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Servono a ben poco gli arresti dei presunti scafisti e le loro tardive condanne.

Se i migranti non vengono immediatamente avviati a rimpatrio l’Italia sarà invasa .

Ma come, se i porti sono chiusi?

Ma quali porti chiusi se le coste sono aperte?

 

Ieri a Crotone nelle acque antistanti Capo Rizzuto da un’imbarcazione a vela sono sbarcati 52 migranti provenienti dal Pakistan.

Un velivolo della Guardia di Finanza del Coan, in missione di controllo avanzato sul mare Jonio, aveva allertato il dispositivo di sorveglianza, segnalando una imbarcazione a vela in navigazione verso le coste italiane.

Tre unità navali della Guardia di Finanza, due del Roan di Vibo Valentia e una del Gruppo Aeronavale di Taranto, hanno preso il mare nella serata del 24 e dopo aver individuato il natante, un monoalbero di 13 metri, lo hanno intercettato alle 4 di questa mattina a 10 miglia da Capo Rizzuto.

La barca a vela, una volta entrata nelle acque territoriali italiane, tentava di raggiungere inosservata la costa, con l’intenzione di incagliarsi nei bassi fondali, e consentire lo sbarco indisturbato di migranti e la fuga degli scafisti.

I finanzieri hanno trovato a bordo, stipati sottocoperta, 52 migranti, tutti adulti maschi di origine pakistana e al timone due cittadini russi, sospetti scafisti.

I militari hanno preso in custodia i russi e condotto sotto scorta la barca a vela al porto di Crotone, per le operazioni di identificazione dei migranti e il loro trasferimento al Centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto.

Dalle prime informazioni, l'imbarcazione, ora sotto sequestro, sarebbe partita il 17 maggio da Bodrum in Turchia e tutta la navigazione è stata condotta in modo da raggiungere l’Italia nell’arco notturno del fine settimana per trovare meno controlli e portare a termine senza problemi il traffico.

E l’Europa sta a guardare!

Ricordatevene domani quando andrete a votare!

L’Italia è sola e nessuno la tutela.

Pubblicato in Calabria

Guaidò chiede all'Italia: "Fate la cosa giusta"

Un invito all'Italia "a fare la cosa giusta", perché "usare la scusa che ci potrebbe essere qualcosa di peggio di questo non è vero", è arrivato dall' autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidò in un'intervista esclusiva al TG2.

All'indomani del voto al Parlamento europeo che lo ha riconosciuto, con una risoluzione non legislativa, come legittimo presidente ad interim del Venezuela, il leader dell'Assemblea nazionale ha commentato l'astensione degli eurodeputati italiani dei partiti di maggioranza come "una probabile mancanza di informazioni".

Meno male che c’è Di Maio!

"Noi non vogliamo arrivare al punto di riconoscere un soggetto che non è stato votato dal popolo come presidente", ha replicato Di Maio.

"In questi anni - sottolinea il capo politico dei Cinque Stelle - siamo stati già scottati da ingerenze di stati occidentali in altri Stati.

"In Venezuela - aggiunge - il cambiamento lo decidono i cittadini, noi siamo dalla parte della pace, della democrazia, dobbiamo creare i presupposti per favorire nuove elezioni".

  Dopo aver ricordato che "il 90% della popolazione vuole il cambiamento, il 90% scommette sulla democrazia", ha detto ancora Guaidò affermando che "c'è un piccolo gruppo che sta assassinando" e ha parlato di "70 giovani assassinati in una settimana dal Faes (le forze speciali di polizia) e 700 persone in carcere, 80 minorenni addirittura bambini".

"Maduro ha perso il controllo del Paese e la popolazione sta soffrendo".

Rispondendo a una domanda riguardo alle dichiarazioni del sottosegretario Manlio Di Stefano, che ha avvisato sul rischio di fare in Venezuela lo stesso errore fatto in Libia, taglia corto: "In Venezuela non è possibile una nuova Libia".

Questo, spiega, "denota scarsa conoscenza" di quanto sta avvenendo in Venezuela, ha aggiunto Guaidò invitando "il sottosegretario a informarsi su quello che sta succedendo adesso" nel Paese.

Adnkronos

(Foto Afp)

Pubblicato in Mondo

Francia e Germania difendono l’Europa ma firmano patti nazionalisti.

Della serie #noisiamonoievoi nonsieteuncazzo#

Aquisgrana, ecco perché il patto tra Francia e Germania è contro l’Italia

Roma, 22 gen – Buffo che i detrattori del sovranismo e della capacità di autodeterminazione dei popoli siano anche quelli che, in un contesto di ricordi storici come quelli legati a de Gaulle e Adenauer, mettono nero su bianco accordi bilaterali che puzzano di corsia preferenziale e di nonnismo verso i paesi considerati alla stregua di un cattivo studente passibile di bacchettate.

O meglio, ci vuole della faccia tosta per far tutto questo pazziare.

Ebbene, la Francia e la Germania, ossia Macron e la Merkel, questa faccia tosta ce l’hanno.

E per dirla con tutti i sepolcri imbiancati di coloro che chiedono all’Italia un comportamento da paese normale e civile, non è affatto normale che questi due si incontrino serenamente ad Aquisgrana per siglare un patto bilaterale che creerà una superpotenza all’interno dell’Unione Europea e della Nato, soprattutto se viste le precedenti lavate di capo che i due maestrini hanno riservato a noi e a quelli di Visegrad, rei, a detta loro, di aver ceduto alle lusinghe del riformismo sovranista.

Oltre a non essere normale, è assai indicativo di ciò che andiamo dicendo ormai da tempo immemore.

V’è un asse franco-tedesco che determina gli equilibri all’interno dell’Europa intera potendo far pendere la bilancia del rigorismo purchessia dalla loro parte, ossia dalla parte di chi ha fatto dell’austerità un mantra inattaccabile, sebbene Juncker abbia ammesso, giorni or sono, la portata devastante di tali misure soprattutto se applicate in un contesto di crisi economica.

Sempre che non avesse alzato il gomito. Per non parlare della questione delle questioni, ossia dell’accoglienza/respingimento dei clandestini afro-islamici che dalla Primavera araba si riversano sulle coste dell’Europa del sud e principalmente su quelle italiane, senza che i due paesi egemoni abbiano mai proferito parola se non per darci una pacca sulla spalla e riderci dietro.

Gli eventi scatenanti questo esodo biblico sono oltretutto dovuti a quella Francia presieduta da Sarkozy che, coadiuvata dal Nobel per pace Barack Ussein Obama, scatenò i bombardamenti contro Gheddafi consegnando le chiavi della Libia a tribù, trafficanti di uomini e sigle del terrore islamico. Ci disarcionarono dal cavallo delle buone relazioni tessute col dittatore libico grazie alle quali avevamo una corsia preferenziale in fatto di petrolio, gas e appalti libici concessi ad aziende italiane. E oggi, con questo accordo, nessuno penserà più di chieder conto ai cugini francesi di quanto fatto otto anni or sono. Anzi, si prefigura una cortina d’omertà ancora più spessa e impenetrabile data l’instaurazione di rapporti ancor più forti tra i due colossi europei. La Francia, così si legge nelle sedici pagine del trattato, avrà come obiettivo anche quello di far entrare la Germania nel gruppo di paesi che in seno alla Nato hanno il potere di veto. Privilegio, questo, concesso ai vincitori del secondo conflitto mondiale. E Macron, dopo questa promessa, ha l’ardire di rinfacciarci il passato fascista riconducendovi l’obbligo d’accoglienza.

Una risposta necessaria

A proposito di facce toste, chissà cosa diranno i pasdaran dell’europeismo e i talebani anti-Brexit. Quei Renzi tutti imbellettati, giovani rampanti che pensavano di essere dei Macron italiani ma del tutto incapaci di comprendere il vero senso della simpatia intercorrente tra Francia e Germania ossia un collaborazionismo tutto loro che mai ha tenuto conto delle istanze altrui e della dignità altrui. Fatto sta, però, che la Merkel si è data una zappata clamorosa sui piedi quando pensò di accogliere un milione di immigrati, sostanzialmente tutti siriani, ritenendo che ciò non avrebbe avuto una ricaduta sull’assetto sociale e sulla tenuta della sicurezza del suo paese. E Macron, beh su di lui v’è poco da dire visto che dice già tutto il movimento spontaneo denominato “gilet gialli” che dalle periferie islamizzate chiede il diritto per i propri figli di vivere la Francia vera e non quella cosmopolita e afflitta dalla mentalità erasmus. Non godono entrambi di ottima salute, e dunque questo sembra il tentativo di chi, non potendo far conto su sé stesso, si affida al motto “l’unione fa la forza”.

L’Italia deve a questo punto stringere i legami col gruppo di Visegrad e con tutti coloro che ritengono inaccettabile un accentramento di potere di questo tipo all’interno di un contesto propagandistico del genere volemose bene e boia ai sovranisti. Identità, cultura, difesa del proprio passato e, perché no, una serrata opposizione alle misure imposte da Bruxelles, il tutto in vista di una rinascita (anche) economica che lascerà la libertà ai nostri imprenditori di restituire grandezza a questo paese. Adesso o mai più.

Lorenzo Zuppini

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Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) è un organo del Consiglio d'Europa che cerca di prevenire i casi di tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti sul territorio dei Stati che hanno firmato la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti.

Leggiamo su money un articolo dal titolo “Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti”

E con un sottotitolo “’Europa ne ha per tutti: Governo italiano rimproverato per il sovraffollamento delle carceri, Polizia e Carabinieri accusati di maltrattamenti.”

Sempre su money leggiamo che “Gli ispettori del CPT, infatti, hanno assistito a diversi maltrattamenti da parte delle autorità, sia al momento del fermo che durante la custodia.

“Calci, pugni e colpi con il manganello” non sono accettabili ed è per questo che l’Europa ha chiesto all’amministrazione italiana di emettere una dichiarazione ufficiale in cui si ricorda a tutte le Forze dell’Ordine di rispettare tutti i diritti delle persone in loro custodia, poiché ogni maltrattamento sarà sanzionato adeguatamente.

Difficile non essere d’accordo.

Ma ci aspettavamo la stessa presa di posizione per le forze dell’ordine francesi che abbiamo visto all’opera e delle quali abbiamo visto gli esisti sui volti e sui corpi dei manifestanti.

Niente, proprio niente.

Perché?

Perché il CPT è così diverso ed ipocrita?

E perché il CPT non a gli assalti contro le forze dell’ordine da parte delle bande di delinquenti che in Italia ormai scorazzano tranquillamente?

Come rispettare questa Europa così diversa ed ipocrita nelle sue valutazioni distinte, come amarla?

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La Corte europea dei Diritti umani di Strasburgo ha condannato l'Italia per avere rinnovato il regime carcerario del 41 bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo del 2016 fino alla morte del boss mafioso.

Secondo la Corte, il ministero della Giustizia ha violato l'articolo 3 della Convenzione, riguardante la proibizione di trattamenti inumani o degradanti.

Allo stesso tempo, la Corte ha stabilito che non c'è stata violazione del medesimo articolo 3 in merito alle condizioni della detenzione.

Durissima la reazione del vicepremier Di Maio alla sentenza della Cedu: "Ma scherziamo? La Corte europea dei diritti umani - scrive su Facebook - ha condannato l'Italia perché decise di continuare ad applicare il regime duro carcerario del 41bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 alla sua morte.

Avremmo così violato il diritto di Provenzano a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Non sanno di cosa parlano!

I comportamenti inumani - attacca il vicepremier e leader del M5S - erano quelli di Provenzano. Il 41bis è stato ed è uno strumento fondamentale per debellare la mafia e non si tocca. Con la mafia nessuna pietà".

  A fargli eco, il ministro e vicepremier Matteo Salvini: "La Corte Europea di Strasburgo ha 'condannato' l’Italia perché tenne in galera col carcere duro il 'signor' Provenzano, condannato a 20 ergastoli per decine di omicidi, fino alla sua morte.

Ennesima dimostrazione dell’inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l’Italia decidono gli Italiani, non altri".

"Il 41 bis non si tocca, sia chiaro", sottolinea quindi il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede a margine dell’iniziativa a via Arenula sulla presentazione della legge 'Codice rosso'.

"Rispetto questa sentenza, voglio solo sottolineare che il 41 bis non si tocca", ha precisato il ministro.

"Siamo sempre disponibili a confrontarci con l’Europa" ma va sottolineato "che tutto il mondo, non solo l’Europa, ha soltanto da imparare dall’Italia in termini di normativa antimafia con leggi all’avanguardia che hanno dato i risultati migliori", ha aggiunto.

L'AVVOCATO DI PROVENZANO: "SODDISFATTA" - "Soddisfatta" invece per la sentenza l'avvocato Rosalba Digregorio, legale del capomafia morto nel 2016 in ospedale dove era in regime di detenzione "perché la battaglia condotta con la sua famiglia - spiega all'AdnKronos - non è stata inutile".

"Abbiamo fatto la lotta - aggiunge - e mi fa davvero piacere sapere che non ero la sola a pensarlo. Noi non ci siamo rivolti alla Corte di Strasburgo per avere una misura risarcitoria, insomma per chiedere soldi, come fanno tanti detenuti. A me la decisione in questi termini sta bene perché riconosce che noi non abbiamo fatto una battaglia inutile ma in linea con il diritto è importante".

E ancora: "Che Strasburgo lo riconosca mi dà una grande soddisfazione". Però la legale, che per molti anni e fino alla sua morte, ha difeso il capomafia di Corleone, tiene anche a precisare che "l’ultima istanza fatta ai giudici non era una richiesta di scarcerazione - spiega -ma noi chiedevamo con la sua famiglia di trasferirlo nello stesso reparto dell’ospedale San Paolo ma senza il 41 bis. Perché quando era al carcere duro in ospedale a essere penalizzati i parenti di Provenzano".“Mentre i giudici - ricorda ancora l’avvocato - dissero che doveva restare al 41 bis perché altrimenti lo curavano meno...".

FAMILIARI VITTIME : "STRASBURGO CI OFFENDE" - "Da Strasburgo neanche quando sono morti ci risparmiano di menzionarli, e ci ricordano i nostri aguzzini , caso mai cercassimo di dimenticarli. Il capo di Cosa nostra Provenzano avrebbe subito in Italia il torto di morire a 41 bis. Certo che è morto a 41 bis in ospedale e il carcere duro bis un mero foglio di carta. Strasburgo però il 41 bis lo voleva abolito sulla carta bollata come Cosa Nostra. E ora che si fa si risarcisco i familiari di Provenzano, mentre noi sputiamo l’anima per avere riconosciuti i nostri diritti in un processo civile? Dove era Strasburgo dei diritti dell’uomo la notte del 27 maggio 1993 quando Provenzano ha mandato i suoi uomini a Firenze ad ammazzarci per far annullare il 41 bis, giusto sulla carta bollata?" Lo afferma, in una nota, Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. "La Corte di Strasburgo ci offende, ci fa indignare mentre riconosce i diritti ai mafiosi post mortum e non batte un colpo sul fronte delle vittime di mafia. Ma di quali diritti stiamo parlando, di quelli di Cosa nostra?", conclude Maggiani Chelli

Adnkronos 25 ottobre

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No della Plenaria del Parlamento europeo di Strasburgo a dibattere in aula del caso di Riace, il cui sindaco Domenico Lucano è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Procura di Locri.

A proporre una discussione è stata la vicepresidente dei Socialisti e Democratici S&D Maria Joao Rodrigues, ma la proposta, messa ai voti, è stata respinta.

(ANSA). 23 ottobre 2018 Primo piano, Reggio Calabria

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Signor Mattarella, di fronte alla affermazione di Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea, che dice «Staremo attenti alla salvaguardia dei diritti degli africani in Italia», mi viene il dubbio se il signor Juncker non sia egli il Presidente della repubblica italiana ed ancora se esista ancora la repubblica italiana e la sua costituzione .

Non solo.

Ma mi viene in mente di chiedere al signor Juncker perché nel suo ruolo di presidente della Commissione europea abbia solo il dovere di stare attento alla salvaguardia dei diritti degli africani in Italia e non anche a quelli degli Italiani in Italia.

E’ evidente che si tratta di una aberrazione se non mentale quantomeno politica.

Ma a Lei presidente con tutto il rispetto che un Italiano deve al SUO presidente devo chiedere se non ritenga di sentirsi offeso , anche in none di tutti gli italiani.

E soprattutto che cosa intenda ribattere ad un arrogante come Jean Claude Juncker .

Tanto se vero quello che leggo sul web. «Il governo italiano non è ancora formato e comunque noi fondiamo il nostro lavoro non sugli annunci ma su ciò che un governo fa: certamente saremo attenti affinchè siano salvaguardati interamente i diritti degli africani che sono in Italia»«Saremo attenti che i rimpatri degli africani che non hanno diritto a restare in Europa rispettino le regole dei diritti umani». 

Parlando in generale, Juncker ha detto: «non vorrei che africani e europei pensassero che la migrazione sia l'unico problema da risolvere tra l'Africa e l'Ue.

Lo giudicherei ingiurioso per il continente africano, che ha altre potenzialità, al di là del problema posto dalla migrazione». «A Abidjan a novembre, con l'Onu, abbiamo cercato di trovare risposte al rimpatrio dei migranti. Non nego le difficoltà di reinserire i migranti nei diversi Paesi del continente africano, continueremo a operare nella direzione di rimpatri che rispettino tutte le regole, in particolare, i diritti umani, per quegli africani, che sulla base della legge europea non hanno il diritto di restare nell'Ue».

Lei ha modo di informarsi meglio.

Ma se vero , mi dia la soddisfazione di credere che l’Italia sia ancora una repubblica governata dalla costituzione e non un governatorato europeo che viene posto sotto controllo da Juncker & c.

Grazie.

 

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CounterPunch ci ricorda che in Grecia il governo di Syriza, obbediente all'Unione Europea, sta portando avanti la distruzione dei diritti dei lavoratori.

Leggete:

“Seguendo le istruzioni della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale, lunedì 15 gennaio il governo greco è riuscito a fare approvare la legislazione più antisindacale d'Europa.

La mossa è stata richiesta, assieme ad altre misure draconiane, come condizione per l'ultima tranche di quello che viene definito il "salvataggio" [bailout, NdT] della Grecia, ma che in realtà è solo il salvataggio delle istituzioni finanziarie europee, che hanno incautamente spinto i greci a indebitarsi.

Il punto fondamentale richiesto dal governo di Syriza era che le azioni sindacali dovessero essere approvate con il voto favorevole di almeno la metà più uno del numero totale dei membri dei sindacati nel luogo di lavoro [mentre prima la soglia era di un terzo, NdT], e a prescindere dall'effettiva partecipazione al voto. Questo provvedimento è ancora peggiore di quelli previsti dall'accordo sindacale Trade Union Act entrato in vigore nel Regno Unito nel marzo 2016.

Sorprendentemente (o forse no) il Trade Union Congress [la federazione sindacale britannica, NdT] non ha speso una sola parola su tutto questo, mentre continua a spargere allarmismo sugli effetti che la Brexit dovrebbe avere sui diritti dei lavoratori. Mentre il Trade Union Congress continua con le sue chiacchiere, l'Unione Europea sta stringendo le viti sul più basilare di tutti i diritti dei lavoratori, il diritto di sciopero, e sta usando la Grecia come banco di prova per le politiche che vorrebbe attuare in tutti i paesi membri.

Senza il diritto di intraprendere azioni di sciopero, i lavoratori non hanno alcuna protezione tranne quella del tribunale, e i tribunali dei capitalisti tendono decisamente a favorire gli imprenditori.

La Corte Europea di Giustizia ha decretato (nel caso Laval, 18 dicembre 2007) che gli imprenditori hanno il diritto di importare lavoratori da paesi UE a basso salario verso paesi UE ad alto salario, pagandogli il salario del più economico dei due paesi, indipendentemente da qualsiasi accordo di contrattazione collettiva presente nel paese a salari maggiori. Ha decretato inoltre (nel caso Viking, 11 dicembre 2007) l'illegalità di qualsiasi politica industriale tesa a impedire l'esternalizzazione verso i paesi a basso costo.

Nel caso Alamo-Herron (18 luglio 2013), in cui alcuni membri del sindacato Unison erano stati trasferiti fuori dalle amministrazioni locali, ha decretato che indipendentemente da ciò che dicesse il loro contratto, i benefici contrattati collettivamente a favore dei lavoratori degli enti locali potevano essere ignorati dai loro nuovi datori di lavoro. "Questo caso è un attacco spaventoso alla contrattazione collettiva ed è almeno altrettanto grave dei casi Laval e Viking", ha scritto John Hendy, il celebre avvocato del lavoro britannico.

Hendy ha poi aggiunto che "la UE è diventata un disastro per i diritti collettivi dei lavoratori e dei loro sindacati".

Come abbiamo già detto, organizzazioni sindacali forti sostenute da efficaci politiche industriali quando necessarie sono l'unico modo per garantire e difendere i progressi sui posti di lavoro. La UE si limita a mormorare sui "diritti", e nel frattempo aggredisce alla base e con determinazione le organizzazioni dei lavoratori.

Non una sola riga del Trade Union Act introdotto dal governo Cameron, o ancora peggio della White Paper che l'ha preceduta, era contraria alla legge della UE. Prima la Gran Bretagna esce dalla UE, meglio sarà per i membri delle organizzazioni sindacali (sebbene alcuni cosiddetti leader dispiaccia essere cacciati fuori dal ricco treno di Bruxelles). Almeno poi potremmo vedercela direttamente coi nostri imprenditori. di Will Podmore, 02 febbraio 2018”

Ndr.Vorremmo sapere cosa ne pensano i sindacati, magari da Maurizio Landini. E cose ne pensano i difensori della UE, magari i costituzionalisti della L.e U. .

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Pochi sanno cosa sia e pochissimi se ne curano o si informano.

Il glifosato è un diserbante sistemico fitotossico per tutte le piante.

A differenza di altri prodotti, viene assorbito per via fogliare (prodotto sistemico), ma successivamente traslocato in ogni altra posizione della pianta per via prevalentemente floematica.

Questo gli conferisce la caratteristica di fondamentale importanza di essere in grado di devitalizzare anche gli organi di conservazione ipogea delle erbe infestanti, come rizomi, fittoni carnosi ecc., che in nessun altro modo potrebbero essere devitalizzati.

L'assorbimento del prodotto avviene in 5-6 ore, e il disseccamento della vegetazione è visibile in genere dopo 10-12 giorni.

Il successo del glifosato è dovuto alla sua bassa pericolosità, dovuta a vari fattori, tra i quali vi è la bassa tossicità per l'uomo rispetto agli erbicidi in uso all'epoca della sua introduzione.

Il prodotto ha una penetrazione molto bassa nel suolo, limitata a una profondità di circa 20 centimetri, va incontro a facile degradazione in quanto facilmente attaccato e distrutto dai batteri presenti nel suolo e, di conseguenza, è molto limitata la probabilità che suoi residui riescano a raggiungere le falde acquifere.

Questo è confermato dalla sua maggior presenza nelle acque superficiali e nella scarsa frequenza di rinvenimento nei pozzi.

Riduce, inoltre, il consumo e la degradazione del suolo, poiché evita di dover sottoporre ad arature profonde i terreni destinati a coltivazione.

Nel tempo, sul glifosato, si sono succedute diverse valutazioni di rischio da parte di Agenzie governative; secondo un'inchiesta di Le Monde del 2017 relative a cosiddetti "Monsanto papers" tali valutazioni sarebbero state oggetto di tentativi di influenzarle da parte di Monsanto, .

Però nel marzo 2015, l'organismo internazionale IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato la sostanza e i fitofarmaci che la contengono come "probabile cancerogena per l'uomo" inserendola nella categoria 2A.

Studi in laboratorio hanno dimostrato che il glifosato induce nelle cellule danni a livello genetico e stress ossidativo.

Escludendo un lieve incremento di linfomi non Hodgkin tra gli agricoltori esposti, le prove di carcinogenicità sull'uomo e sugli animali sono limitate.

A novembre 2015, l'EFSA-Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, con una procedura che prevede una valutazione tecnica da parte di un ente di uno stato membro, in questo caso il BfR tedesco, ha concluso che "è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l'uomo" e ne ha proposto "nuovi livelli di sicurezza che renderanno più severo il controllo dei residui di glifosato negli alimenti".

Nel marzo del 2017 un nuovo studio della ECHA (l’agenzia per le sostanze chimiche dell'Unione) ha concluso che il glifosato non può essere considerato cancerogeno né genotossico.

In Italia il 7 ottobre 2016 è entrato in vigore il Decreto del Ministero della salute del 6 settembre, con il quale si dispone la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari contenenti Glifosato con il coformulante Ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791- 26-2) a partire dal 22 novembre 2016 e al loro impiego a partire dal 22 febbraio 2017.

Oggi l’Europa con una decisione, che ha registrato il voto favorevole di 18 Paesi, nove contrari fra cui l’Italia ed un astenuto, ha rinnovato per cinque anni l’autorizzazione per la commercializzazione e l’utilizzo del prodotto.

Ricordate quell’Italia a forma di stivale che era diventata una nazione quando i Savoia avevano mandato Garibaldi ad annettere prima il regno delle due Sicilie e poi la Roma dei Papi?

 

Quella che 100 anni fa per conservare i suoi confini ha sacrificato 651 mila soldati?

Quella che ha combattuto una guerra mondiale nella quale sono morti 589 mila civili?

Beh, non esiste più.

Lo ha dichiarato proprio il Presidente Mattarella durante la Cerimonia di consegna delle decorazioni dell’Ordine Militare d'Italia dicendo: “I nostri confini sono, ormai, quelli dell'Unione Europea”.

Beh! Dirlo proprio il 4 novembre ci sembra una offesa a chi ha dato la vita per la patria, per la terra dei suoi avi, per la famiglia, per il futuro dei suoi figli.

C’è un po’ di confusione, forse.

Se i confini degli italiani sono quelli dell’Europa , è evidente che gli “italiani” non esistono più e che ormai ci sono soltanto “europei”.

E se gli italiani sono soltanto europei vuol dire che nemmeno l’Italia esiste più.

O al massimo l’Italia è una regione dell’Europa.

E’ una posizione già datata, in verità, Mattarella aveva parlato di confini anche a Vinitaly, dicendo che il vino è passato ”Da prodotto antico a chiave di modernità: un esempio di valorizzazione di assetti esistenti che si è rivelato risorsa preziosa anche nelle fasi più dure della crisi. Il risultato è stato un successo parimenti nell’export. I numeri che, in questa giornata, sono stati ricordati ne sono testimonianza conferma di come il destino dell’Italia sia legato al superamento delle frontiere e non al loro ripristino”.

Basta frontiere , allora.

Tutto aperto. Tutto di Tutti. Ma non degli Italiani.

Già gli italiani ormai non ci sono più. L’Italia non è più un nazione.

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