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Ricordate Giovanni Amoroso?

Amoroso nel settembre 2005 si era dato alla latitanza per fuggire ad un ordinanza di custodia cautelare in carcere per traffico di armi e droga emessa dal Tribunale di Palmi – GIP, latitanza durata circa due anni, fino a quando, nel gennaio 2007, non era stato catturato dai Carabinieri di Paola (CS) all’interno di un covo di campagna, in cui furono peraltro trovate anche delle armi.

Veniva da Rosarno ed era indicato come esponente del clan della 'ndrangheta Pesce-Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria).

Qui ad Amantea aveva trovato una donna A.M. ed alcuni riferimenti tra cui G.C. ed A.M.

Amoroso deve rispondere del tentato omicidio del maresciallo Sisti e dell'appuntato De Sarro, in Via Garibaldi ad Amantea il 6 gennaio 2007

Pochi giorni dopo, esattamente il 9 gennaio 2007, Amoroso veniva trovato in una abitazione del comune di Lago senza avere il tempo di usare le pistole con matricola abrasa che aveva al seguito , compresa la calibro 9 con la quale erano state compiute azioni intimidatorie ad Amantea

Ora la recente pronuncia della cassazione ha reso definitive le posizioni processuali di tutti coloro che erano stati coinvolti nel processo Nepetia, tra cui quella di Giovanni Amoroso e che è passata da 20 anni e 4 mesi a 13 anni e 6 mesi.

Un arresto atteso, allora.

E così, i Carabinieri della Tenenza di Rosarno, in ottemperanza all'ordine di esecuzione per la carcerazione, emesso dalla Procura Generale presso la Corte d'appello di Catanzaro - Ufficio esecuzioni penali, hanno rintracciato e tratto in arresto Giovanni Amoroso, di 41 anni, residente a Rosarno.

I Carabinieri della Tenenza, in stretta collaborazione con la Compagnia di Gioia Tauro diretta dal Tenente Gabriele Lombardo, in previsione dell'imminente emissione del provvedimento di cattura a seguito di condanna, avevano già da giorni attivato un'attenta attività di monitoraggio del soggetto, personaggio noto alle forze dell'ordine per essersi sottratto in passato ad un provvedimento restrittivo a suo carico.

Pertanto, emesso il provvedimento di cattura dall'Ufficio Esecuzioni Penali della Procura Generale presso la Corte d'appello di Catanzaro, nella notte del 16 dicembre, una ventina di militari della Compagnia CC di Gioia Tauro, coordinati sul posto dal Comandante della Compagnia, dopo aver circondato l'isolato, hanno fatto irruzione all'interno dell'abitazione di Via Ligabue.

Nel corso delle successive operazioni di perquisizione dell'immobile i Carabinieri hanno appurato che il catturando, consapevole dell'imminente provvedimento a suo carico, aveva già preparato i bagagli in attesa dell'arrivo delle forze dell'ordine che era certo sarebbero giunti di lì a breve.

L'arrestato, espletate le formalità di rito, è stato quindi tradotto presso la Casa Circondariale di Palmi (RC) su disposizione dell'Autorità Giudiziaria mandante,

E siamo a 3.

Pubblicato in Primo Piano

Un arresto atteso.

La pronuncia di ieri l’altro della cassazione ha reso definitive le posizioni processuali di tutti coloro che erano stati coinvolti nel processo Nepetia.

 

Qualcuno ha potuto finalmente sorridere come avvenuto per Tommaso Signorelli, per Francesco Berardone, per Concetta Schettini, tutti assolti o per altri per i quali intervenuta la prescrizione.

Altri invece sapevano che sarebbero stati arrestati per completare la pena comminata.

Natale Rizzo nel febbraio 2015 è stato condannato ad 8 anni e 10 mesi.

E così ci giunge notizia che stasera, 15 dicembre, i Carabinieri hanno proceduto al suo arresto traducendolo poi in carcere.

Nulla viene dato sapere su altre posizioni interessate dalla sentenza della suprema corte.

Ricordiamo che la Corte d’Appello di Catanzaro aveva ribaltato in buona parte la sentenza di primo grado del processo Nepetia, scaturito dall’omonima operazione scattata nel 2007 ad Amantea contro la cosca Gentile-Africano e le presunte infiltrazioni mafiose negli appalti del comune.

 

Ecco una sintesi delle sentenze:

Franco La Rupa, ex consigliere regionale ed ex sindaco del centro tirrenico ( da 7 anni alla assoluzione);

Tommaso Signorelli ex assessore comunale ( da 6 anni alla assoluzione);

Franco Berardone ex assessore comunale ( da 1 anno e 8 mesi alla assoluzione)

Con l'assoluzione dei politici amanteani venne a crollare il castello accusatorio che legava il mondo della politica a quello della potente 'ndrina amanteana

Antonio Coccimiglio imprenditore (da 1 anno e 8 mesi alla assoluzione)

Settimio Coccimiglio imprenditore(da 1 anno e 4 mesi alla assoluzione)

Venturino Sposaro ( da 2 anni e 8 mesi alla assoluzione),

Antonio Sposaro ( da 2 anni e 8 mesi alla assoluzione),

Ecco le condanne:

Giovanni Amoroso (da20 anni e 4 mesi a 13 anni e 6 mesi), per il ferimento di due carabinieri, che nel 2007 lo avevano individuato durante la latitanza ad Amantea;

Natale Rizzo (da 10 anni ad 8 anni e 10 mesi).

Paolo Launi (7 anni e 4 mesi),

Giuliano Serpa (da 2 mesi a 4 anni)

Ulisse Serpa (da 4 anni e 2 mesi a 4 anni).

Gianluca Coscarella (da 1 anno ed 8 mesi a 1 e 3 mesi ed ora è intervenuta la prescrizione).

Angelamaria Marano (da 2 anni e 4 mesi ad 1 e 3 mesi ed ora è intervenuta la prescrizione).

Concetta Schettini ( da 7 anni e 6 mesi ad 1 anno e 6 mesi per il reato di turbativa d'asta ed ora assolta dalla Cassazione).

Pubblicato in Primo Piano

Lo ha stabilito la Cassazione oggi pomeriggio.

Tommaso Signorelli non è responsabile di alcun reato connesso con il processo Nepetia.

 

Una vicenda che ebbe inizio nel dicembre 2007, or sono nove anni.

Poi il 29 ottobre 2012 al termine del processo di primo grado scaturito dall’operazione Nepetia in primo grado il tribunale di Paola condannò l’ex assessore del Comune di Amantea, Tommaso Signorelli, a 6 anni di reclusione.

 

Una sentenza completamente ribaltata in secondo grado quando il 18 febbraio 2015, dopo che il Procuratore Eugenio Facciolla al termine della sua lunga requisitoria aveva fatto cadere il reato di Associazione a delinquere di stampo mafioso, per giungere, tutt’al più al reato di concorso esterno, pur mancando gli elementi probatori, i giudici avevano mandato assolto l’ex assessore amanteano.

“Una sentenza che aveva posto fine ad una dolorosa vicenda processuale che ha macchiato non solo la sua persona ma anche la città che ne è uscita sporca, viziata”.

 

Parole, queste, che lui ha riferito felice ai suoi più intimi amici di Amantea e che ci sono state riportate.

Perché Tommaso Signorelli ci sperava in questa assoluzione.

Ma non bastò perché la procura fece ricorso alla sentenza e il processo si portò fino alla suprema corte.

E stasera la conferma dell’assoluzione definitiva da parte della Cassazione.

Un calvario durato 9 lunghi anni.

Nove anni di dolore, di lacrime, ma anche di amici che non gli hanno mai fatto mancare il loro affetto

9 anni di isolamento politico con una brillante carriera davanti che si è chiusa solo per via del processo Nepetia.

E per questo quando il su avvocato gli ha datola bella notizia Tommaso è stato vinto da un lungo irrefrenabile pianto che ha commosso non solo la sua famiglia ed i suoi parenti ma anche i tanti amici presenti nelle sua casa.

 

Tommaso Signorelli così esce "a testa alta" dal processo Nepetia. E per lui domani sarà un altro giorno

Pubblicato in Politica

Franco La Rupa, già consigliere, assessore e sindaco del comune di Amantea, oltre che Consigliere provinciale e consigliere regionale ha incontrato nella sua lunga carriera politica diversi “incidenti” giudiziari.

 

Tra questi la vicenda della operazione “Nepetia” iniziata nel 2007 e conclusasi nel febbraio 2015 con la sentenza pronunciata dalla corte d'Appello di Catanzaro che ha assolto sia La Rupa, sia Signorelli facendo crollare , in via definitiva, il castello accusatorio che legava il mondo della politica a quello della potente 'ndrina amanteana.

Poi la vicenda dell'operazione "Omnia" che a luglio del 2007 disarticolò la cosca Forastefano di Cassano allo Jonio. L’ operazione Omnia venne condotta dalla DDA di Catanzaro e La Rupa venne accusato di aver consegnato al boss di cassano Antonio Forastefano la somma di 15mila euro in cambio di un pacchetto di preferenze che sarebbero state fondamentali per la sua elezione, nel 2005.

 

La Rupa venne condannato ai 5 anni comminati in primo grado dal Tribunale di Castrovillari.

Poi la Corte d'Appello di Catanzaro lo condannò ad una pena di 4 anni.

Da qui il ricorso in Cassazione curato dall’ avvocato cosentino Gregorio Barba.

 

E la Suprema corte accogliendo il ricorso ha annullato la sentenza di condanna emessa dalla Corte d'Appello di Catanzaro ed ha rinviato il processo ad una nuova sezione della stessa sede giudiziaria.

Tra condanne ed assoluzioni continuano le vicende giudiziarie dell’ex sindaco.

Il 16 ottobre del 2014 scrivevamo che “Tommaso Signorelli potrebbe “uscire bene” dal Processo Nepetia”.

 

E ieri 18 febbraio 2015,quattro mesi dopo, ecco la sua assoluzione.

Profetici?

No, giornalisti attenti alle cose del nostro tempo, del nostro paese.

Lo avevamo intuito dalle parole del Procuratore Eugenio Facciolla che nella sua lunga requisitoria nel processo “Nepetia” aveva fatto cadere il reato di Associazione a delinquere di stampo mafioso, per giungere , tutta più al reato di concorso esterno pur mancando gli elementi probatori.

Quelle parole che lui ha riferito felice ai suoi più intimi amici di Amantea e che ci sono state riportate.

La sperava anche Signorelli questa assoluzione.

E ieri sera quando il giudice ha letto la sentenza chiedendola e tra l’altro perché il fatto non sussiste il politico amanteano è scoppiato in un pianto dirotto ed ha abbracciato gli amici che da sempre gli sono stati vicini in quel lungo calvario che è stata la sua vita in questi ultimi anni.

 

Finisce così una vicenda processuale che ha macchiato non solo la sua persona ma anche la città che ne è uscita sporca, viziata.

I primi dubbi con la pronuncia del Tar calabria e del Consiglio di Stato che aveva annullato lo scioglimento del consiglio comunale.

Se Lui era il politico di riferimento come mai restava , da solo, nella vicenda Nepetia- si chiedeva la gente?

Ed oggi la domanda si pone ancor più visto che la Corte ha pronunciato la assoluzione anche di Franco La Rupa e di Franco Berardone.

Tutti i politici escono onorevolmente ed a testa alta fuori dal processo.

La politica amanteana, di quel tempo, almeno , non era collusa con la ‘ndrangheta.

Non resta che prenderne atto, come per tutte le sentenze della magistratura ed attendere la sentenza integrale.

Qualche riflessione forse dopo dovremo farla tutti.

Qualche riflessioni su “altri” , su quelli che sono stati gli accusatori.

Ma forse resteranno riflessioni e semplici giudizi morali.

Pubblicato in Cronaca

Si è svolto oggi 18 febbraio presso la Corte di Appello di Catanzaro il secondo Round del processo Nepetia che vide coinvolti Franco La Rupa ed altri 50.

 

Il processo ebbe inizio nel dicembre 2007.

Poi si divise in due tronconi.

Un gruppo scelse il rito abbreviato, un altro gruppo scelse il rito ordinario.

Questo secondo gruppo venne sottoposto al giudizio della collegiale del Tribunale di Paola che emise una serie di importanti condanne ed insieme 8 assoluzioni.

 

Tra le condanne:

Franco La Rupa, ex consigliere regionale e più volte sindaco di Amantea, accusato dalla Dda di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa, condannato a sette anni di reclusione e al pagamento pagamento spese processuali.

Tommaso Signorelli, ex assessore comunale è stato condannato a sei anni e al pagamento delle spese processuali;

Antonio Coccimiglio è stato condannato ad un anno e 8 mesi, oltre a una multa di 1.600 euro e spese processuali;

Settimio Coccimiglio, è stato condannato ad un anno e 4 mesi, e pagamento spese processuali;

Gianluca Coscarella è stato condannato ad un anno e 8 mesi, oltre al pagamen- to delle spese processuali e di custodia cautelare;

Paolo Launi, braccio armato della cosca amanteana, è stato condannato a 7 anni e 4 mesi ed a pagare 1.600 di multa oltre spese processuali e di custodia;

Angela Maria M., condannata a 2 anni e 4 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare;

Natale Rizzo è stato condannato a 10 anni di carcere, oltre al pagamento di 1.800 euro di multa ed alle spese processuali e di custodia cautelare;

Concetta Schettini, ex responsabile dell’ufficio tecnico comunale di Amantea, è stata condannata a 7 anni e 6 mesi di reclusione, oltre al pagamento di una multa di 3.000 euro ed alle spese processuali, atteso il vincolo della continuazione;

Giuliano Serpa, ex capo della cosca Serpa di Paola, già condannato in sede di tribunale di Catanzaro è stato condannato a 4 mesi di reclusione oltre al pagamento di 400 euro di multa;

Ulisse Serpa, componente dell’omonima cosca, è stato condannato a 4 anni e 2 mesi di reclusione, oltre al pagamento di una multa di 19.000 euro.

Antonino Sposaro è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;

Venturino Sposaro è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;

Francesco Berardone è stato invece condannato a un anno e 8 mesi di reclusione, più 1.600 euro di multa, oltre al pagamento delle processuali;

Giovanni Amoroso, intraneo alla cosca rosarnese Pesce-Bellocco, colpevole di tentato omicidio, è stato condannato a 20 anni e 4 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali;.

Oggi la sentenza della Corte di Appello che ha mandato assolti Franco La Rupa, Franco Berardone e Tommaso Signorelli.

Pene ridotte per altri.

Pubblicato in Politica

movimento 5 stelle amanteaMentre i vari assessori e consiglieri pensano a fare consuntivi di fine anno, al porto di Campora San Giovanni ogni giorno i pescatori si industriano per capire come sbarcare il lunario.

 

Dall’11 di novembre infatti la Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Vibo Valentia Marina con l’ordinanza n. 48 ha disposto il divieto di ingresso e di uscita dal porto a qualunque tipologia di unità navale fino a nuova disposizione. Quindi il porto è chiuso, i pescatori non possono uscire , dunque non possono lavorare. E il Comune cosa fa? Come risolve questo disservizio dovuto alle incapacità amministrative di chi non è mai riuscito ad affrontare l’eterno problema dell’insabbiamento.

Eppure sono stati spesi molti soldi pubblici per costruire un bypass cui non è mai arrivata la corrente elettrica e che quindi non ha mai funzionato. Siamo stati sul posto con i pescatori, abbiamo constatato la situazione e non abbiamo visto nessuna ruspa, nessun mezzo al lavoro per risolvere il problemi.

Ma il sindaco o l’ assessore competente Cannata o il responsabile dell’ufficio manutentivo Pileggi cosa fanno? Come pensano di risolvere questo problema? Se ne stanno occupando o sono “in tutt’altre faccende affaccendati”? Dopo il sequestro nel mese di giugno la giunta nell’ambito del consiglio comunale del 4 luglio aveva mostrato grande sensibilità verso il problema dei pescatori. O almeno così sembrava fino al provvedimento di dissequestro pronunciato dal Tribunale del riesame il 18 luglio.

Aveva preannunciato un impegno per risolvere il problema del demanio nei cui confronti- è bene ricordarlo- esiste un debito del Comune di Amantea per un importo di tre milioni di euro.

Ma appena si sono spenti i riflettori tutto l’impegno è svanito insabbiandosi insieme al porto. Abbiamo recentemente raccolto informazioni presso la Direzione Regionale del demanio di Catanzaro e sappiamo per certo che nessuno dei nostri amministratori si è visto o sentito.

Nessun impegno sul fronte della concessione e degli indennizzi demaniali e nessun impegno sul fronte dell’insabbiamento e dell’inagibilità. Eppure le casse del comune si finanziano anche con le entrate derivanti dalla gestione del porto.

Dove finiscono questi soldi se non si fa la manutenzione necessaria per consentirne l’uso ai pescatori? Domande che poniamo con forza e decisione, domande poste da cittadini che a farsi prendere in giro non ci stanno più!

www.amantea5stelle.it

 

Video dell'incontro 

https://www.youtube.com/watch?v=_pBpqjKhepk

Pubblicato in Primo Piano

Un anno fa la conferma delle altre condanne disposto dalla Cassazione, dopo il rinvio in appello. Di seguito le condanne.
 

Era il 21 marzo 2013 , quando, dopo il rinvio disposto dalla Cassazione, in appello venivano confermate 9 condanne.

Nella sostanza venne confermato l'impianto accusatorio nei confronti degli imputati nel secondo processo d’appello ai presunti esponenti della cosca Gentile-Besaldo che ha avuto influenza nei territori di Amantea e del medio Tirreno cosentino.

Nell'inchiesta contro i clan del Tirreno cosentino era coinvolto anche Francesco Muto, il "re del pesce", boss e capo storico dell'omonima cosca.

Come si ricorderà la sentenza di primo grado era stata emessa nel maggio del 2009 al termine del processo con rito abbreviato svoltosi dinanzi al giudice per le udienze preliminari di Catanzaro. In primo grado erano state emesse condanne a pene da un anno a venti anni di reclusione.

Poi il 24 novembre del 2010 era stata emessa la sentenza del primo processo d'appello, con 12 condanne e cinque assoluzioni.

Infine la prima sentenza era stata annullata in Cassazione con rinvio a nuovi giudici.

Poi l’appello davanti ai giudici della Corte d'appello di Catanzaro.

Nove condanne di primo grado vennero confermate nei confronti degli imputati.

Nel secondo processo d'appello è stata confermata la condanna di primo grado a 4 anni di reclusione per Francesco Muto, detto il 're del pesce', boss e capo storico dell'omonima cosca, accusato di concorso esterno all'attività della cosca Gentile di Amantea.

Una sola pena è stata ridotta ed è quella del sottufficiale della Guardia di finanza accusato inizialmente del reato di rivelazione del segreto istruttorio.

E ieri si è svolta la udienza di marzo presso la Corte di Appello di Catanzaro.

Ma i giudici hanno spostato a maggio il prosieguo.

Il processo Nepetia, lo ricordiamo, è quello che vide inquisiti e poi condannati in prima istanza

  1. Giovanni Amoroso colpevole di tentato omicidio condannato a 20 ani e 4 mesi
  2. Francesco B. condannato ad 1 anno e 8 mesi di reclusione
  3. Antonio Coccimiglio condannato ad 1 anno e 8 mesi di reclusione
  4. Gianluca Coscarella condannato ad 1 anno e 8 mesi di reclusione
  5. Settimio Coccimiglio condannato ad 1 anno e 4 mesi di reclusione
  6. Franco La Rupa condannato a 7 anni
  7. Paolo Launi condannato a 7 anni e 4 mesi
  8. Angela Marano condannata a 2 anni e 4 mesi
  9. Natale Rizzo condannato a 10 anni
  10. Giuliano Serpa condannato a 4 mesi
  11. Ulisse Serpa condannato a 4 mesi
  12. Tommaso Signorelli condannato a 6 anni
  13. Antonino Sposaro condannato a 2 anni ed 89 mesi
  14. Venturino Sposaro condannato a 2 anni ed 8 mesi

Erano stati assolti, invece,

  1. Beniamino Molinaro
  2. Massimiliano Osso
  3. Giuseppe Perri
  4. Armando Mendicino
  5. Raimondo Chiacchio
  6. Roberto Di Lauro
  7. Antonio De Filippis
  8. Andrea Munno
  9. Molta la speranza di una revisione delle condanne

Nella sostanza è stato confermato l'impianto accusatorio nei confronti degli imputati nel secondo processo d’appello ai presunti esponenti della cosca Gentile-Besaldo che ha la sua influenza nei territori di Amantea e del medio Tirreno cosentino.

Nell'inchiesta contro i clan del Tirreno cosentino era coinvolto anche Francesco Muto, il "re del pesce", boss e capo storico dell'omonima cosca.

Come si ricorderà la sentenza di primo grado era stata emessa nel maggio del 2009 al termine del processo con rito abbreviato svoltosi dinanzi al giudice per le udienze preliminari di Catanzaro. In primo grado erano state emesse condanne a pene da un anno a venti anni di reclusione.

Poi il 24 novembre del 2010 era stata emessa la sentenza del primo processo d'appello, con 12 condanne e cinque assoluzioni.

Infine la prima sentenza era stata annullata in Cassazione con rinvio a nuovi giudici.

Ora si è svolto l’appello davanti ai giudici della Corte d'appello di Catanzaro.

Nove condanne di primo grado sono state confermate nei confronti degli imputati nel secondo processo d'appello ai presunti esponenti della cosca Gentile-Besaldo che ha la sua influenza nei territori di Amantea e del medio Tirreno cosentino.

Nel secondo processo d'appello è stata confermata la condanna di primo grado a 4 anni di reclusione per Francesco Muto, detto il 're del pesce', boss e capo storico dell'omonima cosca, accusato di concorso esterno all'attività della cosca Gentile di Amantea.

Una sola pena è stata ridotta.

I giudici hanno anche assolto il sottufficiale della Guardia di finanza Domenico De Luca dai reati di rivelazione del segreto istruttorio con l'aggravante delle modalità mafiose per i quali era stato condannato in primo grado alla pena di due anni di reclusione.

De Luca, difeso dall'avvocato Francesco Gambardella, é stato ritenuto responsabile del reato di accesso abusivo ad un sistema informatico ed è stato condannato a 8 mesi di reclusione, con la sospensione della pena.

 

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