Il pm Paolo Petrolo ha chiesto infatti il rinvio a giudizio di tutti i 6 indagati con l’accusa di abuso d’ufficio.
Parliamo di
-Antonio Scalzo, oggi presidente del Consiglio regionale, al tempo direttore scientifico dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente
-Giuseppe Graziano oggi consigliere regionale al tempo dirigente generale del dipartimento Politiche dell’ambiente della Regione
-Vincenzo Mollace, ex direttore generale dell’Arpacal;
-Francesco Caparello, all’epoca dei fatti dirigente del settore Personale dell’Agenzia regionale;
-Luigi Luciano Rossi, ex direttore amministrativo della stessa Arpacal;
-Sabrina Santagati, ex direttore generale dell’Arpacal;
-Rosanna Squillacioti, all’epoca dei fatti dirigente di settore del dipartimento Politiche ambientali della Regione ed in seguito direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria.
Oltre che il processo all’Arpacal è anche il processo alle stabilizzazioni, quindi.
E’ una storia vecchia.
Il ministero dell’Ambiente assunse 8 persone con contratto a tempo determinato e le assegnò all’assessorato Politiche ambientali della Regione.
Venne sottoscritto un protocollo d’intesa tra la Regione e l’Arpacal in base al quale si è dato il via alla stabilizzazione presso l’Agenzia regionale degli 8 lavoratori.
Secondo la Procura catanzarese le assunzioni avrebbero violato le norme in materia di stabilizzazione di lavoratori precari della Pubblica amministrazione.
Non sarebbe stato rispettato il principio secondo cui la stabilizzazione «può avvenire per esigenze permanenti dell’amministrazione stabilizzante con vacanze di organico per posizioni non dirigenziali da ricoprire da parte di lavoratori già impiegati nello stesso ente per almeno tre anni e in possesso dello specifico titolo di studio per il quale vi è la vacanza».
Intanto tre degli stabilizzati non sarebbero stati in possesso della qualifica professionale necessaria.
Ma poi il personale, secondo la Procura, nonostante l’assunzione “sospetta” all’Arpacal avrebbe comunque continuato a svolgere la propria attività lavorativa alla Regione.
E quel che è peggio parte di questo personale illegittimamente ed illecitamente stabilizzato per “urgentissime ed improrogabili attività istituzionali proprie del dipartimento Ambiente” avrebbe poi prestato servizio uno di queste unità lavorative a proseguire la propria attività presso la delegazione romana della Regione Calabria, un altro dipendente sarebbe stato comandato su sua richiesta prima al dipartimento Infrastrutture e Lavori pubblici della Regione e poi rientrato al dipartimento provinciale cosentino dell’Arpacal; un terzo presso il Comune di Reggio.
Insomma chi più ne ha più ne metta.