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Ecco come conclude la Relazione sull’Attività e sui risultati conseguiti dalla Direzione Antimafia ( Primo semestre 2014) presentata dal Ministro dell’interno Alfano e trasmessa alla Presidenza il 13 gennaio 2015, a pagina 92, a fine del capitolo relativo alla Calabria .

Conclusioni. Gli elementi di analisi scaturenti dagli esiti investigativi e giudiziari sulla matrice mafiosa calabrese, relativi al semestre esaminato, consentono di confermare la capacità della 'ndrangheta di infiltrare settori della politica, della pubblica amministrazione e dell'imprenditoria, attraverso una consolidata rete di relazioni.

Il quadro della minaccia proveniente dalla criminalità calabrese si completa con il potenziale economico delle cosche che consente di orientare, con successo, i propri interessi verso i circuiti economici.

I significativi provvedimenti ablativi eseguiti su beni riconducibili ai sodalizi di calabresi, che hanno riguardato anche altre regioni d'Italia, costituiscono il riscontro oggettivo sugli ormai sperimentati meccanismi che conducono, attraverso la fase di accumulazione finanziaria, a sistematiche iniziative volte al riciclaggio e al reimpiego di capitali sui circuiti economico-imprenditoriali.

L'interesse imprenditoriale della 'ndrangheta costituisce, infatti, l'elemento caratterizzante che da tempo si è esteso dal territorio calabrese verso altre regioni, rendendo necessario acuire il livello di vigilanza.

Ed infatti a pagina 90 si legge che la DIA nel solo primo semestre 2014 nei confronti dei sodalizi calabresi ha iniziato 11 operazioni, ne ha concluso 9 ne ha in corso 52.

A dimostrare questo quadro secondo la DIA sono “ i numerosi episodi di condizionamento che affliggono gli enti locali calabresi che «sono diventati una ciclica emergenza che perdura da tempo e che pone, anche nel 2014, la Calabria quale regione interessata dal più alto numero di provvedimenti di scioglimento di Comuni per infiltrazione mafiosa: complessivamente 14”.

La affermazione che la DIA ha in corso almeno 52 indagini su sodalizi e loro relazioni con la politica offre la speranza che si possa porre fine alle collusioni tra politica e ‘ndrangheta.

Proprio oggi i quotidiani locali titolano che il PM Facciolla ha lanciato una dura reprimenda alla politica che “ si occupa di questi argomenti solo in periodi di campagna elettorale” ed alla stampa che avrebbe condotto “ attività di favoreggiamento” , evidenziando che in taluni casi il territorio è stato identificato con il boss , così che “ Cetraro e Muto sono la stessa cosa”.

Pubblicato in Alto Tirreno

14 maggio 2014. Operazione Chimera. In manette 26 persone appartenenti alla cosca “Cerra – Torcasio – Gualtieri”.

28 ottobre 2014 . Operazione Chimera Due . In manette “altre” 18 persone, sempre della cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri.

Ad eseguire gli arresti il Nucleo investigativo dei carabinieri di Catanzaro, insieme alla Compagnia di Lamezia Terme.

16 le ordinanze di custodia cautelare in carcere

Una l’ordinanza di arresti domiciliari

Tutti sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata alla commissione di estorsioni a danno di imprenditori e commercianti dell'area lametina, nonché all'illegale porto e detenzione di armi.

A finire in carcere esponenti di spicco della cosca, Cerra-Torcasio-Gualtieri, quali Pasquale Torcasio 45 anni e Cesare Gualtieri, 36 anni, ed inoltre vari componenti del gruppo di fuoco dell'omonima cosca.

L'indagine costituisce il prosieguo dell'operazione "Chimera" del maggio scorso e si è sviluppata grazie alla collaborazione di vari imprenditori.

Un ulteriore provvedimento in carcere è stato eseguito dalla Dia di Catanzaro.

I dettagli completi si avranno nella conferenza stampa convocata a Catanzaro per le ore 11, 30 presso il Comando provinciale dei carabinieri

Pubblicato in Lamezia Terme

La direzione della DIA “passa” dalla Polizia alla Guardia di Finanza.

Arturo De Felice lascia l’incarico di titolare della Direzione investigativa antimafia per diventare Prefetto nominato dal Consiglio dei ministri su indicazione del ministro dell’Interno, Angelino Alfano.

Gli succede il generale di divisione della Guardia di Finanza, il dottor Nunzio Antonio Ferla.

De Felice, 62 anni, reggino, entrò in Polizia nel 1979, venne assegnato alla Questura di Novara nel 1980, dove ricoprì gli incarichi di dirigente della Digos, della squadra mobile e di capo di gabinetto. Venne trasferito a Catanzaro nel 1987, e gli viene affidata la direzione del commissariato di Lamezia Terme.

Nel 1992 raggiunse Roma, dove prestò servizio alla Digos e successivamente al commissariato di Esquilino Monti.

Nel 1993 ricoprì l'incarico di dirigente al Centro interprovinciale Criminalpol di Reggio Calabria. Dal 1997 al 2000 diresse (dopo averla costituita) la divisione Sirene, struttura interforze creata in Italia a seguito dell'applicazione degli accordi di Shengen.

Nel 2000 divenne funzionario di collegamento tra il ministero dell'Interno e la commissione parlamentare Antimafia.

Dal 2001, venne promosso dirigente superiore, è fu nominato questore di Alessandria (sue le indagini su Erka e Omar)

Dal 29 luglio 2003, fu questore di Perugia, dove, tra l'altro, ha diretto le indagini sull'assassinio della studentessa inglese Meredith Kercher.

Il 25 agosto 2008, De Felice torna in Calabria, dove ha diretto la Questura di Catanzaro fino al trasferimento a quella di Ancona (nel 2010).

E' stato insignito delle onorificenze di grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana e commendatore dell'Ordine di San Gregorio Magno.

il suo successore, il generale di Divisione Nunzio Antonio Ferla, nel corso della sua carriera ha ricoperto importanti incarichi di Stato Maggiore presso il Comando Generale del Corpo oltre che incarichi di Comando Territoriale, tra cui quello di Comandante Provinciale di Palermo, della Regione Abruzzo, e per ultimo quello di Comandante Regionale Campania della Guardia di Finanza.

Arruolatosi nel 1977, ha conseguito le lauree in Giurisprudenza, in Scienze della Sicurezza Economica Finanziaria e in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni.

E’ stato nominato Generale di Divisione nel luglio 2011.

L’assunzione della titolarità della Direzione Investigativa Antimafia, della quale diviene l’undicesimo Direttore, costituisce, quindi, per il Generale di Divisione, il prestigioso approdo di una carriera di spicco, costellata dalle più diversificate esperienze professionali in varie parti del territorio nazionale.

Si tratta di un incarico di assoluto rilievo, per il suo valore intrinseco, caratterizzato dalla “centralità” che l’obiettivo del contrasto alla criminalità organizzata ha assunto tra le priorità perseguite per assicurare l’ordinato sviluppo della società civile.

Pubblicato in Italia

Ci chiedevamo se fosse una “trupia” od un temporale. Ed ecco la risposta

Oggi la stampa qualificata parla di “bufera”. Ben peggio, quindi. E forse la bufera non è solo tuoni, fulmini, venti impetuosi, pioggia, grandine e financo neve, ma anche ,in senso figurato, uno sconvolgimento grave, denso di avvenimenti disastrosi, dopo i quali , ci si augura, torni a splendere il sole caldo che asciuga, riscalda e fa ritornare la vita.

Poi di spalla due avvisi. Il primo è che l’inchiesta della DIA”ha abbracciato gli anni compresi tra il 2010 ed il 2013”. Ma forse anche il 2008 ed il 2009.

Il secondo è che “gli investigatori stanno tirando le somme per decidere che eventualmente iscrivere nel registro degli indagati”.

Ma ecco in sintesi la storia

Giungono alla Procura di Paola esposti anonimi.

Viene accusato il Comandante dei Vigili Amerigo Spinelli.

Ma Spinelli , addirittura incarcerato, viene assolto.

Poi arrivano altre denunce, alcune anche firmate, nelle quali si chiede di indagare sui concorsi, sulla stabilizzazione di vigili, sugli incarichi alle cooperative sociali e sulle liquidazioni alle medesime

Poi per una qualche ragione ancora ignota le indagini sui fatti del comune di Amantea passano al Commissariato di pubblica sicurezza di Paola, diretto dal vicequestore aggiunto Raffaella Pugliese.

E la Digos comincia una lungo e defatigante indagine anche su altri fatti compresi i pagamenti, le strisce blu, , gli affidamenti di incarichi e consulenze , ed infine il voto di scambio “per la gestione di alcuni settori dell’Ente”.

La somma delle risultanze , peraltro ancora in itinere, indirizza la Digos verso la DIA e si ipotizza la associazione mafiosa.

“Insomma- riporta il “Garantista”, il quotidiano che “crea indipendenza”-, il cerchio si sta lentamente stringendo e la località nepetina rischia ,ancora una volta, di essere protagonista di una inchiesta giudiziaria.”

E poi conclude” Questa volta ,però, i nomi eccellenti degli indagati potrebbero essere quelli di politici e di dipendenti comunali” .

Ma forse quanto emerso non è tutto.

Forse c’è altro che ancora deve essere tirato fuori

Forse Amantea è una necropoli di violenze e nefandezze che aspettano solo di essere tirate fuori dall’ombra che li avvolge dopo che i “commedianti” hanno spento la luce.

Ma forse bisognerebbe dire “tragedianti”.

Sequestrati 500mila euro a Pietro Citrigno

L'intero capitale sociale della clinica San Vitaliano di Catanzaro, per un valore di circa 500 mila euro, è stato sequestrato da personale della Dia del capoluogo calabrese all'imprenditore cosentino Pietro Citrigno

L'intero capitale sociale della clinica San Vitaliano di Catanzaro, per un valore di circa 500 mila euro, è stato sequestrato da personale della Dia del capoluogo calabrese all'imprenditore cosentino Pietro Citrigno, attualmente agli arresti domiciliari dopo una condanna definitiva a quattro anni ed otto mesi di reclusione per usura aggravata.

A Citrigno erano già stati sequestrati beni per un centinaio di milioni di euro nel gennaio scorso. Il nuovo provvedimento di sequestro, emesso sempre dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Cosenza, riguarda, oltre che il 100% del capitale sociale del "Centro clinico San Vitaliano srl" con sede a Catanzaro, struttura accreditata dal Servizio sanitario, con circa 35 posti letto per pazienti affetti da patologie neuromuscolari; l'85% del capitale sociale della Pieffe Holding srl, con sede a Cosenza, dedita all'assunzione e gestione di partecipazioni societarie, nonché al controllo di altre società, che detiene la quota di maggioranza di altra società editrice de L'Ora della Calabria; il 49% del capitale sociale della Vela Latina srl, con sede a Cetraro, dedita alla gestione, manutenzione e ristrutturazione di immobili; tre rapporti finanziari; 9 autoveicoli.

Eseguendo il precedente sequestro, la Dia ha acquisito elementi che confermavano la riconducibilità della clinica a Citrigno attraverso due società, Meridiana e Riace, entrambe con sede a Cosenza, per le quali era stato disposto il sequestro del capitale sociale e dell'intero compendio aziendale. Gli investigatori hanno poi ricostruito la "proprietà" della clinica, individuandone la titolarità del 70% delle quote in capo alla Meridiana ed il 30% in capo alla Riace. Oltre al capitale della clinica, la Dia, ha dato estensione al provvedimento di gennaio su beni ricompresi nel compendio delle società Meridiana e Riace. Le indagini patrimoniali sono state disposte dal direttore della Dia Arturo De Felice, che, a conclusione degli accertamenti, ha avanzato al Tribunale di Cosenza una proposta per l'adozione di misura patrimoniale. (ANSA)

Pubblicato in Cosenza

La Dia ha sequestrato beni del valore di 100 milioni di euro all'imprenditore cosentino Piero Citrigno, di 61 anni.

Tra questi beni anche 37 fabbricati, tra cui due cliniche, “Villa Adelchi”, a Longobardi, e “Villa Gioiosa”, a Montalto.

La Dia scrive che :«Le inquietanti ombre rilevate sull’origine del cospicuo patrimonio (...), unitamente alla pendenza presso il Tribunale di Paola di un procedimento penale per estorsione, hanno indotto gli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro a ritenere tali obiettivi accadimenti come seri indizi da cui desumere che avesse condotto un tenore di vita superiore alle proprie possibilità economiche».

Piero Citrigno è l’editore del quotidiano “L’Ora della Calabria”.

Ma il gruppo editoriale non risulta colpito dal provvedimento.

Piero Citrigno Citrigno è attualmente agli arresti domiciliari dopo una condanna in via definitiva a quattro anni e otto mesi di reclusione per il reato di usura aggravata nell’ambito dell’operazione Twister.

Ecco l’elenco dei beni sequestrati:

5 terreni

35 fabbricati

Villa Adelchi in Longobardi accreditata dalla regione

Villa Gioiosa in Moltalto Uffugo accreditata dalla regione

La ditta e tutti i beni della "Edera srl" con sede a Cosenza e dedita alla costruzione e commercializzazione di immobili;

La ditta ed i beni della "Meridiana srl", con sede a Cosenza e dedita alla realizzazione e gestione di strutture ricettive alberghiere, ospedali e case di cura;

La ditta ed i beni della "Riace srl" con sede in Cosenza e dedita alla costruzione di strutture ricettive, sanitarie e socio-assistenziali;

Il 23,33% del capitale sociale della "Monachelle srl" con sede a Rossano (CS) e dedita a realizzazione e gestione di case di cura, di laboratori, di centri diagnostici, di stabilimenti termali Rsa;

Il 25% del capitale sociale della "San Francesco srl" con sede a Cosenza e dedita gestione di strutture pubbliche e private per ogni forma di assistenza riabilitativa per anziani e di tipo socio-assistenziale. 

Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Tribunale di Cosenza su proposta del direttore della Dia, Arturo De Felice.

La Dia ha effettuato consistenti accertamenti patrimoniali, per un arco temporale compreso tra il 1988 e il 2011, dai quali è risultata la «presunta origine illecita dei beni basata sulla sproporzione tra i redditi dichiarati e il valore dei beni posseduti anche mediante intestazione fittizia».

Un lavoro reso più arduo per il fatto che «alcuni immobili, in precedenza di proprietà dei familiari di Citrigno, siano stati successivamente alienati a società pur sempre riconducibili al nucleo familiare del medesimo, e ciò nell’ambito di una fitta trama di partecipazioni societarie chiaramente finalizzate ad evitare la riconducibilità di tali beni proprio al Citrigno…».

Non solo ma secondo la Dia «I componenti la famiglia di Citrigno Pietro hanno sempre dichiarato, almeno fino al 2005, redditi non elevati; tuttavia essi sono risultati possessori di beni immobili e aziende di valore oltremodo rilevante e cospicuo».

In sostanza per gli investigatori, «mai dal 1981 al 2005 il nucleo familiare Citrigno ha prodotto lecitamente un reddito pari o prossimo al valore dei beni entrati nel suo patrimonio»

Pubblicato in Longobardi

La Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha confiscato beni per 50 milioni di euro ad un imprenditore di Lamezia Terme, Giuseppe Trichilo, condannato per reati aggravati dalle modalità mafiose, nell'ambito dell'operazione "Crimine". I beni confiscati sono diversi compendi aziendali, costituiti da beni immobili, ubicati a Lamezia, beni mobili e rapporti finanziari, sequestrati dalla Dia di Catanzaro nel gennaio 2012 su disposizione del Tribunale di Reggio Calabria.

L'ingerenza della 'ndrangheta nell'esecuzione dei lavori per la realizzazione dei lavori del tratto della statale 106, in particolare la variante al centro abitato di Marina di Gioiosa Jonica, da parte della società Gioiosa scarl sono confluite nel procedimento penale che ha portato alla confisca dei beni, per 50 milioni di euro, nei confronti dell'imprenditore lametino Giuseppe Trichilo, di 39 anni.

Trichilo è stato condannato dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Reggio Calabria a due anni e due mesi di reclusione per il reato di illecita concorrenza e minaccia.

I beni confiscati sono capitale sociale ed intero compendio aziendale della Edil Trichilo con sede a Lamezia Terme che si occupa della fabbricazione di strutture e parti assemblate metalliche ed al commercio di materiale da costruzione; capitale sociale ed intero compendio aziendale della società C.T.

Costruzioni con sede a Falerna che si occupa della costruzione di edifici residenziali; il 50% del capitale sociale e del corrispondente compendio aziendale della "Magma srl" con sede a Lamezia Terme, dedita alla compravendita, locazione, gestione e amministrazione di beni immobili di qualsiasi specie e tipo; 50% del capitale sociale e del corrispondente compendio aziendale della "Caraffa Costruzioni" con sede in Gizzeria e dedita alla costruzione di edifici, strade ed autostrade; 30 beni mobili; 30 rapporti finanziari; 14 beni immobili; 31 mezzi industriali.

Giuseppe Trichilo è stato condannato perché ritenuto responsabile di aver agevolato la cosca degli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica. Nel corso delle indagini il personale della Dia di Catanzaro ha compiuto numerosi accertamenti che hanno riguardato l'arco temporale compreso tra il 1998 ed il 2009. Dagli accertamenti è emersa la sproporzione del valore dei redditi dichiarati da Trichilo ed i beni posseduti.

L'operazione portata a termine oggi dalla Dia di Catanzaro rientra in un più vasto progetto denominato "Desk Interforze", da tempo avviato e coordinato dalla Procura Distrettuale di Catanzaro e finalizzato ad individuare i beni riconducibili alle cosche della 'ndrangheta. (ANSA)

Pubblicato in Lamezia Terme

La Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro ha confiscato beni mobili ed immobili, per circa otto milioni di euro, riconducibili al cinquantottenne Carlo Sama' imprenditore amanteano, attivo nel settore della raccolta dei rifiuti, condannato in via definitiva per associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito dell'operazione "Nepetia".

In particolare, il provvedimento riguarda:

-compendio aziendale della "Sama' Carlo srl", con sede in Amantea (CS);

-compendio aziendale della "Servizi Ambientali srl", con sede in Amantea (CS);

-Quote sociali e compendio aziendale della "Amagestioni srl", con sede in Amantea (CS);

-Quote sociali e compendio aziendale della "Amambiente srl", con sede in Amantea (CS);

-Quote sociali e compendio aziendale della "Tirreno Servizi srl", con sede in Amantea (CS);

-Quote sociali della "Ecosud srl" con sede in Fuscaldo (CS);

-nonche' decine di beni immobili (tra i quali spicca una quota di palazzo baronale amanteano del 1700), mobili registrati, mezzi industriali e svariati rapporti finanziari. (Roma, 5 lug AGI)

Carlo Samà fu coinvolto nell’operazione “Nepetia” contro le cosche del cosentino. Nel corso delle verifiche è anche emerso che l’imprenditore, nel 2007, ottenne un prestito di 900 mila euro da un istituto di credito attraverso il quale effettuava attività per l’acquisto di titoli o di quote societarie.

“I particolari delle indagini sono state illustrate stamane dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, dal capo sezione della Dia del capoluogo calabrese, Antonino Cannarella, e dal suo vice, Ten.Col. Michele Conte. ''Il tribunale di Cosenza - ha detto Lombardo - a tempo di record, con decreto camerale, ha emesso il provvedimento di sequestro. Quello di Sama' e' un modello di imprenditoria del quale la Calabria non ha bisogno. E' emerso, infatti, un circuito perverso tra criminalita' ed economia mentre la Calabria ha bisogno di ben altro''. Durante le indagini e' emerso anche che Carlo Sama', nel 2007, ha ottenuto un prestito di 900 mila euro da un istituto di credito attraverso il quale effettuava ''attivita' speculative - hanno reso noto gli investigatori - attraverso l'acquisto di titoli o di quote societarie''. Cannarella ha evidenziato che ''ancora una volta emerge che la 'ndrangheta punta al lucro e quindi e' la ricchezza che bisogna colpire. La Procura distrettuale di Catanzaro sta dando ormai da tempo un grosso impulso alle indagini sui patrimoni illeciti ed il Procuratore Lombardo e' impegnato in maniera incisiva su questo fronte''. Il Ten.Col. Conte ha ricordato come ''durante le indagini siamo rimasti colpiti dal fatto che un imprenditore, ad un certo punto della sua attivita', decide di appoggiarsi ad una cosca per incrementare i suoi profitti e per eliminare i concorrenti''. L'operazione di stamane della Dia di Catanzaro rientra nell'ambito di una apposita strategia pianificata dal direttore della Dia, Alfonso D'Alfonso, contro i patrimoni illeciti della criminalita' organizzata”(IlDispaccio).

Sono i beni sequestrati dalla Dia e dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria a Rocco Musolino, di 86 anni, di Gambarie d’Aspromonte, conosciuto come il “re della montagna”.

Imprese operanti nei settori dell’industria boschiva e della compravendita e locazione di beni immobili, 84 fabbricati, di cui uno a Roma, 118 terreni e conti correnti: sono i beni sequestrati dalla Dia e dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria a Rocco Musolino, di 86 anni, di Gambarie d’Aspromonte, conosciuto come il “re della montagna”. Le indagini sono state avviate dai carabinieri nel 2008 dopo il tentato omicidio ai danni dello stesso Musolino, noto imprenditore nel settore dei legnami.

Dalle indagini è emerso come Musolino sia stato più volte interessato per la risoluzione di disaccordi e problemi sorti a Santo Stefano d’Aspromonte e a Reggio Calabria per via di quello che gli investigatori definiscono il “prestigio criminale di cui godeva”. Secondo l’accusa l’imprenditore avrebbe esercitato la propria attività sfruttando i legami con la ‘ndrangheta. Legami che gli avrebbero consentito di operare fino a raggiungere una posizione di sostanziale monopolio, con modalita’ di sopraffazione e intimidazione tipiche dell’impresa mafiosa, nonché sfruttando le cointeressenze in tutti gli altri settori del mondo politico, economico ed istituzionale.

Alcuni collaboratori di giustizia lo hanno indicato come personaggio di estrema importanza nell’ambito della cosca Serraino, all’interno della quale avrebbe esplicato funzioni di vertice. Secondo gli investigatori, Musolino, grazie alla vicinanza con la ‘ndrangheta avrebbe esteso la sua impresa fino ad ottenere un consistente vantaggio patrimoniale specie quando, intrattenendo rapporti economici con la Regione Calabria, ha lavorato e fornito prestazioni in cantieri in cui la presenza di esponenti delle cosche era massiccia. A Musolino e’ stato notificato un avviso di conclusione indagini per esercizio abusivo dell’attività finanziaria. Stesso provvedimento è stato notificato alla sua segretaria particolare Francesca Sinicropi, di 58 anni. Nell’ambito dell’inchiesta sono stati notificati avvisi di conclusione indagini anche a Saverio Pizzimenti (41), a Giuseppe Frasca (51) ed a Rocco Stilo (61) per avere aiutato Musolino ad eludere le indagini rendendo dichiarazioni false e reticenti ai carabinieri e riferendo al “re della montagna” il contenuto delle loro dichiarazioni. (ANSA)

Pubblicato in Reggio Calabria
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