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Nella foto la ipersvalutazione della Repubblica di Weimar, quando per comprare un kg di pane occorreva una carriola intera di marchi.

 

Quando si stampavano tagli da 100.000.000.000.000 di marchi, quando con un dollaro americano si comprava 4200 miliardi di marchi( novembre 1923)

Scrive Jeremy Warner sul Telegraph:

“Di tutte le instabilità che preoccupano gli investitori internazionali – dalla caduta del prezzo del petrolio al collasso del rublo e al rallentamento dell'economia cinese, che ora si sta velocemente trasformando in una crisi sistemica dei mercati emergenti – la Grecia è quella che li preoccupa di meno.

Se per caso sei un greco, oppure se possiedi obbligazioni greche, ovviamente sei molto interessato agli ultimi eventi, ma per la maggior parte del mondo esterno essi sembrano un problema isolato e in gran parte irrilevante, diversamente dal tracollo greco del 2011/12, che ha portato l'intera eurozona vicino al collasso. Questa è storia passata, ora eclissata dalla più grave minaccia di una fuga di massa dai mercati emergenti, gravati da eccessivi debiti in dollari.

Le cose sono piuttosto cambiate da allora - o almeno questo è ciò di cui si sono autoconvinti i leader dell'eurozona - il sistema bancario è più forte, e ci sono meccanismi per prevenire il contagio derivante da un default greco o da un’uscita greca dall’euro, tra cui – fondamentale - il fondo di acquisto dei titoli di stato della Banca Centrale Europea.

Con una certa malignità,  in effetti alcuni accoglierebbero con favore un tale sviluppo, ritenendo che servirebbe da avvertimento per gli altri, ridando energia ai programmi di riforma malamente impantanati e spingendo la BCE a mettere da parte le sue divisioni per imbarcarsi in un QE su vasta scala.

Si tratta di un’ipotesi quasi convincente, ma anche eccessivamente ottimista e che sottovaluta molto la capacità degli eventi di uscire fuori controllo. Una volta che una reazione a catena è avviata, è difficile da fermare. Nell’ambito di una struttura intrinsecamente instabile e interdipendente come la moneta unica, fermare la reazione può essere quasi impossibile, persino se si dispone di tutte le armi di cui dispone la BCE. La natura politica della rinnovata crisi della Grecia rende il tutto ancora più imprevedibile.

In sostanza la Grecia, e un certo numero di altre nazioni dell'eurozona, hanno in realtà urgentemente bisogno di uscire dall'euro - ma non nel modo politicamente caotico che si verificherebbe nel caso di una vittoria elettorale di Syriza. Essere costretti a uscire a causa di un fallimento unilaterale sarebbe un risultato profondamente distruttivo.

Non siamo, naturalmente, ancora in questa fase, e credo che forse non ci si arriverà. Se si arrivasse alle elezioni, l'attuale vantaggio  di Syriza nei sondaggi probabilmente svanirebbe non appena i greci dovessero rendesi conto della situazione e valutassero le conseguenze di uno sviluppo di questo tipo.

crisi-grecia

Ma ammettiamo che Alexis Tsipras, leader di Syriza, ne esca vittorioso, cosa succederebbe? Non c’è quasi nessuna probabilità che il resto dell'eurozona possa accettare un'altra ristrutturazione del debito greco, e assolutamente nessuna possibilità se Syriza dovesse perseguire seriamente il resto della sua agenda politica, compresa la retromarcia sui tagli a salari e pensioni, riforme strutturali e così via.

Tuttavia, il Signor Tsipras sembra pensare di poter ottenere quello che vuole semplicemente minacciando ancora una volta di far saltare l'euro. Se l’approccio ha funzionato in passato, può funzionare ancora, egli immagina. Ma si sbaglia. Se il resto dell'eurozona pensa di essere sufficientemente preparato a resistere a un default greco senza incidenti significativi, il suo bluff verrà chiamato. Quindi il Signor Tsipras dovrà fare del suo peggio o fare la figura dell’uomo di paglia.

Un momento dopo il ripudio dei debiti, la BCE rifiuterebbe di rinnovare il sostegno di liquidità al sistema bancario greco, che ammonta a circa 40 miliardi di € in questo momento, una somma equivalente al 20% del PIL greco. Questo causerebbe un altro crollo della produzione e richiederebbe una rapida uscita dall'euro, in modo da permettere alla Banca Centrale Greca di “attivare la stampante” per colmare la carenza di fondi e pagare le bollette del governo.

La nuova moneta crollerebbe di valore, l'inflazione salirebbe e ben presto i greci sarebbero in una situazione simile al completo collasso economico descritto nel terrificante libro di Adam Fergusson sull'iper-inflazione della Germania di Weimar– "Quando i soldi muoiono".

Il Signor Tsipras pensa di poter fare default e rimanere nell'euro, pensa di poter, per dirla in un altro modo, ripudiare i suoi debiti e allo stesso tempo mantenere il valore del suo patrimonio. Purtroppo, non funziona in quel modo. Le due cose vanno di pari passo.

Questo non significa che il signor Tsipras si sbaglia a cercare un’ulteriore ristrutturazione del debito. Non c'è alcuna possibilità per la Grecia, o  per diverse altre economie della periferia dell’eurozona, di ripagare i propri debiti. Per la Grecia, questo succederà, con o senza la bislacca agenda politica del signor Tsipras. Solo le nazioni creditrici del Nord si rifiutano di riconoscere questa realtà. La situazione attuale è completamente insostenibile.

Una nuova ricerca dell'agenzia di rating Standard & Poor sostiene con forza questa tesi. Nonostante cinque anni di aggiustamenti e ricalibrature indotti dalla crisi, gli squilibri di debito all'interno dell'Eurozona sono di fatto peggiorati, non migliorati. S & P stima che Spagna, Italia, Grecia e Portogallo – le 4 nazioni con maggiori debiti esteri dell'Eurozona – saranno debitori di un totale di 1.850 miliardi di € verso non residenti entro la fine del 2014, rispetto agli 875 miliardi di un decennio prima. I disavanzi delle partite correnti sono stati sostanzialmente chiusi a livello aggregato, ma all'interno dell'Eurozona essi persistono a livelli relativamente alti, causando un continuo aumento dell’inter-indebitamento.

In ogni caso, l'euro non sembra offrire a questi paesi alcun modo credibile per uscire dai guai. Quando la Grecia e gli altri paesi in via di sviluppo sono stati velocemente integrati in quella che era allora la Comunità Economica Europea, è stato essenzialmente per ragioni politiche e strategiche, per promuovere la democrazia, la non-aggressione, l’integrazione europea e i valori liberali. Queste erano nobili ambizioni. La grande ironia è che, con l'avvento dell'euro, esse sono state ribaltate. L'Unione Europea oggi sta producendo l'effetto contrario. Instabilità e frammentazione hanno sostituito il consenso e la cooperazione.

5stelle fuorieuro

La sfida per i leader europei è quella di riconoscere i propri errori, smettere di trattare l'euro come una sorta di  simbolo del progresso e della modernità donato da Dio e iniziare un processo di reintroduzione di tassi di cambio liberamente fluttuanti per le parti dell’eurozona che ne hanno bisogno. Poiché correggono gli squilibri nel commercio, nei debiti e nella competitività, i movimenti dei tassi di cambio forniscono un meccanismo naturale di mercato per ciò che i politici sembrano incapaci di raggiungere attraverso la negoziazione e politica pubblica. Gli aggiustamenti di valuta provocano anche automaticamente le necessarie perdite ai creditori.

La situazione richiede l'emergere di politici consapevoli, moderati, pronti ad articolare queste realtà, quello che Keynes chiamava un periodo di "spietato svelamento della verità". Ora che è praticamente tornata ad un’eccedenza delle partite correnti e ad un bilancio primario in pareggio, la Grecia è di nuovo in grado di finanziarsi internamente. Fatta correttamente e con il sostegno del FMI, un’uscita della Grecia dall'euro non deve essere necessariamente quel caotico disastro minacciato dall'elezione di Tsipras, ma un nuovo inizio per un'economia portata sull’orlo della catastrofe dalle follie di grandezza dell’Europa.

Si tratta di una possibilità realistica? Non nel prossimo futuro, purtroppo. Jeremy Warner”

E l’Italia, dove va?

 

In Italia l'iniziativa del Movimento 5 Stelle per uscire dall'Euro

il link: http://www.beppegrillo.it/fuoridalleuro/

 

Pubblicato in Mondo

“Come riporta il Guardian, nonostante i falsi trionfalismi la situazione in Grecia è sull’orlo del collasso. Il rischio di elezioni anticipate che diano la vittoria al partito di Tsipras - contrario all'austerità - spinge politici e funzionari UE a interferire in flagrante nella politica nazionale usando a piene mani l'arma del terrorismo.

 

Ma in questo contesto si evidenziano le contraddizioni in cui si è cacciato Tsipras: nel tentativo di rassicurare il potere, ha garantito che non vuole un’uscita della Grecia dall’euro, da lui falsamente dipinta come catastrofica, ma così facendo ha dato uno strumento in mano agli avversari (che invece fanno capire che le sue politiche condurranno all’uscita) e si è privato di un’arma che avrebbe potuto usare nei negoziati.

Il Commissario UE alle finanze, Pierre Moscovici, è volato ad Atene lunedì a causa delle incertezze politiche seguite alla decisione improvvisa del governo di anticipare le elezioni presidenziali.

La visita del commissario francese avviene mentre il leader dell'opposizione di sinistra radicale del paese, Alexis Tsipras, intensifica le proteste per la campagna di "frenetico terrorismo" a cui è sottoposta la Grecia, non solo da parte del suo primo ministro Antonis Samaras, ma anche da alti funzionari europei, in vista dello scrutinio di questa settimana, il primo di tre votazioni.

"E' in corso un'operazione di terrore, di menzogne. Un'operazione il cui unico scopo è di seminare il terrore tra il popolo greco e tra i parlamentari, e di spingere il paese sempre più a fondo nella povertà e nell'incertezza del memorandum," ha detto domenica il leader di Syriza ai suoi sostenitori, riferendosi al programma di salvataggio sponsorizzato dal FMI e dalla UE per mantenere a galla l'economia strozzata dal debito.

Tsipras ha parlato dopo che i capi di governo avevano ribadito le loro paure che la Grecia potesse essere costretta a uscire dell’eurozona, se il Parlamento non fosse riuscito a eleggere un nuovo capo dello stato entro il 29 dicembre. Se l'alleanza di governo dovesse fallire le tre votazioni, la Costituzione greca richiede che vengano indette le elezioni generali, nelle quali il partito di Tsipras è dato in vantaggio. "Siamo appesi a un filo... e se si rompe, il paese potrebbe andare incontro ad una assoluta catastrofe", ha detto il vice-premier Evangelos Venizelos, il cui partito di centro-sinistra Pasok è partner di minoranza nella coalizione bipartitica di Atene.

In una riedizione del dramma che ha ossessionato la Grecia al culmine della crisi dell'eurozona nel 2012, i mercati sono sprofondati, con i costi di indebitamento del paese che si impennavano a causa dei rinnovati timori di un'uscita della Grecia – chiamata Grexit – se un governo guidato da Syriza dovesse salire al potere.

Moscovici, la cui visita di due giorni dovrebbe concentrarsi sullo stallo dei negoziati con la troika di creditori della nazione – Commissione Europea, FMI e Banca Centrale Europea – non incontrerà Tsipras. I suoi assistenti descrivono l'affronto come "incredibile". La scorsa settimana, il Commissario alle finanze ha detto che secondo lui Samaras "sa quello che fa" e che avrebbe vinto la sua scommessa di accelerare il voto per un nuovo capo dello stato. In un'intervista con Kathimerini di questa domenica, egli ha descritto l'ex Commissario UE all’ambiente Stavros Dimas, che è il candidato del governo alla carica presidenziale, come "un brav'uomo."

Ma il nuovo Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, che è grande amico di Samaras, si è spinto oltre, avvertendo dei pericoli di un "risultato elettorale sbagliato". "Non vorrei che le forze estremiste andassero al potere," ha detto, alludendo al rischio che le elezioni presidenziali possano dare il via ad elezioni generali anticipate. "Preferirei che venissero fuori dei volti noti."

Anche se non è la prima volta che la politica della paura è stata utilizzata per assicurare che la Grecia – due volte "salvata" dalla bancarotta – si attenesse al percorso deciso per lei, il palese intervento di figure così direttamente legate al programma finanziario di salvataggio di Atene da 240 miliardi di euro, ha immediatamente suscitato all'estero delle reazioni di rabbia. Sabato, correndo in soccorso di Syriza, il partito della sinistra europea, l’alleanza dei gruppi di sinistra del continente, ha denunciato che le parole di Juncker sono la prova di un declino della democrazia nell'Unione Europea. "La pressione della Commissione Europea sul processo elettorale di un paese sovrano è insopportabile e genera seri interrogativi sul futuro della democrazia in Europa", ha detto Pierre Laurent, presidente dell'organizzazione, in un comunicato pubblicato sul sito Web del partito.

Nonostante un livello sempre maggiore di polarizzazione – rappresentato da parlamentari che o sostengono a malincuore o si oppongono con veemenza al programma di salvataggio – la maggioranza degli elettori vuole che il Parlamento ribelle elegga un Presidente, in modo che le elezioni anticipate possano essere evitate. Un sondaggio di Kapa Research pubblicato lo scorso fine settimana, ha rivelato che il 57% vuole che il 73enne Dimas assuma la carica, ma il 61,1% pensa che lo scrutinio sia destinato a fallire.

Samaras ha detto che preferirebbe andare ad elezioni nazionali anzichè entrare in un governo trasversale "di salvezza nazionale". I sondaggi di opinione mostrano che il vantaggio di Syriza si va restringendo, alimentando la sensazione che sia improbabile che il partito vinca con una maggioranza assoluta.

Un collaboratore vicino a Samaras ha detto che il governo pensa di essere in una situazione "win-win".

"Anche se perdiamo [le elezioni per il Presidente], vinceremo ugualmente, perché gli elettori daranno la colpa a Syriza per il caos che ne conseguirà," ha detto. “E questo ci assicurerà la vittoria alle elezioni nazionali.” di Helena Smith, 14 Dicembre 2014

PS. Per saperne di più andate su http://sopravvivereingrecia.blogspot.it/

Pubblicato in Mondo

La polizia greca h sgomberato la sede della televisione pubblica Ert. L’edificio era stato occupato dai dipendenti lo scorso 11 giugno contro la decisione del governo di Atene di sospendere le trasmissioni.

Una decisione che ha fatto sì che la Grecia diventasse il solo Paese in Europa senza una televisione pubblica. Nelle condizioni economiche greche era impossibile pagare il canne RAI. La stessa situazione dell’Italia.

La situazione economica in Grecia è diventata ancora più grave e secondo il leader del sindacato Panagiotis Kalfagiannis “Oggi dovevano confondere le acque, perché i membri della troika sono in Grecia e il governo deve adottare nuove misure di austerità . Il governo sta agendo in un modo fascista. Vogliono chiudere la bocca a tutti e in parte hanno raggiunto il loro obiettivo, diffondendo la paura tra la gente nei modi più diversi. Siamo gli unici rimasti in piedi”.

A seguire Nikos Ionnidis, giornalista di Ert : “Tutti i dipendenti di Ert si sono radunati qui all’esterno degli uffici. Stiamo progettando di riprendere le trasmissioni da qui, dalla strada. Questo è il nostro obiettivo nell’immediato”.

Il governo di Atene difende l’intervento della polizia e parla di fine di un’occupazione illegale.

All’esterno dell’edificio, a nord della capitale, si sono radunati vari deputati dell’opposizione ai quali è stato impedito l’accesso nella struttura.

Thanasis Pafilis, parlamentare del partito Comunista, dice che: “Bisogna reagire a tutto questo. Questo è il nostro messaggio. Ci deve essere una risposta da parte di tutti i lavoratori. Non solo per quello che è successo oggi, ma contro tutti gli errori fatti fino ad ora”.

Poi Zoe Konstantopoulou, rappresentante di Syriza, ritiene che: “Ciò che sta avvenendo in questo momento rappresenta una pagina nera nella storia del paese Il governo dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa”.

La chiusura, senza preavviso, è costata il licenziamento di circa 2.600 persone.

“L’11 giugno la televisione nazionale greca ha interrotto le trasmissioni”

Oggi 7 novembre, quasi 5 mesi dopo le forze di polizia, accompagnate da un magistrato, hanno sgomberato l’edificio.

Una storia che fra breve succederà anche in Italia non appena l’Italia, come la Grecia sarà commissariata. Nel frattempo appare opportuno non pagare il canone RAI.

Pubblicato in Mondo
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