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altalenaQuesta volta mi rivolgo a voi, carissime mamme e nonne di Tirreno News, Se vi capita, approfittando di una bella giornata di sole di condurre i vostri figli o i vostri cari nipotini ad un parco giochi o ad un giardino pubblico dove ci sono le altalene tante desiderate da tutti i bambini del mondo, vi raccomando, tenete a freno il vostro bambino interiore che c’è in voi. Sull’altalena possono andarci solo e soltanto i bambini piccoli, voi no, perché pesate molto e le corde si potrebbero spezzare o qualche vigile urbano di passaggio potrebbe infliggervi una multa alquanto salata.. Limitatevi a cercare una bella e comoda panchina all’ombra di un grande albero. Oggi va bene anche sotto il sole. Perché ho scritto questo? Perché ho appreso, leggendo la rassegna stampa di ieri, che stare sull’altalena a due ragazzine è costato carissimo. Sono state multate da un vigile urbano intransigente che ha voluto applicare alla lettera il regolamento comunale. Avevano più di 12 anni e allora non si può stare in due sull’altalena. Tutto questo è successo a Cairo Montenotte. Hanno rischiato addirittura 500 euro a testa. Se la sono cavata invece con 170 euro. Avvicinate dal vigile urbano mentre felici si divertivano dondolandosi, pur non avendo alcun documento essendo ancora minorenni, gli hanno rilasciato le loro generalità. E dopo pochi giorni i genitori delle due ragazze, con amara sorpresa,si sono visti recapitare la contravvenzione. Hanno protestato facendo rilevare che in Italia ci sono reati ben peggiori da multare non certo la bravata di due ragazzine che non volevano fare del male a nessuno o danneggiare le strutture del parco gioco. Ma il Comandante dei Vigili Urbani così si è giustificato: - Il regolamento parla chiaro. Vietato utilizzare le attrezzature per bambini che hanno più di 12 anni-. Tutto giusto, tutto a norma di legge. Ma la legge è davvero è uguale per tutti?. Il caso ha destato un grande clamore vuoi per la sanzione vuoi anche per l’importo della sanzione, ritenuta da molti eccessiva non commisurata alla violazione. Per un semplice dondolio in una struttura comunale 170 euro mi sembrano un po’ troppo. Essendo la prima volta che le ragazzine avevano violato il regolamento comunale bastava una bella ramanzina ed un avviso ai genitori, anche perché il regolamento è vecchio ed anacronistico. Anche a me è capitato tantissimi anni fa di ricevere una bella sgridata per aver avuto atteggiamenti un po’ troppo infantili : disturbo della quiete pubblica, perché i cuscinetti del mio monopattino facevano molto rumore.- Smettila – mi diceva il Vigile urbano – sei troppo grande per queste cose -. Parafrasando un film di Troisi, quello che è accaduto a Cairo Montenotte : - A me pare na strunzata! -

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disdetta canone rai1Amici di Tirreno News tenetevi forte perché voglio darvi una notizia bomba: Il Pd e Matteo Renzi vogliono abolire il canone RAI. Secondo voi quali sono le gabelle più odiate dai contribuenti italiani? Sono due: Il bollo auto e la tassa sulla televisione. Se ne sono accorti finalmente i politici nostrani. Se Berlusconi vincerà le prossime elezioni nazionali del 4 marzo ha deciso che abolirà il bollo auto e Matteo Renzi, per non essere da meno, ha lanciato la proposta:Sostituiremo la tassa sulla televisione con un contributo statale. Ma questi contributi statali chi li dovrà pagare? Noi li dobbiamo pagare. Ed allora se non è zuppa e pan bagnato. Va bene così. Ma io mi chiedo: Ma non è stato proprio il Signore di Rignago a infilare il canone RAI nella bolletta della luce? Vatti a fidare dei politici! Siamo già in campagna elettorale e per racimolare qualche voto i politici si inventano tante cose belle per continuare a prendere in giro gli elettori credendo che noi siamo in fondo tutti fessi. La proposta renziana, però, ha raccolto già i primi mal di pancia. Per primo è stato un Ministro in carica a criticare la proposta del segretario del Pd, il quale si è subito dissociato e ha dichiarato di essere contrario all’abolizione del canone RAI. E ti pareva! Come farebbero le migliaia e migliaia dei magna magna senza il canone annuale? Il Ministro Calenda non ha ancora capito che l’idea di abolire il canone è una farsa, è una presa in giro. Siamo in campagna elettorale ed ogni bufala è buona per fare notizia, apparire sulle prime pagine dei giornali e come prima notizia nei vari telegiornali di regime e infine per attirare l’attenzione degli elettori. Tutti diranno:-Avete visto quanto è bravo e buono il Segretario del Pd! Vuole tanto bene agli italiani che se vincerà le elezioni abolirà il canone RAI e le fontane dei nostri paesini incominceranno al posto dell’acqua a versare latte e miele-. Ora dateci il voto, mandateci ancora una volta in Parlamento perché non avendo mai lavorato non sappiamo fare null’altro, solo scaldare la comoda poltrona parlamentare.- E’ davvero una presa in giro. Ma si sa, è la campagna elettorale e Renzi è alla frutta ed è sicuro che non mangerà l’uovo di Pasqua. Tutto studiato a tavolino, intanto è aumentata la luce, è aumentato il gas, sono aumentati i pedaggi stradali, hanno introdotto un iniquo balzello sui sacchetti biodegradabili e tutto sempre e comunque a carico dei cittadini.

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Mons. Serafino Sprovieri, Arcivescovo emerito di Benevento, è morto ieri notte a Cosenza.

Aveva 87 anni.

I funerali si svolgeranno oggi 4 gennaio alle ore 15,30 presso la Cattedrale di Cosenza presieduti da Mons. Nolè Vescovo della Diocesi diCosenza – Bisignano.

Dopo il sacro rito, per espressa volontà del Vescovo scomparso, la salma procederà per Benevento dove sarà celebrata un’altra santa messa esequiale e poi sarà seppellito nella cripta dei Vescovi nella Cattedrale.

Mons. Sprovieri era nato in San Pietro in Guarano il 18 maggio 1930 e ordinato sacerdote il 12 luglio 1953 da Mons. Aniello Calcara che lo volle suo segretario affidandogli la direzione del giornale diocesano “Parola di vita”.

Fu Rettore del Seminario cosentino e poi del Pontificio Seminario Teologico S. Pio X a Catanzaro. Nominato Arcivescovo di Rossano Cariati nel luglio del 1980, il 25 novembre del 1981 fu nominato da S.S. Paolo II Arcivescovo Metropolita di Benevento.

Per raggiunti limiti di età lasciò l’alto incarico nel 2006 e si trasferì definitivamente a Cosenza.

Si é dedicato fino all’ultimo alla confessione e all’assistenza spirituale dei fedeli celebrando ogni giorno Sante Messe nella chiesetta della Madonna del Carmine in Piazza dei Bruzi, quella chiesetta di fronte al Municipio e di fianco alla caserma dei Carabinieri “Crippo”.

La sua Santa Messa domenicale delle ore 11,15 era molto seguita da numerosissimi fedeli cosentini. Io ho frequentato spesso le sue funzioni religiose.

Per l’ultima volta ho assistito alla Santa Messa di Natale e del 31 dicembre u.s. celebrate da Mons. Sprovieri. Si vedeva che era affaticato e molto stanco.

A stento riusciva a camminare aiutato con amorevole cura dal suo assistente.

Era però lucidissimo. Era un piacere ascoltare le sue dotte omelie.

Addio, Mons. Sprovieri.

Ti accompagnino i Santi e gli Angeli nella Santa Gerusalemme.

Pubblicato in Cosenza

Ci scrive Francesco Gagliardi:

“La Befana? Chi era questo caro e favoloso personaggio che portava i regali ai bambini nella notte dell’Epifania?

Era una simpatica vecchietta che ogni anno immancabilmente la notte del 5 gennaio scendeva dai camini delle case e portava doni a tutti i bambini del mondo.

Ho usato il verbo al passato perché credo ormai che questa cara vecchietta con la gobba e col naso un po’ adunco, piena di rughe e di acciacchi vari, sia completamente sparita dalla circolazione.

Vi siete chiesti il perché?

I bambini di oggi ricevono i regali dai propri genitori ogni giorno dell’anno, non devono necessariamente aspettare la Befana.

E poi la calza appesa al caminetto è stata sostituita dall’albero di Natale, vuoi perché nelle case non c’è più il caminetto, vuoi anche perché l’albero di Natale ha preso il posto nelle tradizioni natalizie del nostro antico presepio.

Abbiamo dimenticato le nostre tradizioni ed abbiamo importato quelle del Nord Europa e della lontana America.

Ci siamo emancipati anche noi. I doni, dunque, i bambini di oggi li ricevono a Natale e li trovano sotto l’albero di abete inghirlandato e ben illuminato.

E li trovano, cosa ancora più strana e buffa allo stesso tempo, ogni giorno nelle edicole, nelle cartolerie, nelle librerie e nelle farmacie, ovunque, allegati alle riviste di mamma e papà.

Nelle edicole, una volta, trovavi soltanto libri, giornali e riviste, oggi invece, trovi di tutto. L’edicola, come la farmacia o il supermercato, è diventata un bazar .

E gli editori, in crisi di vendite, allegano a riviste e giornali, oltre ai libri, di tutto e di più.

E così la povera vecchietta vistasi esautorata e negletta, e anche per l’età avanzata e per gli acciacchi vari,si è trasferita in qualche paradiso terrestre, forse in Egitto, sul Mar Rosso, dove vanno a svernare le persone facoltose alla ricerca di un sole caldo, di spiagge meravigliose e di alberghi accoglienti.

O forse, visto che nella nostra Italia ricca e opulenta non ci sono più bambini poveri, semplici, ingenui e buoni soprattutto, si è trasferita con tutto il suo armamentario magico in luoghi più accoglienti dove i doni,i semplici regali, i cari giocattoli di una volta fatti di pezza e di latta, sanno ancora di sorpresa e riescono ancora a rendere felici i bambini dal cuore ingenuo e tenero.

O forse è sparita per sempre, precipitata in qualche burrone inaccessibile dove neppure i Vigili del Fuoco, le squadre di soccorso alpino e quelle del pronto soccorso del 118, riescono a raggiungerla. O forse ha consumato la scopa magica che le consentiva di volare.?

Per volare in alto nei cieli e sopra i tetti delle case usava sempre una lunga scopa fatta con rami di erica, come quelle che usavano una volta gli spazzini per pulire le strade.

Oggi sono scomparse le scope e sono scomparsi pure gli spazzini.

E chi va più nei boschi bruciacchiati dalle fiamme estive a trovare e raccogliere i ramoscelli di erica per confezionare le scope?

Scomparsi gli spazzini, scomparsa l’erica, scomparse le scope, la Befana è andata in pensione.

Mi rifiuto di pensare che sia già morta.

Se fosse ancora in vita oggi dovrebbe avere più di centocinquanta anni.

Era già vecchia e decrepita allora quando io ero ancora bambino e, sono passati circa ottanta anni da quella magica sera, in cui la vidi per la prima e l’ultima volta col sacco sulle curve spalle colmo di giocattoli riempire la mia calza appesa al caminetto, figuriamoci ora.

Era nonna e bisnonna allora e facendo bene i calcoli oggi dovrebbe essere quattro o cinque volte nonna e dovrebbe avere una nidiata di figli e nipotini.

Avrà insegnato, ora che è vecchissima e stanca, il mestiere di Befana ad uno di loro, oppure il suo magico segreto e la scopa miracolosa che le consentiva di volare se li ha portati nella tomba o li ha rinchiusi in un cassetto?

Fu la prima e l’ultima volta che incontrai la Befana, perché dopo quell’incontro fortuito non venne più in casa mia di sera quando ancora eravamo svegli, ma neppure di notte quando tutti eravamo a letto e dormivamo.

L’incantesimo si era sciolto e la cruda realtà aveva già preso il posto dell’innocenza.

Per me fu una vera delusione, la prima delusione della mia vita.

Altre se ne aggiunsero in seguito, ma quella fu la più tremenda, la più lunga e la più triste da poter dimenticare.

Ma oggi, ormai anch’io vecchio, anche se dopo tanti anni scoprii che era stata la nonna Teresa a travestirsi da Befana,so che la vera, quella che porta ancora i regali ai bambini buoni di tutto il mondo, esiste davvero.

Esiste, esiste, eccome!

E come ero felice e contento, divenuto papà, quando la mattina del 6 gennaio aprivo insieme ai miei figli i pacchetti dei giocattoli che la sera prima avevo messo sotto l’albero o in un angolo della casa e dicevo che li aveva portati la Befana.

Dove è andata a cacciarsi ora? Dove è finita?

Aspetta con ansia che qualcuno la vada a scovare, che abbia tanta voglia di rivederla, che abbia tanta voglia di ritornare bambino.

Lei, la Befana, non si lamenta, non è irosa, ha tanta pazienza, sa aspettare.

C’è qualche bambino volontario di Amantea e dei paesi vicini che vuole sacrificare un po’ del suo tempi libero, del tempo che dedica spesso al computer, al telefonino, alla televisione, ai video giochi, alle slot machines, e vada alla ricerca di questa vecchietta a noi tanto cara?

Perché non la cercate anche voi, miei cari amici lettori di Tirreno News, insieme ai vostri figli e ai vostri nipotini?

Sarebbe davvero bellissimo andare alla ricerca di un bene perduto, delle cose belle e simpatiche di una volta, della Befana, quando nella famiglia c’era tanta concordia e tanto amore, e la sera del 5 gennaio tutti riuniti ci raccoglievamo intorno al braciere o al focolare ad aspettare il lieto evento.

Ndr: E se cambiassimo le sue sembianze?

Ecco cosa scrive Francesco Gagliardi:

“Dal giornale “Il Resto del Carlino” di Bologna apprendiamo che a Modena è stato celebrato un matrimonio civile.

Nulla di eccezionale diranno in molti perché ormai i matrimoni civili hanno superato quelli religiosi.

Questo è vero. Se però due persone alla soglia degli ottanta anni hanno deciso di coronare il loro sogno d’amore la notizia fa scalpore.

E fa un grande scalpore apprendere che la coppia di sposi sono due donne, compagne da una vita. Non indossavano il famoso abito bianco ma erano elegantissime.

E’ stato l’Assessore Andrea Bosi a celebrare l’unione civile tra due donne.

Accanto a loro soltanto i testimoni.

Nel loro giorno più bello non hanno voluto dividere la loro gioia con altre persone accanto, niente sguardi indiscreti.

Erano emozionatissime.

L’altra notizia bomba che ha fatto tanto scalpore proviene da Reggio Emilia e sempre la apprendiamo da il giornale di Bologna: un sacerdote di 57 anni ha lasciato la chiesa e ha dismesso l’abito talare e si sposa.

Lui è don Achille Melegari (nella foto) che fino all’agosto scorso era parroco nell’unità pastorale di Cella, Cadè e Gaida.

Dopo aver rassegnato le dimissioni da sacerdote don Achille si è innamorato di una donna, divenuta poi la sua compagna di vita ed ora ha deciso di sposarla col rito civile nel Comune di Tizzano Val Parma.

I motivi della scelta così clamorosa li ha spiegati lui stesso attraverso una lettera pubblicata dal giornale in cui non risparmia autocritiche ma anche debolezze denunciando anche quei parroci che vivono con una donna continuando ad esercitare il ministero sacerdotale.

Molti hanno criticato la scelta fatta da don Achille. Don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus invece lo difende.

Così ha detto:- La scelta fatta da don Achille che ha lasciato la chiesa dimettendosi da prete per sposarsi non mi scandalizza affatto. Credo non debba essere un problema.

Capisco che per tanti possa essere una bomba, ma dovrebbe diventare un fatto normale. Io lascerei libertà di scelta ai parroci di potersi sposare -.

Caro don Mazzi è certamente un fatto normale quando due giovani si sposano. Però quando lo sposo è un sacerdote il fatto diventa eccezionale.

La data delle nozze ancora non è stata decisa.

La notizia di un sacerdote che ha abbandonato la chiesa e poi si sposa ha fatto tanto rumore negli ambienti ecclesiastici, la gente mormora e i giudizi si sprecano.

Pubblicato in Italia

Carissimi amici di Tirreno News, oggi è San Silvestro, l’ultimo giorno dell’anno 2017, e vi voglio raccontare l’ultima follia di una maestra elementare che per non urtare la sensibilità di alcuni alunni musulmani che frequentano la sua scuola in occasione del Santo Natale ha sostituito nel testo di una canzoncina la parola Gesù con quella di Perù.

E’ successo in una terza classe della scuola “Beato Odorico da Pordenone” di Zoppola nel Friuli.

Hanno protestato i genitori degli alunni dopo aver ascoltato la canzoncina cantata in casa dai propri figli e la dirigente scolastica che non era a conoscenza dell’iniziativa presa dalla maestra si è subito dissociata.

La notizia si è subito diffusa in paese e su Facebook.

Sul Social sono piovute critiche e proteste nei confronti della maestra, che poi si è pentita ed ha chiesto scusa.

Oggi quella maestra ha sostituito la parola Gesù, domani, continuando di questo passo, sostituirà il crocifisso appeso alla parete della sua classe e poi anche il nome della scuola che porta il nome di un Beato, Odorico da Pordenone.

E infine vorrà imporre il Ramadam anche agli altri alunni cristiani per rispetto degli alunni musulmani che frequentano la sua classe.

E continuando di questo passo addio Natale, addio presepe, addio albero di Natale e poi Befana, Pasqua e Santo Patrono.

E addio per sempre alle nostre tradizioni, “alli cullurielli, grispelle e turdilli”.

E poi alla pizza e agli spaghetti “Ccu pimmaroli ‘ncoppa”, per far posto al cous cous e al Kebab. Esagerato, dirà qualcuno.

Quelli che verranno se ne accorgeranno se faranno come gli struzzi nascondendo la testa nel terreno in caso di pericolo. Non è solo questo triste caso che si è verificato in occasione del Santo Natale. Ce ne sono stati altri.

Nelle scuole di Travagliato (Brescia) alcune maestre hanno invitato i bambini a non portare doni in classe in occasione della festa di Santa Lucia per non turbare chi ha culture e religioni diverse e in altre scuole le maestre hanno proibito la costruzione in classe del presepe e dell’albero di Natale.

Siamo di fronte, amici miei carissimi, ad una vera e propria schizofrenia ideologica.

A poco a poco una minoranza musulmana ci costringe ad abbandonare le nostre tradizioni, la nostra cultura, i nostri usi e costumi, le nostre abitudine e poi pure la nostra lingua, per essere politicamente corretti, per non urtare chi non la pensa come noi.

Ma siamo ancora in Italia per nostra fortuna, non siamo ancora in Africa. Siamo nelle classi dove si parla ancora italiano e non yemenita.

E’ venuto il tempo di reagire, di riscoprire e valorizzare le nostre origini cristiane.

E chi non ci sta può benissimo emigrare altrove in Asia o in Africa come avevano promesso di fare alcuni nostri uomini politici trombati nelle elezioni nazionali, ma poi non hanno mantenuto la promessa.

Sono ancora tra di noi e ogni santo giorno li vediamo pontificare nelle televisioni.

Fino a quando? Speriamo solo per poco.

NdR Ma chi te l'ha fatto fare Gesù?

Pubblicato in Amantea Futura

Frutta-e-verdura-con-cesto-777x437E gennaio vien danzando, vien danzando alla tua porta, sai tu dirmi che ti porta? Ci porta una bella stangata su luce e gas, malgrado le promesse del Presidente del Consiglio On. Gentiloni che non ci sarebbero state per il 2018 aumenti e nuove tasse. Servizi non all’altezza e aumenti per le famiglie italiane. Ma c’è dell’altro. Dal primo gennaio come si regoleranno le nostre mamme, le nostre nonne quando si recheranno ai supermercati? Cosa diranno alla cassiera quando nello scontrino troveranno un altro iniquo balzello? Signora le bustarelle di frutta e verdura le dovrai pagare a parte. Per una cipolla una busta. Per le carote un’altra busta. Per i mandarini un’altra busta. Per le mele ancora un’altra busta. Ma quante buste? Tantissime. Dovremmo pagare tutte le buste perché dal primo gennaio dovranno essere biodegradabili. Quanto andranno a costare? Non si sa con certezza il prezzo, potrà variare da 2 a 10 centesimi. I consumatori si lamentano mentre le associazioni ambientaliste plaudono all’iniziativa: Norma virtuosa, i sacchetti possono essere riusati per l’umido facendo risparmiare il costo del sacchetto di plastica utilizzato. Questa novità e questa nuova tassa non è piaciuta alla maggioranza degli italiani. Ma c’è dell’altro. Dal primo gennaio arriva anche una tassa sulla bicicletta. Per i ciclisti amatoriali che vorranno partecipare alle gare della Domenica dovranno pagare 25 euro, si dice all’anno.

In caso di trasgressione della legge, verranno consegnate multe salatissime: da 2500 Euro fino a 100mila se la violazione ha a che fare con quantitativi ingenti o se il valore delle buste fuori legge è superiore al 10% del fatturato del trasgressore. 

Pubblicato in Italia

Provate a leggere queste righe di Francesco Gagliardi.

Raccontano un mondo sereno, felice, che , purtroppo, non c’è più. Di un mondo sostituito da una modernità fatta di consumi, di un mondo che ha perso i valori. Non solo quelli del Natale, ma soprattutto quelli della società che si rispettava, se, non si amava.

Forse non sarà facile recuperare quei tempi, ma che almeno siano ricordati.

E’ questo il messaggio di Francesco Gagliardi

“Il Natale di oggi, quello appena trascorso, all’apparenza sembra uguale agli altri. Ma non è così. Se ne è accorto finanche il Santo Padre, il quale proprio ieri, mercoledì 27 dicembre, nell’udienza generale, ha detto così:- Il Natale l’hanno snaturato per un falso rispetto di chi non è cristiano e si è eliminato Gesù -. E ha difeso le luci, i cibi della festa e le varie tradizioni locali. Continua ad impazzire ancora la corsa alla ricerca dei regali da fare ed i negozi sono affollati e restano aperti tutto il giorno finanche la Domenica. E’ stato un Natale ricco e dispendioso, all’insegna delle folle spese e dello shopping. Le strade, le vie, le piazze, i negozi sono illuminati a festa e le vetrine sfavillanti di luce e di colori sono piene di figure natalizie. Ogni tanto, ma raramente, si è visto qualche zampognaro infreddolito che si fermava davanti ai negozi intonando “Tu scendi dalle stelle”.

Ai lati delle strade si vedeva ancora qualche vecchietta che vendeva il vischio, il muschio e il pungitopo. L’agrifoglio no, perché è proibito raccoglierlo. Ma le famose tradizioni e i simboli di questa festa che fine hanno fatto? Tutto dimenticato.

“Sona zampugna, portami luntanu / alli tiempi felice e quatraranza. / A nonna chi filava chianu chianu, / ‘ntramente me cuntava na rumanza../ A ru zuccu chi ardia sempre cchiù chiaru / sutt’a camastra de ‘nu fuocularu!”

Tempi felici quelli, bastava un fico secco scaldato sulla brace ed una fiaba raccontata dalla nonna e noi bambini eravamo felici e contenti. Quanta allegria c’era in quelle case povere, ma ricche di valori, persi ormai per sempre. Tutto si è perso o dimenticato, ma quello che è peggio moltissimi non ne sono a conoscenza. Oggi si parla di regali sfarzosi, di tredicesime, di panettoni, di torroni, di luminarie, di balli, di cenoni, di spettacoli musicali in piazza, tutto orientato al consumismo sviscerato.

Nessuno si dedica più alla riscoperta e alla ricerca dei valori perduti che un tempo non lontano portavano festa ed allegria in ogni casa ed in ogni parte del mondo, perché era nato Gesù, il figlio di Dio, in una povera stalla riscaldato dal fiato di un bue e di un asinello.

Ma le famose tradizioni e i simboli di questa festa che una volta era prettamente religiosa che fine hanno fatto?

Nelle case, nei negozi, nelle scuole, nelle piazze non si costruisce più il presepe come una volta perché come ha detto il Santo Padre – per un falso rispetto di chi non è cristiano -. Quanto tempo dedicavamo alla realizzazione del presepe! E che gioia andare nei boschi alla ricerca del muschio. Nel presepe c’era la grotta che accoglieva Gesù Bambino, la Madonna e San Giuseppe, e fuori gli zampognari, i pastori che portavano i doni a Gesù ed infine le montagne cosparse di farina per dare l’idea della neve con le pecorelle che brucavano l’erba.

E gli zampognari che fine hanno fatto?

Nel mio paese, San Pietro in Amantea, venivano il giorno dell’Immacolata Concezione e il giorno di Santa Lucia. Suonavano in chiesa ma anche per le vie del paese. E ora ricordo la bellissima poesia di Giovanni Pascoli che facevo imparare a memoria ai miei marmocchi :-Le Ciaramelle – Ed ecco alzare le ciaramelle il loro dolce suono di chiesa. Suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla, suono di mamma, suono del nostro dolce e passato pianger di nulla .-

A mezzanotte dopo aver mangiato tredici cose, così era la tradizione, tutti andavamo in chiesa ad ascoltare la Santa Messa, mentre sul sagrato della chiesa ardeva un grande falò. La legna bruciava tutta la notte e la gente si riuniva intorno al falò prendendosi cura perché almeno un tizzone vi restasse acceso la mattina.

I tizzoni che avanzavano venivano conservati come oggetti sacri, e quando si sentiva nell’aria minaccioso il brontolio dei tuoni, precursori delle tempeste, si esponevano fuori sul davanzale delle finestre o dei balconi, credendo vi fossero in essi la virtù di scagionarli. La mattina, poi, le contadine vestite a festa, andavano nelle case dei loro padroni portando loro doni e non erano ricambiati.

Era consuetudine allora rendere omaggio ai padroni specialmente se abitavano nello loro turre di campagna.

Quanti ricordi! Quanti ricordi di tempi felici e belli! E non c’è maggior dolore che ricordarsi dei tempi felici anche se nella miseria: Il Natale dei presepi, degli zampognari, dei falò, dei dolci caserecci, dei cullurielli e delle grispelle, delle canzoncine, delle tombolate, delle recite nelle scuole e della letterina ai genitori che nascondevamo sotto il piatto delle strine.

Lo strinaro era una figura caratteristica del Natale scomparso, che andava cantando accompagnato dalla chitarra, a chiedere da bere. Se le porte delle case non si aprivano, non solo faceva un gran chiasso, ma il suo canto diventava dispettoso ed ingiurioso..

Per gli anziani queste tradizioni sono solo un ricordo, per i giovani soltanto cose futili ed inutili. Ricordarli, però, fa sempre bene, per essere vivi nella storia della nostra Calabria, per capire meglio la società di una volta diversa da quella di oggi, dove si parlava un linguaggio diverso, dove gioia e dolore venivano divisi con gli altri, dove tutti si aiutavano a vicenda, dove la parola “shopping” non era stata ancora importata in Italia e la gente non impazziva per i regali e per un Natale ricco e dispendioso.

Pubblicato in Basso Tirreno

Falsificano la nostra storia cristiana e distruggono le nostre tradizioni, in nome di una provocatoria pseudo modernità.

Ecco cosa scrive Francesco Gagliardi:

“In una parrocchia della città di Udine quest’anno è stato costruito un artistico presepe, diverso dagli scorsi anni.

Gesù Bambino non nasce nella solita capanna o nella solita mangiatoia con il bue e l’asinello come vuole la tradizione e come è scritto nel Vangelo di Luca, ma è nato in una zattera.

E come ha detto il parroco don Claudio :- Legato al tema dell’immigrazione -.

Apriti cielo! La decisione del parroco ha subito sollevato aspre polemiche.

Ma l’intento del sacerdote è stato solamente quello di aver voluto legare la storia con l’attualità del fenomeno delle migrazioni.

E’ stato, senza dubbio, un messaggio di solidarietà.

Non tutti hanno gradito questa scelta e l’hanno ritenuta oltraggiosa e blasfema.

A chi è venuta l’idea di far nascere il Bambino Gesù sulla zattera?

Maria e Giuseppe sono messi in una grotta, l’Angelo che scende dal cielo, i Re Magi tra gli alberi. Tutto secondo la tradizione. Solo Gesù non è nella grotta.

E’ nato su una zattera perché nelle città d’Europa e del mondo non c’era più posto per Lui.

Il messaggio è chiaro: ci sono tante mamme incinta che arrivano con le carrette di mare e lì partoriscono i loro figli; ci sono tanti immigrati che lasciano la loro terra e i loro affetti e muoiono sulle barche; ci sono tante persone e tante finte organizzazioni umanitarie che guadagnano e speculano sulle barche; ci sono poi persone buone che notte e giorno solcano i mari e salvano i migranti in balia delle onde sulle barche. Tutti sono sulla stessa barca, anche Gesù.

Ma a quanto pare questa scena della Natività non a tutti è piaciuta perché è fuori dagli schemi.

Anche a Montefiore Conca in provincia di Rimini il presepe che si è costruito in chiesa ricorda le stragi di migranti. Gesù è stato fatto nascere su un gommone.

Il messaggio è uguale a quello descritto sopra. E’ subito intervenuto il Sindaco che l’ha giudicato di cattivo gusto.

Così sembra quasi che il Bambino sia stato abbandonato alla deriva in mezzo al mare.

Anche nella mia scuola di Carolei in provincia di Cosenza alcuni anni fa una cara maestra ha voluto costruire un artistico presepe fuori dagli schemi tradizionali.

Non c’era la solita capanna, il laghetto, i monti, il bue e l’asinello. Il Bambinello non l’ha fatto nascere in una mangiatoia in una notte stellata in mezzo ai pastori.

L’ha fatto nascere nell’arida terra del deserto, in mezzo ai soldati, in una notte buia e triste, dove tutto è brutto e cattivo, dove in lontananza si sentivano crepitare i fucili e le mitraglie.

Gli uomini di questo pazzo mondo sommersi dalle misere cose del tempo, la cara maestra Presta, ci aveva voluto dire che non si accorgevano, non avvertivano che con il Natale di quell’anno iniziava una nuova epoca: l’epoca delle tenebre, del peccato, dell’odio, del rancore, del razzismo, della guerra.

Era il 1990 e la pace nel mondo era minacciata da Saddam Hussein.

Era un nuovo concetto di pace che la suddetta maestra aveva voluto sviluppare.

E – Pace agli uomini di buona volontà - cantavano gli Angeli in quella notte santa.

E pace agli uomini della Korea del Nord e degli Stati Uniti d’America, oggi gridano a gran voce gli Angeli del Signore, ma nessuno li vuole più ascoltare.

A voi tutti, amici miei carissimi, auguro un Santo Natale e un Felice Anno Nuovo.

E che la pace del Signore che nasce sia con tutti voi e con voi rimanga sempre.”

Ndr Il Prossimo anno suggeriremo di fare un presepe con i resti delle torri gemelle e chiederemo ai buonisti di offrire la patente di eroe a Mohamed Atta, l’autore della strage di migliaia di persone.

Le torri gemelle

L'autore della strage

Pubblicato in Cronaca

Ieri 21 dicembre 2017 il Comune di San Pietro in Amantea ha intitolato la Sala Consiliare all’Ins. Ines Nervi in Carratelli, primo Sindaco eletto nel marzo 1946 dopo la caduta del fascismo e uno dei primi 11 Sindaci donna a ricoprire una carica istituzionale.

Il suo ritratto si trova ora insieme agli altri a Montecitorio e precisamente nella Sala delle donne.

La cerimonia si è svolta il 3 maggio u.s. alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati On. Laura Boldrini.

Nel 70° anniversario del diritto di voto alle donne la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva deciso di onorare il ricordo delle prime dieci sindache italiane elette nel 1946 con una targa celebrativa.

La cerimonia si è svolta l’11 novembre 2016 alle ore 11 nella Sala Polifunzionale, in Via Santa Maria, a Roma, per voler ricordare il lungo e faticoso cammino delle donne nella conquista dei loro diritti.

In quella occasione il nostro Sindaco venne completamente ignorato malgrado io ne avevo parlato nel mio primo libro”Storia di San Pietro in Amantea”, pubblicato nel lontano 1982.

Avevo finanche riportato la prima delibera consiliare del 31 marzo 1946.

Quel lontano giorno rappresenta negli annali della vita amministrativa del Comune di San Pietro in Amantea, una data storica, non solo perché a quella competizione elettorale parteciparono al voto per la prima volta nella storia anche le donne, ma anche perché venne eletta Sindaco una donna, sposata, con due figli, maestra elementare.

Da quel giorno fatale le donne non furono più considerate solo casalinghe o lavoratrici senza voce, ma come ricorda la targa commemorativa “fautrici a pieno titolo della nuova politica italiana”.

Mi fermo qui.

Ma poiché in Italia negli ultimi 50 anni sono sorti tantissimi movimenti femminili, per vendicare certi ruoli professionali con piena parità giuridica e economica, il Presidente della Camera dei Deputati On. Laura Boldrini ha voluto imporre che il femminile di Sindaco sia Sindaca.

E così anche gli Amministratori del mio Comune nella targa in bronzo hanno scritto “ 1° Sindaca donna”.

Io preferisco dire “Sindaco” e continuerò a scrivere sempre “Sindaco”.

E Vittorio Sgarbi ricalcando il pensiero del Presidente emerito Giorgio Napolitano che ha definito “orribili” e “abominevoli” i termini Ministro e Sindaco al femminile, così ha scritto:- Ora cara Boldrina, sia precisa, ci dica chi è lei …. lei è la grammatica?

Lei stabilisce che non è giusto chiamare Sindaco una Sindaca e Ministro una Ministra?

Ai ruoli non si applicano i sessi, rimangono tali e quali. Come la persona rimane persona anche quando si riferisce ad un uomo, non diventa persona.

E tu sei una zucca vuota, una capra …. fortunatamente non un capro-“.

Pubblicato in Basso Tirreno
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