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Per dovere di cronaca e per il rispetto di anas
"La sanzione amministrativa pecuniaria (nel linguaggio di tutti i giorni: la "multa") può avere diverse funzioni. Di deterrenza, innanzitutto. Come tutte le sanzioni, infatti, serve a dissuadere il singolo, nonché la collettività, dal tenere il comportamento illecito. Inoltre, specie se si tratta di "multe" standardizzate e applicate quotidianamente, una possibile funzione di (indiretto) riequilibrio economico, ove quel gettito sia impiegato dagli apparati pubblici per migliorare lo specifico contesto ambientale nel quale è maturato il comportamento illecito.
Il principio era ben noto alla legislazione in materia di circolazione stradale della prima metà del secolo scorso che assegnava i proventi delle sanzioni all'Ente proprietario della strada su cui era avvenuta l'infrazione. Quest’ultimo doveva utilizzarli in lavori di miglioramento infrastrutturale.
La legislazione successiva si discostò da tale principio. Fino ad arrivare all'attuale Codice della Strada che, sul punto, enuncia la regola secondo cui i proventi contravvenzionali spettano all'Amministrazione di appartenenza dell'agente accertatore. In pratica: vanno al Comune, se il verbale d'infrazione è stato redatto dai vigili urbani; alla Provincia, se è stato redatto da agenti di polizia provinciale; allo Stato, se il compilatore del verbale è un carabiniere o un poliziotto. Quanto ai possibili impieghi di tali somme, sono variegati, descritti dalla norma in maniera non troppo chiara e, in ogni caso difficilmente controllabili.
Questo, dunque, il quadro della situazione. Senonché, negli ultimi tempi, è emersa una criticità. O, per meglio dire, una vera e propria distorsione del sistema. Quando le polizie municipali collocano strumenti rilevatori della velocità dei veicoli su strade statali attraversanti il territorio comunale, la rispettiva Amministrazione comunale finisce per introitare da una popolazione non residente (le strade in questione sono utilizzate da automobilisti di passaggio) una notevole quantità di denaro, utilizzata, poi, per migliorare non meglio precisate infrastrutture cittadine e/o per altre attività dell'Ente locale. E, comunque, per finalità riconducibili alla sicurezza stradale solo molto indirettamente. Non tutti i Comuni, beninteso, operano in tal modo. Ma, in certi casi, la tentazione di avvalersi delle strade statali come se fossero un "bancomat" ha il suo innegabile appeal.
Il legislatore del 2010 (parliamo della riforma del Codice della Strada sfociata nella Legge 120/2010) ha inteso affrontare il problema. E l’ha fatto con un parziale ritorno al passato, stabilendo che, almeno per un'infrazione (gli eccessi di velocità), il 50% dei proventi delle "multe" sarebbe dovuto finire all'Ente proprietario della strada oggetto del rilevamento tramite apparecchiature: a prescindere dallo status dell'agente accertatore. Però, a due anni e mezzo di distanza, la nuova regola (potremmo chiamarla, per brevità, "regola del riparto al 50%") permane inattuata. La ragione di ciò va ricercata nella formulazione, estremamente complessa, con cui è stata posta. Da un lato, una serie di tecnicismi amministrativo-contabili richiedenti, per forza di cose, un decreto attuativo; dall'altro, la presenza di una frase che, tra le diverse interpretazioni possibili, sembrerebbe escludere proprio le statali dal meccanismo del riparto al 50%. Quest'ultimo punto, evidentemente, dovrà essere chiarito dal decreto attuativo stesso: decreto che sembra ormai prossimo all'emanazione.
Una cosa, in ogni caso, è certa: un'eventuale esclusione delle strade statali dall'ambito di applicazione della riforma del 2010 avrebbe, davvero, il sapore della beffa. E potrebbe innescare un effetto perverso: quelle polizie municipali che, adesso, svolgono accertamenti della velocità veicolare lungo strade provinciali o regionali potrebbero spostare i loro apparecchi, tutte le volte che è possibile, lungo le statali per continuare ad avere a disposizione la totalità, anziché la metà, dei proventi. A un osservatore esterno, questa vicenda può sembrare un semplice contrasto tra Enti, a vario titolo, “gelosi” delle proprie attribuzioni. In realtà, è questione che attiene alla disponibilità, o meno, di risorse da dedicare immediatamente al miglioramento manutentivo della rete stradale d’interesse nazionale. Un tema, dunque, che riguarda la qualità della mobilità e, più in generale, la sicurezza stradale e le problematiche a essa connesse".
AI posteri l'ardua sentenza

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