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Scrive Gigi:

“G, certamente non ha capito, non capisce e forse mai capirà ciò che dovrebbe capire. L’estate era agli sgoccioli e non se ne sarebbe accorto senza le luci accese della strada di Beaumont sur Mer.

In macchina con Toby portava con se il susseguirsi delle stagioni. Dalla sua valigia cercherà sicuramente di scaricare tutti i pesi inutili. tenersi solo ciò che ha di leggero, utile e importante. Ottimisticamente ha lasciato tanto posto alle novità che verranno: così dovrà fare con se stesso. E’ partito all’alba, con il cervello ardente,il cuore gonfio di rancore e desideri amari. Andava docile su quelle ali d’acciaio cullando l’infinito sul finito del cielo.

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono.

E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordi, in narrazione. Quando ci si siede sulla morbida erba di una foresta del nord-ovest canadese e si dice a se stesso: “Non c’è altro da vedere”, in quel momento si sa che non è vero. Bisogna scorgere a tutti i costi quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in autunno quel che si era visto in primavera, vedere di giorno quel che si era visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva. Vedere l’ombra che non c’era. Una mattina si è svegliato, buttandosi giù dal letto. Trascinato da una spazzola fra i capelli e una gran voglia di andare.

Era riuscito a scendere giù per la scala della sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembravano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà, per un’anima in pena non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. La gioia di vivere, pensava, deriva dall’incontro con un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi un giorno sotto un sole nuovo e incontrare degli amici che lavorano su una strada di Edmonton, nell’Ovest canadese, dove si svolge un “social event”, interpretato e mescolato in un' atmosfera dal sapore caleidoscopico. Quel mattino sono successe due cose, luccichii da ricordare.

G era tornato con Daniela e Pasqualino su una strada della sua gioventù: la 118 St. Subito dopo aveva rivisto due fratelli che appartenevano a quello stesso periodo. Enrico e Mario, proprietari di un banco dei pegni (pawn shop) nel quale, in quel momento, un signore di mezza età, stava impegnando, per 30 $ ,due scatole di Viagra. All’improvviso si trovò catapultato di fronte a ricordi, ad eventi che portava con se e che sono relativi a periodi di vita belli e quasi spensierati. Un vero e proprio tuffo dentro la memoria. Un viaggio nella macchina del tempo.

 

Il vero viaggio di G è, in realtà, dentro una memoria a cui dava vita passo dopo passo e da cui gradualmente veniva risucchiato, come da un mulinello d’acqua sul mare di Ulisse. Conscio di questa sua condizione, decise di non arretrare. La curiosità non glielo consentiva. Non si trattava semplicemente rievocare momenti belli e brutti di un passato ormai alle spalle. Parte di vita vissuta, narrabile come un sogno inerte, incapace di intaccare la realtà attuale . G scopriva che non era così. Pasc, alla guida del pick up, gliene diede conferma: “ Andiamo a fare colazione con uova e bacon”! “Ottima idea”, rispose subito G, “con patatine fritte e Ketchup”.

Nessun commento da parte di Emilio, sempre presente nella mente dei due seduti in un coffee shop dell’autostrada 16 west che li avrebbe portati a contatto della natura autunnale che abbracciava la città di Edmonton capitale della Provincia dell’Alberta nel nord-ovest del Canada. Destinazione: Wabamun e Tomahawk, il paradiso delle “Cocò” , Falcipennis canadensis, il tetraone, uccello di medie dimensioni, appartenente alla famiglia dei Fagianidi, diffuso nel Nord America. Le spruce grouces.”

Gigi El tarik

G. è arriva to in territo rio canade se, all’aero porto Dorval di Montreal dove qualche anno prima aveva passato una notte in compagnia di due agenti della polizia di Stato canadese, con l’accusa di seduzione ad una minore figlia di un console europeo. Oggi, invece, a distanza di quasi 40 anni, lo stesso G ha di fronte, non il bellissimo viso della quasi maggiorenne francese, ma il rullo del ritiro bagagli che scorre sotto i suoi occhi. Centinaia di valigie di ogni forma e modello sfilano con incedere lento. Viaggiatori felici ritirano il proprio trolley mentre il suo tarda ad arrivare. Ed ecco che il timore inizia a farsi largo tra i suoi pensieri: “ Fuck! La mia valigia non ci sarà”! L’incubo che non avrebbe voluto mai vivere si era palesato, dopo circa un’ora di vana attesa. Poi la delusione, l’arrabbiatura e una domanda che attendeva risposta: “E ora che faccio”? Nel suo cercare di capire dove iniziare la ricerca, individuava una insegna a cui aggrapparsi: “Lost & Found” dello scalo portuale. Presentare il biglietto, il tagliando della valigia e compilare il modulo di reclamo. Prima in francese poi in inglese, l’uomo dietro il bancone chiede: “ha smarrito le valigie?”. G. lo guarda negli occhi e in inglese gli dice che la sua valigia aveva probabilmente deciso di non seguire il padrone in quel suo viaggio che a molti altri appariva come una follia. Una follia quello di andare alla ricerca del proprio passato che oggi gli appare sotto la veste di un incubo e non un sogno. Ha schiumato rabbia per circa tre ore in quell’aeroporto, per aver dovuto improvvisare un look finto casual con quei pochi indumenti che si ritrovava addosso insieme a dei ridicoli sandali infradito, mentre il suo abbigliamento invernale vagava per l' Europa in una valigia smarrita. In quello stesso momento io me ne stavo ferma nel silenzio più assoluto in uno spazio anonimo e privo di presenze umane. Dal calduccio dell’armadio del mio ex padrone, Toby One Kenobi, a questo luogo freddo e inospitale governato da mani che ogni tanto mi palpavano, mi giravano e mi rigiravano per poi abbandonarmi insieme a tutta questa roba che mi ritrovavo dentro. Bene. Dovete sapere che le amarezze non sono finite lì. Nella mia mente, in attesa dell’aereo che mi avrebbe portato via dagli “aeroporti di   Roma”, così c’era scritto sul muro di fronte a me, riaffioravano i momenti di stretta intimità passate con altre valigie in quell’armadietto su in alto in casa di quel Toby che, senza pensarci due volte, mi aveva allontanato sia da casa sua che dalle mie simili e da uno zainetto molto carino , consegnandomi nelle mani di questo G di cui non conoscevo nulla. A molte migliaia di km di distanza a G riaffioravano davanti agli occhi le immagini di Andrèe che litigava con il padre al telefono per averli fatto prelevare dall’aereo che avrebbe dovuto portarli in Europa. A Ginevra. G si sforzava di ricordare quei momenti di assoluto sconcerto in quello squallido ufficio dove si erano infranti i desideri di passare un’estate insieme alla sua ragazza lontano da quel bastardo del padre che in quel telefono diceva alla figlia che un agente canadese l’avrebbe riportata a casa. “ Se per disgrazia il bagaglio non ha più l' etichetta con i dati personali di riconoscimento, un giorno i vostri oggetti più intimi saranno venduti.” La voce era quella dell’agente doganale canadese. Già, all' asta. Sembra incredibile, ma dove si trovava la sua valigia, cioè all' aeroporto di Fiumicino, ce ne sono 800 di altre valigie orfane che stanno per essere concesse al miglior offerente. Almeno a sentire l' allarme lanciato da qualche politico in cerca di notorietà. Lo ha saputo a seguito di una ispezione compiuta da qualche ispettore nello scalo della capitale in preda al caos bagagli. E, tuonando contro la società che gestisce Fiumicino, ha denunciato: “Manca il presidio e il controllo dei processi. La dimostrazione non è solo nell' altissimo numero di bagagli ammassati ovunque ma addirittura, hanno scoperto due magazzini con ben 800 bagagli senza scontrino che saranno messi all' asta”. Lo scenario che gela le vene di qualsiasi passeggero non è affatto sconosciuto nel settore. E non stupisce gli addetti ai lavori. Per loro sono oggetti smarriti come la varietà impressionante di cose che affollano i magazzini di Fiumicino: biciclette, scarpe spaiate, strumenti musicali, canoe, giocattoli e persino settantamila euro in contanti dimenticati in media ogni anno da turisti distratti. Anche se fonti aeroportuali parlano di numeri diversi. Dicono che le valigie accumulate negli ultimi due anni e mezzo, e cioè da quando l' ultima asta è stata bandita, sono circa 150. E quelle valigie, sottolineano, sono quelle che proprio non si è riusciti a identificare malgrado i tentativi. Ma in cosa consistono questi tentativi? In un primo momento la valigia che non ha seguito il suo padrone in viaggio, magari su un altro volo coincidente, viene portata - dalla compagnia che la ritrova, o dalla società che per conto di essa gestisce il servizio a terra - in un ufficio di “Lost & Found (persi e ritrovati). Lì attende il ricongiungimento con il proprietario. Lui nel frattempo ha sporto una denuncia che è stata immessa in un circuito mondiale attraverso un sistema informatico. Le più fortunate ritrovano così il padrone. Viene applicata un' etichetta con su scritto “riavviamento” e vengono spedite a destinazione o all' origine del volo. Ma le altre? I guai arrivano per quelle che non hanno più l' etichetta di partenza. E che magari i proprietari hanno rinunciato a cercare. Passato un po' di tempo, vengono passate alla società di gestione dell' aeroporto che li tiene in consegna. Ma alla fine viene indetta un' asta. A quel punto la valigia viene aperta in presenza di un ufficiale della Finanza e uno delle Dogane. È l' ultimo tentativo. Dopodiché sarà messa in vendita. L' asta è aperta al pubblico e adeguatamente pubblicizzata. Il bagaglio viene adagiato su un tavolo e da lontano il compratore scruta per vedere se contiene abiti in seta di una fascinosa donna fatale o camicie e calzini usati di un impiegato di ritorno da una trasferta di lavoro e fa la sua offerta. G nel frattempo è arrivato a Edmonton nella Provincia dell’Alberta dove ad aspettarlo all’aeroporto c’è il suo amico Pasqualino che per tranquillizzarlo, gli racconta l’avventura vissuta dalla sua moto. Partita dal “check in” di Francoforte per seguirlo sullo stesso volo di ritorno in Canada, si ritrovò a Sidney Australia; e dopo un’altra serie di scali intorno al mondo, era poi ritornata al legittimo proprietario, che non l’aveva ripudiata, 20 giorni dopo. "Da una rapida ricerca sul PC, ho rintracciato la sua valigia nello scalo di Roma Fiumicino. Fra un paio di giorni il suo bagaglio la raggiungerà. No problem”. La voce rassicurante è quella di una gentile e sorridente funzionaria delle Dogane canadesi.

Ho davanti agli occhi un grosso tomo nel quale raccogliere quanto Gigi El tarik, al secolo Gigino Adriano Pellegrini , sta offrendo da tempo a chi trova il tempo e scopre il piacere di leggerlo.

 

Racconti, saggi, articoli di denuncia e reportage che offrono una visione ancora non totale del mondo voto da Gigi ed anche del nostro microcosmo amanteano e della sua “gente”.

 

Parliamo del George Saunders amanteano ( George Saunders ha vinto più volte il National Magazine Award, è stato incluso nella lista dei «venti scrittori per il 21° secolo»,insignito nel 2013 è stato insignito del PEN/Malamud Award, il più prestigioso premio statunitense per gli autori di short stories, e la rivista Time l’ha inserito fra le 100 persone più influenti del mondo)

Ecco l’ultima creazione di Gigi.

 

MERAVIGLIOSA CONFUSIONE

Come insegnava Epicuro, l’individuo dovrebbe sempre compiere scelte con criteri diversi da quelli della società e del potere. Al macrofenomeno della costruzione degli imperi, che è spinto dalla necessità di arricchire, è contrapposto il microfenomeno della persona umana che non ritiene necessario arricchirsi. Scomodando ancora una volta i nostri antenati Greci, il poeta Esiodo, nella sua Teogonia, sostenevache l'Universo sarebbe nato dal Caos primordiale. In principio era dunque il caos, ossia la totalità in cui indifferenziati erano racchiusi gli elementi dell'intero Universo. Dal caos si generarono la Terra ed Eros, la forza dell'amore, e dalla loro unione nacque Armonia. Nel caos dunque ci sono già in potenza tutte le risorse di cui l’umanità necessità . Di questo ne parlano anche le più recenti teorie scientifiche fisiche e matematiche, che dimostrano come il caos sia la prima condizione generatrice di vita e di energia in tutto il cosmo.

Nei periodi in cui l’uomo è confuso, irrequieto e sfiduciato, cerca spesso di proteggere la propria fragilità isolandosi o imponendosi una vita il più regolare possibile, evitando la folla e le occasioni che potrebbero destabilizzarlo. La ricerca di ordine interiore si riflette nel tentativo di creare intorno a sè un ambiente pulito e ordinato, quasi asettico. Questi comportamenti esprimono il tentativo di estendere un controllo razionale a tutto ciò che potrebbe turbarlo e minare la propria autostima. Se si percorre questa strada non si fa altro che rinforzare le ragioni da cui nasce il disagio. La confusione invece paradossalmente può essere d’aiuto... . Più ci si isola, più ci si rinchiude in sé stessi e più ragionerà secondo schemi usuali e prestabiliti che spengono vitalità eautostima. Perciò, quando la confusione regna dentro la persona umana, non bisognerebbe rinunciarci: al contrario, bisogna cercarla anche fuori, senza tentare di combatterla o risolverla. Immergersi per qualche ora nella folla, passare la mattina al mercato, ascoltare musica vivace e frenetica per qualche minuto oppure in un pub, o in un  ballo a occhi chiusi da solo, in casa. Semplicemente tollerare il disordine o ricrearlo e poi limitarsi a osservarlo reprimendo l'impulso di rimettere subito tutto a posto.

Se l’uomo ha una vita piena ed esaltante, andando in giro a caccia di spie o disseminando bombe o avendo successo a Wall street oppure nelle aule di un tribunale, come mai richiede l’ammirazione di una donna per sentirsi completamente realizzato, anche quando la considera preziosa e accessoria come una collanina ? Alba, cerca invano di comprendere il senso dell'esistenza, agendo in modo passivo e indifferente verso la realtà che la circonda . Le storia di Alba e del mondo di cui fa parte, , è metafora di un'Europa di inizio secolo, stanca e decadente. Come la liberal-democrazia che si avvia al suo inesorabile disfacimento.

Vicino alla stazione ferroviaria di Amantea , cittadina calabrese che si affaccia sul mare di Ulisse, c'è un piccolo quartiere dove è nato il narratore . Costretto all’ esilio in Nord America, l’uomo che mi raccontò questa storia incompiuta .Quella di un uomo e una donna che, sfidando le convenzioni, decisero di dar vita ad una relazione atipica. Pilastro portante di questa evento rivoluzionario, le loro affinità elettive. Brucia in pochi mesi il tanto desiderato rapporto nato sotto l’auspicio della volta celeste.. Ma il tentativo destabilizzante di questa unione fallisce miseramente. Provano a rientrare nell’Eden, cercando di prendere le distanze da una società popolata da uomini senza qualità, esseri incompiuti e recalcitranti. Ma non ci sono riusciti.

Il Sistema non è in grado di fornire una spiegazione di questo fallimento, anche se paradossalmente ne è stato l’artefice. Nel ridicolo tentativo di trovare a tutti i costi una risposta attingendo a valori stantii, non riesce a far altro che banalizzare. Un modo di pensare così mediocre e “pieno di buchi” da far arrossire persino un centrino.

Il pensiero di uno spermatozoo: “Non sono nulla se non arrivo a fecondare un ovulo ”. Gli uomini pensano come un gigantesco spermatozoo? Quasi certamente, gli scrittori immaginano le donne che pensano come gigantesche uova: “ Non sono nulla se uno spermatozoo non riesce a raggiungermi e fecondarmi”. Sullo sfondo, ben presenti sebbene in controluce, le macerie del sistema democratico, che imploderà come pure quel ponte sospeso in un ambiente nordico con una speciale creatura alata. Anche il contesto non ce la farà, seguendo i conati dei personaggi. Tutto è destinato a cambiare, e questo dovrebbe far riflettere su quanti esseri umani riescono a passare cinque minuti della loro vita esaminando i propri processi mentali. L’agenda di queste piccolissime cellule – neuro trasmittenti, ormoni, ecc., regnerà assolutamente il cervello a meno che si sceglierà coscientemente di soprassedere. Esecrare i luoghi comuni. Tornato dall’estero qualche anno prima, il narratore aveva comprato una piccola tana con i soffitti a volta in piazza Caprera a Roma e di tanto in tanto tornava al Sud, per sentirsi dire, facendo la carità a qualche povero, di essere un santo; se invece cercava le cause della povertà gli davano del comunista. “E’ veramente un mondo difficile”, come direbbe l’amico Frank Ditch, alias Francois Le Gap. “La vie humaine est impossible:” la vita è letteralmente impossibile per quell’essere impregnato di contraddizioni che è l’uomo, ma è quell’impossibilità che sola è in grado di aprire l’essere contraddittorio alla possibilità delle possibilità. Tutto sembra avere una fine: le stelle esplodono, i cadaveri si decompongono e gli imperi crollano. Sarebbe da chiedersi se anche la psiche, in tutte le sue accezioni, segua il principio della morte.                        Beaumont sur Mer sept. 2015 Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Stavo pericolo samente riflettendo.

Se tutte le denunce, fatte in questi ultimi mesi riguardanti gli esempi di mala ammini strazione, hanno un significato, questo secondo me consiste nel fatto che esse vanno nel senso della moralità popolare: per la collettività penso che sia alquanto inammissibile che dei dirigenti amministrativi, quali essi siano, dei suoi rappresentanti, siano privi di moralità.

Questo perché la collettività crede veramente che essi agiscano in suo nome, dato che a loro viene affidato, attraverso il voto liberal-democratico, la propria sovranità.

Quindi, la stessa collettività pensa che essi rappresentino legittimamente i loro elettori.

Se questi sono dei disonesti emerge una bella contraddizione tra moralità e legittimità.

Due elementi, questi, che infatti dovrebbero essere indivisibili.

Coro: Chi è colei che la rupe/ profetica di Delfi disse avere compiuto delitti e furti indicibili fra tutti/ con mani sanguinarie? E’tempo per l’Amministrazione di muovere,/ fuggendo, piede più gagliardo che i destrieri veloci come procella./ Armati contro lei si scaglino con fuoco e con fulmini i figli di Zeus,/ e terribili insieme seguiranno/ gli inevitabili eventi.
Il problema è che la collettività lavoratrice non riesce a vedere il proprio ruolo di “creatore” di movimento delle masse, di una rivolta necessaria.

Probabilmente manca la capacità di ragionare, di analizzare le varie problematiche sociali e di arrivare ad una fusione di rivolte, d’origine diversa in quanto vi sono variegate classi sociali che subiscono diverse forme di oppressione.

E’ evidente che ogni oppressione provoca inevitabilmente una resistenza, una ribellione, stimola cioè la creazione di un certo numero di valori.

Il ruolo di una parte della collettività, cosciente della insoddisfazione generale e dal modo di gestire il potere in maniera cosiddetto“democratico”, deve essere quello di produrre un “linguaggio comune” comprensibile a tutti i componenti delle varie classi, in quanto tutte subiscono, anche se in misura diversa, questa o quella oppressione e abuso.

Prendere coscienza di questo tipo di problematiche porta inevitabilmente al rifiuto dell'obsoleto sistema di “via democratica al potere” di togliattiana memoria.

Con quella sua “via” che incontrò tantissime resistenze in quanto aveva come fine qualche piccolo miglioramento e qualche piccola riforma.

Ciò che predicava il "Migliore", era l’utilizzo del voto come una delle possibilità di sviluppo di un’azione democratica per ottenere- si fa fatica a crederci- “delle profonde riforme” strutturali della società.
Si sta assistendo, grazie anche a ciò che è stato appena accennato, ad un revisionismo reazionario che apre la strada alla democrazia autoritaria, nel mondo.

Uno di quei periodi storici che dimostrano che anche la libertà ha le sue stagioni.

Si è consumato negli ultimi 60 anni una mutazione capitalistica, una rivoluzione tecnologica di effetto obbligato: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri ed emarginati.

È questa la ragione di fondo per cui la Resistenza e l'antifascismo democratico appaiono sempre più sgraditi, sempre più fastidiosi al nuovo potere.

Padroni arroganti e impazienti non accettano più una legge uguale per tutti, la legge se la fabbricano ad personam con i loro parlamentini di yes-men (Berlusca docet).

Democrazia, degli scioperi, della gigantesca macchina dai mille congegni che dovrebbe garantire un mediocre benessere a tutti e un’inedia peggiore dell'inferno a chi non saprà adeguarsi al livello della massa silente.

Beaumont sur Mer agosto 2015                     Gigino A Pellegrini & G el tarik

NdR Per capire Gigi occorre leggerlo tutto, frase per frase, anzi parola per parola.

Nei suoi scritti da conservare e rileggere nel tempo si trovano frasi contenenti straordinari concetti . Ve ne segnaliamo una: Uno di quei periodi storici che dimostrano che “anche la libertà ha le sue stagioni”.

*Ab ovo è una locuzione latina, che tradotta letteralmente significa "dall'uovo", e quindi "da molto lontano", "dalle più remote origini".

La frase risale ad Orazio, (Ars poetica, 147), che nella sua Ars poetica avvisava di non mettersi a parlare della guerra di Troia cominciando appunto ab ovo. L'uovo in questione è quello generato da Leda dopo essere stata resa incinta da Giove sotto forma di cigno, dal quale nacquero da un lato i figli di Tindaro Castore e Polluce, e dall'altro Elena e Clitennestra.

L'equivalente italiano del proverbio iniziare ab ovo è "cominciare da Adamo ed Eva", e nel linguaggio comune si suole citare quando qualcuno incomincia a raccontare una storia molto alla lontana.

Un altro stimolo a riflettere. Gigi come per sua scelta, abitudine e capacità vola alto e tenta di dare le ali anche a noi ed ai nostri lettori, alternando i sogni e le speranze alle gravi e tristi realtà sociali.

“Lasciando le strutture universitarie nordamericane ed entrando nel “vero” mondo del lavoro in Italia a Roma presso la Rai, ho avuto a che fare con persone che consideravano “compagni” solo gli appartenenti al loro partito. Così sono sempre stato trattato come un momentaneo compagno di viaggio. Pur essendo favorevole alla “sinistra”, non mi passerebbe per la testa di votare per fornire a quello che penso sia il significato di una decisione. Considerando la cosa in maniera razionale, questo modo di pensare sembra essere assurdo e dunque non ammissibile. Ma quando l’ideologia si sgretola….. era l’estate del 1971 e mi trovavo a percorrere in macchina con l’amico fraterno Orly il lungofiume Saskatchewan nella città di Edmonton. All’improvviso scoppiai a piangere e a ripetere che tutto era finito. Orly mi portò al pronto soccorso ospedaliero dell’università dove passai la notte.

La mattina dopo, tutto era stato rimosso e mi recai a lezione di filosofia. Quando l’ideologia va in frantumi, resta solo qualche antica credenza che da “al pensiero una valenza magica”. Ciò che mi restava erano alcuni principi dell’individualismo anglosassone. Ero ancora molto attratto dal PC ma sapevo di non farne parte e che il mio posto era insieme a quella minoranza umana che non avrebbe mai mangiato merda. Mi sono visto solitario ma in pace con me stesso come quando facevo il portiere nel calcio, il tennista e giocatore di golf.

L’elemento positivo in questo era ed è una ripugnanza per il suffragio universale, con l’idea che il voto non potrebbe mai rappresentare il vero pensiero di un uomo. Ci vollero anni per capire che cosa mi aveva sempre dato fastidio nel cosiddetto “suffragio universale”. Il voto, creato della liberal-democrazia occidentale, può servire solo alla democrazia “indiretta” e cioè al grande pastrocchio. Così dopo una trentina di anni passati in Rai, sono tornato a “vivere” nel luogo che mi vide nascere quando del piccolo atomo incontaminato se ne impossessarono i potenti del mondo e lo trasformarono in un fungo di morte.

Quando la radio stava per lasciare parzialmente il posto alla televisione. In questa terra bagnata dal mare di Ulisse, mi limito a scribacchiare, ma ancora simpatizzante con la Sinistra della mia mente. Pensavo di essermi lasciato alle spalle tante brutture, dalle quali in realtà non mi ero mai allontanato. In questi miei “scritti” ho cercato di mettere a punto una serie di strumenti di inchiesta che permettessero a tutti di prendere coscienza che tutti i fatti sociali riflettono, anche se a livelli diversi, le strutture collettive in cui si sono prodotte e che dunque, un qualsiasi fatto di cronaca è altrettanto importante e significativo di un qualsiasi evento “politico”.

Per non essere frainteso: tutto è politica, per dire che qualsiasi fatto o evento mette in discussione la collettività nel suo insieme e trova il suo naturale sbocco nel sacrosanto diritto di ribellarsi, di contestare. Sarà la stanchezza e la nausea per la moderna politica spettacolo, sarà il senso d'impotenza generato in tutti, e non solo negli uomini di cultura, dal consumarsi di drammi come quello della Siria o della Libia. o d'Albania. E allora bisogna chiedersi: non aveva ragione, dopo tutto, il vecchio Thomas Mann, quando invocava l'impoliticità? E la sua Kultur alla tedesca, intesa come "spiritualità, liberta' interiore, passione per l'arte", non era forse davvero preferibile alla Zivilisation, la civilizzazione occidentale basata sull'eguaglianza, il culto per la politica e quel che oggi definiremmo "buonismo"? L’impoliticità porta alla luce un pericolo oggettivo insito nell’ideologia dell'impegno, come quella liberaldemocratica. Thomas Mann aveva capito che la società moderna e contemporanea, e in particolare quella delle democrazie occidentali che avversava in quel momento, sviluppa automaticamente una crescente invadenza nella vita dell'individuo: “i sentimenti, l'arte, tutto cio' che non e' immediatamente politicizzabile e moralizzabile.

Questa e' una forma di totalitarismo strisciante che non lascia all'individuo nessuno spazio veramente suo".Rischiando di passare per un arrogante saputello, val la pena ricordare che la politica riguarda il comportamento della società, mentre l’etica quello dell’individuo. Per Platone il cittadino e l’uomo erano ancora un tutt’uno ma con l’avvento di Aristotele il punto di partenza è stato “l’uomo è per natura un animale politico”. Affermando che né gli animali né gli dei potevano essere politici: solo l’uomo lo è”. Questo significa che l’uomo è legato ad una vita comunitaria con gli altri. Anche altri animali lo fanno, ma è un fatto istintivo. In loro manca l’aspetto organizzativo. Essere un animale politico per l’uomo vuol dire anche rifiutare il cosiddetto “contrattualismo” secondo il quale lo stato è un contratto, una convenzione fatta a tavolino dagli uomini, semplicemente perché stare insieme è vantaggioso. Non è così per Aristotele che pensa, e non gli si può dare torto, che gli uomini vivono insieme per attitudine naturale. Anche se l’uomo avesse tutto ciò di cui necessita e fosse autonomo tenderebbe sempre a vivere insieme agli altri.

Questo dovrebbe essere il punto di partenza e richiede un coinvolgimento politico collettivo, non partitico, ma nel senso necessario di orientare queste “inchieste” e dare ad esse risposte al fine di migliorare la vita sociale ed economica di questa terra.

 

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Politica

Scrive Gigi el Tarik

“Il francese Michel Houllebecq, pseudonimo diMichel Thomas è certamente uno dei migliori scrittori contemporanei viventi e forse l’intellettuale occidentale più importante, non ha costruito personaggi femminili memorabili, anche per via delle sue idee vagamente misogine e maschiliste. Nel teatro invece abbiamo almeno due grandi personaggi femminili abbastanza datati. Uno è la locandiera Mirandolina di Goldoni, personaggio molto moderno di imprenditrice rampante che mescola le sue abilità professionali con l’arte della seduzione. Un altro personaggio femminile importante è Nora di Casa di bambola di Ibsen, opera scritta ad Amalfi dal drammaturgo danese nel 1879. Nulla però, supera una donna quando tende a concentrarsi più su se stessa che sugli altri. Una donna siffatta in genere pensa che ogni singola situazione riguardi lei, mettendo in secondo piano gli altri. Sono donne che pur avendo occasionali relazioni con l’altro sesso, non riescono a concedersi la possibilità di un incontro importante o che allontanano nel tempo l’esperienza sessuale, anche dopo i trent’anni. Spesso sono graziose e curate,  lavorano o studiano. Giustificano la mancanza di esperienze amorose raccontando di situazioni deludenti, spesso  storie adolescenziali dove è mancato il tempo di conoscere l’altro. Questo tipo di donna  si lamenta di non incontrare partners interessanti, sono tutti uguali. Gli uomini sembrano misteriosamente scomparsi. Sogna una storia romantica, un incontro folgorante e struggente con un lui seducente ed accogliente, un amore totale, perfetto, gratuito ed immediato. A questo ideale amoroso, si contrappone un atteggiamento di diffidenza e di ritiro dalle relazioni e soprattutto una profonda paura per il proprio desiderio o attrazione verso un uomo. La sessualità è vissuta come qualcosa che non le riguarda, che la sfiora appena. La diffidenza si esprime anche con l’atteggiamento del corpo, con una rigidità muscolare che sembra mantenere una corazza che nasconde l’emozione. Se un lui sconosciuto mostra un interesse verso la triste-solitaria, questa immediatamente attiva una barriera emotiva e spesso anche corporea, per arginare la propria eccitazione vissuta come pericolosa. L’emozione è anestetizzata con ogni mezzo, compresa la fuga o l’allontanamento dell’uomo. Un altro comportamento tipico della principessa-triste, è quello di svalutare gli uomini che la corteggiano, questi non sembrano mai abbastanza interessanti o attraenti. La svalutazione dell’uomo sembra collegata all’immagine che questa donna ha di sé stessa, ossia   non reputandosi abbastanza principessa da poter interessare un vero uomo, considera ogni maschio che la corteggia come poco appetibile. La principessa-triste ed incompresa è prigioniera di una fitta ragnatela, apparentemente senza via di uscita, di cui è lei stessa la principale artefice e vittima. E’ proprio il comportamento di queste donne-tristi, piuttosto che le reali condizioni esterne, ad ostacolarle nella realizzazione del loro più grande desiderio consapevole. Al di là di questi tratti caratteriali o di questi comportamenti, è opportuno concentrarsi anche sui comportamenti che caratterizzano chi subisce il fascino di questa donna: è probabile che si abbia a che fare con una manipolatrice se in sua presenza ci si sente sulle spine, se fai di tutto per non contrariarla. Si potrebbe trattare di una narcisista che in genere è sempre pronta a mentire,non necessariamente sempre cosciente, a ingannare senza pietà, nella totale noncuranza di cosa potrebbe provare l’altro. Non ha progetti relazionali, ma piuttosto tende ad ammaliare con chiacchiere sapientemente dosate. Tende a vedere il male in molte situazioni, nel senso che avverte il rischio di una minaccia anche dove non dovrebbe esserci e per questo vive una vita in autentica. La narcisista inoltre mette in atto una serie di condizionamenti che paralizzano il partner, mettendolo in uno stato di incertezza e tenendolo in suo potere. È di fatto una tipa fascinosa e ammaliatrice, che conosce benissimo i punti deboli e i gusti della persona con cui ha a che fare per poterla conquistare alla velocità della luce. Tutte queste strategie sono giustificate dal fatto che teme di dare troppo potere al partner e quindi deve marcare dei limiti ben precisi entro cui possa sentirsi sicura. Quando si sente questo termine pensiamo subito al mito di Narciso che, ammaliato dalla sua immagine nello stagno, finisce per caderci dentro e morire annegato. In realtà il narcisismo va ben oltre una mera condizione di adulazione della propria immagine esteriore, anzi alle volte non ne è affatto l’aspetto principale, la cosa è molto più complessa. Il narcisismo è una condizione di disagio in cui non è integrata la capacità d’amare, in quanto non c’è oggetto d’amore altro da sé. Ma più che amore è preoccupazione costante per sé stesso, carica di ansia e angoscia per ciò che giudica importante, che sia la salute, che siano gli amici, che sia la sua casa, o il lavoro, ma tutto è in funzione di sé stesso, della paura di perdere le sue ferree certezze. La donna narcisista nasce in genere come meccanismo di difesa da certe ferite infantili di vario genere, soprattutto nel rapporto con la madre. Di fatto si tratta di persone molto fragili e insicure, paurose e timorose dietro la loro finta corazza da seduttrice. Una donna distaccata dalla propria interiorità proprio per questo: perché vedere queste ferite e fragilità allo specchio la farebbe sprofondare nell’angoscia della necessità di cambiare assolutamente prospettiva e rivoluzionare la propria vita. La donna con tale personalità è marchiata in maniera onnipotente e irrealistica al controllo e al potere, in nome del quale si dissocia dai propri sentimenti di fragilità e dai bisogni più profondi del proprio essere, vissuti spesso come minaccia per le proprie capacità di attenta e oculata gestione delle situazioni. Di fatto gioca a scacchi con la vita, ha ricacciato nel profondo di sé stessa la parte più autentica e viva, quella del sentimento e dell’affettività vera. Succhiano il buono che le viene offerto ma non ne metabolizzano il valore perché ciò implicherebbe scendere troppo nel profondo di sé stessa, cosa che la narcisista teme. Sa accattivare una gran quantità di partners perché è una abile seduttrice che conosce bene i gusti su cui far leva. Inoltre ama apparire tenebrosa e misteriosa e per questo tende a mantenere molto riserbo sulla sua vita privata, sia come difesa, sia perché spesso ha davvero molte cose da nascondere. La dura realtà è che tutto ciò che fa ha solo delle mire egoistiche, ossia serve a costruire l'immagine di sé che lei vuole vedere nello specchio e così inganna il partner che si fida delle sue parole e di quello che spesso vaneggia a chiacchiere. La principessa-triste narcisista non riesce ad innamorarsi, spesso si rifugia in sogni romantici, non prova eccitazione sessuale o desiderio erotico, anche la masturbazione può essere scarsa e poco soddisfacente. Le principesse-tristi che invece hanno raggiunto la costanza dell’oggetto, si innamorano, provano desiderio sessuale, ma quello che le allontana dalla realizzazione di una matura relazione sessuale, è la colpa edipica. È complicato starle vicino sul piano umano, perché è difficilissimo comprenderla ed entrarvi profondamente in contatto in quanto la narcisista incarna un falso sé grandioso e illusorio ed è lontana essa stessa dalla conoscenza della sua vera natura, così come dalla consapevolezza dei propri reali bisogni. La donna narcisista è una maga della colpevolizzazione: è sempre pronta a dire che la colpa è dell’altra persona, mai che la colpa è di entrambi o tutta sua. I meriti sì, quelli sono esclusivamente suoi. La donna narcisista ha costantemente bisogno di prede con cui nutrire la sua autostima e da abbandonare dopo che ha succhiato loro ogni energia. L’interesse per gli altri è solo strumentale e di come stiano o cosa vogliano non gli importa nulla: non se lo chiede neanche. E non dà niente o dà molto meno di quello che prende da partners e amanti. Chiaramente questa sua “natura”, con l’avvento del web e dei social networks, è stata favorita non poco. Adesso può disfarsi degli “amici” critici e scomodi con un solo click !! Gigino A Pellegrini & G el Tarik
Gigi: quanti uomini si camuffano da principessa-triste narcisista?

Pubblicato in Italia

Scrive Gigi El tarik:

“Oh mia Terra si bella e perduta! O membranza sì cara e fatal! Arpa d’or dei fatidici vati,

Perché muta dal salice pendi? Le memorie nel petto raccendi, Ci favella del tempo che fu!”

 

Le organizzazioni delinquenziali nel corso della storia italiana non hanno mai dimostrato alcuna riverenza nei riguardi delle Amministrazioni locali.

È grave e sembra immutabile in Calabria il rischio di infiltrazione mafiosa negli enti locali. È in questa nostra Terra infatti che si conta il maggior numero di comuni sciolti per mafia. Circa un anno fa lo rilevava la Dia nella relazione al Parlamento. “Ancora una volta, la pervasiva capacità della 'ndrangheta di infiltrarsi nel settore degli appalti pubblici condizionandone i meccanismi di regolazione”.Pericoloso, secondo la Dia, è il tessuto di relazioni e collusioni con ambienti politici e imprenditoriali che la 'ndrangheta è riuscita a creare con un “modus operandi che costituisce la più rilevante minaccia della matrice 'ndranghetista esportata anche in altre regioni”. Infine «le vulnerabilità che, ormai da tempo, affliggono il sistema amministrativo locale calabrese, sono sintomo di una emergenza che non accenna ad essere contenuta e che richiede costante vigilanza e sinergica coralità nelle risposte istituzionali”. La collettività amanteana venne tranquillizzata circa, 4 anni orsono con la pronuncia, del Consiglio di Stato che annullava lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. A prescindere, qualche giornalista riportava alcuni passaggi dell’inchiesta “Nepetia”, della D.D.A. di Catanzaro, affinché, pur nella delicatezza della situazione, non ci fossero sbrigative assoluzioni morali per amministratori coinvolti. Fino ad ora i vertici della Giunta in gran parte imitati da quelli delle altre forze politiche, hanno cercato di nascondere la degenerazione del sistema politico di questo paese con delle trovate . (Itinerari del Centro Storico, marchio di qualità.. ecc.).Sembrava che con queste effimere formule salvifiche si fosse assicurata la volontà popolare e risolto ogni problema di assenza di qualsiasi forma di vitalità democratica all’interno del Consiglio comunale. Poi si è scoperto che questo modo di gestire un paese, così come in ogni amministrazione comunale e regionale non si è stati in grado di eliminare la piaga del malaffare provocato dagli interessi dei gruppi famelici e delle lobby prevaricatrici. La relazione annuale della Procura nazionale antimafia fotografa lo status della malavita calabrese. “Le nuove leve malavitose dialogano alla pari con politici e gruppi industriali”  È una “presenza istituzionale strutturale nella società calabrese, interlocutore indefettibile di ogni potere politico ed amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l’aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio regionale”. Il concetto non sarà inedito, ma leggerlo nelle pagine della relazione annuale della Direzione nazionale antimafia fa comunque impressione. Perché l’idea restituisce, di anno in anno, la sensazione che il potere delle cosche non accenna a diminuire. “Qui la ‘ndrangheta non entra”: parola di istituzioni calabresi. Sarà vero? “Qui la ‘ndrangheta non entra”. Lo slogan è inciso anche su una targa fuori dal Municipio di Amantea. La targa, ieri mattina, faceva ridere due giovani che sostavano davanti ad essa. Devo confessare che ho avuto un attimo di turbamento che mi ha impedito di entrare in Comune a chiedere delle risposte che tutta la collettività aspetta da moltissimo tempo e che questa Amministrazione non si è mai degnata di dare. Le uniche “verità” sono sempre state diffuse dal solito Sparaballe istituzionale: “il mare di Amantea è da bere”; “la raccolta differenziata è ormai una realtà” ; “ Appuntamento con il marchio d’area Antica Temesa”; Eventi tra la Storia, la fede e la solidarietà”; ecc. Non una parola sulle appropriazioni indebite di beni demaniali; di concessioni di lotti a misura d’uomo; di cancelli che di fatto rendono privata una strada “pubblica”; di ponti fantasiosi sul fiume Colongi; “di scandalosi lavori a costo zero per il bene della Comunità”; etc. , etc. Il territorio calabrese è stato abitato da una serie vastissima di popoli antichi, tra questi i Bruzi che erano riconosciuti come una piccola potenza in rapida ascesa. La loro prerogativa era quella di continuare a svilupparsi come civiltà autonoma e conquistatrice e ciò li spinse all’ostilità verso Roma, dato che non si sottomisero mai del tutto. Per il loro comportamento , questi nostri antenati furono accompagnati da giudizi sprezzanti e poco lusinghieri. Da questi antichi eventi si è consolidata una memoria storica che ha rappresentato i calabresi con tratti pesantemente negativi e che grazie alla sua malavita continuano a portarsi addosso questo giudizio non del tutto infondato. Val la pena riflettere sul fatto che, se la decisione di sciogliere o meno un’Amministrazione Comunale spetta alla politica, l’eventualità che questi “scioglimenti” possano rispondere più a logiche e strategie partitiche è altamente probabile. Questa singolare situazione si rileva dal fatto che, a fronte di una endemica minaccia di infiltrazione cui sono sottoposti le amministrazioni locali, solo un numero relativamente ristretto di Comuni è stato finora sciolto.

“ Qui la ‘ndrangheta non esce! Con questo si intende dare un segnale forte e ribadire da quale parte stanno le istituzioni” ! Questo leggevo qualche tempo fa su di un cassonetto della spazzatura, prima dell’avvento della “differenziata”. Chissà com’era arrivato ad Amantea quel cassonetto sgangherato!?    Beaumont sur Mer luglio 2015    Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Sembra il caso di ricor dare l’adagio “ Tanto tuonò che piovve”.

Gigi invia il greve comuni cato che segue, con il quale racconta quello che gli è accaduto a Coreca ieri l’altro proprio mentre i Carabinieri , con una brillante operazione, inseguivano i ladri che da tempo avevano messo a soqquadro Amatea e dintorni. Scrive Gigi:

“Ieri mattina ho visitato, insieme ad un amico, una cara famiglia in località “Marano” nei pressi di Campora San Giovanni. Tornati a valle, sulla quasi battigia del Mare di Ulisse nella Contrada “Coreca”, prima di tuffarmi in quelle sacre acque, ho accettato l’invito dell’amico a bere qualcosa di fresco nel suo giardino. Dopo circa 20 minuti venivo accompagnato all’uscita dove mi aspettava una sgradita sorpresa.

Quattro persone, con fare minaccioso si dirigevano verso di me lanciandomi una serie di insulti e minacce. Il quartetto era formato da un padre, un figlio, una figlia e un quarto elemento palestrato e decorato con qualche tatuaggio. Il loro urlare nei miei confronti, era dovuto in parte, a delle richieste di chiarezza da me ripetutamente chieste negli ultimi mesi alle Autorità competenti, e che riguardano beni demaniali messi in discussione dalla famigliola sopracitata che ne rivendica la proprietà. Le loro minacce venivano pronunciate , in presenza dell’amico che mi aveva appena ospitato in casa sua.

Questo loro agire mi ha portato a far intervenire la pattuglia dei Carabinieri del 112, che celermente è intervenuta. L’avvertimento più esplicito veniva pronunciato dal quarto elemento, quello tatuato: “Io ti squarto….. E da oggi mi dedicherò a te se continuerai a scriver male dei miei amici e ti squarterò anche se solo passerai da qui”.

Il "capo" del gruppetto avrà deciso, questa volta, di intervenire direttamente insieme al suo seguito, perché son tornato a scrivere sui beni demaniali e sulla strana concessione dei lotti estivi che vedono ancora una volta coinvolto chi gestisce l’albergo “La Scogliera”.

Amministratore unico, che a seguito del mio articolo,"Coreca atto III" ha avuto l’ardire e oserei dire l’incosciente temerarietà di recarsi presso l’abitazione di mia madre novantenne e cardiopatica, a lamentarsi del mio “chiedere” alle Autorità competenti di fare luce sulla sua rivendicazione proprietaria di un bene demaniale.

La minaccia costituisce una forma di delitto a carattere accessorio, in quanto ricorre come figura autonoma solo quando il fatto non sia specificamente previsto come elemento costitutivo o circostanza aggravante di altro reato.

Essa, quindi, va tenuta distinta da quei fatti che, pur configurandosi in forma di minaccia, consistono, invece, in imprecazioni o insulti.

Si commette il reato di minaccia con ogni manifestazione esterna a mezzo della quale, a fine intimidatorio, venga rappresentato ad un soggetto il pericolo di un male ingiusto che, in un futuro più o meno prossimo, possa essergli causato dal colpevole, o da altri per lui, nella persona o nel patrimonio.. Si può commettere il reato di minaccia con ogni mezzo e con ogni comportamento. E’ necessario però che essi siano idonei a suscitare, in chi li subisce, il timore o la preoccupazione di dover sopportare o soffrire un male ingiusto. Non è indispensabile quindi che la persona destinataria resti effettivamente intimidita. Se però la minaccia è particolarmente grave o è stata posta in essere con armi, o da più persone riunite, o da persone che si siano rese irriconoscibili perché “travisate”, non c’è bisogno di querela: si procede d’ufficio, bastando cioè che il magistrato abbia ricevuto in qualunque modo notizia del fatto. La gravità della minaccia, che fa scattare l’ipotesi del secondo comma dell’articolo 612 del codice penale (che punisce con la reclusione e non con la multa) non dipende unicamente dalla gravità del danno minacciato, ma va accertata con riferimento all'entità del turbamento psichico causato alla vittima. Questa entità deve valutarsi tenendo conto di tutto l’insieme delle circostanze e delle particolari condizioni sia dell'agente che della persona offesa. Perché sia configurabile la minaccia è necessario che la prospettazione del male minacciato sia ricollegabile ad un soggetto identificabile. Inoltre, la frase minacciosa “ti squarto in due”, poiché è da ritenersi grave – in quanto minaccia di morte – è punita con la pena della reclusione, piuttosto che con una più modesta pena pecuniaria. Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Politica

Inizio questo breve scritto pensando ai miei concit tadini Amante ani. Lo faccio parafra sando una vecchia canzone di Lucio Dalla.

Cari Amici vi scrivo per distrarmi un po’ e siccome non siete lontani più forte vi scriverò.

Da qualche tempo a questa parte si verificano strani avvenimenti e inusuali novità presso l’ufficio Demaniale del Comune di Amantea.

Tutto questo succede anche se l’anno non è ancora finito, purtroppo qualcosa ancora lì non va.

Per la verità le cose che non vanno sono parecchie a cominciare da un bando di Gara mediante procedura aperta per Assegnazione Lotti Liberi del Piano Spiaggia di Amantea.

Il 28 maggio di questo anno 2015 alle ore dieci del mattino, presso l’ufficio tecnico manutentivo della Casa Comunale si riuniva la Commissione di gara composta dal Presidente Ing. Domenico Pileggi, dal Geom. Paolo Baratta, dal Dott. Mario Aloe e dall’Ing. Rocco Barone in qualità di segretario verbalizzante.

La Gara era stata indetta ai sensi dell’articolo 83 comma 1 del Decreto Legge n. 163 del 2006 che prevede l’assegnazione del lotto all’offerta economicamente più vantaggiosa.

Tutto sembrava procedere nel migliore dei modi.

All’apertura della busta “A”, da parte del presidente della Commissione, erano presenti, oltre i già citati membri della Commissione, anche due testimoni (Aida Roseto e Maurizio Bossio), al fine di “valutare l’ammissibilità” dei concorrenti alla Gara.

Alcune delle12 buste di altrettanti concorrenti, venivano escluse per la mancanza di alcuni requisiti necessari per il prosieguo della Gara.

Fra le escluse vi era anche la ditta SIDAFRA srls, concorrente per il lotto 29, in quanto sprovvista del requisito della garanzia bancaria.

Tutto questo avveniva, come già accennato, il giorno 28 maggio 2015.

A meno di 24 ore di distanza e cioè il mattino successivo come per grazia ricevuta, la SIDAFRA srls si vedeva riammessa alla Gara.

E’ più che agevole ritenere che in una qualsiasi gara regolamentata dalle leggi dello Stato italiano, la riammissione prevede innanzitutto un “ricorso” formale da parte degli esclusi alla Gara.

Ricorso certamente regolato da rigide procedure, e che certamente non prevedono la riammissione ad una gara pubblica nel giro di 24 ore, di un qualsiasi soggetto partecipante senza il supporto di istanze e documentazioni, vagliate dalla Commissione di Gara.

C’è da aggiungere che la sopracitata ditta, non solo è stata riammessa in un tempo record “si fa per dire” ma si è anche aggiudicato il lotto 29.

Ho voluto, con questo mio brevissimo articolo, rendervi partecipi, miei cari concittadini, che ‘Nihil difficile Volenti’ .

Ho letto il tutto ad un mio carissimo amico ed ex collega Rai che vive a Roma.

Alla fine della lettura e dopo una breve pausa Renato mi ha chiesto: “Quando torni in Italia?”

Gli ho risposto, disturbando, ancora una volta Lucio Dalla: “L'anno che sta arrivando tra un anno passerà/ io mi sto preparando è questa la novità”!                    Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Scrive Gigi El Tarik da Beaumont sur Mer

La politica in Amantea è cosa molto semplice. Da una parte le persone che hanno tutto, denaro, onori, posti; dall’altro le persone che non hanno niente. Per gli uni tutto va bene, per gli altri tutto va male. A destra la digestione, a sinistra l’appetito. Ieri mattina sul lungomare di Amantea ho incontrato un uomo addetto alle pulizie delle strade, alle dipendenze delle cosiddette cooperative "consorziate". Non riceve, il già misero stipendio, da cinque mesi, mentre sulle pagine web appaiono sorridenti i membri della Giunta che amministra la cittadina. Entusiasmo alle stelle per un marchio. “Si svolgerà il prossimo 3 luglio alle ore 18 presso la terrazza del Mediterraneo Palace Hotel la presentazione del marchio d'area “Antica Temesa”. Si tratta di un progetto quanto mai ambizioso che coinvolge i comuni di Amantea (ente capofila), Belmonte Calabro, Serra d’Aiello, Lago ed Aiello Calabro allo scopo di promuovere dal punto di vista turistico il territorio.”

Senza dimenticare il grande evento che sta per aver luogo. “Lavori terminati e pronto ad aprire i battenti con l’inizio del nuovo anno scolastico, per la gioia dei genitori che avranno l’opportunità di portare i propri figli in un ambiente creato appositamente per loro. L’esecutivo guidato dal sindaco Monica Sabatino aggiunge un altro tassello alla propria azione di governo consegnando idealmente l’asilo nido di Campora San Giovanni alla comunità.”

E poi c’è, la meraviglia delle meraviglie, il tragitto esplorativo del Centro storico. E, dulcis in fundo. Udite! Udite! Il miracolo: “Il Ministero della Salute conferma il rapporto sulla balneazione in Calabria. Sul sito dedicato Portale Acque, quando si ricerca la città di Amantea in Provincia di Cosenza, appare evidente che il mare è pulito lungo gli oltre 14 chilometri di costa nepetina. Un dato confortante che apre ufficialmente la strada a questa estate amanteana. Non resta altro da fare se non quello di tuffarci nel nostro bel mare.”   Tutti al mare a veder le chiappe chiare… con lo stesso sorriso stampato sulla faccia, tranne quello dell’uomo con tre figli a carico e le lacrime che gli solcavano il viso .

Ero tornato in Calabria con qualche idea di scrivere articoli sulle bellezze di questa Terra, ma gli eventi mi hanno dissuaso quasi immediatamente, perché l’unica cosa sensata da fare è sì scrivere, ma su cosa avveniva e avviene nel paese che mi ha visto nascere.

Ad Amantea trovo che la realtà si nasconde dietro una serie di facciate e di “eventi” da presenziare, come quelle che ho poco innanzi citato. Non importa se si tratta per lo più di cose banali e a volte menzognere. Indubbiamente la menzogna la giustificano con lo stato di necessità, (parlare dell’acqua del mare inquinata fa male al turismo) ma è una giustificazione comunque problematica, perché significa trovare un posto alla menzogna all’interno della verità. E’ una bella gatta da pelare quella sul come domare l’eccezionalità, come domare l’indomabile, come mettere argine all’irrazionalità umana. La menzogna, sotto questo aspetto, è la quintessenza dell’irrazionalità. Infatti si può mentire solo perché si presume che tutti gli altri non mentano. Chi è che mente? L’uomo che non riesce a fare la spesa per dare da mangiare alla moglie e ai propri figli, oppure chi questo problema non se lo pone neanche? Passando in rassegna tutto ciò che osservo da più di due anni, trovo che non possono mancare le quattordici terzine del VI canto del Purgatorio, con le quali sette secoli fa Dante Alighieri inchiodò la condotta morale, civile e politica dell’Italia. Lo splendido incipit “Ahi serva Italia….” rischia di nascondere il seguito del suo “ragionamento” a proposito dell’incapacità del suo popolo di trovare un minimo di unità anche dentro “quei ch’un muro e una fossa serra”. La demagogia di piazza è deplorevole ma la demagogia istituzionale è semplicemente vomitevole. Il governo del dire ha spodestato il governo del fare. Ci sono funzionari che non funzionano, dirigenti corrotti, incapaci, inefficienti, e ci sono tantissimi episodi di disservizi, mala gestione, danni commessi dalla pubblica amministrazione che restano impuniti o solo deplorati. Da quando son tornato ho notato che gli Amanteani che comandano non sono persone normali, ma stregoni! Stregoni costretti a nascondere la loro natura e i loro poteri per rispettare le leggi dei Custodi, ai quali devono obbedienza. Leggi che gli altri Amanteani prima o poi, vorranno infrangere e così smentire clamorosamente quelle persone che mi accusano di produrre solo “fiumi di parole” attraverso la mia poca “spontaneità”. Scrivo auspicando che queste parole non diano ragione ai prepotenti che ho appena citato. Il sistema dominante ha fatto del lavoro il suo principale valore. Lo usa come una clava per governare,sottomettere, ricattare e come strumento di guadagno. Le persone vengono costrette ad implorare un piccolo lavoro per pagare a credito la loro miserabile vita. Si sfiancano, si avviliscono, perdono la maggior parte della loro forza vitale e subiscono le peggiori umiliazioni. Dedicano tutta la vita ad un’attività faticosa e lagnosa per il profitto di pochi. L’invenzione della disoccupazione moderna è sempre lì, in agguato, per spaventarli e costringerli a ringraziare la generosità dei potenti. Ciò che auguro agli Amanteani è un’azione contestatrice contro questo sistema di abusi e soprusi.

Beaumont sur Mer Luglio 2015                    Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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