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FISCHIO-E-PALLONE-626x330Il regolamento del gioco calcio non prevede figli di secondo letto o figli di mignotta. Eppure, l’Amantea 1927 Onorata squadra di calcio, che milita nel campionato di calcio nel girone A della Promozione in Calabria, è stata presa a calci dal Direttivo Lega Calcio calabrese che la ha anche sbeffeggiata come una vecchia baldracca togliendole 3 punti vinti legittimamente sul campo contro Città di Acri calcio del 27 settembre 2020.

Partita alla quale ho assistito con le spalle protette e con nelle narici la salsedine del Mare di Ulisse dato che sulle sue sponde si adagia da millenni la città di Amantea!

Al regolamento del gioco calcio non sono consentite modifiche senza l’autorizzazione dell’IFAB (acronomo) di International Football Association Board cheè l’organismo internazionale incaricato di stilare ed, eventualmente, rivedere, le Regole del Gioco del Calcio. A tale organismo è anche demandato il compito, se necessario, di emanare regole aggiuntive.

Gli Amanteani, che non sono figli…di un Dio minore, da oltre cent’anni seguono la loro squadra del cuore, sono rimasti basiti alla notizia che alla loro squadra sono stati ingiustamente tolti 3 punti e con la sconfitta sul campo del Cassano, si ritrova ultima in classica nel campionato 2020-21. Anche oggi il campionato di Promozione potrebbe, in maniera “anomala” a causa del coronavirus, essere interrotto come è avvenuto lo scorso campionato, a 8 partite dalla fine promuovendo arbitrariamente il Belvedere Calcio in Eccellenza e sempre arbitrariamente retrocedere il San Marco Argentano in 1° Categoria. A tale riguardo è utile ricordare che in Serie A come pure in B ecc., la stagione passata, il campionato si concluse con tutte le partite giocate.

Cosa ha portato l’illustre Direttivo della Lega Calcio calabrese a chiudere “anormalmente” con 8 partite di anticipo la scorsa stagione la Promozione calabra, girone A e B e sanzionare in maniera “normale” il calciatore Edoardo De Pascale che doveva scontare la penalità di quel campionato “anomalo” e non nel normale campionato 2020-2021???

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

SPARABBALAIeri sera pensavo di limitare ad un breve intervento la descrizione del nuovo Sparaballe – strillone. Non ero molto incline a dargli più corda di quella che meritava. Oggi, invece, eccomi qui a urlare ai sette venti la mia rabbia e disgusto.

Qualche illustre intellettuale scrisse a suo tempo che gli italiani volano in soccorso al vincitore; questa frase rappresenta un tipico atteggiamento servile. Questa attitudine è comune oggi specialmente tra coloro che operano nel settore della comunicazione. Non per niente può anche dirsi che un giornalista, o aspirante tale, competente e intellettualmente onesto è raro a trovarsi come una mosca bianca. Un linguaggio completamente diverso da quello, servile nei confronti del Sindaco e della giunta di Amantea che in questi giorni ho visto apparire sempre più spesso nelle pagine di Facebook. Lo Sparaballe aspirante strillone pensa di fare informazione nel parlare degli appuntamenti che i suoi “mandanti” avranno nell’immediato futuro.

Della piaggeria è poi accompagnatrice necessaria la tirapiedaggine; e – forse appena meno necessarie – la baratteria, la falsità, e quant’altro Dante ha rappresentato nel secondo cerchio dell’inferno. Naturalmente nessuno tra quelli che ne hanno fatto costume ammette di avere questo atteggiamento servile, da tirapiedi, falso eccetera: e così vediamo strilloni– Sparaballe darsi da fare nel leccare con garbo, e forse anche con piacere, l’establishment governativo della città.

Una circostanza aggravante della situazione è poi costituita dal fatto che la categoria degli “operatori” dell’informazione ritiene di impersonare la minoranza intelligente dell’opinione pubblica; dimenticando quanto è stato molto autorevolmente detto: che dentro ogni minoranza intelligente c’è una maggioranza di cretini. Fare informazione non è un semplice mestiere, non un modo di guadagnarsi da vivere, ma qualcosa di più, che ha una grande dignità e una grande bellezza, perché è consacrato alla ricerca della verità. Ecco il suo valore morale, avvertibile nel modo di raccontare, nel presentare i fatti. Non dico nulla di sconvolgente nell’affermare che abbiamo la stampa più servile d’Europa. Vi sono grandi giornali internazionali che, negli anni passati, hanno scritto a riguardo dell’informazione italiana fatta di piaggerie peggiori di quelle della Russia di Stalin, del Minculpop locale, della stampa nordcoreana di regime.

C’è una vignetta di Quino, l’autore di Mafalda, che risale a più di quarant’anni fa e che è più attuale che mai. La vignetta è questa:

“I giornali parlano sempre più dell’inquinamento dell’aria”, legge Mafalda. E la sua amica Libertad risponde: “I giornali! I giornali inventano la metà di quel che dicono! E se a questo sommiamo che non dicono la metà di quel che succede, il risultato è che i giornali non esistono!”.

 

Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Politica

gigino22C’è un aspetto importante che va oltre il prendere atto che viviamo in una società di narcisisti patologici.

 

Freud, ma anche Jung, sapevano bene che il narcisista per un terapista è quasi incurabile, perché non vede gli altri, e vive in una sorta di delirio dove conta soltanto quello che si fa, il proprio aspetto, e il successo che si riscuote.

 

Vanità Illusione. Docile si arrende al dio migliore.

Vanità è uno " stato mentale ", un "mood" che devi condividere da dentro, è un modo di essere , è amore per la natura e per l ‘ambiente, è un voler essere sano e bello!

 

Sulle colline che confinano con Amantea viveva un lince. Ogni volta che passava vicino ad una pozza d’acqua non perdeva l’occasione di specchiarvisi. “Come sono bello!” diceva ogni volta tra sé.
“Ho un muso elegante, e le orecchie, poi, sono meravigliose. Nessun gatto ha le orecchie più slanciate e maestose delle mie!” Non si sarebbe mai allontanato dall’acqua, tanto gli piaceva ammirarsi in essa. Erano proprio le sue orecchie che lo rendevano fiero, Aveva anche gambe lunghe e snelle, ma a quelle non badava, perché anche i suoi simili le avevano uguali. Apprezzava quell’ornamento ai lati della testa a tal punto che, in caso di disgrazia, avrebbe preferito spezzarsi una gamba piuttosto che rovinarsi le orecchie.
Ma venne il giorno in cui dovette accorgersi quanto fosse sbagliato il suo modo di ragionare. Era l’alba, e il gattone era appena uscito dal suo rifugio notturno per cercare un po’ di cibo. Stava attraversando una radura, quando udì alcuni spari lontani e subito dopo un abbaiare furioso. Stavano arrivando i cacciatori! Vi fu un fuggi fuggi generale ed anche il gattone selvatico si mise a correre per nascondersi nel bosco. I cani intanto, fiutata la sua presenza, lo inseguivano, cercando di raggiungerlo.

“Presto, gambe mie!” pensava tra sé il gattone. “La mia salvezza dipende da voi! correte veloci!”

 

Le sue zampe facevano il loro dovere e lo portarono velocemente fino al bosco. qui finalmente l’animale poté respirare.

Si sentiva ormai al sicuro.

“Ora penetrerò nel fitto del bosco” si disse; “mi nasconderò ed i cani non mi troveranno più.”
Ma mentre così pensava, le sue bellissime e lunghe orecchie appuntite si impigliarono in un cespuglio di rovi ed egli s’arrestò di colpo. Si udivano i cani abbaiare sempre più vicino. Allora il lince, preso dal terrore, incominciò a scuotersi e dimenarsi per liberare le orecchie impigliate nel roveto fino a strapparsele, prima che i cani riuscissero a raggiungerlo.


Il narcisismo è una condizione psicologica, e in questo caso “identitaria”, che caratterizza l’uomo moderno e consiste nella disposizione dell’individuo a vedere il mondo come uno specchio, come una proiezione delle proprie paure e dei propri desideri. Il primo e quasi unico comandamento dei narcisi è “farsi vedere”. Narciso, nella mitologia greca, si specchia nell’acqua beandosi di se stesso, e per i narcisi la visibilità viene prima dell’ammirazione, precede il giudizio di valore altrui. Farsi vedere è più importante che piacere. I social network moltiplicano le occasioni per dare mostra di sé. Un tempo, per essere visto, il narciso doveva accontentarsi della passeggiata sul corso della cittadina, al bar del centro, alle feste, ma sui social l’evento è permanente, il flusso di immagini è continuo. Esserci è l’anfetamina del narciso. Si nota benissimo in politica, dove su Twitter, i politici tendono a esprimersi su qualunque fatto di attualità: non è importante ciò che dicono, ma essere presenti. 

"Guarda nel tuo specchio e di' al volto che vi vedi
che ora è il tempo per quel volto di formarne un altro;
se ora tu non ne rinnovi il fresco aspetto,
inganni il mondo, e una madre privi di benedizione.
…O qual è l'uomo così fatuo da voler essere la tomba
dell'amor di se stesso, arrestando la sua posterità?
Tu sei lo specchio di tua madre, ed ella in te
rimemora il leggiadro aprile del suo rigoglio;
e così dalle finestre della tua vecchiaia tu vedrai,
a dispetto delle rughe, questo tempo tuo dorato.
Ma se tu vivi per non essere ricordato,
muori solo, e la tua Immagine muore con te."

Gigino A Pellegrini

futuroHanno rubato il futuro ai Meridionali. Li hanno lasciati senza terra, senza sole, senza mare, senza lavoro, senza più dignità… in un mucchio di spazzatura, senza via di scampo. Anche stavolta la regione più povera del nostro Paese si è confermata essere la Calabria con un pil pro capite che nell'anno passato si è fermato a meno di 16mila euro. A Sud infine le famiglie in povertà assoluta sono cresciute oltre di due volte mezzo, passando da 443mila a 1 milione e 14mila, cioè il 40% in più solo nell'ultimo anno. In Italia, dal 2008 vi sono famiglie in stato di deprivazione materiale severa, cioè che non riescono, ad esempio, a pagare l'affitto o il mutuo. Un Sud, in cui il 40% di giovani è senza lavoro e che non affronta il problema, non ha domani. Senza futuro perché prevale l’egoismo di chi ha una posizione dominante e non è disponibile a dare spazio alle nuove generazioni e ai meno abbienti. Una generazione costretta nell’angolo, condannata ad entrare nel mondo del lavoro da precaria ed in età avanzata. Questo atteggiamento sconsiderato è figlio di una generale immoralità pubblica e privata, di cui abbiamo sensazione ogni volta che leggiamo i giornali o ascoltiamo un telegiornale. Alcuni meridionali cominciano a rendersi conto di questo fallimento, cominciano a capire che il loro futuro non può essere delegato a governanti che parlano una lingua a loro sconosciuta. Sono i numeri di un fallimento senza appello a cui si continuano a contrapporre le solite politiche sterili e fini a se stesse che hanno ormai condannato allo spopolamento una delle aree più importanti del nostro Paese come la Calabria che ultimamente ha subito un’invasione di alcuni gasteropodi terrestri( forma di mollusco provvisto in genere di una conchiglia dorsale avvolta a spira da cui fuoriescono il piede per la locomozione e il capo con occhi tentacolati si cibano praticando fori nei fragili muri delle loro povere case, fori attraverso cui succhiano la carne delle loro vittime). Così come in natura esistono predatori che catturano e uccidono altri animali per alimentarsi, anche negli essere umani possiamo osservare un fenomeno simile di altissima violenza di cui sono protagonisti i cosiddetti predoni, dei veri e propri “rapaci” e le loro sfortunate vittime: semplici e a volte sprovveduti cittadini. Ci siamo abituati al peggio, quasi fosse normale che gli amministratori saccheggino le risorse pubbliche, i dirigenti gestiscano gli uffici nell’interesse personale o di gruppi di potere, nessuno di questi esseri mostruosi sembra esser mosso da altro che dall’ ingordigia di acquisire dei vantaggi, più che dalla volontà di offrire un servizio alla collettività. Nessuno crede più in niente, tanto che la nostra società appare triste e rassegnata, senza alcun impulso, senza nutrire alcuna speranza, sempre più chiusa in sé stessa. L’identikit del rapace: in apparenza si tratta di un soggetto come tanti, non è quasi mai un leader. Solitamente è spilorcio, egocentrico, narcisista e con delle ideologie razziste. Il suo obbiettivo è la decomposizione morale, personale, psicologica e sociale delle sue vittime, tanto che a volte si arriva al punto in cui queste decidano di porre fine alla loro vita. Uno sguardo, una parola o una semplice insinuazione possono bastare a scatenare un processo di distruzione dell’altro. Le azioni portate a termine dai predoni sono così quotidiane che a volte sembrano quasi normali, mentre le vittimestanno zitte e soffrono in silenzio. Attraverso un processo di violenza morale e psicologica continua, si può infatti arrivare a fare a pezzi un’altra persona. Questo processo tumorale, creatosi negli ultimi decenni, ha avuto una forte accelerazione con l’avvento al potere di “partiti” che perseguono esclusivamente i biechi interessi di una minoranza, a scapito della maggioranza dei cittadini. Le forti differenze economiche generatisi a seguito di decenni e decenni di politica che ha favorito lo sviluppo industriale ed economico solo in alcune zone, con le altre condannate ad essere serbatoio di voti per le elezioni e mercato per assorbire i prodotti ed i servizi offerti dalle prime. Questo ragionamento, semplicistico e rozzo, non viene in realtà efficacemente contrastato, poiché nessuno appare in grado di opporvisi, visti i grossi interessi economici in gioco e la scarsità dei mezzi a disposizione di coloro che ne vedono la pericolosità. Eppure basterebbe constatare come il paese, senza uno sviluppo equilibrato e diffuso, sia stato condannato ad essere il fanalino di coda dell’Europa in tutti i settori, economici e sociali. Molto spesso si sente dire che se una persona viene trattata come vittima è colpa della sua debolezza o della mancanza di forza di volontà. In questo caso, invece, si tratta proprio del contrario: le vittime vengono scelte perché hanno qualcosa in più, qualcosa di cui il loro aggressore vuole appropriarsi.Questi sciacalli sociali, che in vita loro non hanno mai conosciuto il dolore, se ne nutrono come i vampiri si nutrono del sangue delle loro vittime. Sciacalli Sociali che si sono moltiplicati come i Gremlins, ma con l’acqua santa.

Gigino A Pellegrini

Pubblicato in Amantea Futura

Riceviamo e pubblichiamo da Gigino Pellegrini:

“A meno di due settimane dal voto in città, mi è stato chiesto di non essere sempre così “disfattista” e di considerare non si capisce molto bene cosa.

 

Il primo pensiero che mi viene, dovuto a l’amore per il paese dove sono nato, è il seguente.

Potere e arroganza vanno spesso a braccetto, e in particolare se si tratta di un cosiddetto “politico” locale e meridionale.

Ancor più seccante se il potente di turno, arrogante e prepotente si rivela anche cretino, una sommatoria i cui effetti sono letali.

Leonardo Sciascia, che di arrogantemente stupidi, stupidamente arroganti ne incontrò parecchi, compilò una sorta di “classifica”, delle “disgrazie” che possono capitare in un crescendo rossiniano:

1) L’invidia dei colleghi.

2) Gli intrighi.

3) Disprezzo dei potenti.

4) L’imbecillità.

5) L’imbecillità più il fanatismo.

6) L’imbecillità più il fanatismo più lo spirito di vendetta.

Non capita solo al singolo, anche ai paesi; che la Calabria sia un paese strano dove può capitare di tutto e di tutto capita, è cosa di sfolgorante evidenza.

Chi scrive non ha remore ad ammettere che non sa spiegare ad amici stranieri quello che accade in Calabria.

Non lo saprebbe spiegare, del resto, neppure a un italiano, non lo sa spiegare bene neppure a se stesso.

Tutto questo accade perché l’Italia della democrazia è più forma che sostanza.

Non basta, infatti, che i cittadini votino perché un paese si possa dire democratico.

Il banco di prova è costituito dal controllo che si può esercitare sull’operato dei propri rappresentanti.

Il controllo sul comportamento dei politici locali è evanescente, basterebbe riscontrare le entrate ufficiali con il tenore di vita, e chiederne conto.

Ma non lo si fa, potenti e prepotenti si credono onnipotenti.

Perché un dirigente politico si comporta in modo così arrogante?

C’è una sola risposta: perché siamo “Noi” che glielo permettiamo.

Questo avviene per diversi motivi, per ignoranza, interesse, ma principalmente per sfiducia in noi stessi.

A tutti i livelli le persone perbene dovrebbero impedire il malcostume.

Non sono convinto che siano in minoranza, al contrario le persone perbene in questa cittadina tirrenica sono certamente la maggioranza, solo che non conoscono ancora la loro forza.

Dall’altro lato della strada, l’arroganza dei conoscitori del nulla, pieni di auto-ossessioni, è straordinaria come il loro ignorare che la stragrande maggioranza delle persone - e il numero cresce giorno per giorno- conosce molto di più sul mondo e su cosa veramente stia accadendo tra quelle pedine politiche che servono il sistema basato su una bolla.

Gli arroganti cercano di contrastare questo dato di fatto dando vita a un’atmosfera illusoria, nella quale il mondo continua ancora a girare nel modo in cui vogliono.

Se qualcuno gli ricorda come stanno veramente le cose, non potranno far altro che infuriarsi. L'essenza di questi spacconcelli fatti in casa è l'ostentazione della propria superiorità rispetto a tutte le regole sociali, morali, legali e al giudizio della comunità.

L’arrogante agisce sempre in modo tale da dimostrare agli altri che può fare ciò che vuole. Generalmente, dietro la sua apparente sicurezza, mostra dei problemi relazionali destinati a peggiorare con il trascorrere del tempo.

I prepotenti hanno mancanze relative a determinate abilità appartenenti alla cosiddetta “intelligenza emotiva”e, in particolare, risentono negativamente di bassi livelli nello sviluppo dell'empatia. Anche il riconoscimento delle proprie emozioni appare basso e, poiché la consapevolezza dei propri stati emotivi è fondamentale per un'adeguata gestione della vita affettiva, quest’ultima risulta connotata da reazioni emotive istintive che prendono il sopravvento su ogni alternativa ragionata. Le dimensioni linguistiche ridotte sembrano essere direttamente connesse alla tendenza a mettere in atto, costantemente, comportamenti aggressivi quando si verificano situazioni relazionali ambigue, dal momento che non esistono sufficienti capacità di dialogo utili al chiarimento di situazioni problematiche.

E quali sono le paure più profonde del prepotente-arrogante? Soprattutto, direi, quella di fallire. Il fallimento non è contemplato, il fallimento cambia tutto, il fallimento non permette al sé consolidato di confermarsi.

Il fallimento è una rivoluzione di ciò che lui è, lo rende simile agli altri: instabile, confuso, disorientato e incapace di guardare con certezza al futuro.

Con il voto dell’11 di Giugno gli Amanteani hanno la possibilità di far fallire questi signorotti.

Gli Amanteani hanno la possibilità di punire chi vuole a tutti i costi primeggiare e fargli scoprire di essere una nullità.

Penso che sia giunto il momento di dare una sonora lezione a questi arroganti e buffoni ciarlatani.

Beaumont sur Mer 27 maggio 2017 Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Amantea Futura

Siamo davanti ad un bar ed alla luce del suo ultimo articolo dal titolo” Un mondo nuovo” con il quale denuncia quel “potere locale, che prende la forma del controllo tentacolare, che cova uomini condizionati e immaturi, al fine di forgiare una massa inerme cui propinare slogans che prefigurano caste sociali immutabili”, tento di intervistare Gigino Pellegrini sulla situazione politica di Amantea.

 

Ma la iniziativa tua e di Franco Provenzano è fallita ? chiedo.

Gigino mi guarda .Sgrana gli occhi già grandi. E’ un NO! Laconico ed in qualche modo piccato.

 

Faccio un salto mortale carpiato e continuo, quasi come se nulla fosse, ”O state continuando a formare questa lista che ci dite sia assolutamente innovativa?”

Siamo a buon punto- risponde El tarik- ma la lista non è completa.

E poi, completando la risposta, aggiunge, “Non è facile trovare e convincere ad impegnarsi quelle persone molto per bene di cui Amantea ha bisogno.

Con Franco cerchiamo candidati e candidate che siano, insieme, convinte e convincenti.

 

La nostra bella città versa in una condizione disastrosa della quale forse non si ha piena consapevolezza.

Oltre che il mare di debiti nel quale sta annegando la città, ed insieme a lei il futuro degli amanteani, quello che ci preoccupa è il fatto che l’etica, la morale, la correttezza, il rispetto verso le cose pubbliche che un tempo erano costume della nostra gente siano ormai scomparsi”.

E quindi? Insisto.

 

Quindi, puoi scriverlo dirlo- conclude Gigino- noi cerchiamo due cose.

In primis un popolo che non si lasci distrarre dalla falsa ed ipocrita informazione degli Sparaballe, un popolo che non si lasci ingannare dai politici che offrono “Panem et circensis” così da tentare di far dimenticare i loro fallimenti umani e politici

Il rischio- come ho scritto ne ” Un mondo nuovo” è che “Le prossime elezioni potrebbero rappresentare il grande trionfo dei potenti, il non poter più essere accusati di mentire, perché la loro comunicazione sarà talmente torbida da riuscire ad abolire l’idea stessa di verità”.

In secundis cerchiamo candidati di altissima onestà e senza compromessi, di estrema intelligenza e dotati di grande coraggio per osare l’inosato, così da dare ad Amantea un futuro degno del suo grande passato.

Scrivilo, Peppe, chi ritiene di essere una persona molto per bene e che ritiene di amare questo nostro meraviglioso paese si faccia avanti, prenda contatti con noi, perché lui o lei possa valutare le nostre proposte e noi si possa valutare la sua voglia di cambiamento.

Amantea ha bisogno di tutti noi!.

Lo ringrazio e vado via canticchiando Occidentalis Karma :” AAA cercasi (cerca si), storie dal gran finale sperasi (spera si), comunque vada panta rei and singing in the rain”.

Pubblicato in Cronaca

ponte“In futuro ciascuno avrà 15 minuti di fama” scriveva Andy Warhol nel 1968. Uno slogan che ha funzionato e che tutti hanno cercato nel tempo di metabolizzare a proprio vantaggio, facendo carte false pur di essere noto (compreso rendersi ridicoli e/o volgari) e raggiungere il proprio agognato quarto d’ora di gloria anche a distanza utilizzando “il ponte” della tecnologia moderna dove poter sciorinare la propria bravura con il pretesto fin troppo evidente di essere stato semplicemente citato in uno dei tanti articoli scritti dal sottoscritto in questi ultimi anni. Il desiderio di essere sotto i riflettori, la voglia irrefrenabile di mostrarsi agli altri, il poco comprensibile imperativo di apparire come non si è, o comunque, di voler dimostrare che si è di più, che siamo riusciti a toglierci dal cono d’ombra e siamo diversi. Poi a livello più personale, penso che la voglia di mostrarsi e di essere noti ci sia sempre stata, ora è più amplificata perché c'è più possibilità e necessità di farlo, però credo sia nell'indole dell'uomo il farsi vedere, lasciare una traccia di sé. A volte questa spasmodica voglia di “esserci” e di contare qualcosa porta all’essere ridicolo e alla depressione che è una   patologia dell'umore, in particolare un disturbo dell'umore caratterizzato da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi che, nel loro insieme, sono in grado di diminuire in forma lieve o grave il tono dell'umore, compromettendo il "comportamento" di una persona, nonché le sue abilità ad adattarsi alla vita sociale. La depressione non è quindi, come spesso ritenuto, un semplice abbassamento dell'umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano anche in maniera consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura sé stessa, gli altri e il mondo esterno. Un tempo la reputazione era soltanto o buona o cattiva, e quando si rischiava una cattiva reputazione (perché si faceva fallimento o perché ci dicevano cornuto) si arrivava a riscattarla col suicidio o col delitto d’onore. Naturalmente tutti aspiravano ad avere una buona reputazione. Ma da tempo il concetto di reputazione ha ceduto il posto a quello di notorietà. Conta essere “riconosciuto” dai propri simili, ma non nel senso del riconoscimento come stima o premio, bensì in quello più banale per cui, vedendoti per strada, gli altri possano dire “guarda, è proprio lui”. Il valore predominante è diventato l’apparire. La società in cui viviamo è impostata su questi ideali, l'apparire, la notorietà, e questo influisce sicuramente sulle persone, anche perché del resto la società è fatta di persone. La nostra società cosa propone in prima linea? Grande fratello, reality vari, amici di Maria de Filippi, Uomini & Donne; tutte cose fatte di telecamere, estetica e notorietà. Quindi essere famosi è un concetto che viene portato così in alto perché è così che al momento vive una gran fetta della società italiana. Quindi sono convinto che sia un bisogno molto umano quello di lasciare qualcosa di sé, ma l'eccesso non mi è gradito, nel senso che non mi piace questa ricerca di notorietà che stiamo vivendo ultimamente, persone che farebbero di tutto pur di apparire, che annullerebbero sé stesse per una mediocre parte in un reality o su un trono della de Filippi. Depersonalizzazione pura, un sacrificio per le luci della ribalta [fossero almeno meritate].

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Primo Piano

pupa“Mi devo contentare del suo alone brillante, di una luce riflessa, fuori dalla sua sfera.?”

Le nuove tecnologie hanno in questi anni rivoluzionato il modo di pensare e la convivenza umana. Sarebbe in atto una rivoluzione epocale, se è vero che le grandi tappe della storia sono segnate dal passaggio dal nomadismo alla stanzialità, quando le tribù nomadi di pastori si sono convertiti all'agricoltura; dall'affermarsi della macchina a vapore che ha sostituito la fatica muscolare umana; dalla comunicazione di massa e ora dall'informatizzazione interattiva, resa possibile dalla combinazione informativa elettronica e telematica, la quale ha aumentato a dismisura l'informazione, modificata la stessa logica razionale e resa possibile la fruizione di mondi virtuali. A nessuno è sfuggito come gran parte delle notizie che leggiamo sono più o meno la stessa cosa, non importa quale giornale o sito web viene consultato: tutti sembrano riciclare notizie fornite dalla stessa “fonte-agenzia”. Poi ci sono gli incurabili ottimisti e gli Sparaballe, portavoce del potere costituito, che vanno in giro dicendo che il Web e il mondo digitale sono una panacea per il miglioramento dei diritti umani, delle condizioni di vita, dei diritti delle minoranze e via discorrendo. In effetti il Web e tutta la nuova tecnologia avrebbero il potenziale per facilitare migliorie sociali. La dura realtà è che, il mondo digitale viene utilizzato dai potenti per erodere la privacy, aumentare la concentrazione del potere economico e aumentare le disuguaglianze. Sempre gli ottimisti e i vari portavoce (Sparaballe) del Sistema, come sempre, continuano a diffondere notizie rassicuranti, come sfruttare Internet per servire gli interessi dei loro cittadini, come hanno in gran parte fatto con altre tecnologie quali strade, telegrafia, telefonia, trasporto aereo, prodotti farmaceutici. Va anche detto che, hanno usato questi mezzi per servire solo gli interessi dei propri cittadini e non gli interessi universali del genere umano. Ma questo non sembra essere il caso per quanto riguarda il Web e la nuova tecnologia. Questi vengono utilizzati in gran parte per servire gli interessi di pochi individui molto ricchi e potenti, con determinati interessi geo-economici e geo-politici . E’ ridicolo come Internet, il campione tanto sbandierato di maggiore potere ai consumatori e più concorrenza spietata fra i venditori, sia diventato uno dei più grandi generatori di monopolio nella storia economica. Quello di utilizzare la tecnologia per favorire interessi particolari, non l'interesse generale, non riguarda solo Internet. Nonostante le sue tante decantate promesse, nel voler migliorare l’aspetto “democratico” nella società moderna, ciò che è sotto gli occhi di chi vuol vedere, Internet è una forza che in realtà toglie libertà e capacità di agire alla maggioranza delle persone, per favorire interessi particolari del sistema di potere. 2500 anni fa Aristotele fotografava la situazione odierna dell’Occidente. Il filosofo greco diceva: “La democrazia esisterà quando gli indigenti, e non gli uomini potenti saranno i governanti”. Infatti, quello che si vede oggi su internet è la ricchezza concentrata in forma di grandi aziende private che esercitano crescente influenza su questioni di politica pubblica, che arrivano al punto di definire apertamente sistemi di 'insieme dei principi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione e il governo di una società, di un'istituzione, di una globalizzazione in cui hanno poteri decisionali pari se non di più degli eletti rappresentanti del popolo. Gli attuali meccanismi di governance di Internet si celebrano come esempi di successo delle masse, mentre in realtà i padroni del mondo non hanno mai avuto in mente di realizzare la promessa sociale di Internet. Oggi viene invece detto a chiare lettere che la nuova tecnologia non ha bisogno di essere democratica. A mano a mano che le tecnologie informatiche si diffondono, scrive David Lyon, "I modelli di lavoro, la vita familiare, gli svaghi, il tempo libero e persino il modo in cui percepiamo noi stessi, in quanto esseri umani, sono tutti destinati a subire importanti trasformazioni”. Il pericolo maggiore è rappresentato dalle possibili nuove forme di colonizzazione. Non pochi autori temono un totalitarismo elettronico dovuto all' alto costo di tali tecnologie e alla società dell'informazione, nella quale non diminuiscono certo il centralismo, i monopoli, le disuguaglianze. Ogni volta che viene offerto un nuovo servizio a domicilio aumentano le informazioni raccolte sugli interessati.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

giZeus era abituato a guardare la Terra dall’alto dell’Olimpo e la trovava deserta e desolata anche se abitata da uomini e da animali.

 

Questi vivevano stentatamente, nascosti nelle loro tane e nelle profonde caverne dalle quali uscivano raramente e solo di notte, gli uni temendo gli altri, s'avventuravano fuori in cerca di cibo. Dopo aver riflettuto sulla misera vita dei terrestri, Zeus mandò in basso Epimeteo, figlio di un Titano, con il compito di migliorare l’esistenza degli uomini e degli animali, dotandoli di artigli, zanne, ali, fiuto, udito, velocità, astuzia e forza.

 

All’uomo, che per paura era rimasto nascosto, non diede nulla.

La cosa non sfuggi a Prometeo, fratello di Epimeteo, che aveva assistito alla nascita di Atena, dea della sapienza, dalla testa di Zeus, e la dea stessa gli aveva insegnato l'architettura, l'astronomia, la matematica, la medicina, l'arte di lavorare i metalli, l'arte della navigazione. Prometeo non poteva accettare che gli uomini conducessero una vita così infelice e meschina, così pensò di dar loro un prezioso dono.

 

Prometeo pensò di rubare il fuoco e una notte, dopo aver addormentato Vulcano con una tazza di vino drogato, portò via qualche scintilla che nascose in un bastone di ferro cavo; poi corse dagli uomini ed annunciò che recava loro il dono più grande.

Ben presto tutta la Terra brillò di fuochi attorno ai quali gli uomini cantavano felici! Contrariamente a Epimeteo “quello che non si cura”, Prometeo era “colui che si preoccupa”.

 

Col fuoco gli uomini riuscirono a scaldarsi d'inverno, cuocere la carne che, come animali e con gran fatica, mangiavano cruda; tenere lontane le fiere, illuminare le caverne; riuscirono a fondere i metalli e darsi così attrezzi per lavorare la terra ed armi per difendersi e cacciare. Zeus, temendo che gli uomini col fuoco sarebbero diventati troppo superbi, decise di mandare loro solo sciagure (fatica, malattie, preoccupazioni e guerre fra di loro). Prometeo per punizione, venne legato ad una rupe nel Caucaso.

 

Rimase lassù, legato sulle rocce e su vertiginosi precipizi.

Ma non dovette soffrire solo fame, freddo e sete! Ogni giorno, infatti, una grande aquila veniva svolazzando da lui e con gli artigli gli squarciava il ventre, divorandogli il fegato; durante la notte il fegato ricresceva, le ferite si rimarginavano e il mattino dopo Prometeo doveva subire nuovamente quella tortura. Un giorno Ercole vide l'aquila straziare Prometeo incatenato; uccise il rapace e spezzò le catene, permettendo a Prometeo di opporsi a Zeus che aveva deciso di distruggere il genere umano per creare un’altra stirpe.


Mai come adesso il mito di Prometeo dovrebbe ispirare espressioni artistiche, ribellione e variazioni interpretative. Purtroppo nella cultura contemporanea sembra essersi cristallizzato, anche linguisticamente. Prometeo combatteva contro uno Zeus tiranno e capriccioso.

Per quanto infuocati siano gli strali dei Prometeo moderni è difficile sostenere che abbiano come bersaglio il dio dei Potenti. I Prometeo moderni dovrebbero essere consapevoli che forza e politica non possono essere dissociate.

Dovrebbero combattere, al fianco dell’umanità, e senza sconti, il pacifismo religioso, la sintonia tra poteri economici transnazionali, regimi autocratici spacciatori di libertà gratuita. Il tutto nel contesto di una globalizzazione controllata che sembra propensa a esportare solo termini retorici come la “democrazia”, in realtà impone la tirannide travestita da Stato liberal democratico, con la pretesa congenita di farsi arbitro del bene e del male. “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici.

 

Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare”.( Bertold Brecht) Non ci si può illudere di salpare i marosi senza conoscerli nell’ apparente periodo di bonaccia come nella tempesta. Solo una collettiva coscienza osservatrice, particolarmente in un periodo come questo, può far fronte agli Dei e costruire nuove forme di convivenza non indotte. Rifarsi ad una cultura antica che ha permesso di sviluppare la capacità di cogliere la complessità delle cose. Si tratta di un capitale enorme che va alimentato e investito. E questa appunto la condizione moderna, dopo che sono entrati in crisi i grandi sistemi di certezze, le fedi incrollabili che costituivano i punti di riferimento della vita secondo gli Zeus contemporanei.

“Sono venuto a portare il fuoco sulla Terra. E quanto vorrei che fosse già acceso”.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

gigino nuovaCos’è questa realtà che non si cessa d’invocare, e che, nonostante tutto, ci sorregge di fronte alla compatta e trionfante Dittatura del Luogo Comune, alla quale sembra ridursi, sempre più spesso, la "realtà sociale contemporanea”? E’ in questo che risiede la difficoltà di trovare risposte solide, ma anche la ostinata convinzione che alcune questioni non sono state affrontate adeguatamente e in tempo: tanto è vero che si ripropongono ora più prepotentemente.

 

E i tentativi di ribellione, vissuti da noi, erano approcci, sia pure confusi, a nuove mete, oppure vane rivolte di chi riluttava di muoversi nelle regole (e nei limiti) del sistema, e quindi sussulti luddistici , contro le nuove tecnologie, per cui saremmo stati un po' tutti indiani metropolitani, che pretendevano di prescindere dalle dure leggi della civiltà industriale?

 

 

La valutazione di questo punto non è cosa da poco. Non ha carattere solo di corretta, sistemazione storiografica. La questione ha attinenza con l'oggi, e coinvolge direttamente la comprensione dei problemi del presente, se è vero che allora furono compiute scelte che sono alla fonte della crisi attuale.

Furono scelte non solo economiche, ma che definirono una precisa — e dura — gerarchia sociale. Non furono soltanto gli operai dentro le fabbriche a pagare. Il colpo definitivo al Mezzogiorno e alle campagne venne dato allora. Oggi, l’assedio maggiore il sistema liberal democratico lo sta subendo dai propri cittadini. La pratica poco lungimirante della politica di creare grandi quantità di debito per mantenere le promesse di oggi, senza costruire investimenti per saldare quel debito domani, si è rivelata nella sua sventatezza in questi anni di crisi finanziaria.

Ma adesso è diventato difficilissimo per i politici convincere i cittadini che le promesse non si possono mantenere più e che bisogna pensare nuove austerità economiche. Ancora di più in paesi in cui la popolazione invecchia e le proteste sono più difficili da ignorare rispetto a quelle, più tradizionali, dei giovani. E questo aumenta le difficoltà di pensare al domani sacrificando sull’oggi.

 

E molte questioni che oggi ci affannano e sono divenute addirittura di moda — l'urbanesimo esasperato, l'incontrollabilità e i costi delle grandi aree metropolitane, la congestione assurda in ristrette fasce di pianura, il guasto ecologico — ebbero il loro punto di partenza nelle decisioni che vennero prese a cavallo tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta.

Il movimento di sinistra avrebbe dovuto essere la forza nel prendere atto delle novità e dei mutamenti intervenuti nelle società capitalistiche e, alla luce di tali mutamenti, avviare il discorso per un nuovo blocco di potere guidato dalla classe operaia. Insomma si sarebbe dovuto compiere allora un passo essenziale per un possibile ribaltamento della struttura sociale ed economica. Secondo Joseph Pelton, professore alla George Washington University, il futuro non sarà nelle mani della moderna classe operaia rappresentata da nuovi tecnici superspecializzati in nicchie di conoscenze iper-circoscritte. Egli auspica l’affermazione di connessioni di conoscenza interdisciplinare, attraverso un mondo sempre più elettronicamente connesso. Vi è in sostanza l’esigenza di nuovi modi di pensare a tutto tondo, piuttosto che di specialisti di info-nicchie. Multidisciplinarità ed altre inversioni di tendenza nei sistemi di istruzione e nelle procedure industriali saranno necessari alla sopravvivenza nel mondo del cyberspazio.

 

In tal senso l’attesa è tutta per un nuovo popolo “rinascimentale” capace di operare in un nuovo mondo, interculturale e interdisciplinare. E in questo, non bisogna confondere i fini con i mezzi. L’obiettivo che il futuro pone non è l’illimitata crescita esponenziale e quantitativa dei flussi di informazione, ma la individuazione di una nuova “saggezza” planetaria e di nuova conoscenza in un mondo sempre più interconnesso e interdipendente.

E ciò varrebbe tanto più se ci sarà un'unica autorità, come è spesso il caso (tutte le dittature, anche quelle camuffate da “liberal-democrazie”), che deciderà per tutta la maggioranza “silenziosa” ciò che sarà utile e ciò che sarà nocivo. Gli uomini che non la penseranno così, chiaramente non saranno ben “accetti”. Verranno additati come “terroristi”. La cosiddetta società non li vorrà. Questi uomini, pochi, andranno in giro “vaneggiando” nello spiegare che lo scopo del Potere non è realizzare l’uomo; lo scopo del potere costituito è il profitto del capitale investito e il controllo del sistema. Gli stessi uomini, in vari campi del sapere, hanno scritto e continueranno a farlo, dicendo che l'uomo è sempre stato capace di conformarsi a qualsiasi tipo di potere, perfino alla dittatura più estrema, chinando il capo in cambio di miseri contentini: cibo, giochi, e il consumismo in generale. Mai come oggi si era raggiunto un livello di schiavitù mentale di così vaste proporzioni, un controllo di massa attuato in maniera così effimera e allo stesso tempo arguta, da impedire all'individuo di essere libero di pensare.

 

Forse è giunto il momento di chiedersi se questa forma di schiavitù sia dovuta esclusivamente alla bravura del Potere di lobotomizzare, attraverso distrazioni di massa al punto tale da impedire alle persone qualsiasi atto di ribellione, o all'incapacità di molti individui che, per mancanza dei mezzi necessari, non comprendono il reale funzionamento del sistema socio-economico di cui fanno parte, oppure si tratta della "paura della libertà" come la definiva Erich Fromm, oppure ancora se sia semplicemente indifferenza ed alienazione a tutto ciò che accade intorno all’uomo.

Probabilmente la risposta sarà data da tutte queste cose messe insieme, come un veleno che scorre nelle vene della maggior parte delle persone che le persuade ad accontentarsi di ciò che hanno, pensando che magari potrebbe andar ancora peggio di così e che tutto sommato non stanno poi così male. Questo veleno ha solo un antidoto: la forza analitica, e non solo, delle persone che può condurle verso la conoscenza di se stessi e del sistema in cui sono immerse, con il conseguente desiderio di aspirare ad un mondo migliore di quello nel quale vivono. La più pura e concreta manifestazione di tale necessità è la lotta.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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