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SAN LUCA – 7 dic. 19 - I militari della stazione carabinieri di San Luca hanno deferito in stato di libertà, alla locale Procura della Repubblica di Locri, 458 persone residenti nel comprensorio locrideo, ritenute responsabili, anche in concorso tra loro, di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e falsità in scrittura privata.

 

 

 

 

 

Il provvedimento in questione scaturisce da una prolungata e sistematica attività d’indagine, convenzionalmente denominata Isidoro, avviata e condotta dal febbraio 2017 al novembre 2019 dai militari della Stazione Carabinieri di San Luca, a seguito di una pervasiva attività di monitoraggio posta in essere nei confronti di soggetti appartenenti, per vincoli di parentela, alle famiglie di maggior interesse operativo.

Le indagini, di natura prevalentemente tradizionale e documentale, condotte con il fattivo supporto personale ispettivo Inps di Reggio Calabria e Crotone e ulteriormente avvalorate da numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento, hanno consentito di accertare che gli indagati si erano procurati, anche in concorso tra loro, un ingiusto profitto derivante dalla indebita percezione di erogazioni previdenziali e assistenziali.

In particolare, gli accertamenti effettuati dai militari della Stazione di San Luca hanno consentito di individuare 12 aziende agricole e immobiliari, nella gran parte dei casi fittizie, costituite nel tentativo di indurre in errore l’Inps, con il precipuo fine di ottenere un ingiusto profitto mediante rapporti di lavoro simulati, diretti all’indebita fruizione di indennità previdenziali (malattia – disoccupazione – maternità).

Nel dettaglio, i militari hanno provveduto dapprima all’individuazione dei soggetti occupati in attività di manodopera agricola/impiegatizia e dei relativi datori di lavoro. Successivamente, unitamente al personale ispettivo Inps, hanno analizzato le denunce di manodopera agricola riferite al periodo 2017 – 2019, nonché il libro unico del lavoro delle varie aziende, con relative giornate di presenza per ciascun bracciante teoricamente impiegato. In seguito, una volta localizzati i terreni asseritamente oggetto di attività agricola, attraverso i dati catastali riportati nelle denunce aziendali, hanno effettuato accertamenti urgenti sui luoghi, appurandone in ogni circostanza lo stato di abbandono. Infine, a riprova di quanto già accertato, i militari hanno di volta in volta escusso i dipendenti, i quali non rammentavano dettagli basilari attinenti alla propria attività lavorativa, quali il nome della ditta, l’ubicazione dei terreni, la tipologia delle colture, i nomi o la fisionomia dei restanti operai. I dodici imprenditori sono stati conseguentemente deferiti in stato di libertà, in concorso con ciascuno dei dipendenti, per aver simulato l’esistenza dei rapporti di lavoro, denunciandone la relativa manodopera.

L’attività d’indagine scaturisce dal monitoraggio di numerosi soggetti contigui, per vincoli di parentela, a famiglie d’interesse operativo, sorpresi sovente a diporto benché asseritamente impiegati quali braccianti agricoli ovvero dipendenti, a vario titolo, da aziende immobiliari. All’esito degli accertamenti effettuati, non soltanto è stato possibile accertare che le aziende controllate fossero fittizie, ma anche, a ritroso, la precedente assunzione delle medesime persone presso aziende ulteriori, risultate anch’esse fasulle.

È stato accertato, in particolare, che le società monitorate erano di fatto riconducibili a soggetti legati a famiglie gravitanti nell’orbita della criminalità organizzata della Locride, i quali a loro volta avevano assunto, prevalentemente, numerosi altri soggetti contigui per vincoli di parentela a famiglie criminali.

I militari dell’Arma hanno stimato che le indennità previdenziali indebitamente percepite avrebbero comportato un danno erariale pari a euro 5.669.239,88 per un totale di 33.954 giornate agricole denunciate. L’esauriente quadro accusatorio delineato ha così consentito, agli uffici competenti Inps, di trattenere alla fonte l’ingiusto profitto che, diversamente, a seguito delle prestazioni fittizie sarebbe stato erogato.

Pubblicato in Calabria

Il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, si è rivolto al ministro dell’Interno dicendo «La gente del Sud ha bisogno di fatti» Non parole, quindi.

Poi ha aggiunto «Qui si soffre di povertà ma si avanti con dignità».

«Oggi nella sua venuta vediamo un segno concreto della vicinanza dello Stato, ma anche della volontà delle Istituzioni di aiutare questa terra ad uscire dalla sua condizione di povertà economica con proposte concrete di sviluppo.

Passare dalle parole ai fatti: è quello che questa gente del Sud si attende».

Così il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, si è rivolto a ministro dell’Interno Matteo Salvini nel corso della cerimonia per l’assegnazione alla Diocesi di un bene confiscato alla ‘ndrangheta.

«La nostra terra – ha aggiunto monsignor Oliva – non è solo ‘ndrangheta e mafia.

C’è gente che lavora e nonostante il contesto di povertà in cui vive porta avanti la propria famiglia con grande onestà.

È il popolo di cui parla Corrado Alvaro in “Gente d’Aspromonte”.

Questa gente soffre la povertà e la disoccupazione, ma ha tanta dignità e va avanti grazie al proprio lavoro ed al sudore della propria fronte.

Ha conosciuto e conosce l’emigrazione e tira avanti col poco che questo “aspro” monte concede. Sappiamo bene quanto male ha fatto la ‘ndrangheta a questa nostra terra.

Sappiamo quanto affossa le sue speranze di sviluppo e di crescita.

Ma siamo pronti a rialzarci e a collaborare con le istituzioni per sconfiggere questi fenomeni».

Il vescovo ha ringraziato il prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari, «per la sua presenza attenta alle problematiche di questo territorio, pronto a spingere le amministrazioni locali a liberarsi dalle dipendenze e condizionamenti mafiosi.

È un ruolo di accompagnamento necessario ed importante che aiuta a recuperare il valore della crescita civile, sociale e politica.

Come Chiesa non ci tiriamo indietro.

Vogliamo impegnarci in prima linea e collaborare ad ogni iniziativa di formazione alla legalità e di lotta alla ‘ndrangheta.

Il bene confiscato che ci viene assegnato oggi vuole essere una risorsa per la crescita umana e sociale di questo territorio.

Sarà utilizzato per attività di formazione e culturali, oratoriali e di aggregazione sociale».

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elezioni-amministrative-2018Il 10 giugno prossimo anche in Calabria gli abitanti di 53 comuni calabresi si recheranno alle urne per eleggere il Sindaco e il Consiglio Comunale. Il più popoloso comune calabrese è Corigliano Calabro. Eventuale ballottaggio domenica 24 giugno. I Comuni più vicini a noi sono Serra d’Aiello e San Lucido. Ma anche in questa tornata elettorale di primavera molti cittadini non andranno a votare perché in alcuni comuni non è stata presentata alcuna lista. Nessuno viole diventare Sindaco, nessuno vuole diventare consigliere comunale. Anche nella nostra Calabria c’è un comune che non andrà per la terza volta consecutiva al voto. E’ il comune di San Luca tristemente noto alla cronaca nera per le faide delle cosche mafiose e per rapimenti e uccisioni degli anni passati. Ma San Luca è anche il paese di Corrado Alvaro. Anche in Sardegna ci sono 6 paesi in cui non si è trovato nessuno disponibile a candidarsi. Se questo succede in Calabria e in Sardegna, un motivo c’è. Nei comuni piccoli i Sindaci sono più esposti e meno tutelati. Poi se in quei paesi la mafia la fa da padrone allora è comprensibile la rinuncia dei cittadini a candidarsi. La vita è sacra. Il Sindaco di Bari nonché Presidente dell’ANCI così ha detto:- A spaventare sono le minacce della criminalità organizzata. Fare il Sindaco è un mestiere difficile che costringe a scontrarsi con ostacoli burocratici. Le risorse sono poche e gli obblighi molti, con una miriade di scelte scomode, impopolari e a volte rischiose come risulta l’alto numero di amministratori minacciati-.

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San Luca è famosa per aver dato i natali allo scrittore Corrado Alvaro, ma è anche tristemente nota per la faida di San Luca, culminata nella strage di Duisburg, cittadina della Germania occidentale, in cui, nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 2007, furono uccise sei persone.

 

Nel Comune reggino di San Luca nessuna lista è stata presentata per l’elezione di sindaco e Consiglio comunale del 2017.

L’ente era stato sciolto nel 2013 per mafia.

Nel 2015, anno in cui si tennero le amministrative, si presentò una sola lista, Liberi di Ricominciare, che non raggiunse il quorum utile.

“A San Luca si sono convinti di essere colpevoli e per questo si sono cosparsi il capo di cenere, hanno scelto la rinuncia totale.

Una sopportazione che si trasforma in non scelta.

È una resa che è peggio di tutto".

Così lo scrittore Gioacchino Criaco commenta con amarezza quella che definisce “l'ennesima occasione persa per San Luca”

"Si dice che i commissari prefettizi abbiano bene amministrato - risponde all'Agi l'autore di "Anime nere" - ma non si può rinunciare solo perché si ritiene che ci sia un bravo commissario a governare".

 

Criaco è originario dell'Aspromonte e alcune settimane fa aveva espresso il suo pensiero anche su Facebook dopo l'inaugurazione di un campo di calcio che aveva richiamato autorità di governo ed i riflettori della stampa sulla cittadina.

"San Luca - afferma - si è ormai convinta di avere un peccato collettivo da scontare e da anni, religiosamente, sopporta ogni tipo di reprimenda, accoglie con gioia variegati profeti del bene, accetta consigli, asseconda progetti che arrivano da fuori".

Affidarsi a un commissario prefettizio, per quanto bravo, dice Criaco, "è una sconfitta"; è, aggiunge, “la convinzione che la salvezza arriverà da fuori".

 

Per lo scrittore “un popolo che non discute, non si interroga, non protesta, non è più un popolo” e lo Stato che si propone come salvatore "ha già fallito".

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