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(ANSAmed) – MADRID, 20 NOV – Il premier spagnolo Pedro Sanchez chiede al Marocco di ridurre la migrazione irregolare, per inviare un “messaggio categorico alle mafie”, riferisce oggi El Pais.

“Se non lo facciamo, saranno i nostri figli a morire nello Stretto“,

ha avvertito il presidente del governo socialista, dopo l’incontro a Rabat col suo omologo Saadedin el Otmani.

La pressione migratoria sulla Spagna è in costante aumento: al 15 novembre scorso erano 55.949 i migranti sbarcati da inizio anno sulle coste iberiche, dei quali oltre il 90% provenienti dal Marocco, divenuto il nuovo crocevia della rotta del Mediterraneo occidentale utilizzata dai trafficanti, stando ai dati diffusi dal governo di Madrid.

Il dato equivale a un aumento del 142% dei flussi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Il governo del Marocco ha promesso di “rafforzare le politiche di rimpatrio” degli immigrati irregolari dalla Spagna, come ha confermato Sanchez al termine della riunione.

Dopo aver manifestato “piena soddisfazione” per la risposta di Rabat sui respingimenti, Sanchez ha concordato di aumentare la quota dei rimpatri quotidiani, che era stata ridotta nelle ultime settimane dai 25 iniziali ai 10 accettati ogni giorno da Marocco alle frontiere delle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla.

Da inizio dell’anno, il Paese magrebino ha accettato il rimpatrio di 3.400 marocchini, a fronte dei 4.450 accettati lo scorso anno.

Dopo l’incontro con Saadedin el Otmani, Sanchez è stato ricevuto in udienza dal monarca Mohamed VI.

Nel corso del colloquio, durato un’ora, sono state affrontate alcune questioni pendenti, come la visita di Stato dei monarchi spagnoli in Marocco, prevista agli inizi del 2018 ma sospesa da Rabat all’ultimo momento e ora nuovamente programmata per il 2019.

Sempre nel 2019 si svolgerà una riunione di alto livello e il forum imprenditoriale ispano-marocchino.

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Era giovedì 1 settembre 2016 quando Avvenire pubblicava un articolo dal titolo “Dramma migranti. La Svizzera respinge 7mila profughi” di Ilaria Sesana, articolo nel quale veniva riportata la denunzia dell’Asgi

L’Asgi è l’Associazione per gli studi giuridici sull’Immigrazione

Dichiarava che . «Tra luglio e agosto (2016) le autorità svizzere hanno effettuato quasi 7mila riammissioni in Italia di cittadini stranieri, di cui almeno 600 hanno riguardato minori non accompagnati ».

Un vero e proprio grido di dolore rimaste solo parolaio

Infatti l’Asgi aggiunge che «Quasi tutti i migranti che abbiamo ascoltato riferiscono di non aver mai ricevuto adeguate informazioni riguardo a tali diritti e più in generale sulla protezione internazionale, né all’arrivo in Italia né successivamente.

Sia alle frontiere italiane che a quelle svizzere si riscontra una grave carenza di servizi di informazione e orientamento legale, oltre che di interpreti delle lingue maggiormente diffuse tra questi migranti». ???

Poi aggiunge che :«Dal nostro punto di vista, il diritto di chiedere asilo non è stato e non sarà garantito se ciascuna delle persone respinte dal confine svizzero non potrà nuovamente esprimersi sulla propria volontà di chiedere protezione internazionale alla Svizzera».

Nient’altro! Solo parole!

Oggi si scopre che si tratta di un fenomeno continuo a cui nessuno si oppone.

Gli episodi sarebbero molteplici, di notte o nei week end, quando gli uffici per le identificazioni sono chiusi.

Come la Francia la polizia svizzera è stata vista “scaricare” alcuni migranti tra Como e Chiasso al confine italiano.

Un'inchiesta di SkyTg24 dimostra, infatti, che anche la Svizzera fa lo stesso al confine tra Como e Chiasso. Le immagini, riprese dal versante elvetico, inchiodano due immigrati accompagnati fin lì dalla polizia svizzera.

"Sono quelli che in gergo tecnico vengono definiti casi di riammissione - spiega la giornalista - sono immigrati che, rintracciati in Svizzera, vengono ricacciati in Italia". Quello immortalato, però, non è affatto un episodio isolato.

Anzi. I numeri parlano chiaro: si tratta di centinaia di casi ogni mese.

Solo l'estate scorsa ce ne hanno rimandati indietro almeno un migliaio.

Il tutto in forza di un accordo bilaterale che risale al 1998, ma che è stato superato sia dagli accordi di Schengen sia dal Trattato di Dublino.

Fino al 1998 la riammissione era una procedura normale, ma dopo gli accordi di Schengen e Dublino la Svizzera non potrebbe più comportarsi così.

In molti casi i migranti transitano per la Svizzera avendo come meta finale la Germania.

E proprio dal Viminale fanno sapere che i soprusi della Svizzera verranno approfonditi al più presto. "Nessuno può permettersi di trattare il nostro Paese come il campo profughi dell’Europa - ha messo in chiaro oggi Salvini - abbiamo rialzato la testa e non intendiamo abbassarla".

Ma Salvini è solo!

E tutti gli altri stanno zitti. Tutti a cominciare da Mattarella e finire a tutto il PD ed i 5stelle.

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Un migrante è stato aggredito da suoi connazionali.

Il film, dalla sceneggiatura già scritta, è stato girato sulla Via Dogana, proprio all’incrocio con via Garibaldi.

Nel primo tempo, visto da pochi, i problemi tra due migranti, ospiti della Ninfa marina, ed i cui rapporti personali erano stati poco felici.

Ma nel Centro si era immediatamente intervenuti dividendo i due ed esercitando, come su tutti, una attenta vigilanza.

Ma non era bastato e così l’assalitore potrebbe aver deciso di punire l’altro migrante che sembra non avesse rispettato l’impegno a restituire quanto dovutogli.

Forse, allora, anche un problema di rispetto umano.

Una piccola somma in verità, sembra, e prestata per le esigenze della famiglia lontana.

Esigenze economiche che spesso sono alla base anche di altro, purtroppo, quando si tratta di migranti “economici” che si illudono di trovare un lavoro che permetta di aiutare i propri cari rimasti nella loro patria e perfino alle prese con i debiti resisi necessari per farlo giungere in Italia, in Europa.

Una persona anziana e saggia ci ha ricordato le liti tra ubriachi degli anni cinquanta, ad Amantea, liti che finivano a pugni e schiaffi e rare volte con oggetti atti ad offendere. Ma sempre liti!

E se vera la presenza di un martello che gli astanti dicono di aver visto prima che l’ offensore ( o gli offensori) scappasse ed i cui segni sarebbero rimasti sul collo dell’aggredito, si potrebbe parlare anche di una vendetta umana.

Perfino premeditata.

Ed ora la scena vissuta dagli astanti.

Su un marciapiede, un migrante attende paziente che passi il connazionale.

Nel mentre sembra batta per terra con il martello quasi ad intimare il pericolo.

Poi, rapida, l’aggressione .

Un colpo con la penna , probabilmente biforcuta, del martello che apre una profonda ferita sul collo del malcapitato.

Un colpo violento che lo stordisce.

Barcolla e perde sangue, si muove, lentamente , come ubriaco, verso il centro della strada.

Passano alcune persone una delle quali , almeno, chiama il 118 descrivendo la scena e chiedendo soccorso.

La presenza di diversi astanti induce l’ aggressore (forse due) a scappare , mentre altri, poi interrogati, restano sul posto.

Tornano verso casa, la loro casa, la Ninfa Marina dove poi vengono raggiunti ai carabinieri che li portano in caserma.

Per terra resta il ferito che viene immediatamente soccorso dai sanitari del 118 e pezzi di mattoni , di cui uno appuntito, che si suppone possano essere stati armi improprie di attacco o di difesa.

Subito dopo i sanitari arrivano sul posto anche i carabinieri.

Almeno due pattuglie di cui una del 112 ed una della locale caserma di CC di Amantea.

I carabinieri sentono alcuni dei presenti , prelevano i mattoni che stranamente si trovano sul posto, e comunque scandagliano con attenzione anche il cortile delle vicina scuola alla ricerca dell’arma usata.

La intera zona è chiusa , il traffico è bloccato grazie alla collaborazione dei Vigili Urbani.

La notizia si sparge e molta gente si riversa nel luogo dell’aggressione.

E la notizia si diffonde per il paese, lievitata fino a giungere a quella, per fortuna falsa, della morte del migrante aggredito.

Si saprà solo oggi che i Carabinieri successivamente si sono portati alla Ninfa Marina , portando gli aggressori in caserma ma poi rilasciandoli nella tarda serata, diverse ore dopo.

Niente fatti di droga, niente ragioni di droga, ma solo la difficoltà di convivenza dei migranti, resa grave per il disperato bisogno di soldi da mandare alle loro famiglie.

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I barconi sono finiti non appena l’Italia ha chiuso i porti alle navi delle ONG.

Ora si arriva con le barche a vela e le piccole barche.

Arrivi in silenzio, senza clamore, senza trombe.

Oggi l’ultimo sbarco in Calabria.

 

 

 

82 migranti sulla costa Ionica.

Un gruppo di iracheni per ora ospitati a Roccella.

Nuovo sbarco sulle coste calabrese, ottantadue migranti di nazionalità irachena, tra i quali anche alcuni gruppi familiari, sono giunti all’alba nei pressi di Guardavalle.

I migranti, tutti in buone condizioni di salute, erano a bordo di una barca a vela di una quindicina di metri battente bandiera iraniana, che si è incagliata nei pressi di Guardavalle (Catanzaro).

Alcuni erano già scesi dall’imbarcazione quando sono giunti i militari della Capitaneria di porto di Soverato e le forze dell’ordine.

I migranti sono stati poi caricati su motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza per essere trasferiti nel porto di Roccella Ionica.

Nella cittadina del reggino saranno ospitati temporaneamente in una struttura messa a disposizione del Comune in attesa che sia decisa la loro destinazione.

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Madrid- «Ci sono già vari morti e moriremo tutti se non viene nessuno a salvarci».

È stato l’ultimo appello raccolto domenica pomeriggio da Helena Maleno, l’attivista della Ong Caminando Fronteras, da un barcone semi-affondato con a bordo 60 persone, fra le quali 20 donne e tre bambini, prima che si consumasse una nuova tragedia umanitaria al largo delle coste marocchine.

Sono rimasti alla deriva per due giorni, in attesa di soccorsi mai arrivati. «34 morti, fra i quali un neonato e un bambino, su un barcone con 60 persone che l'altro ieri è naufragato di fronte al Marocco», ha scritto oggi la Maleno nel suo account in Twitter, che rimanda all’hashtag #Fronterasur.

«Hanno chiesto aiuto per 24 ore e li hanno lasciati morire lentamente", ha aggiunto.

La Valero aveva lanciato domenica in Twitter l'allarme sulla scomparsa di un'imbarcazione "salpata dalle coste marocchine con 60 persone a bordo».

E ieri, sull'account della Ong Caminando Fronteras della rete sociale aveva inviato il messaggio urgente: «Sono già sette le persone morte e nessuno vuole andare a salvarle.

Esigiamo a Marocco e Spagna di coordinarsi per evitare una grande tragedia umana».

Secondo l'attivista e portavoce della Ong, l'imbarcazione, sulla quale viaggiavano una sessantina di persone di origini subsahariane, fra le quali 20 donne e tre bambini, salpata sabato sera da una spiaggia marocchina, è rimasta per due giorni alla deriva.

La cooperante spagnola, che fa base a Tangeri, in Marocco, aveva ricevuto la prima richiesta di aiuto dal barcone semi-affondato da parte degli stessi migranti, alle 5 di domenica 30 settembre, dopo che avevano già lanciato un Sos alle autorità marittime marocchine.

«L'ultimo contatto che abbiamo avuto con queste persone è stato alle 17,00 di domenica.

Erano disperate perché nessuno li soccorreva e dicevano che almeno dieci compagni erano già morti», ha spiegato la Maleno, citata dal quotidiano on line Publico.

Un portavoce del Salvataggio marittimo spagnolo ha assicurato a media iberici di aver offerto collaborazione e coordinamento alle autorità marocchine «per la ricerca e il salvataggio di questo barcone in acque marocchine, ma di non aver ricevuto risposta».

Ieri fonti della Marina marocchina aveva informato della localizzazione di un'imbarcazione diretta verso le acque spagnole con a bordo 17 persone originarie della regione magrebina del Rif, fra i 19 e i 30 anni di età, e di aver intercettato domenica altri due barconi con a bordo 112 marocchini, provenienti dalla stessa zona.

di Paola Del Vecchio

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«Al Vasto extracomunitari che spacciano al servizio della camorra»

E’ un onore ed un dovere postare un articolo che lotta contro la ipocrisia di certi politici e di certa chiesa e che dice quella verità che viene nascosta per far vincere un perbenismo insulso.

Parliamo del governatore De Luca che sferra un duro attacco, che sollecita le questure di Napoli e Salerno a maggiori controlli sui continui viaggi dei gruppi di migranti che partono da uno dei quartieri più a rischio del capoluogo campano

“A Napoli il quartiere del Vasto deve essere soggetto a un intervento massiccio del comune contro l’abusivismo, e delle forze dell’ordine sulla sicurezza.

E’ stato un errore concentrare lì una massa di extracomunitari ma questo comporta anche che ci sono extracomunitari che spacciano droga e sono al servizio della camorra.

Lo dico a chi pensa che in questo settore non si parla di camorra, invece spesso e’ ormai la stessa cosa”.

Lo ha detto il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca nel corso del suo intervento a Lira Tv.

“Serve un intervento mirato – ha aggiunto De Luca – anche perche’ dalle questure ci segnalano che da Napoli gruppi di extracomunitari partono con il bus alle 18 e arrivano a Salerno.

C’e’ il sospetto che portino droga e cominciano a spacciarla. Mi permetto di sollecitare le questure di Napoli e Salerno perchè li controllino uno per uno per vedere cosa hanno addosso”.

A quanto dice De Luca aggiungiamo la nostra amara riflessione che questo finta accoglienza in realtà crea una nuova ed irreversibile camorra che distrugge anche la dignità dei migranti senza destino che si accolgono in Italia.

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Monsignor Nunzio Galantino, parroco di Cassano all’Ionio, è il prototipo del vescovo più papista del Papa.

Se Francesco sostiene che bisogna accogliere i migranti, lui afferma che occorre spalancare le porte.

Se Bergoglio predica la retorica dell’integrazione, lui subito prende iniziativa e fa in modo che quei profughi, da noi, ci arrivino davvero e ci restino pure.

Naturalmente questa sua attenzione terzomondista si è acuita in occasione di appuntamenti speciali, come la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, tenutasi il 14 gennaio 2018, all’insegna di quattro imperativi “Accogliere, Proteggere, Promuovere, Integrare”.

Nel presentare le iniziative della Chiesa previste per quel giorno, l’ex segretario della Cei (ormai acronimo di Comunità degli Emigrati in Italia), non si è lasciato sfuggire l’opportunità di pronunciare un sermone a favore del Buon Profugo, e contro coloro che vorrebbero sfruttarlo, cacciarlo o screditarlo.

Ed ha tuonato«L’immigrazione rischia di essere ridotta a merce elettorale e affrontata in un clima da stadio».

Ora monsignor Galantino promosso a presidente dell'Aspa, l'ente preposto all'amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, in occasione dell'uscita del suo volume 'Vivere le parole - Per un vocabolario dell'esistenza' (Piemme edizioni) con la prefazione firmata dal Papa, si sofferma anche sul decreto migranti che lunedì arriverà al Cdm e svela la SUA verità sui migranti.

E dice"Gli Sprar dove sono tenuti bene, e sono la stragrande maggioranza, sono istituzioni straordinarie perché il modo in cui sono stati concepiti dà garanzie".

Galantino bolla come 'bufala' la "storia dei 35 euro dati agli immigrati: "E' una balla grossa perché tutti sanno che lo Sprar non si fa all'aria aperta ma in un locale che deve avere sua consistenza per legge, una sua cura, deve avere operatori e tutte queste realtà non possono essere fatte in nero.

Se ciò accade, è bene che il governo intervenga e punisca ma dovere poi leggere tutte queste realtà che hanno capacità belle di promozione, è come minimo fuori posto perché gli operatori che sono lì sono italiani e vengono pagati con quei soldi.

Le utenze sono pagate all'Italia, il cibo è comprato in Italia quindi sono soldi che di fatto restano qui eccetto quei 2.50 euro che vengono dati a queste persone".

Una scelta precisa che parte dal presupposto che tanto chi gestisce gli Sprar sono Italiani, che chi lavora negli Sprar sono Italiani, che chi vende il cibo è Italiano, e che, in sostanza, grazie ai migranti si è determinato lavoro.

Monsignor Galantino deve aver studiato la teoria del grande economista John Maynard Keynes quello che diceva che, in periodo di crisi, lo stato dovrebbe pagare i lavoratori disoccupati per scavare una gigantesca buca e poi riempirla. In questo modo i lavoratori avrebbero un salario e potrebbero spendere, attorno alla buca si creerebbero negozi ed osterie ed infine l’economia potrebbe risollevarsi.

In conclusione monsignor Galantino svolge una posizione politica decisa a favore di chi ha fatto della immigrazione il proprio business politico, del tipo “se gli italiani non vi votano più cercate i voti tra gli immigrati”

A lui chiediamo perché mai il resto dell’Europa non fa quello che lui predica e perché mai il resto della chiesa europea sta zitta sul tema dei migranti o perlomeno non dice le sue stesse cose

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Tubercolosi, torna la paura: "Recrudescenza legata a immigrazione"

Sono 31 i pazienti ricoverati al Sant’Orsola di Bologna, più 36 registrati nelle varie strutture bolognesi. Il picco più alto si era raggiunto nel 2017, ma quest’anno è caratterizzato dall’incremento di contagi fra italiani

È allarme tubercolosi, ed a diramarlo è il policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.

Stando a quanto riferito dall’ospedale, infatti, soltanto nei primi 6 mesi del 2018 i casi registrati nella singola struttura sono 31. Questi, sommati agli altri 36 segnalati nel territorio bolognese, danno un totale di ben 67 persone contagiate in 6 mesi.

L’anno scorso, definito come annus horribilis, solo a Bologna i pazienti affetti da Tbc erano stati 193, di cui 89 riferiti dal Sant’Orsola, e 104 dalla Ausl. Il 2018, tuttavia, non si è ancora concluso, perciò bisogna attendere la fine dell’anno per poter fare una valida comparazione.

Certo è che la diffusione della malattia sta a mano a mano cambiando. Se fino al passato 2017 erano prevalentemente i cittadini stranieri ad essere colpiti dal micobatterio, adesso la malattia comincia sempre più ad interessare anche gli italiani.

L’anno precedente, ad esempio, dei 193 contagiati solo 35 soggetti erano nostri connazionali. Ad oggi, invece, la Ausl di Bologna registra 11 italiani affetti da Tbc e 25 stranieri. Mentre il Sant’Orsola riferisce che dei 31 pazienti ammalati, 20 sono stranieri ed 11 italiani.

Tutto ciò è emerso grazie ad un’interrogazione avanzata dai rappresentanti regionali di Forza Italia, ragionevolmente allarmati dai numeri riportati. La tubercolosi, del resto, è una patologia che il nostro Paese ha visto ridursi fino alla totale debellazione nell’ormai lontano secolo scorso.

“Una recrudescenza legata all’immigrazione, con i casi che aumentano di pari passo con i flussi migratori.”, afferma senza mezzi termini il deputato di Forza Italia Galeazzo Bignami, come riportato da “Il Resto del Carlino”.

Non si tratta di parole campate in aria, basta leggere i numeri per confermare le dichiarazioni del parlamentare, che guarda con preoccupazione anche all’hub di via Mattei, sempre più prossimo alla chiusura. "Non si può non legare questo fenomeno all’aumento dell’immigrazione in città. I migranti, una volta sbarcati in Italia, vengono sottoposti a una prima visita sanitaria sommaria. Tuttavia, i veri controlli vengono effettuati una volta smistati nei centri di accoglienza delle varie regioni, tra cui quello bolognese, dove vengono sottoposti ad accertamenti più approfonditi. Una questione che ha un costo, sia in termini sanitari, come si evince dai dati sulla Tbc, che economici. Si parla di un milione e mezzo di euro, che pesa tutto sulla collettività, di cui soltanto 523mila euro per le prestazioni sanitarie, il resto per pagare il personale medico, infermieristico e amministrativo".

Federico Garau - Mar, 18/09/2018 - 13:39

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Reggio C. Migranti molestano alcuni clienti di un locale e loro li malmenano.

Una notte movimentata quella appena trascorsa sul lungomare del capoluogo dello Stretto, presso un noto lido, il Calajunco, ed in piena movida reggina.

Sul posto sono dovuti intervenire gli agenti delle Volanti dopo una segnalazione che indicava circa cinque cittadini stranieri, di nazionalità africana, che dopo essere stati allontanati dai gestori del locale per aver molestato alcune avventrici, hanno iniziato a lanciare pietre dall’esterno verso l’interno della struttura.

Secondo una prima ricostruzione dei fatti, numerosi clienti del lido hanno iniziato ad inseguire gli stranieri raggiungendoli ed aggredendone alcuni di loro: due gambiani di 28 anni, incensurati e richiedenti asilo politico, che sono stati poi ricoverati in ospedale ed immediatamente dimessi dopo le cure del caso.

L’arrivo delle Volanti e del personale delle Forze dell’ordine impegnato nei servizi di vigilanza nella zona ha riportato la calma tra i presenti.

Si esclude la matrice razziale dell’aggressione e sono in corso delle indagini da parte degli investigatori della Squadra Mobile con lo scopo di ricostruire l’esatta dinamica degli eventi, d’intesa con la competente Autorità Giudiziaria.

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Ragazze sfruttate e costrette a prostituirsi: la polizia smantella un' organizzazione albanese, 22 arresti

Ventitré persone arrestate per sfruttamento aggravato della prostituzione dalla Squadra Mobile di Milano.

E'il bilancio di una complessa indagine che ha coinvolto le province di Como e di Monza e Brianza, dove sono residenti gli indagati.

La Squadra Mobile di Milano giovedì ha dato esecuzione ad una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Como, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di ventidue uomini di nazionalità albanese e una donna di nazionalità romena, residenti nella provincia di Monza Brianza e nella provincia di Como (alcuni di questi titolari di foglio di soggiorno).

Alcune delle persone destinatarie del provvedimento coercitivo risultano latitanti. 

Le accuse contro gli sfruttatori

Gli indagati sono accusati di sfruttamento aggravato della prostituzione - esercitata in varie località quali Arosio, Lentate sul Seveso, Bregnano, Cermenate, Figino Serenza, Vertemate con Minoprio, Mariano Comense - nei confronti di oltre venticinque ragazze per lo più di nazionalità albanese, nonché bulgara, moldava, polacca, romena, ungherese.

Tre degli indagati sono anche accusati di detenzione di un'arma. Nel corso delle perquisizioni è stato sequestrato l'equivalente di circa 25mila euro.

Le indagini della polizia

In base a quanto emerso dalle indagini, attraverso una capillare attività di intercettazione telefonica e di appostamento e pedinamento svolta dalla squadra Mobile di Milano.

Nessuna delle ragazze sfruttate ha formulato accuse nei confronti delle persone denunciate, ciascun indagato sfruttava il meretricio di una o più ragazze.

Due indagati controllavano l'attività di prostituzione pur essendo detenuti rispettivamente presso la Casa Circondariale di Monza e la casa di reclusione di Opera.

Secondo quanto ricostruito dalla polizia le ragazze venivano controllate a vista durante la loro attività e con continue telefonate ed sms.

Gli indagati andavano a riprenderle presso il luogo dove le ragazze si prostituivano per riportarle a casa ed erano sempre loro ad accompagnarle a casa di clienti con cui alcune abitualmente si prostituivano.

La banda provvedeva alle esigenze delle ragazze durante la prostituzione in strada, le istruiva sull'atteggiamento da tenere per adescare un numero maggiore di clienti, controllando che non si intrattenessero troppo a lungo con questi ultimi, precludendosi ulteriori possibilità di guadagno, i proventi della prostituzione dovevano poi essere corrisposti agli indagati, e pregiudicando, pertanto, i proventi dell'attività.

Se le ragazze si allontanavano dalla postazione in cui si prostituivano senza permesso venivano rimproverate con gravi minacce.

Se i guadagni erano inferiori alle aspettative veniva rinfacciato loro, sempre minacciandole, scarso impegno.

Le ragazze erano costrette a prostituirsi anche quando non stavano bene e spesso nei loro confronti venivano esercitate forme di violenza fisica.

Ogni ragazza fruttava dai 200 a 700 euro a notte.

E pagavano anche il noleggio del marciapiede sul quale sostavano” Milanotoday

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