In tempo di Coronavirus non si può fermare la forza della memoria; ricorre oggi il 28° anniversario della Strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta uccisi appunto nell'attentato mafioso di quel 23 maggio 1992, una terribile pagina della nostra storia recente e a cui seguì il successivo 19 luglio quella di Via d’Amelio, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino, una sequenza terribile che ha avvolto la parte bella, perché onesta, dell’Italia in una nube di sconforto, due date che il popolo italiano non deve dimenticare.
Oggi alle 17.58, ora della strage di Capaci, la delegazione di Centro Destra di Amantea composta da Vincenzo Lazzaroli, Fabio Garritano, Pino Veltri e Giuseppe Curcio, si è recata nella piazza Falcone-Borsellino, per osservare un minuto di silenzio e per deporre un fascio di fiori in memoria di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Insieme poi, abbiamo steso un lenzuolo bianco sulla lapide per onorare il loro ricordo ed il loro impegno. Un lenzuolo bianco a rappresentare una nuova pagina, da scrivere insieme ai nostri ragazzi per educarli alla bellezza della libertà da tutte le mafie.
Solo pochi giorni fa, grazie alla tenacia di Vincenzo Lazzaroli che si è interessato per far ripulire la piazza infestata dall’erbacce, siamo riusciti a ridare giusta rilevanza ad un luogo simbolo della Città, per troppo tempo, purtroppo dimenticato.
Sulla lotta alla mafia, non bisogna abbassare la guardia perché rappresenta ancora una minaccia reale, e la memoria seve come valore per non dimenticare.
Il sacrificio di questi valorosi uomini dello Stato, non deve essere vano, è la legalità che deve regnare in uno Stato di diritto, e per l’affermazione della legalità siamo chiamati tutti ad un impegno corale poiché, riportando le parole del giudice Borsellino, “La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”
Solo l’onestà fa sentire e godere del profumo della dignità e questa appartiene solo agli uomini liberi e lontani dalle aggregazioni criminali.
Vincenzo Lazzaroli
Fabio Garritano
Pino Veltri
Giuseppe Curcio.
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Non manca la bella penna di Francesco Gagliardi di affrontare con acutezza e sensibilità, anche religiosa, il tema della morte di Totò Riina, segnalando il suo “diritto” ad avere esequie ecclesiastiche sulle quali la Chiesa si divide.
Non entriamo su un tema scottante quale il “dovere”
della Chiesa di perdonare, siamo uomini e, quindi, a noi umani è difficile perdonare chi , come lui, ha fatto uccidere atrocemente tanti eroi facendo piangere tante mogli e tanti figli.
Ma ecco il brillante articolo del mostro amico:
“Nell’ospedale di Parma dove era ricoverato da alcuni giorni è morto Totò Riina, il capo indiscusso della mafia siciliana.
Nonostante fosse carcerato da oltre venti anni era ritenuto il capo e finché c’era Riina in vita una nuova Cupola non poteva essere creata malgrado i vari tentativi e gli incontri dei capomafia per ridisegnare i vertici, tutti poi falliti.
La sua morte ha occupato le prime pagine dei giornali e le prime notizie dei vari notiziari televisivi e i vari commentatori hanno affermato che la sua morte segna la fine di un’epoca.
Anche la figlia di Riina, la sig.ra Maria Concetta, ha fatto sapere ai fallowers di face book la morte del padre postando una rosa nera sovrastata dal volto di una donna e di un dito sulla bocca con su scritto:-Shhh, silenzio!-. Vietato parlare di suo padre anche se ora è morto, questo è il messaggio che la sig.ra ha voluto lanciare.
Ma non possono restare in silenzio le famiglie delle vittime uccise dalla mafia.
Non possiamo dimenticare le centinaia di uomini uccisi dalla lupara e fatti saltare con il tritolo.
Non possiamo dimenticare Carlo Alberto dalla Chiesa, sua moglie e gli uomini della scorta; i giudici Falcone e Borsellino; I poliziotti ed i carabinieri; il bambino sciolto nell’acido; i sacerdoti; e le altre centinaia di vittime innocenti.
Alcuni personaggi hanno gioito nell’apprendere la morte del capo mafia perché secondo loro l’umanità oppressa si è finalmente liberata da questo demone.
Totò Riina è morto, non c’è più.
La mafia è stata sconfitta e con la sua morte la Sicilia ritornerà ad essere una terra pacifica dove nei fiumi scorrerà latte e miele e nelle case e nelle comunità regnerà la pace e la concordia. Stento a crederci.
Ci saranno lotte intestine e altro sangue innocente scorrerà per le vie della nobile terra siciliana. Io non ho brindato, non ho gioito.
Di fronte alla morte non si brinda, non si gioisce.
Di fronte alla morte, per noi cristiani, ci resta soltanto la preghiera.
L’eterno riposo, dona a lui Signore. Se Riina ha sbagliato in vita ora si troverà davanti a quel Dio che Manzoni dice:- Che atterra e suscita, che affanna e che consola- e solo lui potrà condannarlo alla pena che si merita per i gravi peccati commessi quando era ancora in vita e che non si è mai voluto pentire.
Anche la Chiesa è intervenuta e Mons. Pennisi Arcivescovo di Monreale ha detto che Riina essendo un pubblico peccatore non pentito non avrà diritto a un funerale in chiesa.
Niente esequie, ma soltanto una preghiera e la benedizione della salma al cimitero, se la famiglia lo vorrà.
I Vescovi e i sacerdoti applicano il n. 1184 del Codice di Diritto Canonico:- Se prima della morte i peccatori non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati dalle esequie ecclesiastiche -. Chiaro?
Ma c’è anche il pronunciamento del Santo Padre Papa Francesco davanti a 250 mila persone nella Piana di Sibari quando venne in Calabria il 21 giugno 2014:-
I mafiosi sono scomunicati, non sono in comunione con Dio -.
E quando c’è la scomunica, essendo la più grave delle pene che possa essere comminata ad un battezzato, lo esclude, ipso facto, dalla comunione dei fedeli e lo priva di tutti i diritti e i benefici dell’appartenenza alla chiesa, in particolare quello di amministrare e ricevere i sacramenti.
Non tutti, però, la pensano allo stesso modo e sono d’accordo.
Alcuni, anche dei sacerdoti, hanno già condannato la presa di posizione dell’Arcivescovo e della Chiesa.
Riina, è vero, non si è mai pentito di quello che ha fatto sulla terra, però nessuno potrà sapere se all’ultimo istante del trapasso alla nuova vita abbia avuto un pensiero rivolto al Redentore.
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