Catalano - perche' si tratta di un giovane emergente, spietato, che e' assurto al rango di 'ndranghetista di livello, intessendo relazioni con organizzazioni criminali di tutta Italia".

"Abbiamo ristretto la cerchia ad un gruppo di favoreggiatori, tra amici e parenti - ha detto Catalano - arrivando ad individuare una zona nei pressi del campo sportivo di Cassano, effettuando poi un blitz che ha visto impegnati una quarantina di agenti, cinturando la zona ed individuando una serie di appartamenti sospetti, trovando poi in uno il latitante, che si e' arreso subito".

"Aveva una calibro 9 con matricola estera e un revolver rubato a Cassano, due documenti contraffatti - ha detto ancora Catalano - e con lui c'era la compagna e i proprietari dell'abitazione, zii della donna".

Abbruzzese preso nel suo fortino, pronto a espatriare

E' stato catturato nel 'fortino' del 'clan degli Zingari' ed era pronto a fuggire nuovamente in Germania Luigi Abruzzese.

Il blitz e' scattato alle 5.40: gli uomini delle Squadre mobili di Cosenza e Catanzaro e del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, hanno fatto irruzione in una villetta di Cassano allo Ionio, in via Generale di Giacomo, nella disponibilita' di alcuni familiari del latitante catturato, all'interno del "fortino" del clan cosidetto degli "Zingari".

All'interno dell'abitazione sono state trovate due pistole con relativo munizionamento, nonche' un'ingente somma di denaro contante.

Trovato anche un documento di identita' falso con il quale, con ogni probabilita', il giovane boss si sarebbe rifugiato nuovamente in Germania dove risulta abbia trascorso gran parte della propria latitanza durata circa 4 anni.

Al vaglio le posizioni di alcuni favoreggiatori. Abbruzzese e' nato a Cassano allo Ionio il 16 dicembre 1989, figlio di Francesco, (detto 'Dentuzzo', fondatore e dirigente dell'omonimo clan, in atto detenuto, in regime detentivo speciale per condanne definitive all'ergastolo per fatti omicidiari). A conclusione del processo "Gentleman", e' stato condannato in primo e secondo grado quale capo di un'associazione di narcotrafficanti. Luigi Abbruzzese e' considerato il reggente del clan: e' stato condannato a 20 anni di carcere con sentenza di primo grado - rito abbreviato - perche' ritenuto capo di una organizzazione mafiosa dedita al traffico internazionale di stupefacenti; e' destinatario dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 10 marzo 2016 dal gip di Catanzaro per traffico internazionale di stupefacenti, per la quale il boss si e' reso latitante; il 24 giugno 2016 il provvedimento di cattura e' stato esteso in campo internazionale e l'uomo e' stato inserito nell'elenco dei latitanti piu' pericolosi della 'ndrangheta

By il lametino

Pubblicato in Calabria

Un nigeriano di 36 anni è stato arrestato dalla polizia per resistenza a pubblico ufficiale ed è stato denunciato per procurato allarme e false dichiarazioni sulla propria identità, dopo aver minacciato con un coltello alcuni passanti a Milano, in via Candia.

E’ avvenuto questa mattina.

La notizia è stata resa nota dal Sap (Sindacato autonomo di polizia) attraverso la pubblicazione sulla pagina Facebook del video dell'arresto registrato con uno smartphone.

Nel filmato si vede l'extracomunitario, in stato confusionale, che brandisce l'arma e una bottiglia di vetro.

Gli agenti della volante Bonola lo hanno rintracciato al terminal dei bus di Lampugano e, dopo aver messo in sicurezza i presenti tenendo a distanza l'esagitato puntandogli contro la pistola d'ordinanza, sono riusciti a disarmarlo con uno sgambetto e a bloccarlo senza ferirlo.

Dalla Questura hanno poi spiegato che Mamadou Yacoub ha un regolare permesso di soggiorno e un precedente per procurato allarme.

«Queste sono le situazioni nelle quali si trovano ad operare le forze dell'ordine ogni giorno - ha commentato il Sap accanto al video -.

Ogni istante impiegato per decidere come fermare questi soggetti può essere fatale.

Forza con questi taser!”

Pubblicato in Italia

Roma, poliziotti corrotti e rivelazione di segreti d'ufficio: arrestati 6 agenti e un dipendente della Procura

Poliziotti irreprensibili durante il servizio. Uno di loro premiato addirittura dal capo della polizia come un eroe per aver salvato la vita di un disperato che voleva tuffarsi da un balcone.

E una donna, un cancelliere della Procura, assegnata alla segreteria di un procuratore, candidata con la Lista Salvini alle comunali del 2016, e compagna di un agente addetto al servizio scorte.

Ma tutti loro, almeno secondo quanto ricostruito dagli investigatori, avevano una doppia vita, e una volta lasciati i panni del pubblico ufficiale si trasformavano in fiancheggiatori di un uomo coinvolto, secondo gli inquirenti, in un'inchiesta che aveva acceso il faro sulla criminalità organizzata nella capitale, Carlo D'Aguano, titolare di bar e sale giochi, su cui i pm capitolini stavano indagando per i suoi contatti con la camorra.

I sei agenti arrestati sono, oltre a Simona Amadio, 49 anni, dipendente della Procura, addetta alla segreteria di un procuratore aggiunto della Capitale, Angelo Nalci (44), compagno della donna e poliziotto addetto all'ufficio scorte, Fabio Di Giovanni (47), del commissariato Fidene-Serpentara, Gianluca Famulari, 44 anni (commissariato S. Basilio), Francesco Macaluso, 38 (Volanti), Federico Rodio, 44 (Fidene-Serpentara), Alessandro Scarfò, 38 (Fidene Serpentara). Indagati nel procedimento ci sono comunque altri agenti, uno dei quali sospeso dal servizio.

La talpa che dall'ottobre 2017 dava notizie e informazioni coperte da segreto ai poliziotti i quali poi le giravano a Carlo D'Aguano, quindi, era Simona Amadio. C'è una coppia dunque al centro dell'operazione carabinieri del Nucleo investigativo di Roma e della Squadra mobile della Questura, coordinati dai procuratori aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino, che ha portato all'arresto di nove persone, fra cui 6 poliziotti, che per mesi hanno fornito informazioni sulla indagine che riguardava D'Aguano.

Il nome dell'imprenditore era stato toccato di striscio nell'operazione "Babilonia" dell'estate scorsa che portò alla luce due organizzazioni criminali, una romana e una legata alla camorra, che gestiva il traffico di droga nella Capitale, compiendo anche usure ed estorsioni.

Indagando poi su di lui, gli inquirenti hanno scoperto tutta la rete di corruzione, tra cui tre agenti del reparto Volanti e due agenti del commissariato Fidene che in cambio delle informazioni ricevevano denaro, quote societarie del gruppo D'Aguano e l'intermediazione per ottenere auto a prezzi di favore.

Uno di loro aveva a disposizione anche una Ferrari concessa da D'Aguano.

Le accuse per tutti a vario titolo sono corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, corruzione per l'esercizio della funzione, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti di ufficio.

La talpa.

Si chiama Simona Amadio e si era candidata nella lista "Noi con Salvini" alle ultime elezioni comunali del 2016.

La donna, 50 anni, da anni impiegata in procura, era compagna di uno dei poliziotti finiti in carcere, Angelo Nalci, addetto all'ufficio scorte della Questura.

A incastrare la donna, tra l'altro c'è un'intercettazione contenuta nell'ordinanza del gip, in cui si riporta un dialogo tra i due avvenuto lo scorso marzo, in cui la donna ripercorre «una conversazione avuta con D'Aguano che aveva necessità di qualcuno che gli potesse fornire informazioni circa l'esistenza di procedimenti penali sul suo conto».

«Io Carlo me lo voglio tenere - dice Amadio - allora tu devi pensare amore, che come tutti "gli impiccioni" lui ha amici poliziotti... la talpa in Procura... lui (D'Aguano)...la prima cosa che mi ha chiesto è: 'mi posso fidare?'...a lui gli serve un appoggio in Procura, cioè qualcuno che va ad aprire a va a vedere».

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