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meloni-papa-francesco-952x768Il Santo Padre, Papa Bergoglio, ha scelto per il suo pontificato un nome famoso e importante, quello di Francesco, il santo che parlava agli animali e li chiamava fratelli e sorelle. L’altro giorno agli Stati Generali della Natività c’è stato un incontro tra il Santo Padre e il nostro Presidente del Consiglio On. Giorgia Meloni. Il Papa ha voluto scherzare, come al solito, con la Premier, tutti e due vestiti di bianco. “Ci siamo vestiti uguali”, ha detto sorridendo. Ha raccontato poi che un giorno a Piazza San Pietro si è avvicinata una donna la quale gli ha chiesto di benedire il suo bambino che teneva rinchiuso in una borsa. Che disgusto! Era un cagnolino. Papa Francesco non solo si rifiutò di benedire il cagnolino, ma sgridò la signora:- Con tanti bambini che hanno fame, pensa al cagnolino?- Ce ne sono tante signore in Italia che hanno in casa cani e gatti, che li curano e li amano. Ma vedere nelle vie, nelle piazze cani e gatti finanche dentro passeggini per neonati a me non piace tanto. E provengo da una famiglia contadina dove nelle nostre stalle c’erano gli animali. C’era la capretta “Stella”, il cagnolino “Fritz”, il gattino “Colongi” e la gallina “Ciciarigna” e in una gabbia il canarino “Gigi”. Evidentemente, con i tempi che sono cambiati, abbiamo smarrito il senso della misura. Non voglio intrattenermi nel dibattito che si è creato, forse quella signora ha dei problemi, forse non ha potuto avere figli, forse è sola, e   riversa su quel cagnolino tutto l’amore che non ha potuto dare ad un essere umano. Andava sgridata? Non lo so. Però chiamare il cagnolino “il mio bambino” è davvero disgustoso e giustamente ha fatto perdere la pazienza al Santo Padre. Trattare come figli un cagnolino dalle rispettive padrone è davvero esagerato e pericoloso. Secondo il Papa queste “ sono scene del presente, potrebbero diventare l’abitudine del futuro”. Sono insorte le associazioni animaliste e hanno protestato: - Chi non ama gli animali non ama neanche i bambini -. Adesso vi voglio raccontare un aneddoto che è capitato a me mentre passeggiavo su Corso Mazzini a Cosenza. Una donna teneva in una borsa un cagnolino abbigliato come un essere umano che non voleva stare fermo e abbaiava. La donna lo accarezzava, lo baciava, gli parlava. Ad un certo punto gli disse:- Buono, buono, tesoruccio della mamma, ora andremo al Bar e mamma ti comprerà un bel gelato alla fragola-. Non sono intervenuto, ma quelle parole dette al cagnolino da parte della signora mi hanno infastidito e mi hanno fatto riflettere a lungo. Il cagnolino trattato come un figlio. Stiamo diventando davvero tutti pazzi. Gli animali, tutti gli animali, è vero, vanno amati e rispettati, ma nella loro giusta riflessione e natura. Stiamo arrivando all’apice dell’assurdo e del ridicolo. Se dovessi un giorno incontrare quella donna, la chiamerei e la inviterei a prendere un gelato con me al Bar più vicino. Mi farei chiamare “figlio”, anche se ho 90 anni, ed io la chiamerei “mamma” anche se è più piccola di me. Per il semplice motivo che se la mia cara e adorata mamma fosse ancora in vita e fosse seduta accanto a me, farei lo stesso. Ordinerei un bel gelato alla fragola pur di passare del tempo con lei ed esserle vicino. E perché no? Una coppetta per il suo cagnolino.

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messa- allapertoEcco, questa sì che è finalmente una bella notizia. Dal 18 maggio p.v. le porte delle chiese saranno riaperte e i sacerdoti potranno celebrare indisturbati le Sante Messe alla presenza dei fedeli, non di tutti però. Il protocollo d’intesa tra Governo e la CEI è stato firmato giovedì 7 maggio u.s. Si dovranno però osservare alcune regole fondamentali: niente assembramento e distanziamento tra i fedeli. In un banco si potranno sedere al massimo due fedeli. Non tutti, dunque, potranno entrare in chiesa, dipende dalla grandezza. Membri del Consiglio Pastorale, volontari, collaboratori favoriranno l’ingresso e l’uscita dalla chiesa. Chi entra in chiesa dovrà indossare obbligatoriamente la mascherina. Le acquasantiere resteranno ancora vuote, niente acqua santa. La chiesa, al termine di ogni funzione dovrà essere igienizzata. I parroci dei piccoli paesi avranno seri problemi da risolvere. Niente coro durante le funzioni religiose. OK ad un solo organista. Omesso lo scambio della pace. Poiché le regole sono ancora rigidissime e molte chiese non consentono la pratica applicazione del protocollo d’intesa, le Sante Messe si potranno celebrare anche all’aperto, sempre nel rispetto delle norme sanitarie indicate. Nel mio paese, San Pietro in Amantea, e in molti Comuni della Provincia di Cosenza (Vedi Amantea, piazzale antistante Chiesa Sa Bernardino) dove davanti la chiesa ci sono ampi spazi si possono celebrare benissimo le sacre funzioni all’aperto. Basta mettere un tavolo, delle sedie, sistemare l’altoparlante e l’organo. Ci vuole un po’ di collaborazione coi parroci. E poi siamo abituati da sempre ad assistere alle Sante Messe celebrate dal Papa sul sagrato della Basilica di San Pietro in Roma, così come alle sante messe celebrate in San Pietro in Amantea sulla piazza antistante la chiesa della Madonna delle Grazie in occasione della sua festa che si celebra ogni due luglio. La chiesa non potrebbe contenere le migliaia dei fedeli provenienti dal circondario di Amantea. Le celebrazioni all’aperto offrono la possibilità di rispettare tutte le indicazioni del Governo. Anche il Vaticano passa alla fase 2 del contenimento dell’emergenza Covid19. Niente più Sante Messe la mattina alle ore 7 in streaming da Santa Marta senza fedeli. Le Sante Messe torneranno ad essere aperte al pubblico. Il Santo Padre Papa Francesco è felicissimo:- Il popolo di Dio potrà così tornare alla familiarità comunitaria con il Signore nei sacramenti, partecipando alla liturgia domenicale, e riprendendo, anche nelle chiese, la frequentazione quotidiana del Signore e della sua Parola-.

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chiesa-1Esultate gente! I Vescovi italiani finalmente dopo un lungo letargo che durava da anni si sono svegliati. Finalmente direte. E che cacchio, c’è voluto il coronavirus per fare aprire loro gli occhi. Non gli è piaciuto il lungo discorso a reti unificate dell’altra sera del Presidente del Consiglio. Hanno criticato il decreto: Conte ha preso in giro la Chiesa. I Vescovi sono irritati per la decisione presa dal Governo giallo rosso di rinviare ancora una volta la possibilità di celebrare le Sante Messe. Musei aperti e chiese chiuse? Si potrà continuare ad andare nei supermercati ma non si potrà partecipare alle Messe? Ben gli sta. Festa del 25 aprile, cerimonia in piazza alla presenza di centinaia di persone. Funerali, invece, alla presenza dei soli familiari. Quindici in tutto. E se sono sedici. Lui no. Ma perché? Lo ha stabilito Conte. Ma se si è permesso di fare manifestazioni all’aperto allora sarà anche permesso di celebrare le Sante Messe in piazza, all’aperto, sul sacrato della chiesa. C’è discriminazione, cari Monsignori. La mia libertà è stata calpestata, abrogata da un dittatorello che sta facendo danni incalcolabili e si crede anche lui l’uomo mandato dalla Provvidenza. Ma forse Voi non avete capito un bel niente. Chi c’è al Governo? Conte. Qual è la sua maggioranza che lo regge? Il Movimento 5 Stelle, il Pd, il resto del PCI, Leu e gli scissionisti del Pd cioè Italia Viva. Sono in maggioranza comunisti, ex comunisti e comunistelli di sacrestia. Quindi Conte, venuto su come un bel fungo in un terreno pieno di umori velenosi o come un Re Travicello, si è fatto condizionare da loro che non amano la Chiesa, che sono contro la religione cristiana e che vorrebbero vedere i cavalli dei Cosacchi abbeverarsi alle fontane del Bernini. Esagerazioni, dirà qualcuno. Si ho esagerato. Ma spiegatemi il perché hanno sbarrato le porte delle Chiese e il perché non vogliono ripristinare le Sante Messe. Se i Vescovi avessero più fegato dovrebbero ordinare ai parroci di celebrare le Sante Messe nelle parrocchie alla presenza dei fedeli con le mascherine e rispettare le distanze. In questo caso cosa farebbero le Forze dell’Ordine? Arresterebbero tutti? I carceri sono pieni. Impossibile. E allora, cari Monsignori, aprite le porte delle chiese, suonate le campane, radunate i fedeli, celebrate le Sante Messe, distribuite le Sante Comunioni, celebrate i battesimi, ribellatevi con i fatti non soltanto a parole alle decisioni assurde, balorde e discriminatorie prese dal Governo Comunista di Giuseppe Conte. Se davvero non potete accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto sancito finanche dalla nostra Costituzione e dal Concordato, ordinate che Domenica prossima vengano celebrate le Sante Messe in tutte le chiese d’Italia. Riprendetevi le vostre funzioni, quelle di gestire voi e soltanto voi, le funzioni liturgiche. Mi stupisce che molti sacerdoti dicano niente e che i fedeli non siano scesi ancora in piazza a protestare. Eppure il Santo Padre così ha detto.- L’ideale della chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre

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papaL'urlo quasi di terrore di Papa Francesco: 'Non lasciarci nella tempesta'

Sotto la pioggia, in un silenzio assordante, il Papa lancia il suo 'grido' in una piazza San Pietro vuota: "Non lasciarci in balia della tempesta". Francesco chiede a Dio di guardare alla "dolorosa condizione" in cui versa l'umanità a causa della pandemia.

"Ti imploriamo: 'Svegliati Signore!'", dice richiamando il passo del Vangelo in cui discepoli sono atterriti dalla tempesta e Gesù dorme. Chiede anche a tutti di cambiare "rotta" tornando a Dio e ai valori veri, primo tra tutti quello della solidarietà, perché pensavamo "di rimanere sempre sani in un mondo malato", afflitto da guerre e "ingiustizie planetarie".

Invita a confidare nel Signore perché "sappiamo, tu hai cura di noi". 

A sostenere la preghiera del Papa, che arriva nella piazza visibilmente commosso, ci sono sul sagrato della basilica le icone care ai romani, dal crocifisso 'miracoloso', che ha salvato Roma e l'Italia dalla peste, di San Marcello alla Salus Populi Romani. 

E nella invocazione di Francesco passano in rassegna tutte le persone in prima linea nella lotta al coronavirus, dai "medici stremati" ai politici che sono chiamati a sostenere il peso delle scelte. 

Il Papa parla e in sottofondo si sente solo la pioggia, i gabbiani, qualche ambulanza che passa.

"Da settimane - dice Francesco - sembra che sia scesa la sera. 

Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante" e "ci siamo ritrovati impauriti e smarriti", "presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa". "Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme".

Il mondo è chiamato a dare "un significato" a questo tempo così difficile riscoprendo nuovi spazi per la solidarietà, osserva il Papa nella preghiera a piazza San Pietro. "Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Abbracciare la sua croce - sottolinea - significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà".

Il Papa ha pronunciato la sua preghiera in un silenzio assordante. La sua voce aveva come sottofondo solo il battere della pioggia e il verso dei gabbiani. Una situazione del tutto inedita.

Nella preghiera speciale a San Pietro il Papa "implora" Dio. "Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: 'Svegliati Signore!'", "non lasciarci in balia della tempesta". "Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. 

Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta".

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L'elemosiniere del Papa, cardinale Konrad Krajewski, su mandato di Francesco, si è recato nell'Isola greca di Lesbo insieme ad alcuni responsabili della Comunità di Sant'Egidio, e rientrerà in Italia mercoledì con un gruppo di 33 profughi richiedenti asilo politico.

Konrad Krajewski è colui che riattaccò la luce in uno stabile occupato e moroso dal 2013 ed a quanto sembra non è stato mai inquisito.

 

 

Chiunque altro si sia permesso lo è stato( se non arrestato).

Chissà perché questa differenza di trattamento da parte della legge italiana?

L'accoglienza dei profughi sarà a carico della Santa Sede e della Comunità di Sant'Egidio.

La Santa Sede si assume l'onere di accoglienza e di sostentamento, mentre l'ospitalità e il percorso di integrazione saranno seguiti dalla Comunità di Sant'Egidio.

Il Pontefice, già in occasione del suo viaggio a Lesbo nell'aprile 2016, aveva portato in Italia tre famiglie siriane richiedenti asilo.

L'accoglienza di questi profughi sarà, anche in questo caso, a carico della Santa Sede, attraverso l'Elemosineria Apostolica, e della Comunità di Sant'Egidio.

Quest'ultimi si sono dichiarati "felici di ospitare i profughi che papa Francesco ha deciso di portare in salvezza con un corridoio umanitario da Lesbo".

Ma questi migranti resteranno per sempre presso la Comunità di Sant'Egidio senza mai uscirne o si perderanno in Italia ?

Per esempio tre famiglie siriane richiedenti asilo che il Pontefice, già in occasione del suo viaggio sempre a Lesbo nellʼaprile 2016, aveva portato in Italia , ora dove sono?

Sempre nella comunità di Sant’Egidio che offre loro lavoro, da mangiare, assistenza sanitaria e quant’altro , o sono stati “immessi” in Italia?.

A noi sembra una presa in giro!

Un altro modo , ammantato di nobiltà ecclesiale, per far entrare migranti in Italia!

Staremo a vedere!

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La crimina lità nigeriana ha «articola zioni presenti in quasi tutte le regioni italiane e in tutti i paesi dell' Europa»:

 

 

 

sul nostro territorio sono presenti varie confraternite, come la Axe, la Eiye e di recente la Viking, che sembrano «al momento non collegate tra loro», anche se sta emergendo «l'ipotesi di una struttura verticistica unitaria che opera al di sopra», e coordina tutti i gruppi.

A spiegare il fenomeno è il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, in audizione al Comitato Schengen sul ruolo della mafia nigeriana nel traffico di esseri umani.

De Raho ha ricordato che anche per la 'ndrangheta si era sempre pensato a cosche autonome e poi nel 2010 si è arrivati a individuare l'organismo di vertice unitario con compiti di disciplina e di indirizzo generale.

Per queste organizzazioni - ha sottolineato - si può parlare di mafia perché utilizzano il metodo mafioso.

Anche se lo fanno non per il controllo del territorio o nei confronti di italiani, ma sulla sola comunità nigeriana.

Il procuratore ha evidenziato l'esistenza di rapporti con le mafie italiane.

Sul litorale domizio l'operatività dell'organizzazione nigeriana dipende dai clan camorristici mentre in Sicilia, Cosa nostra, consente che in alcuni quartieri operino nello spaccio e nelle prostituzione, in una sorta di coesistenza, senza fatti di sangue o scontri, «anche se non credo molto a una coesistenza paritaria».

I nigeriani sono considerati l'organizzazione più forte nel traffico della droga, nella tratta di persone, nello sfruttamento ai fini della prostituzione e nello sfruttamento lavorativo.

In questo modo è diventata la mafia più potente in Italia.

Esiste, poi - secondo de Raho - una sorta di «grande “consorzio” tra le varie organizzazioni criminali che operano in Africa, che agevolano e proteggono in qualche modo i migranti, fino alle coste libiche» dove ci sono dei «veri e propri campi di concentramento».

«Le indagini di sviluppo in occasione del traffico di migranti dalle varie procure distrettuali, presso cui i territori sono avvenuti gli sbarchi - ha considerato ancora il procuratore - hanno consentito di accertare che il migrante, in qualunque paese africano si trovasse, entrava in contatto con l'organizzazione criminale del luogo, che poi lo accompagnava dal paese di origine fino alle coste libiche ed è stato dimostrato il legame tra le varie organizzazioni criminali che operano nei diversi paesi dell'Africa.

E' capitato - ha proseguito - che i migranti che non hanno pagato il prezzo congruo siano stati tenuti in centri di concentramento sulle coste libiche, con una richiesta ai familiari di un ulteriore prezzo, un'integrazione.

Nella relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia è stato anche specificato che i nigeriani, al di là dell'adozione di “pratiche primitive”, come i riti voodoo, «declinano in maniera sorprendente grandi capacità nell'impiego di tecnologie avanzate e nella realizzazione di sistemi finanziari paralleli, grazie ai quali fanno affluire, verso la terra di origine, ingenti somme di denaro acquisite con le attività illegali».

La Dia ricorda anche che in Nigeria, dove Boko Haram continua a diffondersi, esistono posizioni estremiste filo-islamiche e invita per questo motivo a riservare la massima attenzione verso i nostri istituti di pena «per evitare che si alimentino percorsi di radicalizzazione».

E per fronteggiare il rischio la procura nazionale antimafia e antiterrorismo ha attivato e consolidato un canale di collegamento con la magistratura nigeriana per un costante scambio di dati e di informazioni.

Durante l'audizione de Raho ha specificato pure il ruolo rivestito dalla mafia cinese, che esiste ed è altrettanto forte.

«Abbiamo indicazioni chiarissime in Toscana - ha affermato -, dove il capo cosca era adorato addirittura come un dio e davanti al luogo in cui permaneva c'erano file di autovetture i cui conducenti scendevano solo per fare il bacia mano».

Mercoledì 27 Novembre 2019 di di Cristiana Mangani

Ndr Ditelo al Papa, ditelo al PD, ditelo alla ministra Lamorgese, eccetera

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Più che una inchiesta – carte alla mano – la vicenda assume i contorni di una caccia alle streghe. Uno scontro interno tra poteri e una montagna di soldi in mezzo da gestire. Il caos in Vaticano è cominciato il 2 luglio con una denuncia presentata ai magistrati dal direttore generale dello Ior, Gian Franco Mammì.

Prima di arrivare a depositare un atto formale tanto grave, Mammì aveva fatto un passaggio previo da Papa Francesco – con il quale ha un rapporto antico e molto stretto - per farsi dare il via libera e informarlo che la Segreteria di Stato gli aveva sollecitato un finanziamento di 150 milioni di euro per estinguere un oneroso mutuo che gravava su un immobile di pregio a Londra, all’incrocio tra Draycott Avenue e Ixworth Place. Mammì era imbestialito.

(Ndr Ma il Papa non era intervenuto decisivamente)

LA LETTERA

Il mese precedente, il 4 giugno, il Sostituto della Segreteria di Stato, il venezuelano Pena Parra mandava un funzionario (uno dei cinque inquisiti) a consegnare allo Ior una lettera con la richiesta di poter disporre, urgentemente, di 150 milioni di euro. Per «non bene precisate ragioni istituzionali» annotano i magistrati. La richiesta di finanziamento passa all’esame - come è prassi - ma Mammì si impunta e non la concede. Non ne ravvisa «la compatibilità con le specifiche finalità statutarie dell’istituto».

A quel punto la questione si blocca e così monsignor Pena Parra, la settimana successiva, torna all’attacco per sollecitare una risposta chiedendo «una anticipazione di liquidità per ragioni istituzionali della Santa Sede». Quali sono queste ragioni? Dalle carte dei magistrati viene spiegato che i soldi servono per estinguere un mutuo già contratto presso un’altra banca che grava su un immobile londinese di proprietà della Segreteria di Stato.

ELEMENTI OSCURI

A detta dei magistrati (e dello Ior) si tratta di una richiesta «che evidenzia alcuni elementi di opacità, tenuto conto che non specifica il beneficiario di tali somme». Tuttavia nella lettera che Pena Parra invia allo Ior riferisce a Mammì per filo e per segno che quei soldi sono necessari alla cancellazione delle ipoteche che gravano sull’immobile. Ipoteche contratte da una società di proprietà della Segreteria di Stato che a sua volta detiene la proprietà di un bene posto a garanzia. Tutte le operazioni in esame fanno riferimento ad un arco temporale di circa 12 mesi.

Nel frattempo anche l’Ufficio di Revisione Generale – un organismo che ha l’obbligo di audit di tutte le realtà amministrative della curia – procedeva a fare le pulci alle operazioni in corso. Così l’8 agosto manda un documento ai magistrati vaticani per segnalare che la maggior parte delle attività finanziarie della Segreteria di Stato risultano depositate presso il Credit Suisse, nelle filiali svizzere e italiane, dove è versato quasi l’80 per cento del portafoglio gestito. Una montagna di denaro. La vera origine dello scontro pare sia proprio qui.

La smoking gun. Il fatto è che i soldi della Segreteria di Stato non sono affatto depositati allo Ior ma su un altro istituto di credito. Il Revisore Generale parla così di conflitti di interessi, visto che si tratta delle donazioni ricevute dal Papa per le opere di carità, per il sostentamento della curia, in pratica l’Obolo di San Pietro. I magistrati annotano che si tratta di importanti cifre «impiegate in fondi che, a loro volta investono in titoli di cui il cliente non viene messo a conoscenza nonché in fondi allocati in paesi offshore come Guernsey e Jersey, ad alto rischio speculativo e di dubbia eticità». 

CONTORNI SPECULATIVI

Il mancato controllo diretto da parte dello Ior sul denaro depositato al Credit Suisse, secondo il Revisore Generale farebbe emergere i contorni «chiaramente speculativi delle operazioni, con il rischio di fare esporre l’intero Stato a rischi patrimoniali e reputazionali». Per farla breve: i soldi investiti altrove «potrebbero essere usati per finalità incompatibili a quelle che li hanno generati» e di conseguenza l’Obolo di San Pietro potrebbe essere messo in pericolo, mentre se fosse gestito dallo Ior i rischi si azzererebbero. 

I magistrati dalle intercettazioni telefoniche e dalle indagini ricostruiscono il filo delle attività finanziarie della Segreteria di Stato e concludono che le «attività di acquisizioni di immobili ai fini di investimento» sono riservate solo all’Apsa, che la Segreteria di Stato non ha informato il Consiglio dell’Economia, che il mutuo richiesto non risponde alle finalità religiose, che ci sono stati passaggi finanziari non chiari.

ABUSO DI AUTORITÀ

«Tali elementi consentono di evidenziare come nella gestione possano essere ravvisati gli estremi del reato di abuso di autorità» per i cinque funzionari della Segreteria di Stato che sono finiti sotto indagine e sospesi dal lavoro in via cautelativa. Ora l’autorità giudiziaria dovrà appurare se effettivamente gestivano in autonomia le operazioni oppure no. In attesa della prossima puntata di questo scontro inedito tra poteri.

IlMessaggero Sabato 5 Ottobre 2019 di Franca Giansoldati

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Lgbt è l’acronimo di riferimento per indicare le Lesbiche, i Gay, i Bisessuali ed i Transgender.

Città del Vaticano – Papa Francesco ha ricevuto a Santa Marta il gesuita statunitense James Martin, assai noto per le sue tesi aperturiste verso i gay e il mondo Lgbt e autore di diversi libri rivoluzionari in cui descrive una Chiesa dalle braccia larghe e in forte evoluzione.

 

 

In passato il religioso è stato spesso al centro di critiche per le sue idee.

Anche stavolta la polemica è divampata sui social. Le tifoserie critiche nei confronti di Papa Bergoglio si chiedono il perchè il Papa gli abbia aperto le porte per un colloquio, mentre i 4 cardinali che a suo tempo esprimevano dubbi dottrinali su documenti pontifici non sono mai stati ricevuti in tutti questi anni.

In compenso il gesuita descrive la lunga udienza – circa 30 minuti –  sintetizzando in un tweet la gioia che ha provato nel condividere le speranze e le sfide del mondo Lgbt.

«Un pastore meraviglioso».

Martin aggiunge di essersi sentito «incoraggiato e consolato» dal Santo Padre, aggiungendo che l’udienza concessa è un chiaro segnale di attenzione della Chiesa verso il mondo gay.

Martin è il direttore di America, l’autorevole periodico dei gesuiti americani.

Tra le cose che da tempo suggerisce al Vaticano è di cambiare  il Catechismo il cui testo definisce «oggettivamente disordinata» (al paragrafo 2358) l’attrazione delle persone dello stesso sesso.

Per smorzare le polemiche è dovuta intervenire la Compagnia di Gesù americana precisando che si è trattato di un incontro tra fratelli: «non c'erano temi politici in agenda, non c'erano strategie nascoste, solo una onesta conversazione per capire quale sia la migliore via per raggiungere coloro che si sentono ai margini, proprio come suggerisce lo spirito che sta lavorando nella nostra Chiesa oggi».

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Nella giornata di sabato, in due distinti interventi la Polizia di Stato ha deferito tre extracomunitari, tutti per reati contro la persona per fatti avvenuti nel centro storico.

In particolare, la squadra volante è intervenuta nel tardo pomeriggio a seguito di una chiamata al 113, dove veniva segnalata una rissa tra più stranieri.

All’arrivo delle volanti, alcune delle persone coinvolte riuscivano a scappare, mentre due stranieri venivano bloccati.

 

 

In particolare uno dei due, di origine gambiana, dopo aver divelto un’asse di legno da una panchina, cercava di aggredire un altro straniero, di nazionalità afghana, che, intanto, aveva in mano tre sassi.

Ciononostante, grazie al tempestivo intervento del personale della Polizia di Stato, i due venivano bloccati e denunciati.

Sempre nella serata di sabato, personale delle volanti notava nelle vie del centro un extracomunitario, di origini somale, in evidente stato di ubriachezza che minacciava i passanti con una bottiglia di vetro.

Questo, al tentativo degli operatori di bloccarlo, opponeva resistenza, ma, con non poca difficoltà, veniva calmato e accompagnato in Questura.

Per questi motivi è stato deferito all’A.G. per i reati di “resistenza e lesioni a Pubblico Ufficiale” e “minaccia aggravata”.

Per tutti e tre gli stranieri sono in corso accertamenti di natura amministrativa circa la loro posizione sul territorio nazionale.

Calabria 7 16 Settembre 2019          

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Non solo ma invoca la fine dello sfruttamento minorile.

Poi aggiunge che la povertà non è una fatalità.

Infine invita i giovani a non arrendersi mai davanti agli effetti nefasti della povertà, a non cedere mai alle tentazioni della vita facile ed a non ripiegarsi su se stessi.

Per raggiungere questi risultati nel Madagascar e nelle altre parti del mondo basta pregare.

 

 

 

Dio infatti – dice il Papa- tocca il cuore degli imprenditori e dei dirigenti perché provvedano a tutto ciò che è necessario per assicurare a quanti lavorano un salario dignitoso e condizioni rispettose della loro dignità di persone umane.

Conclude dicendo che ognuno deve conoscere la gioia e la dignità di guadagnarsi il pane per portarlo a casa e mantenere i suoi cari.

Imprenditori e dirigenti vedranno propri fratelli nei loro dipendenti.

E’ importante anche che si crei tra i lavoratori uno spirito di vera solidarietà.

Che sappiano essere attenti gli uni agli altri, incoraggiarsi a vicenda, sostenere chi è sfinito, rialzare chi è caduto.

Ed infine è necessario che il cuore dei lavoratori non ceda mai all'odio, al rancore, all'amarezza davanti all'ingiustizia, ma conservi viva la speranza di vedere un mondo migliore e lavorare per esso.

Conclude il Papa invita doli a far valere i loro diritti e le loro voci e il loro grido siano ascoltati.

E comunque il Papa spera che i politici garantiscano il rispetto dei lavoratori, il diritto allo studio dei giovani, il diritto delle famiglie ad avere soddisfatti i propri bisogni, evitando i disboscamenti selvaggi, lo sversamento delle plastiche nei mari, l’inquinamento dell’ambiente.

La Stampa

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