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culturaUna “rivoluzione narcotizzante” si è compiuta silenziosamente sotto i nostri occhi ma noi non ce ne siamo quasi accorti: la “mediocrazia” ci ha travolti. I mediocri sono entrati nella stanza dei bottoni e ci spingono a essere come loro, un po’ come gli alieni del film di Don Siegel “L’invasione degli ultracorpi”.

Nel lavoro “devitalizzato” il mediocrate individua la capacità fondamentale nel fare propria con naturalezza l’espressione: alti standard di qualità nella governance nel rispetto dei valori di eccellenza. E, in ogni ambito, rileva certi tic verbali come «stare al gioco», «sapersi vendere», «essere imprenditori di se stessi». Insomma, è vero, non c’è stata nessuna presa della Bastiglia ma l’assalto è avvenuto: i mediocri hanno preso il potere.

Il mondo è governato dai mediocri. Sarà che è un assunto non difficile da sperimentare - e anche consolatorio per spiegarsi certi successi o insuccessi ugualmente distanti dalle vette del genio e dagli abissi dell’indegnità - verrebbe da dire che la caratteristica principale della mediocrità sia il conformismo, un po’ come per il piccolo borghese Marcello Clerici, protagonista del romanzo di Alberto Moravia, “Il conformista”.

Comportamenti che servono a sottolineare l’appartenenza a un contesto che lascia ai più forti il grande potere decisionale. Alla fin fine, si tratta di atteggiamenti che tendono a generare istituzioni corrotte. E la corruzione arriva al suo culmine quando gli individui che la praticano non si accorgono più di esserlo. Essere mediocri non vuol dire essere incapaci. Anzi, è vero il contrario. Il sistema incoraggia l’ascesa di individui mediamente competenti a discapito di competenti eccellenti e degli incompetenti. Questi ultimi per ovvi motivi (sono scarsi), i primi perché rischiano di mettere in discussione il sistema e le sue convenzioni. Ma comunque, il mediocre deve essere un esperto. Deve avere una competenza utile ma che non rimetta in discussione i fondamenti ideologici del sistema. Lo spirito critico deve essere limitato e ristretto all’interno di specifici confini perché se così non fosse potrebbe rappresentare un pericolo. Il mediocre, insomma deve «giocare il gioco».

Se la dittatura può essere definita psicotica, la mediocrazia è perversa. Psicotica perché la dittatura non ha alcun dubbio su chi deve decidere. Hitler, Mussolini, Tito sono stati tutti personaggi iper-visibili, affascinanti, che schiacciano con le loro parole; la mediocrazia è perversa perché cerca di dissolvere l’autorità nelle persone facendo in modo che la interiorizzino e si comportino come fosse una volontà loro. 

Giocare il gioco vuol dire accettare i comportamenti informali, piccoli compromessi che servono a raggiungere obiettivi di breve termine, significa sottomettersi a regole sottaciute, spesso chiudendo gli occhi. Giocare il gioco vuol dire acconsentire a non citare un determinato nome in un rapporto, a essere generici su uno specifico aspetto, a non menzionarne altri. Si tratta, in definitiva, di attuare dei comportamenti che non sono obbligatori ma che marcano un rapporto di lealtà verso qualcuno o verso una rete o una specifica cordata.
È in questo modo che si saldano le relazioni informali, che si fornisce la prova di essere “affidabili”, di collocarsi sempre su quella linea mediana che non genera rischi destabilizzanti. Piegarsi in maniera ossequiosa a delle regole stabilite al solo fine di un posizionamento sullo scacchiere sociale è l’obiettivo del mediocre.
I mediocrati chiedono a persone impegnate nel servizio pubblico di gestirlo come se fosse una organizzazione privata, così si trovano in conflitto perché avevano un’etica diversa; chiedono a ingegneri di progettare oggetti che si rompano in maniera deliberata perché vengano sostituiti, chiede ai medici di diagnosticare malattie che potrebbero diventare davvero pericolose a 130 anni… Senza parlare della manipolazione dei consumatori da parte del mercato. 

“Un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista,qualunquista.”                                                                                                                           (Pier Paolo Pasolini)

Le nostre scuole sono strutturate sulla mediocrità medio – bassa. I programmi sono fatti, si direbbe, per babbei. Nelle classi sono stati introdotti gli handicappati. Nessuno vuole discriminarli, ma messi in classi differenziali starebbero meglio loro e decisamente meglio i loro compagni: la scuola serve per studiare, non per agonismo sociale.

Ma così come esistono, o dovrebbero esistere, le classi differenziali per i meno dotati, se non in Occidente almeno nel resto del mondo sicuramente, così dovrebbero esistere classi differenziate per ragazzi con intelligenza e voglia di applicarsi sopra la norma. L’esempio cinese è evidente ed altrettanto lo sono i risultati. Gli studenti migliori sono messi in apposite classi e le eccellenze in collegi regionali.
Ma tutto questo potrà avverarsi in Occidente solo quando questa piatta società mediocre fatta da mediocri che vogliono restare mediocri, ove tutto è un immenso modulo burocratico non compilabile, bene, questa società scompaia nel nulla da cui proviene.

Ecco come La Treccani definisce la mediocrità: “Condizione media; stato di ciò che è o si tiene ugualmente distante dai due limiti estremi …. spesso riferita, con allusione al sign. seguente, a chi si ritiene presuntuosamente pago della propria mediocrità morale e spirituale …. persona d’ingegno e di capacità mediocri, soprattutto con riferimento a chi si dedichi ad attività che per sé stesse richiederebbero doti non comuni d’ingegno e d’intelligenza: essere una mediocrità.”

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Italia

Parigi.“Vogliamo pane,vogliamo pane” e fu la prima rivoluzione francese.

Reggio Calabria.“Vogliamo lavoro, vogliamo lavoro”e può iniziare la prima rivoluzione calabrese.

Peraltro questa volta i 5200 LPU ed LSU non sono soli. Insieme con loro i sindacati, uniti in questa lotta, e molti sindaci dei comuni calabresi.

Parliamo di quei sindaci che da oltre 15 anni utilizzano costantemente LPU ed LSU per assicurare una vasta serie di servizi essenziali alla collettività.

Una condizione inaccettabile.

Queste amministrazioni non possono sfruttare ancora questi lavoratori.

Se li utilizzano allora li assumano e li paghino!.

E lo Stato deve togliere eventuali vincoli alla loro assunzione.

Ora in particolare con il governo Letta si avverte la disponibilità di onorevoli del PD e del PDL alla stabilizzazione dei precari ed i lavoratori calabresi che, esasperati ma consci di questo momento favorevole, hanno minacciato che, in caso di risposte negative o poco soddisfacenti, «sfonderanno le porte di Palazzo Campanella».

Siamo ai prodromi della rivoluzione civile ed a nulla sembra serva la blindatura del portone da parte di carabinieri e poliziotti, assieme a personale in borghese della Digos della Questura di Reggio Calabria e ad agenti della Polizia provinciale e della Polizia municipale.

Deve essere anche superato il problema posto dal Consiglio di Stato che nelle sue sentenze ha sottolineato che: « le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne consentono la qualificazione come rapporto di impiego; e ciò per la considerazione che il rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origine da motivi assistenziali (rientrando nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali); e riguarda un impegno lavorativo certamente precario; non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento; presenta caratteri del tutto peculiari quali l'occupazione per non più di ottanta ore mensili, il compenso orario uguale per tutti (sostitutivo della indennità di disoccupazione) versato dallo Stato e non dal datore di lavoro, la limitazione delle assicurazioni obbligatorie solo a quelle contro gli infortuni e le malattie professionali».

Pubblicato in Reggio Calabria
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